AGAZZI, Rosa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

AGAZZI, Rosa

Giorgio Chiosso

Nacque a Volongo (Cremona) il 26 marzo 1866 da Achille, artigiano e musicista dilettante, ed Angela Spedini, in una famiglia di modeste condizioni economiche, di profonda sensibilità religiosa e di tradizioni patriottiche. Sulla sua formazione ebbe notevole influenza la figura di uno zio materno, l'arciprete "mazziniano" Francesco Maria Zapparoli, nella cui casa, dove "tutto spirava sereni e caldi ideali di famiglia, patria e religione" (A. Agazzi, Il metodo, p. 63), la A. trascorse l'infanzia.

Dopo aver frequentato la scuola normale "V. Gambara" di Brescia dal 1882 al 1884 e aver studiato pianoforte, iniziò la carriera di insegnante con la sorella Carolina (1870-1945) a Nave, borgo rurale di Brescia. Nel 1890 entrò in contatto con Pietro Pasquali, direttore generale delle scuole elementari ed infantili di Brescia e pedagogista di ispirazione fröbeliana, che sarebbe divenuto il tenace sostenitore dell'esperienza educativa delle sorelle Agazzi.

Nel 1891 le due sorelle frequentarono il corso per maestre giardiniere; e l'anno successivo la A. cominciò ad avviare i primi tentativi per rendere più rispondente alle esigenze dei piccoli la permanenza nell'asilo. Tra il 1892 e il 1894, prima nella borgata Forcello di Brescia, poi a Volta Bresciana, nascevano così gli esercizi di "lingua parlata", predisposti per vincere l'uso del dialetto senza sacrificare la spontaneità dell'espressione della parlata popolaresca, e prendeva consistenza l'idea del canto come cardine della scuola infantile.

Nel 1896, a Mompiano, alla periferia di Brescia, a poco a poco la A. maturava l'esperienza educativa e didattica (avrebbe sempre rifiutato di parlare di metodo). Gli inizi furono difficili: cento bambini stipati in una vecchia sacrestia con una scarsa dotazione di materiale e sussidi; una situazione del resto non dissimile da quella di tante altre scuole che, pur percorse dal rinnovamento fröbeliano, non diventavano vere occasioni di educazione e, nella migliore delle ipotesi, si limitavano all'assistenza.

Negli ultimi decenni del secolo si erano diffusi anche in Italia i giardini d'infanzia ispirati all'opera educativa di Fröbel: il fröbelismo, muovendo dalla convinzione che l'attività infantile è sempre gioco e cioè attività spontanea senza scopi prefissati, aveva affermato l'impossibilità di imporre al bambino un'attività voluta senza impedirne, di fatto, lo svolgimento naturale e spontaneo. La pedagogia di Fröbel, aveva così consentito di superare i limiti dell'intellettualismo, dello mnemonismo, e della meccanicità passiva nei quali erano incorsi gli asili aportiani. Tuttavia anche il metodo fröbeliano, seguito spesso da maestre improvvisate che lo interpretavano in modo meccanico, era stato trasformato in una tecnica rigida, con la conseguenza che le attività ed i giochi, nati per favorire la spontaneità e la libertà dei bambini, diventavano non di rado strumenti per mortificarli.

Intervenendo al congresso nazionale pedagogico (Torino 1898), la A. riconosceva che l'introduzione del fröbelismo in Italia aveva costituito una tappa importante nel progresso della scuola infantile, ma lamentava che nella traduzione pratica il giardino d'infanzia era spesso incorso negli stessi limiti dell'asilo aportiano e, "anziché incretinire il bambino con un precoce avvio alla lettura e alla scrittura", lo inaridiva "con un'astratta concezione geometrica della realtà".

La relazione del 1898 costituisce il primo tentativo di sistemazione organica dell'esperienza agazziana: la A. coglieva gli elementi vitali della pedagogia fröbeliana (spontaneità, libertà, gioco), ma li interpretava e li sviluppava con originalità, affermando che il rispetto delle esigenze naturali, del bisogno di muoversi e di fare del bambino, doveva accompagnarsi con un adeguato ambiente che, riproducendo la stessa atmosfera del focolare materno, esercitasse una positiva ed efficace azione educativa: il bambino doveva cioè poter comportarsi nella scuola come nella propria casa, trattato nello stesso modo e con il medesimo affetto (si veda la Relazione sul tema "Ordinamento pedagogico dei giardini d'infanzia secondo il sistema di Fröbel", Torino 1898).

Nel 1902 il Consiglio provinciale scolastico di Brescia dichiarava l'asilo di Mompiano "asilo infantile rurale modello", allo scopo di metterlo a disposizione delle future insegnanti e di "fare propaganda di un indirizzo che darà agli asili rurali il valore di istituzione sociale". A poco a poco l'esperienza agazziana valicava i confini bresciani e veniva introdotta in altre scuole infantili. Nel 1910, in particolare, la A. fu invitata, con la sorella Carolina, nella ancora austriaca Trieste per illustrare il proprio metodo; la pagina triestina (ottobre-novembre 1910) costituì l'inizio della diffusa conoscenza dell'iniziativa di Mompiano (ribattezzata, per motivi irredentistici, "metodo italiano"). A Trieste, inoltre, G. Lombardo Radice conobbe il lavoro delle sorelle Agazzi e se ne fece attivo sostenitore.

Nel frattempo la A. stava pubblicando vari scritti nei quali ordinava alcuni aspetti della sua esperienza, suggeriva spunti di lavoro, forniva indicazioni pratiche e materiali: L'abbicì del canto educativo, Milano 1908; La lingua parlata, Brescia 1910; Bimbi, cantate!, ibid. 1911, e qualche anno più tardi, Come intendo il museo didattico nell'educazione dell'infanzia e della fanciullezza, ibid. 1922.

Il metodo Agazzi, che rispondeva alle esigenze di ammodernamento e di sviluppo civile dell'Italia liberale, aveva avuto modo di conquistare molti sostenitori (permeando anche l'insegnamento nella scuola elementare) al punto che la circolare ministeriale n. 20del 9febbr. 1914 - promulgata dal ministro e pedagogista L. Credaro e redatta in parte dal Pasquali -, che ridefiniva completamente i programmi ed i metodi degli istituti di educazione per l'infanzia, risentiva chiaramente dell'esperienza di Mompiano. È del resto di questi anni la significativa sostituzione della dizione fröbeliana giardino d'infanzia con scuola materna.

All'indomani della guerra la A. fu impegnata in un'intensa attività divulgativa della sua esperienza e tenne corsi e conferenze ad insegnanti e dirigenti scolastici, specie nelle regioni redente. Il metodo dell'A. per la scuola materna, classificato dalla riforma scolastica Gentile del 1923tra le poche esperienze differenziali, era ormai il più diffuso tra i tipi di scuola per l'infanzia.

Nel 1927le sorelle Agazzi vennero collocate a riposo dall'amministraizione comunale di Brescia, provvedimento che non avrà efficacia sostanziale e che è da attribuire alla contraddittoria politica scolastica del regime. L'allontanamento dalla "loro" scuola di Mompiano costituì uno degli episodi più tristi della vita delle due, le quali continuarono tuttavia ad operare intensamente per l'informazione e l'aggiornamento pedagogico degli insegnanti, coadiuvate anche dalla rivista Scuola materna e da centri e gruppi di iniziativa pedagogica, in particolare bresciani.

Nel 1932la A. pubblicò a Brescia la Guida per le educatrici dell'infanzia, opera largamente nota e più volte riedita, che raccoglieva spunti e proposte didattiche di un anno di scuola, già apparsa a puntate sulla rivista Pro infanzia nel 1929-1930. Nel 1942pubblicò a Brescia le importanti Note di critica didattica. In questi anni il metodo varcava i confini nazionali ed asili agazziani sorgevano in Svizzera, Belgio, Romania, Spagna, Germania e Sud America. Il ministro Fedele e il ministro Bottai concessero alle sorelle Agazzi rispettivamente la medaglia d'argento dei benemeriti dell'istruzione e la stella d'oro al merito della scuola (dicembre 1941).

Dopo la morte di Carolina (1945), la A. si ritirò a Volongo e ritornò maestra nella scuola materna del paese. Chiamata a far parte di importanti commissioni ministeriali nell'immediato dopoguerra, fu nominata dal presidente della Repubblica ispettrice onoraria della scuola materna.

L'A. morì a Volongo il 9 genn. 1951.

Bibl.: Per una bibliografia sulla A. e sui suoi scritti vedi: A. Agazzi, Il metodo delle sorelle Agazzi per la scuola materna, Brescia 1950, e, fino al 1980, S. S. Macchietti, L'oggi del metodo Agazzi, Brescia 1991. Tra le molte discussioni e divulgazioni del metodo Agazzi, citiamo: G. Lombardo Radice, L'asilo di Mompiano, in Il problema dell'educazione infantile, Firenze 1928 (poi riedito come Il metodo Agazzi, ibid. 1952); M. Casotti, Il metodo Montessori e il metodo Agazzi, Brescia 1931; A. Franzoni, Metodo Agazzi. Manuale per l'educazione infantile, Roma 1931; M. Agosti-V. Chizzolini, La scuola materna italiana, Brescia 1939, passim; B. Ugolini, Mompiano, Storia di un'idea e di un'esperienza educativa, Brescia 1942; R. A. a dieci anni dalla morte, Brescia 1961; R. Mazzetti, P. Pasquali, Le sorelle Agazzi e la riforma del fröbolismo in Italia, Roma 1962; R. Gentili, Il metodo Agazzi e la scuola per l'infanzia, Roma 1965; D. Orlando, L'ambiente socio-culturale e l'esperienza educativa agazziana, Brescia 1967; R. A. nel primo centenario della nascita, Brescia 1967; M. Mencarelli, Infanzia e cultura nella scuola materna agazziana, Brescia 1983, Sull'importanza della A. nella storia della scuola italiana, si veda: P. Cammarota, Prospettive storiche sulla scuola materna, Roma 1974, ad Indicem; A. Baldi, Stato e scuola materna in Italia. Profilo storico-legislativo, Brescia 1974, pp. 26-28, 34; D. Novacco, La scuola materna tra politica ed economia, Roma 1977, pp. 53-56, 64 s., 81, 87; G. Genovesi, L'educazione prescolastica, in L'istruzione di base in Italia (1859-1977), Firenze 1978, ad Indicem.

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