PIRENEI

Enciclopedia Italiana (1935)

PIRENEI (A. T., 35-36, 41-42)

Maximilien SORRE
Federico PFISTER
Carlo MORANDI

Catena montuosa dell'Europa sud-occidentale che s'innalza tra la Penisola Iberica e la Francia dall'Atlantico al Mediterraneo, per una lunghezza di 432 km. Tale è la dimensione assegnata alla catena, sebbene sarebbe legittimo cercare il prolungamento delle zone centrali e meridionali nelle basse montagne del paese basco fino al di là di Bilbao, perché le conoscenze attuali autorizzerebbero tale estensione. Qui tuttavia ci atterremo all'accezione corrente. Lo spessore massimo della massa montuosa è di 140 km., dei quali 83 km. sul versante spagnolo, tra Saint-Martory e Balaguer. Gli aspetti caratteristici della catena sono: la dissimmetria dei versanti nel senso trasversale (i pendii sono molto meno bmschi sul versante meridionale che non su quello francese); la dissimmetria nel senso longitudinale (la catena si abbassa abbastanza lentamente verso l'Atlantico, mentre dal lato del Mediterraneo è interrotta bruscamente da sprofondamenti; da questo lato, a 48 km. dal mare, il Canigou si eleva ancora a 2785 m.); la regolarità della linea di cresta, appena incavata da alti valichi (le cime, senza raggiungere le altezze dei giganti alpini, si mantengono regolarmente tra 2600 e 3400 m.; l'altezza media tra il Canigou e il Pic d'Anie è di 2997 m.); la fusione degli alti massicci della zona assiale nella parte centrale e orientale della catena; lo scarso sviluppo delle valli longitudinali subito interrotte, specie sul versante settentrionale. Infine, se si considera l'insieme, una disposizione a zone dei rilievi, la quale fa rientrare la catena nella famiglia delle montagne originate da corrugamento. Accanto a questi aspetti principali, il distacco a baionetta della linea di cresta nella valle d'Aran è d'importanza secondaria.

Struttura e descrizione. - Il nocciolo è formato da una massa antica (scisti, calcari e graniti) che verso O. affiora nel Pic d'Anie da sotto al mantello cretacico. La disposizione nastriforme delle fasce scistose è effetto degli sforzi orogenici della fine del Primario. Questa massa di terreni antichi più o meno livellati e i sedimenti del Secondario furono interessati al principio dei grandi movimenti orogenici alpini. Dopo parecchie ipotesi sulla natura di questi movimenti, oggi si scarta l'idea di accordare una funzione molto importante ai carreggiamenti e si considerano i Pirenei come un'enorme piega di fondo. La dissimmetria topografica riproduce quella geologica. Il debole sviluppo della zona calcarea è una delle cause dello scarso sviluppo delle valli longitudinali. Secondo E. de Margerie e F. Schrader, la fisionomia dell'insieme è quella di un ventaglio composto. I Pirenei atlantici corrispondono a un abbassamento degli assi di corrugamento. In vicinanza dell'Oceano, dai bassi altipiani di calcare cretacico si elevano massicci antichi di struttura estremamente complessa: Haya (816 m.), la Rhune (900 m.), picchi di Mondarrain (750 m.) e di Orsocirja (678 m.). Gli altipiani di calcare cretacico si elevano gradatamente verso est, formando alti causses in cui sono frequenti i campi carreggiati, incisi da burroni profondi e pittoreschi e dominati dal picco d'Orhy e dal Pic d'Anie (2504 m.). Questi ultimi segnano il limite dei Pirenei atlantici. Al di là cominciano i Pirenei centrali, in cui la disposizione della catena è molto più regolare. L'ordinamento delle zone, che si comincia a seguire già dalla Navarra, diviene ben netto fino all'altezza del Segre. La zona assiale è quella dei grandi massicci cristallini che sporgono dagli strati alternanti di scisti e di calcari primarî molto metamorfizzati. Questi massicci sono coronati da alte superficie superiori a 1800 e a 2000 m., dominate dai più alti picchi e nelle quali il segno dell'azione glaciale è reso visibile da innumerevoli piccoli laghi di circo. Il Pic du Midi d'Ossau (2885 m.), guglia isolata e solitaria, non appartiene ancora a questo tipo di montagne. Il tipo appare invece con i massicci di Piedrafita, del Balaitous (3146 m.), del Vignemale (3298 m.). Il tipo stesso raggiunge poi pieno sviluppo al di là del Gave de Pau, la cui magnifica valle fu modellata da uno dei più gandi ghiacciai dei Pirenei; si afferma nel massiccio del Néouvieille (3092 m.) che precede il Pic du Midi de Bigorre (2877 metri), in quello dei Posets (3367 m.), in quello della Maledetta (Picco d'Aneto, 3404 m.), di Marimanya (2758 m.), del Monseny (2802 m.), del M. Vallier (2839 m.), dell'Ariège e dell'Andorra (Pic d'Estats, 2141 metri). Le zone esterne del versante settentrionale hanno larghezza limitata. La zona dell'Ariège premontano, troppo spesso trascurata, è tuttavia di grande interesse. Massicci primarî affiorano dalla copertura di calcari giurassici e cretacei; nella regione in cui presentano il massimo sviluppo, questi massicci si rivelano, per pesantezza di forme, affini ai massicci della zona assiale, (Saint-Barthélemy, 2389 metri; Trois Seigneurs, 2199 m.). Più a O., al di là del Pic du Midi de Bigorre, sono frequenti elevati altipiani calcarei, in cui abbondano le forme carsiche, con grotte dovute a fenomeni di dissoluzione. Al di là della zona dell'Ariège, lunghe rughe che non superano l'altezza di 800 m. annunziano un primo sforzo di corrugamento (Piccoli Pirenei, Plantaurel). Ben altro sviluppo hanno invece le zone esterne del versante meridionale. Nella zona del Mont-Perdu gli strati del Cretacico talora ricadono sulla zona assiale, talaltra s'incuneano nella massa primaria che ricade sopra di essi, altre volte invece rifluiscono verso SE. Si ergono in una fronte ripida nella Peña Collarada, nel Tendeñera, nel circo di Gavarnie, che coronano le tre cime di puddinghe eoceniche del Mont-Perdu (Las Tres Sorores, 3352 m.). Il Cotiella, il Turbon, la Sierra de Boumort, la Sierra del Cadi (2638 m.) appartengono a questa zona, alla quale i grandi strapiombi calcarei eretti come muraglie gigantesche conferiscono un raro carattere architettonico. Più a S. la zona eocenica dell'Aragona presenta una disposizione sinclinale. Gli elementi resistenti dell'alto della serie generano, al disopra delle marne azzurre, rilievi vigorosi che raggiungono ancora i 1675 m. (nella Sierra de la Peña). Infine nella ruga delle sierre che sorgono al disopra del bacino dell'Ebro, riappaiono terreni cretacei e triassici (sierre di Guara, 2070 m.; del Monsech, 1685 m.). Queste disposizioni della struttura hanno favorito lo sviluppo relativo delle valli longitudinali, tra cui la più notevole è quella dell'Aragona. Nei Pirenei mediterranei, questa disposizione si complica. Nella zona assiale si scavano incisioni profonde, incorniciate da alti massicci, i quali (Carlitte, 2921 m.; massiccio del Puig d'Alp; del Puigmal; del Canigou, 2785 m.) richiamano i massicci della regione centrale. Essi incorniciano l'alta pianura di Cerdagne (altitudine media: 1200 m.) nella quale alla fine del Terziario regnarono condizioni lacustri e incorniciano soprattutto, sull'orlo del Mediterraneo, i due sprofondamenti del Rossiglione e dell'Ampurdán, separati dal tramezzo montuoso degli Albères. Questo raggiunge ancora l'altezza di 1257 m. tra il Pertus e il mare. A N. le pieghe pireneiche circondano il massiccio del Monthoumet e si prolungano nella Linguadoca fino in Provenza. Il picco di Bugarach (1231 m.) è il più elevato delle Corbières. A sud la vicinanza del massiccio catalano turba le condizioni tettoniche e il turbamento si fa sentire nel corrugamento degli assi del Monsech e del Boumort.

Clima, vegetazione e flora. - I Pirenei, meno elevati delle Alpi, meno larghi e con pendii più bruschi sul versante settentrionale, non subiscono, in inverno, l'influsso del centro di pressione barometrica continentale. Le perturbazioni d'origine oceanica si propagano liberamente lungo la fronte N., mentre a S. si fa sentire l'influsso della meseta iberica a regime farometrico assai peculiare. Infine, la vicinanza dell'Atlantico e del Mediterraneo introduce particolari tipi di clima. A parità di altitudine, il versante aragonese è più caldo, con primavera più precoce e scarti più accentuati. Sul versante francese, il massimo termico è ritardato fino al mese di agosto, l'autunno è più mite e lo stesso mese di dicembre è meno rigido. Le differenze termiche tra i due versanti, di cui l'uno è più esposto a influssi marini e l'altro è più continentale, sono sensibili sui tre quarti della lunghezza dell'intera catena. La fronte atlantica si oppone, in tal modo, alla fronte mediterranea. In entrambi i casi, gl'inverni sono miti, ma l'estate è ben più calda all'E. che all'O. Forse vi è meno forte la decrescenza della temperatura con l'altitudine. Ma il carattere più originale del clima è indubbiamente il comportamento delle piogge. Sul versante settentrionale, i venti di NO., carichi d'umidità, depongono grandi masse d'acqua, tanto sulle propaggini quanto sugli alti massicci. In vicinanza dell'Atlantico, dove le precipitazioni superano i 1500 mm., il numero dei giorni piovosi è considerevole, col massimo in autunno. Più a oriente, il massimo si porta invece in primamra. S'ignora se esista nelle zone più alte un ottimo pluviometrico; ma gli alti massicci dei Pirenei centrali e quelli dell'Ariège ricevono più di 2000 mm. d'acqua. Ancora più a oriente, al di là dell'Aude, il regime è mediterraneo, con diminuzione delle precipitazioni e introduzione d'una stagione secca estiva. Invece sul versante meridionale, le basse montagne catalane sono bagnate da precipitazioni estive, mentre la parte centrale della catena disegna un golfo di siccità tra la regione catalana e quella basca, in forte contrasto con i versanti francesi del medesimo meridiano. Si nota infine come caratteristica la siccità degli alti bacini interni della catena (Cerdagne) nella parte orientale. Nello stato climatico attuale, tra il limite delle nevi persistenti e le creste, non vi è spazio sufficiente per consentire lo sviluppo dei grandi ghiacciai. Il limite delle nevi non scende al disotto di 2700 m. Nella topografia dei Pirenei si scoprono le vestigia di parecchie glaciazioni. Sul versante settentrionale i grandi apparati glaciali sono discesi fino ad Arudy (Ossau), Lourdes (ghiacciaio del Lavedan), Labroquère (ghiacciaio della Garonna), all'altitudine media di 400 m. Sul versante meridionale, i bacini terminali degli antichi ghiacciai aragonesi sono più elevati di circa 300 m. Oggi non si vedono più che apparati ridottissimi, ghiacciai d'altipiano e di circo, accantonati nei massicci che superano i 3000 metri, sopra una fronte di 90 km. tra la Sierra de Montarto e il Balaitous. In alcuni massicci, come in quello del Montcalm (3141 metri), mancano addirittura, a causa del rialzamento generale dei limiti climatici verso oriente.

Tutti questi contrasti hanno ripercussioni sugli aspetti della vegetazione. Le più notevoli differenze con le Alpi sono: assenza di specie come il larice, la picea, il pino cembro allo stato spontaneo; maggior ricchezza di specie endemiche, tra cui Xatardia scabra, Endressia pyrenaica, Ramondia pyrenaica; abbondanza di specie endemiche d'origine mediterranea adattate a vita alpina; fenomeni curiosi di accantonamento; ripartizione di stazioni isolate di piante mediterranee sul versante settentrionale e di macchie di faggi sul versante meridionale. Tutto ciò si spiega sicuramente con la storia geologica, specie con il moltiplicarsi dei periodi glaciali e con le vicende postglaciali del clima. Ma il segno delle condizioni attuali è visibile dappertutto. La fascia mediterranea, con i suoi boschi, le sue macchie, le sue colline calcaree coperte di vegetazione (garrigues) è rappresentata sul versante settentrionale solo a cominciare dalla valle dell'Aude. In Francia, l'olivo sale fino a 560 e a 600 m. Ma la linea del suo limite forma una rientranza molto accentuata nelle valli del gruppo dei Nogueras, dove essa si eleva fino a 1200 m. (altitudine massima delle abitazioni permanenti nella valle del Flamisell). In seguito la linea ridiscende, allontanandosi dall'asse della catena, nelle basse montagne navarresi. Si nota che sul versante settentrionale le colonie mediterranee che accompagnano la quercia sempreverde s'avanzanoo al di là della Garonna. Invece le querce a foglie caduche trovano lo sviluppo massimo nei Pirenei atlantici, dove cominciano al livello del mare e dove, oltre alla Quercus pubescens, Q. sessiflora e Q. pedunculata, comprendono anche la Quercus toza che non supera il Gers e sostituisce le lande di ginestra spinosa, quando questa pianta scompare. Ma l'aspetto più notevole è dato dalla vegetazione boschiva o montana (Fagus sylvatica, Abies pectinata) sul versante settentrionale. L'abbondanza delle precipitazioni favorisce la crescita degli alberi e, nonostante i diboscamenti abusivi, la foresta si ricostituisce spontaneamente con un vigore incredibile sui tre quarti di tutta la lunghezza della catena. I Pirenei francesi sono meno nudi delle Alpi. Il faggio giunge fino a 1600 m. e l'abete, albero di carattere subalpino, si spinge in taluni punti fino a 2000 m., sebbene in generale si arresti verso i 1800 m. Invece le montagne d'Aragona, molto diboscate, offrono lo spettacolo d'una grande nudità. È da notare che sul versante meridionale il faggio prospera solo alle due estremità della catena, perché la Catalogna presenta, come si è detto, un regime pluviometrico aberrante. Infine, al di sopra dell'abete, il nucleo della vegetazione alpina è formato nei Pirenei da un'essenza di grande robustezza, il pino uncinato (Pinus montana, var. uncinata), il quale si spinge normalmente fino a 2300 m., ma che è stato incontrato anche a 2700 m.

Poco si ha da dire sulla fauna. I tipi originarî, l'orso bruno, l'isardo, lo stambecco (Ibex), si fanno sempre più rari.

Popolamento, economia, importanza politica. - La presenza dell'uomo nella catena pirenaica è certamente antica. Le grotte del Mas d'Azil, di Gourdan, di Gargas, di Lortet, delle Espélugues, d'Arudy hanno fornito un abbondante materiale, a cominciare dall'epoca della renna. Le zone marginali della catena furono abitate in tutto il período neolitico. Ma i megaliti della valle d'Ossau, in prossimità del Pic du Midi, rivelano la presenza dell'uomo nell'interno della catena. Forse quegli uomini erano i primi pastori transumanti. La toponimia permette di affermare l'esistenza d'un fondo antichissimo, in cui si mescolano Liguri ed elementi meridionali o iberici. Questi ultimi sono soprattutto visibili nel paese basco, in cui si parla l'euskara.

Molto per tempo si formarono gli aspetti di quella vita agricola e pastorale, arricchiti d'altra parte dall'introduzione di nuove piante, avvenuta in tempi moderni. I due principali fra tali aspetti sono la disposizione a piani delle forme di sfruttamento e l'importanza delle valli o dei fasci di valli come cornici della vita economica. Quest'ultimo aspetto è in relazione con la prevalenza delle valli trasversali su entrambi i versanti. Così sul versante settentrionale le forme di vita si dispongono a piani nella parte centrale. I fondovalle, largamente aperti, con le loro colture di grano, di mais, di miglio, alcune vigne, alcuni orti e praterie, sono in relazione col paesaggio agricolo delle pianure dell'Aquitania. A poco a poco sui ripiani dei pendii, alle colture ricche si sostituirono la segala e la patata. Nel secondo ripiano, il prato da falciatura occupa già un posto più importante; tra i 1200 e i 1800 m. esso occupa tutta la superficie e solo intorno ai villaggi temporanei si trovano piccoli tratti dissodati. Questi villaggi sono detti bordes, o anche cortals o pardinas (catalano). Lungo tutta la catena si verificano migrazioni agricole in senso verticale, le quali accompagnano le migrazioni pastorali. Infine, le praterie delle zone alte sono dominio esclusivo della pastorizia. Accanto agli spostamenti delle greggi montane, i Pirenei conoscono infatti una transumanza invernale. Le pecore svernano nelle pianure vicine (Landes, Rossiglione, Llanos de Urgel, Bárdenas reales nell'Aragona). Ma questa transumanza invernale a lunghi percorsi va diminuendo, soprattutto sul versante settentrionale. La disposizione a piani delle forme d'abitazione rispecchia il ritmo della vita agricola. I villaggi e le dimore permanenti giungono al limite dell'attività agricola normale. Più in alto nell'Aragona e in Catalogna (La Llagone, 1688 m.) che non sul versante atlantico (Saussa en Lavedan, 1550 m.). Segue poi una zona di abitazioni temporanee, il cui limite sale verso i 1800 m.; più in alto non si trovano che rifugi di pastori (jasses, orrys o cayolars).

Questi antichi costumi di vita rurale e pastorale hanno avuto il loro riflesso sulla vita poiitica. Dagl'inizî del Medioevo, le formazioni politiche sono sconfinate sui due versanti, sia che si trattasse dei conti di Foix, dei conti di Barcellona, dei re d'Aragona, della Navarra e del Béarn. Quest'ultimo stato, fondato sul possesso dei valichi, aveva ancora nel sec. XVI l'aspetto d'uno stato montanaro e pastorale. Fu solo dal 1258 (trattato di Corbeil) che i Pirenei cominciarono a compiere sulla maggior parte della loro estensione, eccettuata la Navarra, la funzione d'un confine. Ma è degno di nota che, attraverso tutte le vicissitudini della storia, le valli, organismi economici, hanno conservato la loro autonomia. Esse manifestarono anche una certa attività politica per la conservazione dei loro privilegi e la tutela degli alti pascoli, p. es., con la conclusione di trattati particolari (lie e passeries). La situazione paradossale delle valli d'Andorra, vassalle della Francia e del vescovo d'Urgel, il tracciato della frontiera che lascia la valle d'Aran alla Spagna e i diritti dei comuni spagnoli sui territori pastorali in terra francese, sono altrettante vestigia di quel passato.

Accanto a queste risorse del suolo, i Pirenei ne hanno altre ricavate dalle loro acque. Le piccole industrie della catena hanno cominciato molto presto a utilizzare la forza idroelettrica. Sono state utilizzate le riserve costituite dai laghi di circo; i profili delle valli trasversali si prestano anche alla formazione di sbarramenti. I gruppi principali sono quelli dei Pirenei centrali, dell'Ariège, della Têt, dei Nogueras. Di questa energia usano soprattutto Tolosa e Barcellona. Infine, nessun'altra catena montuosa dell'Europa possiede una serie così ricca di sorgenti termali abbondantemente mineralizzate. Non è possibile citarle tutte: le più caratteristiche sono quelle del gruppo solforato-sodico (Eaux-Chaudes, Bagnères-de-Luchon, Ax-les-Thermes). Sui confini della catena si trovano le sorgenti solfato-calciche (Bagnères-de-Bigorre). La serie salina è più esterna rispetto alla catena. Per lungo tempo i rapporti e gli scambî sono stati limitati ai bisogni interni della catena, a causa dell'altezza dei colli, poiché i valichì si trovano alle due estremità della lunghezza. Tra la Perche (1622 m.) e il Somport (1632 m.), tutti i valichi sono al di sopra di 1800 m.: se ne contano sette, di cui quattro al di sopra di 2200 m. Fino a questi ultimi anni non vi erano che due sole strade ferrate: lungo l'Atlantico e lungo il Mediterraneo. Oggi un'altra linea ferroviaria unisce Tolosa a Barcellona passando sotto il colle di Puymorens; un'altra congiunge Bordeaux a Saragozza attraverso il Somport (galleria di Canfranc). Questo progresso delle comunicazioni è stato favorito dall'utilizzazione dell'energia idroelettrica. Così i Pirenei sono ormai aperti alla grande circolazione. Sebbene limitata, la circolazione del passato non era affatto estranea alla scelta delle localita urbane.

Infatti non vi sono aggruppamenti urbani all'interno della catena se si eccettuano: 1. alcune città termali (Ax e Luchon), la cui attività è, per così dire, stagionale; 2. una città di bacino interno, Puigcerdá. Sul versante spagnolo meno ripido, due piccoli centri, Jaca e Seu d'Urgel, dominano fasci di valli alte. Le due linee principali di aggruppamenti urbani si trovano ai piedi dei due versanti. Una cintura di piccole città domina gli sbocchi delle valli e costituisce i centri di scambio: Baiona, Oloroy, Lourdes, Bagnères-de-Bigorre, Saint-Gaudens, Saint-Girous, Foix, Figueras, Berga, Barbastro, Huesca, Pamplona. Più lontane dalla catena si trovano le città di Pau, Tolosa, Lérida, Saragozza, che costituiscono i punti di concentramento dei fasci di strade.

Bibl.: M. Sorre, Les Pyrénées, 3ª ed., Parigi 1933, con bibl.; L. Carez, La géologie des Pyrénées françaises, in Mém. Cart. géol. France, 1903-1909; Ch. Jacob, Zone axiale, versant nord et versant sud des Pyrénées (pubblicazione giubilare della Soc. geologica di Francia, II), Parigi 1930; E. De Margerie e F. Schrader, Aperçu de la structure géologique des Pyrénées, in Annuaire du Club Alpin, XVII, 1891; R. Blanchard, La morphologie des Pyrénées françaises, in Ann. de géogr., XXIII (1914); H. Gaussden, Végétation de la moitié orientale des Pyrénées, sol, climat, végétation, Parigi 1926; H. Cavaillès, La vie pastorale et agricole dans les Pyrénées des Gaves, de l'Adour et des Nestes, ivi 1931; id., La transhumance pyrénéenne et la circulation des troupeaux dans les plaines de Gascogne, ivi 1931; M. Sorre, les Pyrénées méditerranéennes, ivi 1913; Th. Lefebvre, les modes de vie dans les Pyrénées atlantiques, ivi 1933.

Storia. - I Pyrenaei montes, l'alta catena montuosa che dal Mare Balearicum al Mare Cantabricum separava l'Hispania dalla Gallia, appaiono ricordati la prima volta da Erodoto (II, 33) sotto il nome della città celtica di Pyrene presso la quale egli poneva le scaturigini dell'Ister. Ma la loro conoscenza non fu ancora per lungo tempo precisa presso gli antichi perché lo stesso Strabone (II, 5-27; IV, 1, 1) e Pomponio Mela (II, 85) li ritengono diretti da nord a sud e solo Plinio (Nat. Hist., IV, 109) ne indica l'esatta direzione. Essi erano selvosi sul versante gallico, ma nudi, rocciosi e nevosi su quello iberico, e quasi impraticabili. Non di meno fino dall'antichità diversi erano i valichi conosciuti attraverso la catena dei Pirenei.

Ma tre di essi erano i principali: l'uno, il più frequentato dai Romani, era quello orientale lungo la strada che da Barcino, Aquis Voconis (Caldes de Malavella), Gerunda (Gerona), Iuncaria (Figueras), Deciana (Junquera), portava in Iliberris (Elne) in Gallia verso Narbona, attraverso il colle del Perthus; fu questo il valico passato da Annibale nel suo cammino verso l'Italia nel 218 a. C. e da Pompeo, nel 77 a. C., scendendo in Spagna, allorché al di là del colle del Perthus dovette sostenere aspri combattimenti contro la popolazione della regione; ed è questo valico che accolse i trofei di Scipione su Asdrubale. Gli altri valichi, a occidente, erano quello lungo la via che da Caesaraugusta e dalla valle dell'Ebro portava, attraverso il passo di Somport, ad Iluro (Oloron) e a Beneharnum (Lescar-en-Béarn), e quello lungo la via che da Pompelo e da Iturisa, attraverso il passo di Roncisvalle, portava a Carasa (Garris) e ad Aquae Tarbellicae (Dax); quest'ultimo pare il valico scelto da Asdrubale nel 208 a. C.

Tutti questi valichi erano dagli antichi conosciuti col nome di Summus Pyrenaeus. Anche nel Medioevo e nell'età moderna le maggiori vie di penetrazione attraverso i Pirenei furono quelle antiche. Attraverso il colle del Perthus i Saraceni invasero la Settimania, e i Franchi si mantenevano in contatto con la marca di Barcellona. Attraverso il passo di Roncisvalle, dove passa la grande via che unisce Baiona con Saragozza, gli Arabi, che poi furono sconfitti da Carlo Martello, passarono nella Gallia, Carlomagno tentò la conquista della Navarra, i Francesi invasero la Spagna al tempo di Carlo V, di Filippo II e, nel 1808, con Napoleone.

Bibl.: J. Sacaze, Les Inscriptions antiques des Pyrénées, Tolosa 1890; id., Les anciens dieux des Pyrénées, in Revue des Comminges, 1885; E. Desjardins, Géographie de la Gaule Romaine, I, Parigi 1876; H. Kiepert, Lehrbuch der alten Geographie, Berlino 1882. Cfr. inoltre: H. Kiepert, Formae Orbis Antiqui, ivi 1894-1910, p. 27; K. Miller, Itineraria Romana, Stoccarda 1916; F. Braun, Entwicklung der spanischen Provinzialgrenzen in römischer Zeit, Berlino 1909.

La pace dei Pirenei.

Fu conclusa il 7 novembre 1659 nell'isola dei Fagiani, sul fiumi Bidassoa, e ratificata a Tolosa il 24 novembre. Pose fine alla guerra tra Francia e Spagna iniziatasi nel 1635, e parve completare, ma fu per breve tempo, l'opera di pacificazione europea inaugurata dai trattati di Vestfalia (1648). I primi negoziati, svoltisi per iniziativa francese nel 1656 a Madrid, fallirono. Nei due anni seguenti la Francia rafforzò la propria posizione politica e militare in virtù dell'alleanza con l'Inghilterra e delle vittorie di Turenne. Toccò alla Spagna riprendere le vie diplomatiche: Filippo IV inviò a Lione e a Parigi Antonio Pimentel che riuscì a concludere col Mazzarino, nei primi mesi del 1659, i preliminari, subito seguiti dall'armistizio (8 maggio 1659). Il 13 agosto incominciarono le conferenze per la pace tra i primi ministri delle due corone, e si protrassero a lungo, in un serrato duello diplomatico, in cui don Luigi De Haro cercava di temporeggiare, mentre il Mazzarino voleva circuire l'avversario. Le principali questioni politiche e territoriali furono regolate secondo le norme stabilite nei preliminari: la Spagna riconobbe alla Francia i diritti sull'Alsazia, e cedette il Rossiglione, l'Artois, e una gran parte della Cerdagna e delle Fiandre. Luigi XIV sposava l'infanta Maria Teresa rinunciando, dietro compenso dotale di 500 mila scudi d'oro, a ogni pretesa alla successione di Spagna. Infine fu risolta la spinosa questione del principe di Condé, che riebbe i suoi beni e le sue cariche (art. 81 segg.), e quella del duca di Lorena che ricuperò i suoi stati (art. 62 segg.).

La pace dei Pirenei fu per la Spagna una pausa necessaria dopo tante guerre, ma segnò anche l'arresto definitivo della sua potenza, mentre la Francia vittoriosa iniziava l'età della sua preponderanza in Europa.

Bibl.: Il testo del trattato consta di 124 articoli; cfr. Du Mont, Corps diplomatique, IV, II.