PORTO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PORTO

Adalberto Vallega

(XXVIII, p. 8; App. II, I, p. 594; III, II, p. 467)

Funzioni industriali. - A partire dai primi anni Settanta, il p. marittimo è stato soggetto a importanti trasformazioni, che riguardano sia le funzioni e l'organizzazione, sia le relazioni con la città e con la regione litoranea. Le funzioni relative al trasporto di petrolio sono cambiate per l'effetto combinato di due fattori: da un lato, il calo delle importazioni di petrolio dal Golfo Arabico; dall'altro lato, la diffusione di produzione di idrocarburi dal sottofondo del mare (produzione offshore; v. anche offshore, opere, in questa Appendice).

Le importazioni di petrolio dal Golfo Arabico avevano avuto una funzione trainante nell'indurre a costruire petroliere sempre più grandi, fino ad avvicinarsi alla portata lorda di 600.000 t. Le vicende seguite alla prima crisi del mercato degli idrocarburi nel 1973-74 indussero il mondo occidentale ad ampliare lo spettro delle aree di approvvigionamento e a stimolare la produzione offshore, sia di petrolio che di gas naturale. A causa di questo nuovo profilo geografico dell'offerta le petroliere gigantesche sono diventate inutili in vari scacchieri di rotte, soprattutto sulle rotte dal Golfo Arabico verso l'Europa. Nello stesso tempo veniva riaperto il Canale di Suez (1975), sicché i trasporti di petrolio dal Golfo Arabico non erano più costretti a circumnavigare l'Africa: tutto ciò ha concorso a promuovere la costruzione di navi non molto grandi, in grado di passare attraverso questa via. In conseguenza, per i p. marittimi il problema dell'accessibilità nautica è diventato molto meno importante. In passato, per far posto a vettori giganteschi, il p. doveva disporre di fondali molto profondi, oppure negli spazi marini esterni alle protezioni foranee dovevano esservi acque sufficientemente tranquille e condizioni meteorologiche appropriate per installare piattaforme offshore di sbarco: circostanze non frequenti a trovarsi. Al giorno d'oggi, invece, un p. marittimo dotato di strutture, onshore od offshore, capaci di accogliere petroliere fino a 150.000 tpl (tonnellate di portata lorda) può considerarsi ben equipaggiato per questo mercato.

A mano a mano che la produzione offshore di idrocarburi si è diffusa dal Mar Caribico fino al Mare del Nord, al Mediterraneo e a mari periferici dell'Estremo Oriente, i p. marittimi situati sulle coste che fronteggiano aree marine coinvolte da queste attività sono diventati basi di appoggio. Depositi di materiali, attracchi per supply vessels e per battelli di pronto intervento, eliporti, centrali operative sono stati accolti nel p., costituendo un nuovo, caratteristico elemento del paesaggio.

Anche nel campo delle rinfuse solide le funzioni portuali sono andate soggette a non trascurabili mutamenti. Nell'area dell'Unione Europea, e in certa misura anche in Giappone, le attività siderurgiche hanno contratto i ritmi espansivi, mentre attività analoghe si sono diffuse in paesi del Terzo Mondo, soprattutto nei paesi di recente industrializzazione (new industrialized countries), i più importanti dei quali sono Corea del Sud e Brasile. Questi mutamenti nella divisione internazionale del lavoro hanno rallentato la corsa al gigantismo navale nel trasporto di minerali di ferro e del carbone metallurgico. Il rallentamento è stato evidente soprattutto lungo le rotte per l'Europa. Si può dire che la soglia di 120÷150.000 tpl sarà difficilmente superata. Di conseguenza, i p. − soprattutto quelli europei − hanno desistito dal costruire attracchi su fondali sempre più profondi. Ha fatto eccezione Rotterdam che, nel corso degli anni Ottanta, ha realizzato un terminale di sbarco per mineraliere fino a 300.000 tpl.

Vicende diverse hanno interessato il mercato del carbone da vapore. Tutto il mondo occidentale ha perseguito, fin dalla prima metà degli anni Settanta, strategie di diversificazione del bilancio energetico, le quali hanno indotto a far affidamento sul carbone più di quanto fosse accaduto in passato. Di conseguenza, sono aumentati i flussi, soprattutto da Stati Uniti, Sudafrica e Australia, sia verso il Giappone che verso l'Europa occidentale. Dopo il Giappone, il Mediterraneo è diventato la regione portuale più interessante per questo mercato. Le dimensioni delle navi sono aumentate, nel tentativo di produrre economie di scala; di conseguenza, ha avuto luogo una domanda di nuova accessibilità portuale. L'Italia si è proposta di allestire terminali di sbarco per navi fino a 150.000 tpl, la Francia fino a 200.000 tpl; il Giappone ha provveduto ad allestire terminali per navi di oltre 200.000 tpl, Rotterdam si è dotata − come s'è detto − di accessibilità per 300.000 tpl.

In questo quadro generale si avvertono, però, le differenze tra l'Europa occidentale e il Giappone. Tra il Giappone e l'Australia è da tempo attivo un corridoio privilegiato di traffico, lungo il quale si muovono considerevoli flussi di materie prime − carbone, bauxite, minerali di ferro, e così via − dai p. australiani verso quelli giapponesi. Questa circostanza ha fatto sì che in questo corridoio vi siano traffici affidati a navi di grande portata, sicché i p. giapponesi sono generalmente dotati di terminali di sbarco più grandi e radicati su fondali più profondi di quelli europei, eccezion fatta per Rotterdam.

Le tecnologie di movimentazione delle rinfuse solide − combustibili, minerali, cemento, cereali − vengono sempre più affidate a impianti automatizzati. Questo processo si può dire concluso per le operazioni d'imbarco, giacché sono ormai del tutto affidate a caricatori continui. Più impegnativi a progettarsi sono gli scaricatori continui, per il passaggio automatizzato delle rinfuse dalla stiva della nave al terminale portuale. Tuttavia, anche in questo campo i progressi sono rapidi e ragguardevoli. Le rinfuse, liquide e solide, costituiscono le fonti maggiori di preoccupazioni ambientali, sia a causa dei rischi di incidenti durante la sosta della nave in p. per le operazioni portuali, sia a causa delle emissioni di polveri durante la movimentazione. La ricerca tecnologica è molto impegnata: si susseguono accorgimenti per evitare rischi ed emissioni di sostanze inquinanti durante il trasferimento delle rinfuse e si progettano depositi coperti, allo scopo di evitare lo spargimento di polveri nell'atmosfera.

Contenitori. - Tuttavia, il settore che più incide sulle trasformazioni funzionali del p. è quello del trasporto affidato a unità di carico, a vettori e a metodologie standardizzate. In questo campo il container (o contenitore) è diventato un vero e proprio fattore rivoluzionario: a questo semplice mezzo di confezionamento si deve la nascita del p. postindustriale. Sono state le navi cellulari, cioè composte, del tutto o in parte, da sistemi di celle per installarvi contenitori, che hanno imposto al p. di mutare la propria organizzazione. Per valutare dimensioni e conseguenze delle trasformazioni va tenuto conto del tipo di nave, del tipo di rotta e del tipo di connessione tra la nave e i vettori terrestri. Il tipo di nave ha influito molto sull'organizzazione tecnologica del p., cioè sui mezzi di movimentazione a terra (v. anche nave, in questa Appendice). Nella fase iniziale della containerizzazione il p. marittimo provvedeva a movimentare i contenitori con le stesse gru e con gli stessi vettori di banchina usati per le merci varie, cioè per le cosiddette merci in colli. In sostanza, si usava una metodologia convenzionale per un prodotto standardizzato, qual era il contenitore. Non tardarono, però, a costruirsi impianti speciali, come le grandi gru a portale e i carrelli speciali, che provvedevano a spostare i contenitori da nave a terra e viceversa, e a gestire i depositi con un tempo unitario − cioè per ciascun movimento −molto più breve di quello impiegato con metodologie convenzionali. Cominciava la corsa all'aumento della produttività portuale. Per conseguire l'obiettivo si fece leva su altri due strumenti: la struttura del p. e l'organizzazione del lavoro.

Nel p., estesi terminali, cioè grandi spazi quadrangolari, in fregio ai quali attraccano le navi cellulari e sui quali impianti ad alta tecnologia gestiscono i contenitori, hanno sostituito i tradizionali attracchi di dimensioni relativamente piccole, spesso dalla caratteristica forma ''a pettine''. L'introduzione massiccia di mezzi meccanici dalle tecnologie evolute e l'avanzamento della gestione computerizzata hanno quasi eliminato le tradizionali professioni portuali, legate alla manipolazione della merce con metodologie convenzionali. Il rapporto tra mano d'opera e tonnellata movimentata si riduce sempre di più e vengono alla ribalta nuovi profili professionali: dall'esperto di meccanica avanzata all'esperto di logistica, dall'informatico all'esperto di tecniche gestionali.

A seconda del tipo delle rotte containerizzate che fanno capo ai suoi terminali, il p. marittimo acquisisce quote differenti di valore aggiunto e fruisce di un livello funzionale più o meno qualificato. Il p. cui confluiscono navi operanti su rotte brevi e medie è meno qualificato di quello che accoglie rotte oceaniche. Al vertice di questa sorta di gerarchia funzionale si pongono i p. cui fanno capo navi in esercizio sulle cosiddette rotte pendulum che collegano due p. su oceani o mari differenti o le rotte round-the-world, cioè su rotte circumplanetarie. I p. che servono navi in esercizio su rotte oceaniche e su rotte circumplanetarie diventano terminali per transhipment ("trasbordo"): i contenitori vengono trasferiti dalle navi grandi, in esercizio su queste rotte, a navi di dimensioni medie e piccole, che provvedono alla raccolta e alla distribuzione dei contenitori in una determinata area marittima. In questi casi il p. marittimo si procaccia notevole valore aggiunto, derivante dal trasferimento dei contenitori da un vettore marittimo all'altro, cui magari si assomma il valore aggiunto derivante dalla sosta in depositi del terminale durante l'intermezzo tra l'arrivo della prima nave e il carico della seconda.

Porto e ciclo di trasporto. - Per comprendere come le rotte lungo le quali avviene il trasporto di contenitori possano influire sull'organizzazione del p. è necessario tener conto di due distinti elementi organizzativi del trasporto: il ciclo del trasporto, il ciclo unitizzato del trasporto. Il ciclo del trasporto è costituito dalle operazioni che avvengono all'interno del percorso che la merce compie per portarsi dal produttore all'utente finale e, quindi, ha un significato generale. Il ciclo del trasporto unitizzato è costituito dalle operazioni che hanno luogo durante il percorso che il contenitore compie senza che avvengano interventi al suo interno e, quindi, viene specificatamente riferito alle tecnologie moderne del trasporto basate sulla standardizzazione del carico e dei vettori. Questo secondo ciclo, pertanto, avviene tra due strutture: a) il centro di confezionamento del contenitore, ove ha luogo la formazione del carico; b) il centro di deconfezionamento del contenitore, ove ha luogo la scomposizione del carico. Ne consegue che l'estensione del ciclo del trasporto unitizzato può coincidere con quella del ciclo del trasporto soltanto nel caso in cui il confezionamento del contenitore avvenga presso il produttore e il deconfezionamento presso l'utente finale. In tutti gli altri casi, il ciclo del trasporto unitizzato è una parte, un sottoinsieme organizzativo, del ciclo del trasporto.

L'importanza economica dei centri ove avvengono il confezionamento e il deconfezionamento dei contenitori è notevole. In queste strutture, infatti, ha luogo una produzione di valore aggiunto che assume un peso crescente a mano a mano si evolve la razionalità organizzata e, quindi, la produttività generale del ciclo del trasporto. Ciò è dovuto al fatto che la composizione e la scomposizione dei carichi richiedono l'intervento di servizi, la cui automazione non può svilupparsi al di là di certe soglie, per cui resta un ampio terreno per interventi manuali e per operazioni ''personalizzate''.

Il ciclo del trasporto unitizzato può assumere quattro fondamentali configurazioni:

a) ciclo da p. a p. (pier to pier): il confezionamento del contenitore avviene nel p. di imbarco e il deconfezionamento in quello di sbarco. Il segmento compreso tra il produttore e il p. di imbarco, così come quello compreso tra il p. di sbarco e l'utente finale, sono serviti con metodologie convenzionali. Questa è la struttura più semplice di ciclo di trasporto unitizzato ed è anche quella che fornisce il più elevato valore aggiunto ai p.;

b) ciclo da p. di imbarco a utente finale (loading pier to door): il confezionamento avviene nel p. di imbarco, il contenitore non è manipolato nel p. di sbarco e viene deconfezionato presso l'utente finale;

c) ciclo da utente iniziale a p. di sbarco (door to unloading pier): il confezionamento avviene presso il produttore, il p. di imbarco viene ''saltato'' e il deconfezionamento ha luogo presso il p. di sbarco, che acquisisce valore aggiunto prodotto dalle operazioni di intervento nel contenitore;

d) ciclo da utente iniziale a utente finale (door to door): il confezionamento avviene presso il produttore e il deconfezionamento presso l'utente finale. Ambedue i p. (imbarco e sbarco) sono ''saltati''.

Ne consegue che, in quanto a valore aggiunto procurato dalla gestione dell'unità di carico, il p. massimizza i vantaggi quando sia inserito in cicli: loading pier to door e pier to pier per i flussi all'imbarco; oppure door to unloading pier e pier to pier per i flussi allo sbarco.

Naturalmente può accadere che nel retroterra portuale esistano strutture dove si eseguono interventi nei contenitori, si formano e riformano carichi e vengono svolte altre funzioni legate all'organizzazione del ciclo di trasporto. Queste strutture sono denominate in vario modo: interporti in Italia, plateformes de frêt in Francia, load centres negli Stati Uniti. Il p. è legato a questi nodi interni, se e in quanto serva flussi di traffico generati da questi, o diretti a questi. Allora, per es. per quanto riguarda i p. italiani, vengono alla ribalta altri modelli di cicli del trasporto unitizzato:

a) cicli per i quali il p. esercita funzioni di imbarco: ciclo da interporto italiano, per es. interporto padano, a p. di sbarco oltreoceano (inland loading centre to unloading pier); oppure ciclo da interporto italiano a interporto oltreoceano, localizzato alle spalle del p. di sbarco (inland loading centre to inland unloading centre);

b) cicli per i quali il p. esercita funzioni di sbarco: ciclo da produttore oltreoceano a interporto italiano (door to inland unloading centre); oppure ciclo da interporto oltreoceano, localizzato alle spalle del p. di imbarco, a interporto italiano (inland loading centre to inland unloading centre); oppure ciclo da p. di imbarco a interporto italiano (loading pier to inland unloading centre).

Funzioni portuali derivate dal progresso tecnologico sono quelle relative alle navi roll on-roll off ("rotolare dentro, rotolare fuori"; abbr., ro-ro). In questi casi i ponti della nave sono caricati con vettori terrestri (semirimorchi, camion), a loro volta caricati con contenitori o con altra merce. Nel p. di sbarco i vettori vengono posti a terra: possono proseguire per via stradale o possono essere caricati su carri ferroviari. Il trasporto ferroviario ha luogo su lunghe distanze − almeno 600 o 700 km − sulle quali risulta conveniente caricare semirimorchi o camion su treno.

Può accadere che il p. marittimo eserciti soltanto funzioni per il trasporto combinato di merci, oppure che serva anche navi ro-ro con funzioni miste, che trasportano persone con auto al seguito, e merci. Questa è una funzione tipica dei p. che servono rotte tra continente e isole, oppure rotte tra isole, e si è molto sviluppata a mano a mano che si sono diffuse le navi ro-ro. In passato le funzioni portuali per passeggeri erano costituite da servizi per navi di linea −restano famosi i grandi transatlantici della prima metà del 20° secolo − per i quali alcuni p. si dotarono di stazioni marittime dall'architettura pregevole; seguivano le funzioni per navi crocieristiche e per navi traghetto. Al giorno d'oggi la navigazione di linea si è contratta, ormai soppiantata dal trasporto aereo; in compenso, si è sviluppata la navigazione crocieristica, affidata anche a navi di grandi dimensioni. Inoltre, il tradizionale traghetto è stato sostituito dalla nave ro-ro, nelle due versioni ''passeggeri merci'' (in cui avviene anche trasporto mercantile) e ''tutto passeggeri''. L'espansione di queste funzioni costituisce uno dei settori più interessanti dell'attuale economia portuale. Non pochi p. ripristinano le monumentali stazioni marittime, risalenti alla fine del 19° secolo e al primo scorcio del 20°, e costruiscono nuove stazioni, nell'intento di procacciarsi il maggior volume di valore aggiunto dal trasporto di passeggeri. Si delineano anche interessanti connessioni tra trasporto marittimo e trasporto aereo. Esse hanno luogo nei p. marittimi vicini a un aeroporto o a un eliporto situati sulla costa.

Modelli di trasporto. - L'evoluzione del trasporto di contenitori, che costituisce la forma trainante del trasporto moderno (assorbe oltre il 95% del commercio marittimo di prodotti finiti), è dunque basata su due metodologie basilari di organizzazione del p.: a) il trasporto con movimentazione verticale (il cosiddetto lift on-lift off o, più brevemente, lo-lo), perché il contenitore si sposta per linee verticali; la nave adatta per questo tipo di manipolazione è quella cellulare; b) il trasporto con movimentazione orizzontale (roll on-roll off), in cui il contenitore viene trasferito dalla nave al p., e viceversa, mediante veicoli su gomma; la nave appropriata è quella ro-ro.

Queste forme di trasporto hanno influito sull'evoluzione dei tipi di organizzazione del ciclo del trasporto unitizzato, con i quali il p. entra in relazione. L'argomento richiede un chiarimento concettuale. Quando nel ciclo di trasporto interviene un modulo di carico unitizzato (contenitore, pallet, cassa mobile) si usa parlare di ''trasporto intermodale'', probabilmente per mettere in evidenza l'interazione che si viene a determinare tra le componenti, tecniche e organizzative, del ciclo a seguito dell'adozione di criteri di standardizzazione. Quando si consideri un p. specializzato per il trasporto unitizzato è, tuttavia, necessario adottare un'impostazione più specifica, distinguendo i cicli di trasporto unimodale, multimodale e combinato.

Il trasporto unimodale ha luogo quando, sull'intera estensione del ciclo di trasporto unitizzato, il modulo di carico − di solito, il contenitore − è trasportato mediante un solo tipo di modulo vettore (nave, treno, autotreno).

Il trasporto multimodale ha luogo quando, all'interno del ciclo di trasporto unitizzato, intervengono in sequenza più moduli vettore (nave, autotreno, carro ferroviario) senza che abbiano luogo interventi all'interno del modulo di carico (contenitore). La configurazione migliore per un p. specializzato è costituita dalla disponibilità di strutture, sovrastrutture e servizi per far fronte all'intero spettro di connessione tra moduli di trasporto, cioè:

a) tra nave oceanica (operante su rotte lunghe) e nave feeder (così si chiamano le navi che collegano p. situati a breve distanza); b) tra nave oceanica e trasporto su rotaia, e viceversa; c) tra nave oceanica e trasporto su gomma, e viceversa; d) tra nave feeder e trasporto su rotaia, e viceversa; e) tra nave feeder e trasporto su gomma, e viceversa.

Il trasporto combinato ha luogo quando il modulo di carico (contenitore) è deposto su un modulo di supporto (semirimorchio), che a sua volta è caricato su un modulo vettore e trasferito da un vettore all'altro durante il ciclo del trasporto. Nel caso di un p. marittimo, il perno del trasporto combinato è costituito dalla nave del tutto o in parte munita di ponti ro-ro. Infatti, il contenitore (modulo di carico) è deposto su un semirimorchio (modulo di supporto), trainato su un ponte della nave (modulo vettore), dal quale, concluso il percorso marittimo, viene trainato fuori per essere agganciato a una motrice o deposto su un carro ferroviario.

Tipi di operatori del ciclo. - L'evoluzione del modello organizzativo del ciclo di trasporto ha portato alla ribalta tipi diversi di operatori del ciclo di trasporto, i quali hanno esercitato una funzione via via più incisiva sull'organizzazione dei porti. Dagli anni Sessanta in poi, cioè da quanto il contenitore ha fatto la sua comparsa, si sono succeduti quattro tipi di operatori:

a) Multimodal Transport Operator (MTO): secondo la convenzione delle Nazioni Unite sul trasporto multimodale internazionale (1980), il trasporto multimodale è da intendersi "il trasporto di merce svolto attraverso almeno due differenti modi di trasporto, in forza di un contratto di trasporto multimodale". Due aspetti sono rilevanti: il trasporto è disciplinato da un solo contratto e nel ciclo intervengono almeno due modi diversi di trasporto (per es., nave e treno). La maggior parte degli operatori che intervengono nel ciclo del trasporto unitizzato appartiene appunto a questa categoria. In particolare, vi rientrano molti piccoli e medi operatori.

b) Combined Transport Operator (CTO): quest'operatore si occupa del trasporto combinato; di solito gestisce l'integrazione nave-treno, oppure nave-autotreno-treno. Nella categoria rientrano grandi operatori, come Intercontainer, che hanno iniziato l'attività nel trasporto ferroviario e, in seguito, l'hanno estesa ad altri segmenti del trasporto. Al pari del Multimodal Transport Operator, l'operatore del trasporto combinato fa uso di un solo contratto, che copre segmenti diversi e successivi del ciclo di trasporto. Generalmente nella sua sfera operativa rientrano flussi di trasporto serviti da navi ro-ro. Il Multimodal Transport Operator e il Combined Transport Operator hanno una caratteristica in comune: si occupano generalmente della sola estensione del ciclo del trasporto unitizzato, cioè delle fasi che si snodano dal punto in cui ha luogo il confezionamento del contenitore al punto in cui avviene il deconfezionamento.

c) Through Transport Operator (TTO): all'inizio degli anni Ottanta è venuta alla ribalta questa nuova figura di operatore, che si occupa dell'intero ciclo di trasporto con il proposito di acquisire la gestione di tutte le operazioni, da produttore a utente finale, procurandosi così tutte le quote di valore aggiunto derivanti da confezionamento e deconfezionamento, dagli interventi sul contenitore e dalla gestione dei segmenti coperti da trasporto convenzionale. Le esigenze dei Through Transport Operators sono duplici, riguardando i servizi per la connessione tra carichi convenzionali e carichi unitizzati (cioè tra merce in colli e merce in contenitori), e i servizi per la gestione del trasporto (spedizionieri, assicuratori, trasportatori, e altri).

d) Transport and Distribution Operator (TDO): nella seconda parte degli anni Ottanta alcuni grandi operatori, avendo messo a punto sistemi informativi capaci di gestire insiemi complessi di operazioni, svilupparono anche offerta di servizi non strettamente trasportistici, ma connessi alla produzione e alla distribuzione. Nacque così questa figura molto avanzata di operatore della quale fu pioniere l'American President Lines (APL), soprattutto a opera di B. Seaton.

Dotati di raffinati sistemi informativi e di un sistema globale di comunicazione, che fornisce informazioni on line sullo stato del carico e del movimento del contenitore, e capaci di compiere operazioni per dar luogo a un regolare, affidabile e sempre più rapido movimento del contenitore, i più grandi operatori sono intervenuti con crescenti investimenti nel campo della distribuzione. Questa strategia implica che non ci si limiti a muovere un contenitore, ma che si gestiscano e si controllino tutte le economie in vario modo connesse al movimento: le compagnie che si cimentano in questo campo devono assistere l'industria sia nelle fasi finali del processo produttivo (raccolta e assemblaggio di componenti, rifiniture e altre operazioni), sia nella distribuzione dei prodotti, almeno fino ai centri di smistamento per gli utenti finali.

Per es., il processo messo in atto dall'American President Lines implica che il transport and distribution operator si occupi, tra l'altro, di lettere di credito, commissioni agli agenti, allestimento dei carichi, assicurazione, consolidamento del carico e operazioni connesse (comprese operazioni speciali, imposte dalla natura del carico), gestione del carico presso le container freight stations e nei nodi in genere, deposito, operazioni doganali, etichettatura, scomposizione del carico per le forniture agli utenti finali, e altre operazioni. Oltre ai sistemi informativi, è necessario disporre di una raffinata capacità logistica e − quel che più conta − bisogna integrarsi verticalmente nel ciclo produttivo, diventando un operatore che, insieme all'industria, persegue il miglioramento della produttività del ciclo nel suo insieme e la penetrazione nel mercato. Queste capacità sono possedute da un numero ristretto di grandi operatori, detti global superstars.

A mano a mano che si sono affermati operatori sempre più influenti sul ciclo del trasporto, fino al punto da occuparsi anche di fasi finali della produzione industriale e della distribuzione dei prodotti, il p. è stato sempre più influenzato dalle loro strategie. Ormai i più grandi operatori del mondo gestiscono interi terminali portuali, sia per linee servite da navi cellulari, sia per linee in cui operano navi ro-ro. L'ultimo prodotto di quest'evoluzione è la piattaforma logistica. Si tratta di un'area, di solito sita alle spalle del p. (area retroportuale), nella quale un grande operatore, di solito un transport and distribution operator, gestisce i carichi, provvede alla preparazione dei prodotti finali, li inoltra sui mercati curandone la distribuzione e si occupa di tutte le altre operazioni complementari. Come si vede, siamo in presenza di un modello organizzativo complesso, in cui coesistono funzioni caratteristiche del nodo (per es., di un interporto) con quelle proprie di un'attività industriale.

Trasporto marittimo e trasporto fluviale. - Per completare la rassegna dei modi di trasporto unitizzato va tenuto presente che in certe parti del mondo, soprattutto dove esistono p. su estuari − oppure delta estuariali − di fiumi che collegano importanti aree urbane interne, vengono svolti servizi per navi portachiatte. In questi casi il p. marittimo diventa un'interfaccia, modernamente inteso, tra il trasporto marittimo e quello fluviale.

Questi vettori marittimi, tecnologicamente raffinati, sono costituiti da una struttura cellulare, che consente di appilare numerose chiatte dalle dimensioni standardizzate. Raccolte in convogli e mosse da spintori, le chiatte si muovono agevolmente lungo corsi fluviali. Di conseguenza, la nave porta-chiatte, raggiunto il p. marittimo, cala in mare le chiatte che hanno risalito il fiume e issa a bordo le chiatte che lo hanno disceso. I p. atlantici degli Stati Uniti e i p. europei del Mare del Nord, oltre a quelli russi sul Mar Nero, dispongono di notevoli funzioni in questo campo. Naturalmente, spesso sulle chiatte vengono caricati contenitori.

Waterfront urbani e portuali. − In molte città del mondo occidentale, dagli Stati Uniti al Giappone e all'Unione Europea, stanno cambiando le relazioni tra il p. marittimo e la città. Il declino delle industrie di base − soprattutto siderurgia e raffinazione del petrolio −intervenuto dopo la prima crisi (1973-74) del mercato petrolifero, e la conseguente espansione di produzioni di beni intermedi e di prodotti finiti, oltre alla crescita di funzioni terziarie, concorrono a lasciar liberi spazi, i quali restano disponibili per sviluppare funzioni con elevato valore aggiunto e non pregiudizievoli per l'ambiente. I ''colletti bianchi'' dell'epoca postindustriale trovano qui possibilità non trascurabili per affermarsi nelle attività più diverse, dalla robotica ai servizi per il commercio internazionale. D'altra parte, le sezioni ''storiche'' del p., cioè le aree più antiche, restano libere perché i traffici tradizionali vengono sostituiti dai flussi di contenitori e questi ultimi richiedono la realizzazione di estesi terminali, di solito costruiti in siti piuttosto lontani dal vecchio porto. Le aree lasciate libere diventano preziose per sviluppare attività non mercantili − dal turismo alle banche e ai servizi per il commercio − cui la città è molto interessata.

In tal modo viene attuata la cosiddetta politica del waterfront ("fronte d'acqua"): le fasce di contatto tra la città e il mare vengono ristrutturate, acquisiscono un paesaggio moderno e attraggono attività, flussi turistici, gente che richiede beni e servizi di vario genere. A Baltimora e a Vancouver, a Tokyo e a Yokohama, a Londra e a Rotterdam e in molti altri p., grandi e medi, sono stati realizzati progetti di riassetto, che hanno radicalmente mutato il volto del waterfront storico e hanno provocato la riconquista di spazi portuali da parte della città. In un contesto del genere il p. marittimo si arricchisce di funzioni non mercantili. Le più diffuse sono: porticcioli di pesca, installati nelle sezioni storiche del p. e spesso collegati con impianti terrestri di conservazione e di commercio del prodotto; porticcioli turistici, ben inseriti nelle fattezze storiche del p. mercantile e collegati con alberghi e con aree per il tempo libero; acquari e musei ispirati al mare; parchi di divertimento a sfondo marittimo; complessi congressuali; eliporti. In sostanza, la politica di waterfront risponde a tre imperativi: sviluppare funzioni con elevato valore aggiunto; creare paesaggi gradevoli; ridurre compromissioni ambientali.

In conclusione, si può convenire che l'avvento dell'economia postindustriale stia provocando considerevoli trasformazioni nelle funzioni portuali. Nel p. tradizionale, il cui profilo funzionale si era affinato nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale, le funzioni portuali erano definibili in rapporto alla natura della merce movimentata. Si era soliti distinguere le funzioni in quattro grandi tipi, a seconda che riguardassero le rinfuse liquide (idrocarburi, prodotti chimici, oli, ecc.), le rinfuse solide (carbone, minerali, cemento, cereali, ecc.), le merci varie (semilavorati, prodotti finiti, frutta, ecc.), passeggeri. Al giorno d'oggi questa distinzione non rispecchia la realtà, perché la categoria delle merci varie si scompone in importanti sottocategorie, identificate in rapporto alle metodologie della movimentazione. Si distinguono funzioni esplicate con metodologie convenzionali, metodologie lift on-lift off ("trasportare su, trasportare giù"), tipiche del servizio alla nave cellulare, metodologie ro-ro, tipiche dei servizi resi alla nave ro-ro, metodologie float on-float off ("trasferire per galleggiamento dentro, trasferire per galleggiamento fuori"), proprie dei servizi portuali resi alle navi porta-chiatte. Va da sé che alcune di queste metodologie possono riguardare anche il trasporto di rinfuse, se e in quanto esse vengono trasportate in contenitori (circostanza che si verifica raramente). La tradizionale categoria dei servizi ai passeggeri si trasforma in una categoria piuttosto articolata di funzioni, qualificabili come funzioni di waterfront. Il legame che le unisce è il disegno integrato con cui il waterfront è progettato e gestito. Questa categoria funzionale è difficilmente definibile. In ogni caso vi rientrano: funzioni per passeggeri, servizi per la pesca, servizi per la nautica da diporto e da competizione, funzioni per il tempo libero, funzioni congressuali, funzioni per il trasporto aereo. Per gli aspetti tecnico-costruttivi dei p., v. marittime, costruzioni, in questa Appendice.

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