PUNZONATURA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1998)

PUNZONATURA

M. Frinta

Decorazione di superfici dorate ottenuta tramite uno strumento metallico con l'estremità incisa (punzone) e utilizzata soprattutto in pittura per creare i motivi che ornavano le aureole, i bordi del fondo oro e le bordature dorate delle vesti delle figure (nonché, occasionalmente, dello stesso sfondo).La p. fu probabilmente la tecnica decorativa di maggior effetto usata nella pittura tardomedievale su tavola e in alcune miniature di codici, oltre che, talvolta, nelle parti policrome di alcune sculture lignee. Se ne possono distinguere fondamentalmente due tipi. Un primo, semplice genere, nel quale venivano utilizzati soltanto punzoni appuntiti (p. 'a puntini'), sembra essere derivato dalla pratica degli artisti che lavoravano i metalli preziosi, i quali trattavano in questo modo le superfici di rame o di argento dorato per raggiungere una grana che vibrasse sotto lo sguardo soltanto cambiando l'angolo di illuminazione dell'oggetto. Venivano realizzati con questo tipo di p. motivi come girali, decorazioni fitomorfe e talvolta iscrizioni nelle aureole. Tale tecnica ha una limitata rilevanza storico-artistica, dal momento che essa soltanto raramente può essere posta in relazione con uno specifico artista; inoltre i limiti cronologici del suo uso risultano piuttosto vaghi.Una più specifica delimitazione si può invece proporre per l'altro genere di p., nella quale i punzoni utilizzati presentavano diverse forme (p. 'a motivi'). Queste variavano da forme basilari come quelle 'a rebbi' (per es. a cinque o a sei punte) e a stelle costituite da più segmenti originati da un comune punto centrale, fino a forme più complesse ottenute tramite la limatura, il taglio o la trapanatura di una bacchetta a sezione circolare, probabilmente di metallo anche se non si sono conservati punzoni tali da fornire una prova del materiale utilizzato. Recentemente è stata rinvenuta una grande quantità di punzoni metallici, ma essi si sono rivelati mere imitazioni dei punzoni del Trecento e del Quattrocento senese e sono probabilmente opera di un artista senese, Federico Joni, attivo tra il 19° e il 20° secolo. Sicuramente correlato alla p. è il procedimento di decorazione delle coperte di codici in cuoio - se ne sono conservati i punzoni d'acciaio - e dei bordi di piatti liturgici in ottone, mentre è soltanto imparentata con la p. la decorazione delle aureole e degli sfondi di alcuni affreschi, per lo più di Simone Martini e Lippo Memmi: il termine di sagomatura appare in questo caso più appropriato, poiché i motivi compaiono in rilievo rispetto al contesto nel quale sono disegnati. Gli strumenti, considerevolmente più grandi, non erano necessariamente metallici (forse erano intagliati nel legno) e possono essere chiamati matrici o stampi.I punzoni principali furono ampiamente utilizzati in varianti tra loro simili (generalmente con dimensioni da mm 1 a 3), spesso difficili da distinguere, per un periodo di oltre due secoli e sono caratteristici in particolare del primo periodo in cui veniva utilizzata la p. a motivi, cioè nella seconda metà del 13° e all'inizio del 14° secolo. D'altra parte forme più raffinate quali rosette, foglie e archi non si incontrano presto e generalmente hanno dimensioni maggiori rispetto a quelle delle categorie principali, anche se raramente superavano mm 10.La pittura italiana dal sec. 13° al tardo 15° è quella in cui la p. ricorre con maggior frequenza e la pittura toscana vi occupa una posizione preminente. Un'indagine generale ha individuato più di tremilatrecento varianti che compongono il catalogo di tutte le forme di punzoni (Frinta, 1998). I rari esempi conservati di p. a motivi nelle icone palestinesi-bizantine con la Vergine Odighítria datate tra il sec. 8° e il 12° e conservate in alcune chiese romane, preceduti da alcuni esempi in poche icone bizantine del periodo preiconoclastico del monastero di S. Caterina al monte Sinai, mostrano come la tecnica non sia stata inventata soltanto alla fine del Duecento. I pittori senesi dell'inizio del Trecento furono piuttosto coloro che riuscirono ad arricchire le possibilità decorative della tecnica, introducendo forme complesse di ispirazione floreale, così come anche forme di carattere più geometrico.La conservazione di una quantità relativamente abbondante di opere di pittura toscane, insieme all'abitudine dei pittori italiani di apporre il proprio nome e anche, occasionalmente, la data, alle opere, unita poi all'uso di registrare contratti e altri accordi, conservati negli archivi, permette di stabilire quali fossero i singoli gruppi di punzoni utilizzati dagli artisti; il nucleo del repertorio appartenente alle singole botteghe si ricava proprio da questi dipinti, firmati o documentati. I maestri più importanti della prima generazione di coloro che praticarono la p. utilizzarono dozzine di punzoni a motivi: per es. Simone Martini ne utilizzava cinquantasei, gran parte in comune con Lippo Memmi; Pietro Lorenzetti ne possedeva cinquanta e Ambrogio Lorenzetti quarantacinque (numerosi facenti parte del gruppo di Pietro). Della successiva generazione di artisti, colui che fece il maggior uso di punzoni fu Bartolomeo Bulgarini, seguito da Luca di Tommè e da Bartolo di Fredi. È plausibile ipotizzare che tali gruppi di punzoni fossero a disposizione dei membri della bottega, sicché la loro presenza non denota necessariamente la mano del maestro. Nel momento in cui in un dipinto si individua una forma di punzone che rimanda a una bottega diversa da quella cui l'opera è tradizionalmente attribuita, si segnala la necessità di riconsiderare attentamente l'attribuzione del dipinto stesso. Il fatto che ci si imbatta in punzoni 'non ortodossi' all'interno di una determinata produzione necessita di una spiegazione, che può essere quella del trovarsi in presenza di un prestito, di un uso promiscuo o di un'eredità. L'indagine comparata sui punzoni costituisce un utile strumento per verificare le attribuzioni. Se vi sono dati sufficientemente specifici, un'interpretazione del ricorrere di un punzone può inoltre contribuire a stabilire la cronologia delle opere.L'esistenza di forme di punzoni morfologicamente correlate può fornire elementi concreti per tracciare rapporti quali quello tra maestro e allievo, per individuare il soggiorno di un artista in una determinata bottega e anche le collaborazioni e i viaggi di un pittore. La somiglianza di un dato punzone a quello di un maestro noto può anche fornire indizi circa il contesto sociale o personale; infatti non soltanto l'antico allievo può aver creato per se stesso una replica del punzone del suo maestro, ma anche un pittore tradizionalmente non posto in relazione con un altro può in questo modo aver dimostrato ammirazione per un artista che lo aveva ispirato. Se forme simili non si sono mai riscontrate insieme in uno stesso dipinto di un determinato artista, si può supporre che si sia trattato della sostituzione di uno strumento perduto, danneggiato o eliminato e ciò può quindi avere implicazioni riguardanti la cronologia dell'opera. Ricostruzioni di tavole smembrate o disperse possono inoltre essere proposte sulla base delle caratteristiche sostanziali della punzonatura. Infine, uno sguardo attento alle forme dei punzoni può potenzialmente permettere anche l'identificazione delle forge (Frinta, 1978; 1982).Non desta sorpresa il fatto che la p. senese abbia inizio con le forme astratte dei punzoni riscontrabili nelle pitture della cerchia di Guido da Siena, per essere coronata, verso la fine del Duecento, da alcuni singolari punzoni 'a motivi' che si ritrovano usati nella Madonna Rucellai di Duccio di Buoninsegna (Firenze, Uffizi). L'indagine del coevo sviluppo a Firenze è meno indicativa, dal momento che vi è una sola forma di punzone importante e di dimensioni piuttosto grandi, vale a dire la rosetta esapetala presente nel crocifisso di S. Domenico ad Arezzo, attribuito a Cimabue, la cui forma stabilisce una relazione con la produzione perugina del Maestro di S. Francesco. La consueta forma a stelle in uso a Firenze sembra essere legata alla produzione di Arezzo e dei vicini centri dell'Umbria. Similmente, non vi sono inizialmente forme specifiche negli altri antichi centri della Toscana, Lucca e Pisa, se si escludono le tradizionali stelle 'a segmenti'.Un fiorire senza confronti della più fantasiosa lavorazione a p. si ha nelle opere di Simone Martini e di Lippo Memmi, nelle pitture dei fratelli Lorenzetti e in quelle di Ugolino di Nerio, nelle quali grandi punzoni delle più varie forme e dimensioni, dai mm 3 ai 10, spesso ispirati a motivi floreali, erano raggruppati in grappoli che costituivano semplici disegni di rosette.Con le rare eccezioni di Bernardo Daddi e di Jacopo del Casentino, che occasionalmente adottarono in scala ridotta la p. a grappolo senese, la caratteristica tipologia delle aureole decorate con la tecnica della p. a Firenze era più semplice: generalmente essa consisteva in schemi in sequenza lineare.Alcuni punzoni sembrano limitati a un periodo più breve e a singoli artisti, mentre altri possono aver cambiato mano nel corso del tempo (presumibilmente tramite acquisizione, eredità o prestito). Questi nuovi casi permettono di individuare e comprendere vari contatti esistenti tra diverse botteghe e tra varie generazioni di pittori. Sconcertante è l'uso di numerosi punzoni caratteristici di Pietro Lorenzetti, a partire dagli anni sessanta del Trecento, nella lontana Barcellona, nella bottega dei Serra. La calamità della peste nera (1348 ca.) a Siena può spiegare il disperdersi dei punzoni delle più importanti botteghe della città. Il riapparire a Siena nell'avanzato Quattrocento di elaborati schemi di p. analoghi alle mode del primo Trecento può essere indice di un sentimento nostalgico da parte di pittori come Sano di Pietro e Matteo di Giovanni nei confronti del glorioso passato della loro città.I punzoni senesi della prima generazione del Trecento si ritrovano nelle botteghe di alcuni pittori pisani, come Giovanni di Nicola, i quali tendevano anche a creare delle loro varianti, come nel caso di Francesco Traini. Ciò vale anche per i pittori fiorentini Bernardo Daddi e Jacopo del Casentino, i cui punzoni furono ispirati dalle forme senesi. Nell'intricata situazione della pittura fiorentina della seconda metà del sec. 14° è possibile individuare un certo numero di punzoni senesi. Senza risposta resta attualmente la questione di come tale trasferimento sia avvenuto, ovvero se i punzoni siano stati portati a Firenze da artisti che presumibilmente furono a Siena, come, ipoteticamente, Giovanni da Milano - nei cui dipinti apparvero per la prima volta tali punzoni -, oppure se ciò sia dovuto al mutare delle preferenze decorative a Firenze, conseguente all'arrivo di qualche pittore senese specializzato in tal genere di decorazione. Egli potrebbe essersi stabilito per qualche tempo a Firenze, mettendo la propria esperienza al servizio di importanti pittori quali Andrea, Jacopo e Nardo di Cione, Niccolò di Tomaso e quindi Giovanni del Biondo e Cenni di Francesco. Tale ipotesi trova sostegno nel fatto che vi fu un pittore specializzato in particolari tecniche di decorazione, ossia Gabriele Saracini, la cui maggiore abilità era la decorazione in rilievo dorato (a pastiglia) e che collaborò con due altri compagni forestieri nel corso del suo temporaneo soggiorno a Lucca negli anni ottanta del Trecento per eseguire due tavole che gli erano state commissionate: il pittore che operò con lui era Spinello Aretino. Gabriele poté lavorare a Lucca con i pittori locali Giuliano di Simone e Angelo Puccinelli e a Pisa con Taddeo di Bartolo, che vi soggiornava. Tuttavia tale genere di distribuzione dei compiti fu certamente un'eccezione e la norma fu molto probabilmente l'esecuzione della decorazione da parte dell'artista medesimo o dei suoi assistenti. Un rarissimo riferimento a questo modo di procedere si ritrova nel Libro dell'arte (CXL) di Cennino Cennini, il quale scrisse che l'esecuzione di questa decorazione era uno dei piaceri dei maestri. Egli menzionò anche la tecnica della p. a puntini di angeli su fondo d'oro.I pittori senesi furono per lungo tempo così fedeli al procedimento decorativo fiorito in passato nella loro città che si conservano ca. millecinquecento loro opere che presentano questa tecnica. I pittori di Firenze cessarono invece di utilizzare tale decorazione a causa dell'introduzione dello sfondo con raffigurazioni, prima della metà del 15° secolo.

Interessante è la scelta dei punzoni a Napoli. I primi esempi rivelano un'ispirazione dai punzoni senesi di Simone Martini, come nel caso di una pala d'altare con scene dell'Infanzia di Cristo, ora smembrata tra Aix-en Provence (Mus. Granet) e New York (Metropolitan Mus. of Art, Robert Lehman Coll.); gli esempi leggermente successivi mancano di questo riferimento diretto ai prototipi senesi.Tra gli altri centri di produzione in Italia devono essere menzionati gli esempi trecenteschi di p. a forme semplici di Rimini e di Bologna; nell'ultimo caso tali forme vennero in seguito sostituite da forme più varie dipendenti da modelli toscani, principalmente senesi e pisani, come nel caso di Vitale da Bologna. Nell'Italia settentrionale, è soprattutto Venezia a fare uso della p., preferendo ancora il motivo a stelle, mostrandosi così legata alla tradizione. Al di fuori di Venezia si trovano soltanto raramente esempi dell'uso della p., che persistette fin nel Quattrocento.L'Umbria e le Marche, regione nella quale ebbe successo la p. a motivi, sono notevoli soprattutto per i loro esempi trecenteschi. Da segnalare è il caso di Allegretto Nuzi, seguito da Francescuccio di Ghissi, che realizzò i propri punzoni prendendo a modello quelli di Pietro Lorenzetti, del quale sembra essere stato allievo precedentemente alla sua partenza per Firenze prima e per Fabriano poi.Diversamente dai già menzionati punzoni senesi e da quelli ispirati a Siena della Catalogna, l'Aragona si limitò alle semplici forme a stelle, che per lo più appartengono già al 15° secolo. È piuttosto strano che non vi siano opere decorate a p. che possano essere assegnate indiscutibilmente alla Francia. In Germania l'uso dei motivi realizzati a punzone resta eccezionale, essendo inizialmente limitato a pochi esempi a Colonia. L'atteggiamento conservatore terminò alla metà del secolo in numerosi dipinti di Norimberga e quindi verso la fine del secolo nella Germania settentrionale e nelle regioni baltiche (Lubecca e Danzica).

Tra tutte le regioni transalpine l'unica nella quale l'interesse per la decorazione a p. eguaglia quelle italiane, a eccezione della Toscana, è la Boemia, i cui primi esempi sono strutturati secondo modelli riminesi e veneziani e nella quale non si trovano forme particolari. Un fenomeno straordinario distinse, verso la fine del secolo, la miniatura boema. Nella Bibbia di re Venceslao IV (1361-1419; Vienna, Öst. Nat. Bibl., 275) si ritrovano trentatré punzoni delle più varie forme, comprese quelle figurative. L'uso dei punzoni che richiedeva uno speciale fondo di gesso (imbottitura) al di sotto della foglia d'oro proseguì in Boemia per tutto il sec. 15°, diffondendosi poi in Austria (dove tale uso si conservò fino alla fine del secolo), in Slesia e nella Piccola Polonia. Tale pratica era estremamente rara nella miniatura; in Italia è soltanto a Siena e nelle sue diramazioni a Firenze che si incontra tale tecnica.Singolare è l'uso prolungato di tale tecnica nella pittura di icone di epoca postbizantina nella regione dei Balcani. Soltanto i primi esempi provenienti dalla Dalmazia possono essere posti in relazione agli sviluppi italiani, essendo stati ispirati dalla tarda pittura veneziana. La fattura dei punzoni è generalmente di qualità inferiore.Uno studio sistematico relativo alla p. dal punto di vista storico e tecnico-artistico ha avuto inizio solo di recente. Interesse e riferimenti più o meno casuali per questo particolare genere di decorazione si ritrovano già nella letteratura artistica dei primi decenni del Novecento (Stout, 1929). Weigelt (1931) e Thompson (1933) sottolinearono la necessità di un'indagine sistematica. Una prima relazione è stata pubblicata da Frinta (1965) il quale ha elaborato una apposita metodologia di indagine; tale studio è stato seguito da numerosi articoli e monografie relativi a specifici aspetti della ricerca (Skaug, 1971; 1994; Frinta 1972; 1973; 1998).

Bibl.:

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Frinta, Punched Decoration of Gilded Surfaces on Late Medieval Panel and Miniature Painting, I, Catalogue of Punch Shapes, Praha 1998.M. Frinta

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