Partito comunista tedesco

Dizionario di Storia (2011)

Partito comunista tedesco


(Kommunistische Partei Deutschlands, KPD, poi Deutsche kommunistische Partei, DKP) Partito politico tedesco. Dopo che già nel 1917 l’ala sinistra della socialdemocrazia tedesca si era staccata dalla Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD), la KPD ebbe il suo momento fondativo nel Congresso di Berlino (30 dic. 1918-1° genn. 1919). Il suo nucleo più attivo era costituito dalla Lega di Spartaco (Spartakusbund), guidata da Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, che dalle pagine del giornale Die Rote Fahne propugnavano l’avvento del potere sovietico in Germania; una prospettiva che la caduta del Reich tedesco e la rivoluzione dell’ottobre-novembre 1918, sia pure sconfitta, rendevano plausibile. Rispetto alla neonata Repubblica di Weimar, dunque, i comunisti tedeschi si posero in modo critico, boicottando le elezioni per l’Assemblea costituente. Nel gennaio 1919, poco dopo la sua fondazione, la KPD tentava l’insurrezione a Berlino, ma l’esercito e i «corpi franchi» paramilitari, agli ordini del governo socialdemocratico di F. Ebert e del ministro dell’Interno Noske, stroncarono la rivolta ed eliminarono la Luxemburg e Lieb­knecht. Dopo aver affrontato una fase di repressione e persecuzioni, e aver subito una scissione a sinistra, nel dicembre 1920 la KPD si fuse con l’ala sinistra del Partito socialdemocratico indipendente (USPD), accrescendo il suo seguito tra le masse e superando i 400.000 iscritti. Il partito tedesco diventava quindi la maggiore sezione europea del Comintern. Nel marzo 1921, sotto la pressione dell’Internazionale, la KPD ritentò l’insurrezione; ma la Märzaktion («azione di marzo») fu repressa nel sangue. Ne seguì la presa di distanza di P. Levi, tra i massimi dirigenti del partito, che criticò le tendenze «putschiste» presenti nella KPD; anche il Comintern criticò l’estremismo di sinistra, ma condannò Levi per «opportunismo». Il partito intanto avviava una politica di «fronte unico del proletariato», che di lì a poco fu fatta propria dall’Internazionale. La crisi del 1923 tornò a porre all’ordine del giorno la rivoluzione, mentre i comunisti entravano nei governi di vari Länder; in ottobre l’insurrezione scattò ad Amburgo, ma venne ancora una volta stroncata, e la KPD fu messa fuori legge. Al gruppo dirigente di Brandler e Talheimer subentrarono quindi R. Fischer e A. Maslov, esponenti della sinistra interna, le cui tendenze settarie indussero però il Comintern a puntare come nuovo leader su E. Thälmann, già protagonista dei moti di Amburgo, il quale avviò una gestione collegiale del partito. La crisi economica aggravatasi nel 1929 acuì i contrasti nella società tedesca e nello stesso movimento operaio: una manifestazione comunista per il 1° maggio fu repressa dalla polizia berlinese agli ordini del borgomastro socialdemocratico; la KPD fu quindi uno dei maggiori sostenitori della definizione della socialdemocrazia come «socialfascismo». Il radicalizzarsi della situazione rafforzò la KPD, il cui candidato alla presidenza della Repubblica, lo stesso Thälmann, ottenne nel 1932 il 13% dei voti, ma finì per favorire l’ascesa al potere di Hitler e del suo partito (1933). I comunisti dovettero quindi affrontare un periodo di ancor più dure persecuzioni. Nel 1935 la KPD, ora diretta da W. Pieck, fu tra i principali sostenitori della nuova politica dei fronti popolari antifascisti. La lotta nella clandestinità proseguì fino alla sconfitta del nazismo, allorché la KPD fu formalmente ricostituita (1945). La divisione di Berlino e poi della stessa Germania comportò vicende diverse per i comunisti che si trovavano a Est e per quelli che vivevano a Ovest: i primi diedero vita alla SED (➔ Partito socialista unificato tedesco); i secondi proseguirono la loro lotta nella Repubblica federale tedesca, la cui Corte costituzionale però mise il partito fuori legge nel 1956. Solo nel 1968, modificando lo statuto e rifondandolo col nome di DKP, esso fu riammesso nella legalità, mentre una sua componente ricostituì la KPD con la sua denominazione originaria. Posta per anni ai margini della vita politica tedesca, la DKP non riuscì mai ad assumere una dimensione di massa. Infine, dopo la riunificazione della Germania, parte degli iscritti confluirono nel Partito del socialismo democratico (PDS), nato dalla disciolta SED nel 1990. Alle elezioni del 2005 la DKP ha sostenuto Die Linke, il partito nato dalla fusione tra la PDS e i socialisti di sinistra guidati da O. Lafontaine.

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