Pechino

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Pechino

Marco Casamonti

Capitale della Repubblica popolare di Cina. Gli abitanti della città risultavano 7.441.000 al censimento del 2000, e quelli dell'agglomerato urbano 12.400.000 circa secondo stime del 2006. È ormai in uso il nome cinese, Beijing, che significa 'capitale del Nord'.

Dopo una fase caratterizzata dalla ricerca di uno stile 'nazionale' contemporaneo, protrattasi dall'inizio della Rivoluzione culturale (1966) alla fine degli anni Ottanta, la politica del governo cinese ha provocato un cambiamento di rotta nella storia urbanistica e architettonica della città. Dal 1990 in poi, in seguito alla 'riforma delle quattro modernizzazioni' e all'apertura ai capitali stranieri, l'edilizia di P. ha subito una brusca accelerazione, sollecitata da un incremento demografico valutabile in oltre trecentomila abitanti all'anno. I primi tentativi di modernizzazione hanno condotto alla realizzazione di grandi complessi architettonici, frutto della commistione e citazione di elementi tratti dalla tradizione locale con tipologie derivate dalla consuetudine costruttiva delle metropoli occidentali. A partire dalla fine degli anni Novanta hanno iniziato a inserirsi nel mercato i maggiori studi di architettura statunitensi ed europei, per sopperire alla bassa qualità sia morfologica sia estetica delle opere che le agenzie pubbliche di progettazione andavano realizzando.

La città è cresciuta e, al contempo, si è sviluppata secondo un ritmo rapido e costante; gli anelli di circolazione hanno raggiunto il numero di sei, mentre altri due, in fase di progettazione, sono destinati a connettere le periferie più esterne.

Lo sviluppo urbanistico è proseguito all'esterno del secondo anello, seguendo la direttrice 'istituzionale' est-ovest lungo la Chang'an Jie (strada della pace duratura), attraverso l'estensione della principale linea della metropolitana (la 1) e la costruzione di oltre trecento edifici per uffici nel nuovo Central Business District. Tra questi nuovi complessi spiccano il Fortune Plaza (2004-2008; studio tedesco GMP, von Gerkan, Marg und Partner), l'Yintai Centre (2004-2008; studio statunitense John Portman & Associates), e la terza torre del China World Trade Center a Guomao (2005-2008; studio statunitense SOM, Skidmore, Owings & Merrill), che con i suoi 300 m d'altezza è destinata a diventare il nuovo landmark di Pechino.

Il programma di ricostruzione ha subito un'ulteriore accelerazione dal 2001, quando sono stati assegnati alla città i Giochi olimpici estivi 2008, e vi sono stati coinvolti i grandi protagonisti dell'architettura mondiale, per conferire a P. un'immagine nuova e accattivante.

Il piano elaborato nella prospettiva dei Giochi prevede una trasformazione drastica dell'assetto urbano: il progetto dell'asse olimpico riprende infatti l'antica direttrice imperiale nord-sud. Elementi chiave dell'area sono lo stadio Bird's Nest (2003-2008; studio svizzero Herzog & de Meuron), la piscina Water Cube (2003-2008; studio australiano PTW, Peddle Thorp & Walker) e l'Info Center Digital Beijing (2005-2008; studio cinese Urbanus). Anche molte infrastrutture sono state rinnovate; è il caso dell'aeroporto internazionale (2003-2008; studio inglese Foster + Partners).

Ai grandi cantieri olimpici istituzionali si sono aggiunti molti altri interventi su larga scala, culminati in opere fortemente simboliche, come la nuova sede della televisione di Stato CCTV (2003-2008; studio nederlandese OMA, Office for Metropolitan Architecture, di R. Koolhaas), il nuovo palazzo dell'Opera (2003-2006; del francese P. Andreu), l'Art Museum della Central Academy of Fine Arts (2003-2008; studio giapponese Arata Isozaki & Associates).

Ma nella maggior parte dei casi le trasformazioni si sono rivelate operazioni dal carattere fortemente speculativo, che hanno trasformano l'antico skyline della città in un condensato di torri residenziali, sia in periferia sia in centro, dove appare evidente l'utilizzo di tipologie mutuate direttamente dall'esperienza statunitense ma 'densificate' e drammatizzate, secondo la nuova consuetudine costruttiva in uso in molti Paesi asiatici. A un tessuto urbano di tipo estensivo e ad andamento prevalentemente orizzontale, legato ai tradizionali edifici a corte a un solo piano (siheyuan), si è così sostituito un modello intensivo a sviluppo verticale, privo di qualsiasi relazione con la struttura originaria della città. La griglia regolare della P. storica, caratterizzata dall'alternanza tra i pochi vuoti dei vicoli e i pieni dei siheyuan, ma soprattutto incentrata su unità di vicinato organizzate in vere e proprie enclave, ha lasciato il posto a gruppi di torri di densità variabile, collegate al piano terra da piastre di servizio e giardini completamente recintati. Nel settore immobiliare, soltanto poche illuminate aziende internazionali e alcuni costruttori locali, sollecitati da una nuova e più attenta coscienza critica, propongono modelli alternativi di residenza e di sfruttamento del suolo: è il caso della compagnia SOHO China per i progetti di Jianwai (2003-2006; studio giapponese-svizzero Riken Yamamoto & Beda Faessler), di Shang Du (2005-2007; studio australiano Lab Architecture) e di Chao Wai (2006-2008; studio coreano Iroje Architects & Planners, di Seung H-Sang). Altri investitori cinesi, nel tentativo di emergere da una consuetudine costruttiva guidata unicamente dal profitto, si affidano, sfruttando l'opportunità di una mirata azione di marketing, alle grandi firme occidentali, com'è accaduto per la realizzazione del compound residenziale MOMA a DongZhiMen (2000-2008; studio statunitense Steven Holl Architects e austriaco Baumschlager & Eberle Architekten).

In generale, comunque, le nuove necessità abitative sono soddisfatte attraverso la realizzazione di immensi compounds residenziali a torre localizzati nelle nuove periferie, che si alternano, in linea con il modello statunitense della gated community, con decine di quartieri formati da una moltitudine di villette unifamiliari, costruite in serie in stile vagamente neoclassico o neocoloniale. Unica eccezione a questa consuetudine è la Commune by the Great Wall di Badaling (2002), in cui la già citata compagnia SOHO China ha coinvolto dodici giovani architetti asiatici (tra cui i cinesi Rocco Yim, Gary Cheung, Cui Kai, Yung-ho Chang e Lija Lu, e i giapponesi Nobuaki Furuya e Kengo Kuma) per realizzare dei prototipi innovativi di ville contemporanee, in modo da contrapporsi all'omologazione e alla banalità dei modelli solitamente in uso.

Le priorità attuali muovono intorno ai concetti di responsabilità e di limitazione dello sviluppo selvaggio, dall'abbassamento dei livelli di emissioni inquinanti al salvataggio della città storica.

È il caso della ricerca, effettuata nel 2003 per conto del governo dalla filiale cinese dello studio OMA, sulle strategie da adottare per tutelare il patrimonio storico; ne è emerso un progetto che prevede la conservazione non solo degli elementi architettonici ma anche, e principalmente, delle relazioni che intercorrono tra gli abitanti e lo spazio urbano. Operazioni isolate sono riuscite a mantenere in vita brani di città, evitando violenti cambiamenti; è il caso del Dashanzi Art District, con complessi come l'ex fabbrica 798, occupata a partire dal 1995 da atelier di artisti, librerie e negozi, e diventata un importante punto di riferimento per la vita culturale cittadina, o come la galleria e centro esposizioni China Art Archive & Warehouse, fondata nel 1993, la cui nuova sede è stata disegnata nel 2002 dall'architetto-artista Ai Weiwei.

Le aree di siheyuan, che vengono tutelate attraverso l'identificazione e la salvaguardia di venticinque zone del centro, sono considerate tra i principali obiettivi del governo in ambito di politica edilizia. Comincia ad affermarsi la pratica del restauro, per cui i pochi siheyuan superstiti vengono rigenerati e ripuliti dalle aggiunte dei passati cinquant'anni. Lungo tutto il secondo anello si ristrutturano le antiche mura e le porte, mentre alcuni dei molti monumenti distrutti durante la Rivoluzione culturale vengono ricostruiti. Si tratta tuttavia di azioni tardive, che non fanno che accentuare i contrasti e le dissonanze peculiari di una società ancora in piena evoluzione.

In questo clima di rinnovamento si è formata una nuova generazione di progettisti locali, che combinano gli elementi della tradizione con quelli contemporanei, appresi dai loro studi e dalla loro formazione all'estero. Tra questi gruppi spiccano: l'Atelier Feichang Jianzhu, noto anche come FCJZ, creato nel 1993 (il primo studio privato di architettura aperto a P.) da Yung Ho Chang e Lija Lu (se ne ricorda la villa Shizilin, 2004); il NENO 2529 Design Group, del 1997, di Wang Hui e Yang Yang; il già citato Urbanus, del 1999, di Yang Meng, Xiaodu Liu e Hui Wang; lo studio MIMa, del 2000, di Yu Lu (Mima Cafè, 2003); il MAD, del 2002, di Ma Yansong, Qun Dang e il giapponese Yosuke Hayano (Hongluo Club, 2006).

La Biennale di architettura di P., inaugurata nel 2004, ha tentato di convogliare questi sforzi e di creare un punto d'unione tra progettisti orientali e occidentali, diventando un importante e fecondo terreno di confronto e di apertura.

bibliografia

Lü Junhua, P.G. Rowe, Zhang Jie, Modern urban housing in China 1840-2000, Munich-London-New York 2001.

P.G. Rowe, Seng Kuan, Architectural encounters with essence and form in modern China, Cambridge (Mass.)-London 2002 (trad. it. Essenza e forma: l'architettura in Cina dal 1840 a oggi, Milano 2005).

AV, 2004, 109-110, nr. monografico: China boom growth unlimited; AREA, 2005, 78, nr. monografico: China overview.

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