GERUSALEMME, PATRIARCATO LATINO DI

Federiciana (2005)

Gerusalemme, patriarcato latino di

Marie-Luise Favreau-Lilie

Subito dopo la conclusione della prima crociata, i militi cristiani avviarono la riorganizzazione ecclesiastica del patriarcato già greco di Gerusalemme secondo gli orientamenti della Chiesa romana. Questo comportò in primo luogo la sostituzione dei vescovi greci con vescovi latini, in particolare del patriarca greco con un prelato proveniente dall'Occidente. La creazione del patriarcato latino a Gerusalemme era la logica conseguenza della fondazione del Regno latino di Gerusalemme. Il legame del patriarcato latino con il pontefice romano fu saldo fin dal principio e dopo la perdita di Gerusalemme, nel 1187, si configurò in modo ancora più stretto. Nella costituzione del patriarcato latino furono accolte in parte strutture preesistenti dell'organizzazione ecclesiastica greca, mentre in parte furono riportate in vita strutture ecclesiastiche sorte nel IV-V sec. che non avevano retto all'urto degli arabi. Il patriarcato comprendeva integralmente o parzialmente gli arcivescovati della Palestina I (Cesarea), della Palestina II (Gerusalemme, che fino al suo innalzamento al rango di patriarcato nel 451 era stata un vescovato suffraganeo di Cesarea), dell'Arabia II (Petra, la cui sede metropolitana fu trasferita a el-Kerak nel Moab) e della Siria I (Tiro). Per il patriarca di Gerusalemme fu creato un distretto metropolitano latino a carico di vescovati tardoantichi (fra cui Gaza, Gerico, Nablus, in un primo tempo anche Acri). Questo processo determinò un adattamento degli antichi confini dei vescovati, ovvero del patriarcato, alle modificazioni in atto nei nuovi confini politici fra gli stati crociati. I confini del patriarcato di Gerusalemme intorno alla metà del XII sec. coincidevano con quelli del Regno e dopo la terza crociata comprendevano anche il Regno di Cipro (v.), sorto in seguito a quest'im-presa nel 1192. Quando ci si accinse a riorganizzare il patriarcato latino, non si esitò a spostare le sedi metropolitane con un'ubicazione svantaggiosa, come per esempio nel caso di Scitopoli (Beisan): in qualità di metropoli ecclesiastica della Palestina II, la località fu sostituita in un primo tempo con l'abbazia del Redentore sul Monte Tabor (1103), a cui in seguito dal 1128 subentrò la città di Nazareth elevata a sede metropolitana, che al più tardi a partire dal 1106-1107 fu il centro di un vescovato creato ex novo. Nel caso di Cesarea fu deciso, dopo la conquista della città (1101), di ripristinare l'antica sede metropolitana. In parte furono assimilati antichi vescovati suffraganei (per esempio Sebaste), furono restaurate antiche sedi vescovili (Ascalona) e fondati nuovi vescovati suffraganei tramite l'elevazione di priorati che in precedenza erano stati latini (Betlemme, S. Abraham, Hebron). Intorno al 1170 l'articolazione interna del patriarcato latino era già pienamente configurata. Il patriarca di Gerusalemme, con il rango di primate, era a capo della gerarchia latina e a lui erano sottoposti quattro arcivescovi e complessivamente nove vescovati suffraganei. Dopo una lunga disputa poté essere attuata all'interno del distretto del patriarcato gerosolimitano l'integrazione dell'arcivescovato di Tiro, che era stato restaurato in seguito alla conquista della città (1124), con tre dei suoi vescovati suffraganei: Acri, Sidone e Beirut, situati nel Regno di Gerusalemme. Al patriarca latino erano direttamente soggetti come sedi suffraganee i vescovati di Ascalona-Betlemme, Ramla-Lidda e Hebron, come pure alcuni conventi e monasteri in Galilea e soprattutto a Gerusalemme. All'arcivescovato di Cesarea, insieme al vescovato di Sebaste (documentabile a partire dal 1128) e a quello di Haifa, che per l'intero periodo delle crociate restò sempre vacante e fu amministrato dallo stesso metropolita, ora appartenevano due sedi suffraganee. Nazareth si dovette accontentare del vescovato di Tiberiade fondato nel 1109 come unica sede suffraganea. Solo l'arcivescovato di Petra, che era stato restaurato nel 1168 con una nuova sede situata in posizione centrale a el-Kerak ‒ i franchi identificavano erroneamente el-Kerak con l'antica Petra (dopo il 358 sede metropolitana dapprima dell'Arabia II e in seguito della diocesi di Palestina III) ‒, rimase privo di sedi suffraganee.

Lo sviluppo del patriarcato latino si snoda attraverso fasi diverse. Cesure particolarmente significative furono il crollo del Regno di Gerusalemme nel 1187, che comportò la perdita della Terrasanta e della S. Croce data in custodia al patriarca, come pure la conquista di Costantinopoli a opera dell'esercito della quarta crociata nel 1204. I re di Gerusalemme fino alla terza crociata esercitarono una forte influenza sull'assegnazione della cattedra patriarcale e dei vescovati. Alla presentazione del candidato idoneo da parte del capitolo del S. Sepolcro seguiva l'investitura del patriarca eletto dai canonici con il consenso dei sovrani. I tentativi del capitolo di imporre un candidato a qualunque costo, anche contro la volontà del re, furono più volte all'origine di conflitti. In principio l'ufficio patriarcale fu oggetto di contesa tra fazioni nobiliari antagoniste. Dagli anni Trenta del XII sec. il clero di Palestina riuscì a influenzare energicamente l'elezione di un patriarca proveniente dalle proprie fila. Dopo il 1187 la dipendenza della Chiesa dal sostegno di Roma nel Regno di Gerusalemme determinò un graduale rafforzamento dell'influenza esercitata dal Papato sull'elezione dei patriarchi, che finì per diventare una pura formalità. Già nel XII sec. il rango della carica patriarcale, in generale, e il rango del patriarca latino di Gerusalemme, in particolare, all'interno della gerarchia ecclesiastica cominciarono a trasformarsi. Sotto il pontefice Innocenzo III il loro inquadramento nella gerarchia romana è chiaramente percettibile. In qualità di 'primati' i patriarchi partecipavano del potere assoluto del pontefice. Nel XIII sec. furono in grado di affermarsi nei confronti della nobiltà e dell'episcopato nel loro distretto amministrativo soprattutto sulla base delle opportunità d'azione rese accessibili dalle deliberazioni del IV concilio lateranense, che conferì ai patriarchi la posizione di legati pontifici permanenti.

Il patriarcato latino di Gerusalemme, nella prospettiva papale, si situava all'ultimo posto della gerarchia fra i patriarcati d'Oriente; tuttavia la decisione di Innocenzo III e dei suoi successori di affidare ai patriarchi gerosolimitani una legazione stabile rafforzò la loro posizione sia all'interno della gerarchia ecclesiastica sia ‒ soprattutto ‒ nei confronti del potere temporale. Questa situazione determinò una crescita rilevante della loro influenza sugli sviluppi politici interni del Regno di Gerusalemme ridotto ai suoi territori costieri.

Giovanni d'Ibelin (1216-1266), durante la cui vita si avvicendarono ben cinque patriarchi, assegnò ai detentori di quest'ufficio non solo la guida spirituale ma anche un ruolo simile a quello di un signore nelle questioni di carattere temporale. I prelati che riuscirono a insediarsi sul trono patriarcale in virtù della loro lealtà nei confronti dei pontefici, già collaudata in Occidente, si adoperarono nell'Oriente latino come sostenitori ed esecutori della politica papale. Papa Gregorio IX e i suoi successori cercarono di servirsi per quanto era possibile dei patriarchi nella lotta contro i loro avversari politici. Mentre i patriarchi del XII sec. erano per lo più originari della Normandia, dell'Artois e del Vermandois, e in parte al momento della loro elezione risiedevano in Oriente come legati papali o già occupavano posizioni di prestigio nella Chiesa del Regno, nel caso dei loro successori fino al 1214 si trattò senza eccezione di italiani che in precedenza avevano dato buona prova di sé al servizio dei pontefici. Nemmeno nel periodo successivo assunsero questa carica membri dell'episcopato locale. La maggior parte dei patriarchi proveniva dall'Occidente e non pochi di loro appartenevano all'Ordine dei Frati predicatori.

Il patriarcato latino sopravvisse alla riconquista della Città Santa da parte del Saladino nel 1187. Il patriarca Eraclio (1180-1191) si ritirò in esilio a Tiro e Acri divenne la residenza dei suoi successori, che inoltre trascorrevano alcuni periodi a Giaffa. Urbano IV, al quale era ben nota la situazione di Acri fra il 1255 e il 1261, essendo stato lui stesso patriarca di Gerusalemme, subito dopo l'inizio del suo pontificato cercò di migliorare la situazione dei patriarchi, che si era fatta molto critica dopo il 1187, integrando il vescovato di Acri nei possedimenti patriarcali. La fine del patriarcato latino di Gerusalemme coincise con la caduta di Acri (18 maggio 1291). Il patriarca domenicano Nicola di Hannapes, rimasto gravemente ferito nei combattimenti, morì durante la fuga verso le navi. I suoi successori si stabilirono nel Regno di Cipro, dove ricevettero dotazioni ecclesiastiche perché fosse assicurato il loro sostentamento, e dall'isola perorarono invano per decenni una nuova crociata. Solo nel 1336 si avviò il periodo dei patriarchi titolari residenti in Occidente, che fino a tutta l'età moderna rimasero ancora legati all'Oriente dai diritti d'uso sui beni patrimoniali rimasti al patriarcato nelle isole del Mediterraneo orientale ancora soggette alla sovranità latina.

Nel XII sec. le forniture materiali del patriarcato latino a favore del re e dell'Impero non furono irrilevanti; in caso di vacanza della carica di patriarca il sovrano esercitava il diritto sulle entrate del patrimonio patriarcale. Come tutti gli altri vescovi anche i patriarchi erano integrati nell'ordinamento feudale del Regno e per questa ragione erano tenuti a fornire rinforzi con proprie truppe all'esercito reale in caso di chiamata alle armi o, in proporzione alle loro condizioni materiali, a finanziare un contingente di mercenari adeguatamente consistente. Prima del crollo del Regno, nel 1187, in base alle loro risorse finanziarie provvedevano al contingente di gran lunga più cospicuo fra le truppe ecclesiastiche e non era inconsueto che i patriarchi partecipassero in prima persona alle campagne militari. Essi non nutrivano apparentemente alcun particolare interesse per la conversione della popolazione musulmana del Regno o per la missione da svolgere tra i prigionieri di guerra musulmani. Senza dubbio dedicavano un'attenzione molto maggiore all'assistenza dei pellegrini che si recavano a Gerusalemme. Le sovvenzioni materiali dei pellegrini rivestirono infatti, anche per il patriarcato latino di Gerusalemme, un'importanza tutt'altro che secondaria.

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(traduzione di Maria Paola Arena)

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