Romania

Atlante Geopolitico 2013 (2013)

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Dati geografici

I territori dell’odierna Romania comprendono le storiche regioni della Valacchia e della Transilvania. La regione della Valacchia ottenne l’indipendenza dall’Impero ottomano nel 1878, mentre solo in seguito alle guerre balcaniche e alla Prima guerra mondiale la Romania raggiunse una dimensione paragonabile a quella odierna, con l’annessione della Transilvania ad ovest, della Bessarabia e della Bucovina a nord-est e della Dobrugia a sud-est. Gli ultimi tre territori vennero ceduti al termine della Seconda guerra mondiale, rispettivamente all’Unione Sovietica (Bessarabia e Bucovina) e alla Bulgaria (Dobrugia). Attualmente la regione storica della Bessarabia è incorporata nel territorio della Moldavia, mentre la Bucovina è condivisa tra Romania e Ucraina.

Con molti altri paesi dell’Europa centro-orientale la Romania condivide la passata appartenenza al Patto di Varsavia e più in generale al sistema di influenza sovietico durante gli anni della Guerra fredda. Tra il 1965 e il 1989 il paese fu governato da Nicolae Ceauşescu, che instaurò uno dei regimi più repressivi tra quelli vigenti nei paesi satelliti di Mosca, centralizzando il potere nelle mani della propria famiglia fino a quando non fu deposto e giustiziato nel dicembre del 1989.

Nel contesto internazionale successivo alla fine dell’era bipolare, la Romania si è progressivamente andata inserendo all’interno delle dinamiche politiche euro-atlantiche, diventando membro della Nato nel 2004 e facendo tre anni più tardi il suo ingresso, assieme alla Bulgaria, nell’Unione Europea (Eu), in quello che è stato l’ultimo allargamento dell’Unione in ordine cronologico.

Tra i più grandi paesi dell’Europa centro-orientale per estensione territoriale e popolazione, dopo l’ingresso nell’Eu e nella Nato i confini rumeni costituiscono una parte dei confini orientali delle due organizzazioni. Ciò ha fatto della Romania un importante attore strategico tanto per Bruxelles quanto per l’Alleanza atlantica, in relazione all’approfondimento delle relazioni con i vicini orientali dell’Unione e al contenimento della proiezione russa nell’area. Attualmente Bucarest intrattiene ottimi rapporti con buona parte dei paesi ai suoi confini, nonostante resti irrisolta una disputa territoriale con l’Ucraina circa alcuni territori in corrispondenza della foce del Danubio, nel Mar Nero. Proprio il Mar Nero costituisce un’area geopolitica privilegiata dalle direttrici della politica estera rumena: lo sbocco al mare è fondamentale sia per le relazioni commerciali di Bucarest sia, in proiezione, per la possibile costruzione di infrastrutture energetiche che da est si dirigano verso l’Europa occidentale. La Romania è dunque un membro fondatore dell’Organizzazione della cooperazione economica del Mar Nero (Bsec): inaugurata nel giugno 1992, l’organizzazione è nata con il preciso intento di incoraggiare relazioni amichevoli e di buon vicinato tra i paesi rivieraschi. L’importanza cruciale dell’area è stata riconosciuta anche dall’Unione Europea, che dal 2008 ha inaugurato la Sinergia del Mar Nero.

Per ciò che riguarda i paesi vicini non membri Eu, particolarmente amichevoli si attestano le relazioni con la Serbia: amicizia in virtù della quale Bucarest ha optato per il non riconoscimento del Kosovo.

Più difficoltosi, invece, restano i rapporti con la Russia, soprattutto a seguito dell’adesione rumena alla Nato e della concessione dell’utilizzo di alcune basi aeree e navali agli Stati Uniti: entrambi gli elementi, infatti, sono percepiti da Mosca come una minaccia immediata verso se stessa e rispetto ai propri interessi nella regione.

Dal punto di vista politico e istituzionale, la Romania è una repubblica semipresidenziale, con le funzioni legislative concentrate in un Parlamento bicamerale, i cui membri sono eletti a suffragio universale ogni quattro anni. Anche il presidente, capo dello stato, è eletto direttamente dal popolo e rimane in carica per cinque anni, con il vincolo di poter esercitare al massimo due mandati.

Nel 2008 il governo ha approvato una nuova legge elettorale, che per la prima volta ha introdotto il sistema uninominale, con una soglia di sbarramento per l’ingresso dei partiti in parlamento fissata al 5%.

Dalla caduta del regime di Ceauşescu, il paese ha continuato a essere governato da politici appartenenti alla nomenclatura del periodo comunista, riuniti principalmente nel Partito socialdemocratico (Psd), che ha avuto ripetutamente le redini del governo del paese dal 1990 ad oggi.

Ordinamento
Parlamento

Le recenti elezioni del dicembre 2012, che hanno sancito la larga vittoria (60% circa dei consensi) dell’Unione social-liberale, l’alleanza elettorale tra il Psd di Victor Ponta, il Partito nazionale liberale di Crin Antonescu e il Partito conservatore, hanno fatto seguito ad un periodo di particolare instabilità politica domestica. Proprio il 2012 è stato in questo senso l’anno più turbolento, che ha registrato, nell’ordine: le dimissioni del premier liberal-democratico Emil Boc, in carica dal 2008, a seguito delle massicce proteste sociali contro le severe misure di austerità anticrisi varate dal suo esecutivo (gennaio 2012); un governo ad interim nelle mani del capo dell’intelligence rumena Mihai Răzvan Ungureanu (tra febbraio e maggio 2012); l’affidamento del governo al capo dell’opposizione e oggi primo ministro Ponta nell’ultimo semestre prima del voto, caratterizzato da una fortissima contrapposizione istituzionale proprio tra Ponta e il presidente della repubblica Traian Băsescu (maggio-novembre 2012); infine, tale contrapposizione è sfociata nel mese di luglio in un referendum, poi annullato per il mancato raggiungimento del quorum, per la destituzione di Băsescu, storico leader dello schieramento di centro-destra rumeno, al suo secondo mandato presidenziale.

Politica

Popolazione, società e diritti

La Romania è il secondo paese per abitanti in Europa centro-orientale dopo la Polonia, nonostante tra il 1995 e il 2005 si sia registrata una contrazione di circa due milioni di persone a causa tanto dell’emigrazione quanto dal calo delle nascite. Ad oggi si stima che circa due milioni di rumeni risiedano all’estero: tuttavia molti di essi non si sono trasferiti in modo permanente e dunque vige una sostanziale incertezza sul numero di persone che potrebbero decidere di tornare in patria.

Popolazione

Nell’ultimo decennio la Romania ha avviato infatti una fase di trasformazione socio-culturale che sta colmando lentamente il divario che la separa dagli stati dell’Europa occidentale.

La Romania è uno stato molto omogeneo dal punto di vista etnico: l’89% della popolazione è di etnia rumena; si distingue inoltre dagli altri stati della regione in quanto la sua lingua discende principalmente dal latino, da cui deriva quasi il 90% del vocabolario rumeno.

Nel paese sono presenti diverse minoranze etniche, seppur di esigue dimensioni, rappresentate in Parlamento per legge da almeno un esponente. La maggiore di queste è la minoranza ungherese, che risiede nella zona centrale del paese e raggiunge il 6,6% della popolazione, seguita dalla componente Rom che si aggira attorno al 2,5%.

I Rom

Sotto il profilo etnico, il paese ha vissuto una profonda trasformazione, coincisa con lo spartiacque della Seconda guerra mondiale: prima dello scoppio del conflitto, infatti, le minoranze etniche costituivano quasi un terzo della popolazione totale, ma le perdite territoriali che seguirono la guerra, il ritorno in patria dei tedeschi e il trasferimento da parte della minoranza ebraica nel nascente Stato d’Israele comportarono una drastica riduzione delle differenze etniche della nazione.

Ad eccezione della capitale, Bucarest, che conta quasi due milioni di abitanti, in Romania ci sono solo una dozzina di città di medie dimensioni (tra i 160 mila e i 310 mila abitanti), caratteristica che rende il paese il secondo stato meno urbanizzato all’interno dell’Eu.

Popolazione rurale

Tra le aree urbane e le campagne corrono poi molteplici differenze, ad esempio per quanto riguarda il sistema educativo: nelle aree rurali il livello degli insegnanti è mediamente inferiore e l’istruzione ha dunque una marcia in meno rispetto alle città, dove si percepisce maggiormente il riflesso dell’integrazione europea, specie all’interno delle università, che sono sempre più connesse con gli atenei dell’Europa occidentale. Negli scorsi anni si è inoltre assistito allo sviluppo di istituti privati, che oggi comprendono circa un terzo degli studenti iscritti al college.

La corruzione resta uno dei maggiori problemi della Romania, che risulta uno dei paesi più corrotti dell’Eu – l’ingresso nella quale non ha rappresentato un’inversione di tendenza in materia.

Economia, energia ed ambiente

Dopo la caduta del regime comunista, la Romania ha vissuto una fase di transizione caratterizzata da una forte recessione economica, cui è seguita una fase di crescita a metà degli anni Novanta e una nuova crisi a fine decennio. Dal 2001, invece, l’economia rumena è cresciuta costantemente a una media annuale del 6,3%, salvo poi crollare del 9% nel 2009 in conseguenza della crisi economica internazionale. Nel biennio 2011-12, infine, la crescita è ripartita, seppur a ritmi molto più contenuti rispetto a quelli pre-crisi.

Durante l’epoca comunista l’economia del paese era dominata dall’industria pesante e dall’agricoltura, mentre il terziario fino al 1990 non superava il 25% del pil. Oggi invece il settore dei servizi rappresenta più dei due terzi dell’economia rumena.

Oltre al ridimensionamento dell’industria si è assistito a un incremento della produzione a più elevato contenuto tecnologico, favorito dall’afflusso di capitali e know how da imprese estere, attratte dai bassi costi della forza lavoro rumena. Nei primi anni del 21° secolo il governo ha attuato una più decisa politica di privatizzazioni, imposta peraltro dal percorso di avvicinamento alle strutture dell’Eu. Ancora oggi, tuttavia, il settore pubblico resta di dimensioni rilevanti rispetto agli altri stati comunitari e, stando alla classifica del ‘Doing Business’ stilata dalla Banca mondiale, la Romania ha un sistema economico meno attraente per gli investimenti esteri rispetto alla gran parte delle altre economie di recente ingresso nell’Unione Europea.

Parallelamente allo sviluppo economico e alla conseguente crescita dei consumi, la bilancia commerciale rumena si è andata progressivamente deteriorando, benché le rimesse inviate in patria dagli emigrati permettano di bilanciare un saldo che nel 2010 ha registrato un negativo pari a 10 miliardi di dollari.

Rimesse da estero
Scomposizione PIL
Dati economici

Un settore che avrebbe un potenziale elevato, ma che attualmente rappresenta solo una minima parte del pil, è il turismo che pure negli ultimi anni ha visto aumentare gli investimenti in progetti che puntano a valorizzare la grande varietà paesaggistica di cui gode la Romania.

Sotto il profilo energetico, la Romania ha una storia caratterizzata da una grande ricchezza di petrolio: prima della Seconda guerra mondiale, quando dai suoi pozzi attingeva la Germania per sostenere i propri sforzi bellici, era infatti il secondo paese per riserve in tutta Europa, settimo a livello globale. Sotto Ceauşescu, tuttavia, gran parte delle riserve di idrocarburi è stata consumata e oggi il paese è importatore netto sia di petrolio che di gas. La maggior parte di queste importazioni proviene dalla Russia: un dato che spinge Bucarest a guardare di buon occhio a quei progetti infrastrutturali che, collegandola ai giacimenti caspici e del Vicino Oriente, ne diversificherebbero gli approvvigionamenti energetici. Data la continua erosione delle riserve di idrocarburi, l’unica risorsa energetica sulla quale la Romania potrà contare nel lungo periodo è il carbone, di cui si stima detenga 4,1 miliardi di tonnellate e che attualmente rappresenta la terza voce nel mix energetico nazionale.

Mix energetico

In materia ambientale, l’Eu ha più volte criticato il governo rumeno per l’elevato tasso di emissioni, l’inquinamento delle acque e la cattiva gestione dei rifiuti. Malgrado ciò, il livello di emissioni pro capite della Romania è inferiore a quello registrato in molti stati europei, tra cui Germania, Regno Unito, Francia, Italia e paesi scandinavi.

Difesa e sicurezza

L’elemento più rilevante della politica di sicurezza e difesa della Romania negli ultimi anni è costituito dal suo ingresso nella Nato nel 2004. Tale fattore ha contribuito a rafforzare le relazioni tra Bucarest e gli Stati Uniti da un lato e, dall’altro, ha dato alla Romania un posizionamento ben definito all’interno dei nuovi equilibri internazionali. Il paese ospita sul proprio territorio anche una base militare statunitense a nord della città portuale di Costanza, sul Mar Nero. La Romania, che ha lanciato un programma di ammodernamento delle proprie forze armate, è un importante alleato statunitense anche nella lotta al terrorismo globale, avendo partecipato tanto alle operazioni in Iraq, fino alla loro conclusione, quanto a quelle in Afghanistan, dove ancora oggi schiera uno dei contingenti più numerosi della missione Isaf (1549 soldati, a dicembre 2012). Inoltre, la prospettiva di stabilizzazione regionale e quella di contenimento dell’influenza russa hanno reso Bucarest tradizionalmente favorevole all’allargamento verso est della Nato.

Truppe attive
Difesa

La Sinergia del Mar Nero

La Sinergia del Mar Nero è un’iniziativa inaugurata nel febbraio del 2008 a seguito di un incontro a Kiev tra i ministri degli esteri dell’Eu e quelli dei paesi che si affacciano sul Mar Nero. L’iniziativa è stata fortemente voluta dalla Romania, all’epoca appena ammessa nell’Eu, e dall’Ucraina. Essa si inscrive nel quadro della Politica europea di vicinato (Pev) dell’Unione Europea, con lo specifico scopo di ampliare la cooperazione tra i paesi che si affacciano sul Mar Nero e tra questi ultimi e l’Eu. In tal modo la Pev, che si concentra sui singoli paesi, è stata completata da una dimensione regionale anche in direzione dell’area del Mar Nero.

Obiettivi dichiarati dell’iniziativa sono quelli di stimolare la crescita economica, sostenere la stabilità regionale, facilitare progetti pratici in aree di interesse comune e incoraggiare la risoluzione pacifica dei conflitti nella regione. La Sinergia individua specifiche partnership settoriali finalizzate al conseguimento dei suoi obiettivi, concentrandosi nei settori dei trasporti, dell’energia e dell’ambiente. Nei prossimi anni, la Sinergia potrebbe essere ampliata agli ambiti dell’istruzione superiore, della salute pubblica e delle attività di contrasto al crimine organizzato. Allo stato attuale l’Eu ha anche predisposto un programma di cooperazione transfrontaliero, destinato ai governi dei paesi europei che si affacciano sul Mar Nero (Romania e Bulgaria).

Nel biennio 2009-10 la Sinergia è sembrata subire una battuta d’arresto, principalmente a causa della mancanza di fondi, destinati invece alle partnership bilaterali. Passi in avanti sono tuttavia stati compiuti nella cooperazione in alcune aree e progetti specifici. Nel marzo 2010 l’Eu ha infatti lanciato la partnership ambientale collegata alla Sinergia, costituita allo scopo di trovare metodi comuni per diminuire l’inquinamento dei fondali e delle coste del Mar Nero.

La complessa questione della minoranza Rom

I Rom, spesso impropriamente definiti con gli eteronimi ‘zingari’ e ‘nomadi’, sono altrettanto spesso indebitamente associati alla Romania. Infatti si stima che solo il 30% di essi conduca una vita nomade, mentre la maggior parte dei 12 milioni di Rom sparsi per il mondo (dato ufficiale che, considerate le difficoltà riscontrate nei censimenti dei vari paesi, rappresenta verosimilmente una sottostima) risiede permanentemente nel paese di destinazione. Inoltre l’assonanza Rom-Romania è puramente casuale, dal momento che l’origine del termine Rom è ignota – secondo alcuni studiosi deriva dall’etnia Dom della regione nord-occidentale dell’India – e che per tutto il primo millennio d.C. non è stata riscontrata la presenza di popolazioni Rom nel territorio corrispondente all’attuale Romania.

Nel corso dei primi secoli del secondo millennio pare che i Rom si siano spostati dall’India sempre più verso ovest, fino a espandersi in tutto il continente europeo, fermandosi in particolare nei ricchi principati di Valacchia, Moldavia e Transilvania. La loro è stata una storia di mancata assimilazione, discriminazione e povertà, che li ha visti emarginati e cacciati dai vari stati in cui si trasferivano. In particolare, con l’affermazione dello stato-nazione, lo spazio per un’etnia in parte nomade e in parte sedentaria, ma comunque estranea alle logiche nazionalistiche, si è andato progressivamente riducendo fino a giungere al tentativo di sterminio perpetuato dalla Germania nazista.

Tra i Rom non si è mai sviluppato un senso di comune appartenenza nazionale, nonostante nel 1971 si sia tenuto il primo congresso dell’Unione internazionale dei Rom. Oggi l’Unione gode del ‘Consultative Status’ presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite in base all’articolo 71 della Carta, ma è ben lungi dal conseguire l’obiettivo della riunificazione dell’etnia per il quale fu costituita, in quanto i Rom continuano a vivere sparsi tra i vari continenti.

Nonostante la dispersione a livello globale, lo stato che ad oggi annovera il maggior numero di Rom è proprio la Romania, erede del territorio un tempo controllato dai principati danubiani: grazie alla presenza secolare, infatti, la popolazione Rom qui ha gettato radici più che altrove – per esempio parlando quasi solo rumeno e non conoscendo l’idioma romanì. Stando ai dati ufficiali, in Romania essi costituiscono il 2,5% della popolazione, ma si stima che possano raggiungere i due milioni (ovvero quasi il 10%) e che non si dichiarino Rom per evitare di essere discriminati. Considerando i rilevanti problemi di relazione con la comunità rom, nel 2001 il governo di Bucarest ha varato una strategia nazionale atta a migliorarne le condizioni di vita, incrementandone la scolarizzazione, la comprensione della lingua rumena e in generale l’integrazione sociale: un tentativo che tuttavia può essere considerato come un sostanziale fallimento. Sul piano politico quella Rom resta l’unica minoranza etnica sottorappresentata nel paese, avendo un peso nelle istituzioni pari allo 0,36%, ovvero una rilevanza analoga alle minoranze etniche quasi dieci volte inferiori in termini numerici.

Con la fine della Guerra fredda prima e l’ingresso nell’Eu poi, la minoranza Rom ha iniziato ad abbandonare il paese in direzione degli stati dell’Europa occidentale in modo sempre più consistente, venendo a costituire un potenziale punto di frizione tra Bucarest e le altre capitali europee, che negli scorsi anni hanno proceduto al rimpatrio di migliaia di Rom.

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