ALBIZZI, Roberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

ALBIZZI, Roberto

Elena Fasano Guarini

Nato il 22 giugno 1475 a Firenze da Filippo e da Maddalena Spinelli, per ragioni di commercio si stabili a Lione, dove si ha, per la prima volta, traccia della sua presenza nel 1502, quando comparve tra i mercanti presenti alla promulgazione degli statuti della nazione fiorentina di Lione. Dapprima commesso di Morelet de' Mustrari, ben presto l'A., associandosi con un fratello e, probabilmente, con altri parenti, lavorò come banchiere indipendente, acquistando rapidamente grande prestigio. Delle operazioni condotte dalla sua banca si conoscono i numerosi prestiti fatti al re Francesco I, spesso con la mediazione di J. de Beaulne de Semblançay, sovraintendente alle finanze, ed alcune operazioni condotte dall'A. ad Anversa sempre per conto del re, con l'aiuto del proprio corrispondente F. Gualterotti.

Nel 1517 l'A. organizzò ad Anversa il pagamento dei 200.000 scudi dovuti da Francesco I all'imperatore Massimiliano per il trattato di Bruxelles dell'anno precedente. L'A. stesso prestò al re la metà di questa somma, ricavandone 1036 scudi di interessi. Nel 1518, sempre ad Anversa, fece acquistare alcune giumente per il re per una somma di 2.125 scudi d'oro. Nello stesso anno stipulò con il Semblançay un contratto per le forniture d'armi per Tournai. A tale contratto presero parte, sottoscrivendo al prestito, anche il Gualterotti e G. Bonaccorsi, tesoriere della Provenza.

Negli anni successivi l'A. fu, tra i banchieri fiorentini, uno di quelli che sostennero con maggiore assiduità le imprese di Francesco I in Italia, anche se la sua banca non ebbe, come per es. quella degli Strozzi, carattere nettamente politico. Nel 1521, quando Francesco I, sospendendo bruscamente l'esenzione dai diritti di rappresaglia, di cui avevano goduto fino allora i mercanti stranieri a Lo-ne, imprigionò numerosi Fiorentini in seguito alla dichiarazione di guerra del papa e di Firenze alla Francia, l'A. fu uno dei firmatari della dichiarazione di lealismo e della supplica che i membri più importanti della nazione fiorentina indirizzarono a Francesco I perché i prigionieri fossero rilasciati. Nel 1522 l'A. fu tra coloro che prestarono forti sommo al re per le sue imprese in Italia. Il suo prestigio ottenne un clamoroso riconoscimento sempre nel 1522, quando fu eletto a Lione alla carica di scabino, che ben raramente veniva affidata a stranieri.

Alcuni anni dopo, la fortuna dell'A, sembrò subire un colpo quando il Semblançay, già, caduto in disgrazia nel 1523, fu accusato da Francesco I di malversazione. L'A. fu indicato come uno dei suoi complici principali e trattenuto in stato d'arresto al Louvre dal 14 febbraio al 14 maggio 1527. Immediatamente dopo fu nominata dal re una commissione incaricata di indagare sulle operazioni condotte dall'A, e da altri banchieri per conto del Semblançay. L'A. fu accusato in particolare di essersi accordato con il Semblançay in occasione delle forniture di armamenti per la città di Tournai per fare al re un prestito a tasso altissimo, dividendo poi con lo stesso Semblançay i profitti.

Tali accuse, che portarono il Semblançay all'esecuzione capitale, non ebbero però alcuna grave conseguenza per l'A.: il suo processo fu rinviato più volte, e nqn diverso esito ebbe la causa promossa contro di lui dal Gualterotti e dal Bonaccorsi, sempre in relazione alle modalità del prestito per gli armamenti di Tournai.

Nel 1533 il re accordò all'A. anche la remissione completa di una ammenda di 75 lire tornesi cui era stato condannato precedentemente.

Nel 1528 l'A., libero e padrone dei suoi beni, ottenne l'appalto delle imposte e gabelle per la città di Lione per il 1529, appalto che egli cedette alcuni mesi dopo ai consoli della città. In quello stesso anno il suo patrimonio veniva valutato da A. Suriano, ambasciatore veneto a Parigi, pari a 250.000 ducati e secondo, fra i patrimoni di Fiorentini residenti sia a Firenze sia all'estero, soltanto a quello di Tommaso Guadagni (400.000 ducati).

Nel 1530 l'A. fu tra i banchieri fiorentini che vennero in soccorso finanziariamente alla Repubblica fiorentina assediata da Clemente VII e da Carlo V. In seguito, si ha ancora notizia di numerosi suoi prestiti a Francesco I (22.500 lire tornesi nel 1536, 30.300 lire tornesi nel 1538, ecc.) e dell'assunzione da parte sua dell'ufficio di tesoriere del duca di Langueville, dopo il 1530.

Era ancora vivo nel 1545, quando gli fu imposta una tassa di 12.000 lire tornesi, equivalente ad un quarto dell'intera somma imposta dal re alla città di Lione. Dopo tale data non si hanno più notizie dell'A., anche se si sa che la banca degli Albizzi continuò a essere molto attiva, finanziando per es. i Francesi durante la guerra di Siena.

L'A. sposò Maria Leonarda Rousselet (Rucellai) ed ebbe numerosi figli e figlie, di cui uno, Jean, fu gentiluomo di camera di Luigi XII, Francesco I e Enrico II.

Fonti e Bibl.: P. Litta Fam. cel. ital., Albizzi,tav. X; E. Alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti,s. 2, V, Firenze 1858, p. 422; Catalogue des actes de François Ier,Paris 1887-1905, I-VIII, cfr. Indice;H. A. S. de Charpin-Feugerolles, Les Florentins à Lyon,Lyon 1889, pp. 10-16; A. Spont, Semblançay, la bourgeoisie financiére ..., Paris 1895, pp. 245, 274 e passim;R. Eherenberg, Das Zeitalter der Fugger,Jena 1896, I, p. 294; II, p. 358;E. Picot, Les Italiens en France au XVI siécle,Bordeaux 1901, p. 77; G.Yver, De Guadagniis mercatoribus fiorentinis Lugduni ..., Parisiis 1902, pp. 10, 39, 40-42 e passim;A. Rouche, La Nation fiorentine de Lyon,in Revue d'histoire de Lyon,XI (1912), p. 65; Dict. de biogr. française,I, coll. 1257-1258.

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