Revocazione. Diritto processuale civile

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Nel diritto processuale, uno dei mezzi per impugnare le sentenze. Disciplinata dagli artt. 395 e ss. c.p.c, è un’impugnazione a critica vincolata, essendo possibile solo per i motivi tassativamente indicati nell’art. 395.

Sono impugnabili con la revocazione, le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, le sentenze o le ordinanze pronunciate ai sensi dell’art. 375, 1° co., n. 4 e 5 dalla Corte di cassazione se affette da errore di fatto (art. 395, n. 4; art. 391 bis), nonché il provvedimento con il quale la Corte di cassazione abbia deciso nel merito, per i motivi di cui ai n. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 (art. 391 ter), il decreto d’ingiunzione divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647, nei casi indicati nei n. 1, 2, 5 e 6 dell’art. 395. Per effetto dell’intervento della Corte costituzionale l’impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395, 1° co., n. 4, è ammessa altresì nei confronti dell’ordinanza di convalida di sfratto o licenza per finita locazione, nonché di convalida di sfratto per morosità, emessi in assenza o per mancata opposizione dell’intimato. Anche il lodo arbitrale rituale può essere impugnato per revocazione ex art. 395, 1° co., n. 1, 2, 3, 6.

Si usa distinguere i motivi di revocazione straordinaria da quelli di revocazione ordinaria. I primi si hanno quando la sentenza è l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra (art. 395, 1° co., n. 1); se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza (art. 395, 1° co., n. 2); se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario (art. 395, 1° co., n. 3); se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato (art. 395, 1° co., n. 6). Si hanno motivi di revocazione ordinaria, invece, quando la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa (circostanza che si verifica quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso «se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare»; art. 395, 1° co. 1°, n. 4), ovvero quando la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione.

Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei n. 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395, purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza, di cui al n. 6, siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i 30 giorni da esso.

La revocazione (che può essere anche proposta dal pubblico ministero, ai sensi dell’art. 397) si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. La proposta di revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento. Tuttavia il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sua sentenza, qualora ritenga non manifestamente infondata proposta di revocazione. Contro la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata.

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