STROZZI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STROZZI, Piero

Marcello Simonetta

– Nacque a Firenze il 1° marzo 1511, primogenito di Filippo e di Clarice de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico.

Il padre (v. la voce in questo Dizionario) gli fece impartire una solida educazione classica: apprese il latino e il greco da Francesco Zeffi e da Marcello Cervini (futuro papa Marcello II). Sembrava destinato a una nomina cardinalizia, grazie al favore di Clemente VII, di cui Filippo era il depositario, e per questo indossava ostentatamente un «vestito paonazzo», anche se avrebbe preferito una carriera civile o militare. La nomina alla porpora non avvenne neanche nell’imminenza del sacco di Roma.

Dal 1527 al 1530, anni della Repubblica fiorentina, Strozzi studiò a Padova ma fece soggiorni intermittenti nelle ville di famiglia. Mentre il padre era a Lione l’11 marzo 1529 (Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, Serie quinta, 1209, c. 97) consegnò a Battista Della Palla il «gigante di casa», cioè l’Ercole di Michelangelo, per farne dono a Francesco I. Poi raggiunse il padre a Lucca alla fine del 1529, dove cadde malato di febbri quartane. Rientrato a Firenze, diede prova di un carattere turbolento. Nella vita di Piero Strozzi di Antonio Albizzi si parla del suo sdegno «essendo massimamente stato preso dai famigli della giustizia [...] per conto del pallone [...] perciò che in esso i giovani, a guisa di furiosi e baccanti correndo per la città, sconciamente trattavano coloro in cui si fussero incontrati» (Vita di Piero Strozzi..., 1866, p. 516).

I contrasti con il duca Alessandro de’ Medici non tardarono a manifestarsi. Piero, insieme con Maso Strozzi, fu accusato di un assalto notturno a Giuliano Salviati, che aveva cercato di disonorare la sorella Luisa, tra il 13 e il 14 marzo 1534. Furono imprigionati insieme e poi rilasciati il 30 marzo (Archivio di Stato di Firenze, Otto di guardia e balia del Principato, 6, c. 75v). Entro la fine di aprile Piero raggiunse in Francia il padre Filippo, e ripartì prima di lui in luglio. La malattia e la morte di Clemente VII il 25 settembre 1534 misero in difficoltà gli Strozzi, accusati di aver speculato sul prezzo del grano. Il 24 ottobre Piero scrisse da Roma a Francesco Vettori per conto del padre, che era convalescente (Carte Strozziane, Serie terza, 108, c. 138), raccomandandosi al duca, ma i rapporti erano ormai compromessi. Filippo informò lo stesso Vettori il 5 dicembre di esser «risoluto che Piero mio vada a spasso insino a Napoli perché lui molto si contenta di vedere nuovi paesi» (Bardi, 1894, p. 69). In effetti il 15 maggio 1535 Piero arrivò a Barcellona con Bernardo Salviati per perorare la causa dei fuoriusciti presso l’imperatore, senza successo.

Era di ritorno a Roma alla fine di luglio del 1535, quando i fuoriusciti firmarono una procura che eleggeva il cardinale Ippolito de’ Medici come loro rappresentante presso Carlo V. Ma il cardinale – che si trovava a Itri, sulla via verso la Sicilia per incontrare l’imperatore impegnato nella spedizione contro Tunisi – morì il 10 agosto. Tutti attribuirono quel decesso repentino al veleno, di cui si sospettò lo scalco di Alessandro de’ Medici, Giovanni Andrea da Sansepolcro. Strozzi andò personalmente a interrogarlo e lo mise sotto tortura per fargli confessare la complicità del duca. A nulla valsero quelle pressioni né gli altri argomenti addotti contro Alessandro, che ormai era stato designato come futuro genero da Carlo V, il quale non fece alcuna concessione quando incontrò i fuoriusciti a Napoli alla fine del 1535.

Strozzi soggiornò nel Viterbese nella primavera del 1536 sentendosi impotente di fronte agli abusi del duca: «questo è un morir el giorno mille volte senza una minima satisfactione d’animo», scrisse al padre da Soriano nel Cimino il 14 aprile (Carte Strozziane, Serie quinta, 1207, ins. 3, 189). Nell’estate decise di andare in Francia dove il re gli assegnò una compagnia di fanti nella guerra che il sovrano combatteva in Piemonte. In novembre si batté coraggiosamente a Racconigi, ricevendo le prime ferite sul campo. In questi mesi sia Luigi Alamanni sia Iacopo Nardi, due letterati fuoriusciti, scrissero più volte a Filippo Strozzi informandolo delle aspirazioni del primogenito, manifestando prudentemente i propri dubbi sulla sua natura avventata.

La morte di Alessandro de’ Medici per mano di Lorenzino de’ Medici cambiò all’improvviso la scena. Filippo promise al ‘Bruto toscano’ che avrebbe fatto sposare a Piero la sorella di Lorenzino, Laudomia di Pierfrancesco. Alla fine di febbraio del 1537 Piero arrivò a Bologna e si ammalò, ma si riprese rapidamente. In aprile tentò un’azione diversiva contro Sansepolcro, che causò forti contrasti con il padre. Restò a Roma, sotto la minaccia di essere diseredato, finché a giugno si recò a Ferrara, dove convinse il padre a impegnarsi in un decisivo sforzo militare. L’affrettata idea di marciare contro Firenze portò al disastro di Montemurlo, il 1° agosto. Strozzi riuscì ad allontanarsi – unico fra i fuoriusciti – prima di essere catturato. Tornò a Venezia e si mise in viaggio per mare verso Adrianopoli, incontrando il corsaro Barbarossa a Corfù nel settembre 1537, e poi si recò in Francia. Queste iniziative impulsive mettevano il padre, prigioniero nella Fortezza da Basso, in grave difficoltà. Il duca Cosimo istruì il proprio ambasciatore presso Carlo V che Strozzi era «di peggiore animo et voluntà et più inquieto assai del padre» (Istruzioni agli ambasciatori, 2007, p. 22).

In effetti, Strozzi non diede buona prova di sé, mostrandosi più preoccupato di perdere il patrimonio che il padre. Filippo Strozzi scrisse al figlio Leone il 17 aprile 1538: «Dispiacemi bene che Piero si porti verso di me, quanto sinistramente sia possibile immaginare, che doverebbe, quando di me non gli paressi di tenere conto alcuno, di che non so mai avergli dato causa alcuna, anzi si può con verità dire che la troppa affezione gl’ho sempre auta abbia condotto le cose mie in quel grado vedete» (Carte Strozziane, Serie quinta, 1207, ins. 3, 146; Niccolini, 1847, p. 306). In altre parole, la smania guerresca del primogenito lo avrebbe rovinato, eppure Strozzi andò a Aigues-Mortes dove si erano ritrovati il re di Francia e l’imperatore nel luglio del 1538. Tuttavia gli interventi della cugina Caterina de’ Medici non furono sufficienti per salvare Filippo, che si suicidò nella sua cella nel dicembre per evitare un’umiliante esecuzione.

Strozzi giurò con i fratelli di vendicare il padre, vivendo una vita semiclandestina, consapevole di avere sempre spie e sicari sulle sue tracce. Sposò Laudomia de’ Medici a Venezia nell’autunno del 1539. Negli anni a venire fece la spola tra Francia, Venezia e Roma. Il suo nome è onnipresente nei rapporti degli ambasciatori di Cosimo, che era ossessionato dai «ghiribizzi» del suo principale avversario.

Nel febbraio del 1542 il re gli diede un aumento di duemila franchi sulla sua rendita; in marzo era a Roma per il carnevale, pedinato dagli agenti fiorentini. Da Venezia Pietro Aretino gli indirizzò una lettera laudatoria, mentre la moglie il 15 marzo partorì il suo unico figlio maschio, Filippo. Cercò di ottenere il feudo di Marano, in territorio veneziano, ma il raffreddamento dei rapporti fra la Serenissima e la Francia fece cadere il negoziato. Nel novembre del 1543 si distinse nella difesa di Landrecy nelle Fiandre. Rientrato in Italia, dopo la vittoria francese di Ceresole nell’aprile del 1544, il 5 giugno subì una rotta a Serravalle Scrivia, ma continuò ad arruolare fanti in Romagna. In dicembre era a Parigi con il fratello Leone (v. la voce in questo Dizionario), priore di Capua e capitano di galee per conto del re. Il 15 agosto 1545 furono entrambi coinvolti in uno scontro navale contro gli inglesi. Strozzi accusò Polino, alias il barone de la Garde, di aver vilmente evitato di aiutarlo; ne scaturì una sfida di duello, che non venne combattuto, ma l’inimicizia fu duratura, come nel caso del conte Piermaria de’ Rossi di San Secondo (con il quale scambiò diversi ‘cartelli’).

Nell’ottobre del 1546 andò in Germania per consegnare personalmente un’ingente somma al langravio d’Assia, il leader protestante che stava combattendo per la lega di Smalcalda contro Carlo V. All’inizio del 1547 era in Italia, ma si precipitò in Francia quando fu informato della grave malattia di Francesco I, che morì il 31 marzo. Ricevette la nomina a cavaliere di Saint-Michel a Reims durante le cerimonie per l’incoronazione di Enrico II nel luglio del 1547, e con il titolo di capitano delle fanterie italiane al servizio del nuovo re si recò di nuovo in Piemonte. Dopo l’omicidio di Pierluigi Farnese a Piacenza, divenne il bersaglio di un sicario prescelto dal governatore di Milano Ferrante Gonzaga, che non riuscì a colpirlo.

La moglie Laudomia nel frattempo si trasferì in Francia e si presentò a Fontainebleau l’11 marzo 1548, dove la regina Caterina la ricevette calorosamente. In giugno, quando Strozzi stava per salpare nella Manica, una salva di archibugiate sibilò vicino alla sua testa, uccidendo un ufficiale. L’attentato fallì ma Strozzi decise di non indagare. Fu ferito a una gamba in Scozia e, pur convalescente, non smise di darsi da fare. Partecipò alla rimozione del marchese di Saluzzo nel marzo 1549, e osò opporsi all’onnipotente connestabile Anne de Montmorency, che reagì sdegnosamente. Nel giugno del 1550 convocò in Francia il fratello Roberto, responsabile delle finanze familiari, per risolvere le dispute sull’eredità. Nel maggio del 1551 si trasferì alla Mirandola per difendere Parma dagli attacchi di Ferrante Gonzaga e delle truppe inviate da papa Giulio III. Per allontanarne le truppe fece alcune scorribande nel Bolognese. Poi riuscì con marce forzate a rientrare a Parma prima di trovarsi intrappolato. Rientrato in Francia si impegnò nell’energica difesa di Metz, assediata personalmente da Carlo V, al quale contribuì a infliggere un’umiliante ritirata. Quella vittoria consentì un rapprochement con il connestabile de Montmorency, che non si oppose più a una missione italiana di Strozzi, il quale si recò preliminarmente a Ferrara nella primavera del 1553.

Come luogotenente del re in Italia ritornò alla fine dell’anno, prima a Roma, poi a Siena. I contrasti con il cardinale Ippolito d’Este, fino allora governatore della città toscana per conto della Francia, esplosero con violenza. Il prelato fu sospettato di avere segrete intese con Cosimo quando fu occupata porta Camollia, poi liberata energicamente da Strozzi. Questi aveva un aggressivo piano militare contro Firenze, e aveva calcolato con precisione le proprie forze. A metà giugno del 1554 fece una sortita contro Gian Giacomo de’ Medici, costringendolo a fuggire, ma il mancato arrivo della flotta francese guidata dal capitano Polino (da lui offeso nel 1545) gli impedì di completare l’attacco. La morte inopinata del fratello Leone e una serie di contrattempi e di errori portarono alla disastrosa rotta di Marciano, il 2 agosto.

Da quel momento, nonostante Strozzi – nominato nel frattempo maresciallo di Francia – mostrasse un’incredibile combattività e abnegazione, il suo destino di perdente era segnato. Compose anche un testo apologetico Ragioni di Piero Strozzi per sua discolpa della guerra di Siena (Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 465). Nell’aprile del 1555 cercò invano di influenzare l’esito del conclave da cui uscì Marcello II. In giugno perse il controllo di Porto Ercole e si ritirò a Marsiglia, dove fu messo sotto accusa dai ministri francesi. Tornò in Italia senza un mandato ufficiale e fu accolto a Roma da papa Paolo IV nel febbraio 1556, grazie alla mediazione del cardinale Carlo Carafa, che aveva militato sotto di lui nella guerra di Siena. Strozzi lo accompagnò alla corte di Francia per consegnare la spada e il cappello benedetto al re il 25 giugno. Dispensò consigli strategici partecipando alla guerra dei Carafa contro gli imperiali fino all’estate 1557, quando la disfatta di San Quintino forzò Enrico II a ritirare tutte le sue truppe dalla penisola.

Nel gennaio del 1558 Strozzi partecipò alla gloriosa riconquista francese di Calais. Fu colpito letalmente durante l’assedio di Thionville, dove morì il 20 giugno 1558.

Secondo la tendenziosa versione di François de Scépeaux maresciallo di Vieilleville (Mémoires, IV, l. VII, 21, Parigi 1747, pp. 72 ss.) Strozzi sarebbe morto bestemmiando, dopo aver fatto una professione di ateismo. Altre fonti, fra cui l’inedita Storia generale di Giovan Girolamo de’ Rossi, confermano i suoi sentimenti antireligiosi. La sua ricca collezione di medaglie, anticaglie e libri fu in parte acquisita da Caterina de’ Medici, in parte dispersa, come testimoniò l’umanista Iacopo Corbinelli. Uno dei pezzi più pregiati era una traduzione in greco dei Commentari di Cesare compilata e commentata da Strozzi, testo che fu stampato anonimamente nel 1606 a Francoforte. La sua fama di capitano valoroso ma sfortunato fu celebrata anche in componimenti poetici, come il raro Lamento di Pietro Strozzi sopra la rotta che hebbe nelle Chiane d’Arezzo (Bologna 1631). Il suo nome compare nel secondo dialogo di Antonio Brucioli nei Dialogi della naturale philosophia humana (Venezia 1537), sul tema Dell’anima, e nella dedica dei Mondi di Anton Francesco Doni (Venezia 1552). Numerose le menzioni in lettere di Aretino. Il suo oroscopo fu pubblicato da Luca Gaurico nel Tractatus astrologicus (Venezia 1552), e commentato strumentalmente da Gabriele Simoni alla luce delle sconfitte senesi.

Fonti e Bibl.: Nell’Archivio di Stato di Firenze molti documenti su Strozzi sono sparsi nelle Carte Strozziane, Serie seconda-quinta: si veda almeno Serie prima, 109, sulla guerra di Siena, e Serie terza, 135, con una vita di Strozzi alle cc. 340r-349r; in Serie quinta, 1250, una descrizione dei beni di Strozzi. Nel Mediceo del Principato vi sono innumerevoli lettere di ambasciatori su di lui e diverse lettere di Strozzi intercettate (per esempio nella b. 1863). A Parigi, Bibliothèque nationale lettere di Strozzi sono disseminate nei manoscritti, fra cui Mss. fr., 20455, 20457, 20511, 20537, 20548-20555.

G.B. Niccolini, Filippo Strozzi. Tragedia corredata d’una vita di Filippo e di documenti inediti, Firenze 1847; P. Nores, Storia della guerra di Paolo IV contro gli Spagnoli, Firenze 1847; F. Trucchi, Vita e gesta di P. S. fiorentino maresciallo di Francia scritta su documenti originali, Firenze 1847; P. de Bourdeille de Brantôme, Oeuvres complètes, a cura di L. Lalanne, II, Paris 1866, ad ind.; Vita di P. S. scritta da Antonio Albizzi, in Vite di uomini d’arme e d’affari del secolo XVI, a cura di C. Guasti, Firenze 1866, pp. 508-601; G. Lumbroso, P. S. fiorentino e la metafrasi greca dei commentari di Cesare, in Atti della R. Accademia dei Lincei, IV (1888), 4, pp. 166-173; A. Bardi, Filippo Strozzi (da nuovi documenti), in Archivio storico italiano, s. 5, XIV (1894), pp. 3-78; L. Staffetti, Un episodio della vita di P. S., in Archivio storico italiano, s. 5, XV (1895), pp. 63-77; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religio, Paris 1913-1914; R. Cantagalli, La guerra di Siena (1552-1559), Siena 1962; Id., Cosimo de’ Medici, Milano 1985; Cronaca fiorentina 1537-1555, a cura di E. Coppi, Firenze 2000; P. Simoncelli, Fuoriuscitismo repubblicano fiorentino 1530-54, I, 1530-37, Milano 2006; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia spagnola” (1536-1648), I, 1536-1586, a cura di Contini - P. Valpini, Roma 2007; V. Bramanti, Uomini e libri del Cinquecento fiorentino, Manziana 2017; M. Pellegrini, Le guerre d’Italia (1494-1559), Bologna 2017; M. Simonetta, Caterina de’ Medici, Milano 2018, ad indicem.

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