PARASSITISMO

Enciclopedia Italiana (1935)

PARASSITISMO (dal gr. παράσιτος, da παρά "insieme" e σῖτος "cibo"; ted. Schmarotzertum)

Federico *RAFFAELE
Vincenzo RIVERA

È la condizione di vita di un essere che vive per un tempo più o meno lungo a spese d'un altro essere vivente. Fra gli esseri viventi intercorre una relazione fondamentale, che li separa in due grandi categorie: sfruttatori e sfruttati; gli animali erbivori mangiano le piante, i carnivori mangiano gli erbivori. Per lo più l'animale sfruttatore o mangiatore è più grosso della vittima. Nel parassitismo si direbbe che la natura inverta le parti a favore dei piccoli: i parassiti sono infatti di dimensioni molto minori delle loro vittime, che si sogliono chiamare "ospiti"; talora piccolissimi, microscopici addirittura, e forse anche ultramicroscopici. La loro vita è legata necessariamente a quella della vittima; se questa muore, il parassita è costretto a morire d'inedia, se non trova modo di salvarsi a tempo. Un parassita, perché possa dunque continuare a vivere sfruttando l'ospite, deve sfruttarlo moderatamente, non esaurirlo troppo, e soprattutto lasciarlo vivere il più a lungo e il meglio possibile. E fra le tante armonie del mondo dei viventi è certamente una delle più singolari quella che si stabilisce fra il parassita e il suo ospite; questo, infatti, si adatta fino a un certo punto al suo parassita; sembra talora favorirne lo sviluppo e il benessere, con reazioni adeguate, le quali, mentre gli servono di difesa contro il parassita, contribuiscono ad assicurare l'esistenza di questo.

L'esempio che forse meglio di tutti illustra questo fenomeno è quello fornitoci dalla formazione delle galle o cecidî (v.) su varie parti di molte piante, attaccate da certi insetti parassiti. La presenza del parassita induce, come reazione della pianta, un'ipertrofia e iperplasia dei tessuti, che servono a un tempo a segregare e localizzare il parassita e a fornirgli abbondante alimento. Similmente intorno a molti parassiti di animali si formano cisti, dovute a una reazione del tessuto dell'ospite.

Esistono molte maniere e molti gradi di parassitismo, che si sogliono indicare con qualifiche adatte. Il parassitismo può essere, p. es., temporaneo o permanente, occasionale o necessario, esterno o interno.

Le zanzare, le comuni pulci, le cimici, i pidocchi, le zecche, le sanguisughe sono parassiti esterni (ectoparassiti), perché vivono tenendosi alla superficie del corpo degli ospiti, e temporanei, perché si accontentano di succhiarne il sangue per un tempo più o meno lungo. Da questi esempî si vede come la qualifica di "temporaneo" è molto elastica, essendo un pidocchio o una zecca molto più "permanente" di una pulce o di una zanzara, e come tra le varie maniere di parassitismo vi siano, come sempre accade nei fenomeni naturali, una quantità di gradazioni, che rendono malagevole una netta distinzione di categorie.

Lo stesso si può dire per la distinzione fra ecto- ed endo-parassiti. Alcuni parassiti, molto affini a certi parassiti superficiali, si approfondano invece sotto la pelle: così la pulce penetrante (Sarcopsylla penetrans) rispetto a quella comune. E i parassiti che vivono entro il corpo dell'ospite possono abitarne cavità comunicanti con l'esterno (cavità nasali, cavità branchiali, vescica orinaria, intestino) o cavità completamente chiuse, o addirittura vivere entro lo spessore dei tessuti, o perfino dentro le cellule.

I parassiti, essendo quasi sempre fedeli e costanti compagni dei loro ospiti, forniscono un ottimo mezzo per risolvere alcuni problemi, spesso difficilissimi, che presenta la distribuzione geografica degli animali e delle piante, aiutando a rintracciarne la patria d'origine e le successive migrazioni.

Il fenomeno del parassitismo, così largamente diffuso nel mondo organico, fornisce uno degli argomenti per sostenere la teoria dell'evoluzione. Se, infatti, come ormai sembra fuori di ogni dubbio, non esiste in nessun caso una generazione spontanea (v.), e non è possibile, come un tempo pur si credeva, che un parassita possa per tal modo generarsi nel corpo d'un animale, è pur necessario ammettere ch'esso si sia originato da antenati che menavano vita libera, attraverso generazioni successive, e che gradatamente abbiano cambiato modo di vivere e siano divenuti parassiti. I varî gradi di parassitismo esistenti fanno intravvedere come un simile processo si sia potuto svolgere. In alcuni gruppi zoologici si incontrano infatti serie di forme che vanno dalla vita libera, con qualche tendenza al parassitismo, al completo parassitismo, e, parallelamente, dalla forma tipica alla più profonda deformazione, conseguenza del parassitismo: così, fra i Copepodi, fra gli Isopodi, ecc. In questi, p. es., si passa dai Cimotoidi, parassiti temporanei e superficiali dei pesci, ai Bopiridi (v.) e agli Entoniscidi, forme completamente modificate dal parassitismo. E questi parassiti menano vita libera con aspetto normale nella prima età, ma poi si fissano all'ospite per non più abbandonarlo e vi subiscono deformazioni più o meno profonde. È anche interessante il cambiamento di sesso indotto dalla vita parassitaria, p. es. nei Bopiridi, dove le forme giovani e libere sono maschi e poi diventano femmine, fissandosi all'ospite. Questi fatti sembrano indicare la via seguita dall'evoluzione di questi parassiti. Ma, a rendere sempre più difficile l'interpretazione di un tale processo, sta il fatto che, mentre, nei casi ora citati, i parassiti, liberi nell'età giovanile, diventano poi parassiti più tardi, altri sono parassiti fino a una certa età e poi passano alla vita libera; così avviene per varî Coleotteri, molte farfalle, alcuni gruppi d'Imenotteri, che, come larve, vivono parassiti di frutta o d'altri animali e diventano poi liberi come imagini. E, finalmente, alcuni sono parassiti per tutta la loro vita, né si conoscono forme libere che loro siano affini.

Ma rimane tuttavia impossibile di ricostruire in modo sicuro l'evoluzione d'un qualsiasi parassita, di cui attualmente conosciamo il modo di vivere. Quando, come e perché una data specie di parassita si sia indissolubilmente vincolata con una o più specie di ospiti, nessuno può e forse potrà mai sapere.

In quasi tutti i gruppi zoologici s'incontrano parassiti; ma in alcuni il parassitismo predomina, mentre in altri è raro, o affatto eccezionale. Fra i Protozoi, p. es., gli Sporozoi sono tutti esclusivamente parassiti; parecchie specie parassite s'incontrano tra i Flagellati, poche fra gli Infusorî e fra i Rizopodi. Molti Vermi sono parassiti, così tutti i Trematodi e i Cestodi; pochi Anellidi; alcune specie di Molluschi Gasteropodi; pochi Celenterati. Fra i Crostacei s'incontrano esempî di parassitismo soprattutto fra i Cirripedi (Rizocefali), fra i Copepodi, fra gl'Isopodi. Alcune famiglie d'Insetti sono fatte esclusivamente di parassiti (Afidi, Braconidi, Calcididi, ecc.). Fra gli Aracnidi, gli Acari ci offrono non pochi esempî di parassitismo. Pochi sono i parassiti fra i Vertebrati e limitati ai Ciclostomi e ad alcuni Pesci (singolarissimo il parassitismo dei maschi dei Ceratioidi).

Molti caratteri dei parassiti sono evidentemente dovuti al parassitismo, che senza dubbio ha agito come modificatore dell'organizzazione e della forma, tanto da dar luogo a singolari fatti di convergenza, producendo cioè modificazioni morfologiche e fisiologiche nello stesso senso in parassiti appartenenti a diversi gruppi zoologici. Culminano i fenomeni di riduzione di organi; singolarissimo fra tutti la scomparsa dell'apparato digerente e della funzione digestiva, avvenuta nei Protozoi, nei Cestodarî, nei Cestodi, nei Rizocefali, nelle femmine parassite di Copepodi e d'Isopodi.

Diffusissima la comparsa di organi nuovi, destinati ad assicurare l'adesione del parassita alle parti dell'ospite, che esso predilige: uncini, ventose, che incontriamo in Protozoi, in Trematodi, in Cestodi, e poi in Anellidi e negli Acari, nonché nei maschi parassiti dei Ceratioidi. Ma più mirabili forse ancora delle trasformazioni indotte dal parassitismo nella forma e nell'organizzazione dei parassiti, sono le complicate vicende dei loro cicli vitali, che ci offrono le più svariate combinazioni di eventi, atte a rendere possibile l'incontro del parassita con l'ospite. In questi, come in tanti altri casi della fenomenologia biologica, è difficile sottrarsi a un'interpretazione finalistica dei fatti per trovarne una causale.

Incontro del parassita con l'ospite. - Può essere attivo, da parte del parassita, che va, si può dire, alla ricerca della sua vittima, e vi si attacca; o passivo, quando cioè il parassita penetra nell'ospite per caso, introdottovi, per lo più, con alimenti, e spesso in uno stato di vita latente, sotto forma di spora, di cisti, o anche insieme a un ospite provvisorio detto "intermedio", in cui il parassita compie una prima parte della sua evoluzione. Nel primo caso incontriamo esempî veramente stupefacenti di istinti e di "trucchi", che sfidano la più feconda immaginazione: il Miracidio che va a cercare il "suo" gasteropodo (v. trematodi), la cercaria che, ora s'incista, come avviene per la Fasciola hepatica, ora penetra in un "ospite intermedio" (caso di molti distomi di pesci e di Anfibî e, fra gli altri, del Paragonimus Westermannii [P. Ringeri]), ora aggredisce direttamente la vittima in cui compirà la sua evoluzione, come fanno le furcocercarie delle Bilharzie (v.): ecco le meravigliose tappe che questa o quella specie di distoma attraversa per raggiungere la meta, guidata da misteriosi e sicuri segni, e approfittando di minime possibilità favorevoli, che pure immancabilmente la conducono dove deve arrivare.

Non meno avventurosa la storia di quei piccoli coleotteri a corazza splendente di colori metallici, conosciuti sotto il nome di Vescicanti (v.), in cui la prima forma larvale, il triungulino, sguscia dall'uovo (deposto dalla previdente madre allo sbocco del nido d'un'ape selvatica) proprio al momento in cui ne vengono fuori i primi maschi, e approfitta dei pochi istanti in cui questi si trascinano a terra, aspettando che si asciughino le ali, per agganciarsi saldamente con le unghiette ai peli del loro addome, donde poi passare sull'ape femmina, quando questa s'accoppierà col maschio, e lasciarsi introdurre di soppiatto nel nido, dove mangerà prima l'uovo deposto dall'incauta madre e poi le provviste di miele e polline, sostituendosi, sotto nuove spoglie, al legittimo proprietario ed erede, per poi compiere indisturbata la sua metamorfosi. Questi e tanti altri intricati e bene ordinati espedienti continuamente mette in opera la natura per rendere possibile e inevitabile che ogni parassita finisca per raggiungere il suo ospite.

Molto interessante, sotto l'aspetto sia puramente scientifico sia pratico, è quel parassitismo che si potrebbe chiamare di secondo grado, o iperparassitismo, l'esistenza, cioè, di parassiti dei parassiti, la quale è uno dei fattori che regolano in un dato ambiente, talora anche in un'estesa regione, l'equilibrio biologico (v.). Vi è infatti fra gli ospiti, i loro parassiti e i parassiti di questi una continua relazione di dipendenza che ne regola il numero. Una pianta invasa da parassiti, se questi si propagano illimitatamente, soccomberà dopo un certo tempo; vi sono esempî d'intere foreste distrutte dai bruchi delle processionarie. Ma se i parassiti sono a loro volta assaliti da parassiti, questi ne limiteranno più o meno la diffusione a vantaggio della pianta. E così avviene in tanti altri casi di malattie parassitarie di piante, o d'animali. È chiaro che, aumentando il numero d'individui del primo ospite, i parassiti di primo grado troveranno un terreno sempre più favorevole al loro sviluppo; ma, se troppo prosperano e si diffondono, finiranno per distruggere la fonte della loro vita; e, in ogni caso, l'andranno impoverendo, sì che la loro propagazione ne verrà ostacolata. I parassiti di secondo grado, intervenendo, agiranno a favore dell'ospite originario, che, diminuendo i suoi parassiti, potrà meglio prosperare; ma aumenterà così la possibilità di propagazione dei primi parassiti, mentre i secondi col diffondersi, li avevano ridotti. Vi sarà così una continua oscillazione nelle condizioni di vita, ora a favore dell'ospite, ora dei parassiti di primo e ora di quelli di secondo grado. Queste reciproche limitazioni mantengono, in un dato luogo e più o meno a lungo, se tutte le altre condizioni rimangono press'a poco immutate, un certo equilibrio fra le tre specie in conflitto.

Mettendo a profitto un tale fenomeno naturale, si è potuta tentare, spesso con ottimi risultati, la cosiddetta lotta biologica contro i parassiti nell'agricoltura. È avvenuto più volte che, con l'introduzione di una pianta in una regione, si sono anche introdotti alcuni parassiti, i quali, propagandosi rapidamente, ne hanno minacciata l'esistenza, mentre nel paese d'origine della pianta, essi, decimati dai loro parassiti, riuscivano molto meno dannosi. Era dunque naturale pensare che se questi parassiti di secondo grado si fossero potuti introdurre anche nella nuova sede, si sarebbe facilitata la diffusione della pianta. Due ben noti esempî dimostrano l'efficacia di tale sistema di lotta: l'introduzione della Prospaltella (v.) di Berlese contro l'Aulacaspis pentagona e del Novius cardinalis contro l'Iceria Purchasi degli agrumi (v. cocciniglie; calcididi; diaspini).

Perché un parassita riesca a compiere la sua missione, si vede com'esso debba incontrare non poche occasioni favorevoli e quanto piccola sia, per lo più, la probabilità della riuscita finale. Era dunque mestieri, per garantire la continuazione della specie, dotare i parassiti, oltre che delle qualità indispensabili a vivere la vita a cui sono chiamati, di una grandissima prolificità e capacità di diffusione. E infatti è carattere comune a tutti i parassiti tanto l'una quanto l'altra qualità. Conseguenza del parassitismo è, nella maggioranza dei casi, l'ermafroditismo, che favorisce l'autofecondazione, il grandissimo numero di uova, e quindi di germi, il cui numero viene anche accresciuto dalla poliembrionia (v.), dalle generazioni agamiche, spesso intercalate a quelle sessuali (v. riproduzione). In molti casi la riproduzione agamica serve ad aumentare rapidamente e a diffondere gl'individui sul corpo dell'ospite, mentre la riproduzione sessuale dà origine a uova fecondate o a spore, che, uscendo dal corpo dell'ospite, servono a diffondere e propagare il parassita in altri individui ospiti (v. esempî di tale alternanza di generazioni alle voci cestodi; coccidî; malaria).

La presenza di un parassita determina, come s'è già accennato, alcune reazioni nell'ospite, le quali sono specifiche, tanto rispetto al parassita quanto all'ospite stesso. In alcuni casi queste reazioni sono soltanto locali, come, p. es., quelle dovute alle punture d'insetti succiatori di sangue; così i tumori e le cisti che si formano intorno al corpo del parassita; talora, per l'azione delle sostanze prodotte dal metabolismo del parassita stesso, si hanno effetti più o meno diffusi e considerevoli, che costituiscono perfino uno stato patologico dell'intero organismo dell'ospite e non soltanto dell'organo o del tessuto attaccato. Molto interessanti sono, sotto quest'aspetto, i casi di castrazione parassitaria (v.), in cui la presenza del parassita può determinare, sia direttamente, sia indirettamente, la degenerazione delle gonadi e talora l'inversione del sesso, come nel caso tipico della sacculina sul granchio (v. rizocefali).

Come si vede, il parassitismo rappresenta uno tra i più interessanti e ricchi capitoli della biologia, come pure delle sue applicazioni alla medicina e all'agraria.

Bibl.: A. Looss, Schmarotzertum in der Tierwelt, Lipsia 1892; A. Perroncito, I parassiti dell'uomo, degli animali utili, ecc., Milano 1902; K. Kraepelin, Die Beziehungen der Tiere zueinander und zur Pflanzenwelt, Lipsia 1905; L. v. Graff, Das Schmarotzertum im Tierreich, ivi 1907; G. Alessandrini, in A. Celli e O. Casagrandi, Manuale dell'igienista, 4ª ed., Torino 1911-12; D. Carazzi, Parassitologia animale, Milano 1913; M. Braun e O. Seipert, Die tierischen Parasiten des Menschen, Würzburg 1925-26; W. Patton e A. M. Evans, Insects, ticks, mites and venomous animals, Croydon 1929-31.

Parassitismo dei vegetali.

Il parassitismo dei vegetali su vegetali è connesso con la mancanza della capacità, che invece è insita nelle piante verdi, di formare gl'idrati di carbonio, attraverso la sintesi clorofilliana.

I vegetali possono perciò non presentare la capacità, giudicata loro caratteristica, dell'autotrofismo, sulla quale è fondata la nutrizione di tutti gli altri esseri vivi; in tal caso, essi, divenuti eterotrofi, devono nutrirsi a spese di altri esseri vivi o, comunque, di sostanza organica già formata e cioè divenire parassiti o saprofiti, o l'uno e l'altro, a seconda delle circostanze: in tali condizioni possiamo trovare una piccolissima parte delle piante fanerogame, nelle quali l'adattamento al parassitismo può essere incompleto, non avendo esse perduto le foglie e la clorofilla (vischio), oppure completo, quando non esistono più organi capaci di formare la sostanza organica (Orobanche, Cuscuta); invece sono adatti alla vita eterotrofica molti vegetali inferiori, specialmente un numero sterminato di funghi e di batterî, cui sono commessi i compiti più numerosi del parassitamento, delle malattie, della morte e del disfacimento degli esseri vivi dopo la morte, ecc.

Oltre che da poche fanerogame, da poche alghe, da alcuni mixomiceti, da un numero sterminato di . funghi e da un esercito di batterî, il parassitismo degli esseri vivi è esercitato anche dai virus, il cui attecchimento sui tessuti e sugli organi e il cui sviluppo nell'organismo sono sottoposti ad alcune regole generali del parassitamento vegetale.

I mezzi di parassitismo dei vegetali sono connessi con la necessità di stabilirsi sull'ospite e penetrare nei suoi tessuti e rimanervi, moltiplicandosi o accrescendosi a spese dell'ospite stesso, che viene più o meno attivamente depredato di sostanze, intossicato e ucciso, essendovi in tali relazioni di simbiosi antagonistica o disarmonica tutti i gradi, dalla morte quasi fulminea dell'ospite fino a una specie di convivenza equilibrata, che dà all'ospite un danno relativo e anche persino talora uno stimolo trofico, tanto che tali casi di parassitamento attenuato confinano con la simbiosi schietta. Viceversa talora i più tipici casi di simbiosi schietta, quale quello delle Orchidee con i funghi della micorriza, possono trasformarsi in casi di parassitamento grave, esaltandosi la "virulenza" del fungo al punto da uccidere l'ospite, che, in altre condizioni, è il suo simbionte mutualistico (N. Bernard). Il rilievo che gli effetti locali e generali del parassitamento sono in dipendenza della virulenza, di cui il parassita è dotato nel momento dell'attacco o nel momento successivo, si constata molto frequentemente in patologia vegetale: la virulenza, ad es., aumenta con l'elevarsi della temperatura, in concomitanza con il fatto che il calore eccita lo sviluppo vegetativo e riproduttivo della specie parassita: ma in ciò troviamo dei limiti interessanti anche dal punto di vista pratico, essendo la temperatura optimale e quella limitante diversa da specie a specie e anche perché l'accrescimento tanto rapido determina in qualche caso autoinibizione all'accrescimento stesso, per le tossine che rapidamente si sviluppano a quella temperatura (caso della Rhizoctonia solani su cotone, descritto dal Balls), come avviene nelle autointossicazioni determinanti l'invecchiamento delle colonie batteriche.

Sicché la temperatura, agendo sul parassita, ne aumenta o deprime la virulenza, ne eccita o inibisce lo sviluppo, e ciò avviene in modo diverso e particolare da specie a specie parassita e influisce in tal modo anche sulla distribuzione geografica delle malattie. Altri fattori, capaci di esaltare o deprimere la virulenza del parassita, sono quelli alimentari, in prevalenza nel primo momento di sviluppo dei germi. Ad es., facendo sviluppare spore di carboni e di carie di cereali nel fimo fresco, la germinabilità e la virulenza del parassita si elevano al massimo grado, sicché un campo di frumento concimato con stallatico fresco infetto può rimanere molto danneggiato dallo sviluppo di questi parassiti, mentre nei concimi maturi la riproduzione del parassita, attraverso successive gemmazioni, produce un'incapacità all'attacco e un'attenuazione della virulenza.

Parimenti facendo sviluppare in acqua semplice i conidî di Sclerotinia (muffa grigia dell'uva), essi sono bensì capaci di germinare, ma non riescono ad aprirsi una via attraverso i tegumenti fino ai tessuti sottostanti dell'acino d'uva e perciò l'attacco fallisce; ma se invece germinano in liquido zuccherino (succo d'uva), solo allora essi, mediante un enzima in tal caso prodotto dal micelio, provocano la separazione e la morte delle cellule dell'epidermide, e l'attacco s'inizia e prosegue poi ininterrottamente, essendo i conidî nutriti col succo d'uva sempre virulenti e capaci di penetrare attraverso i tessuti dell'acino (Ravaz).

Oltre che dai fattori ambientali, la germinazione degli organi di diffusione delle malattie infettive e lo sviluppo del promicelio, l'accrescimento del tallo e la moltiplicazione batterica sono dunque indotti o eccitati dalla natura dei succhi dell'ospite o di succhi equivalenti.

È noto l′esperimento di L. Petri che ottenne l'attraversamento di una foglia di specie indifferente per la Sclerotinia, ponendo un substrato alimentare, fatto di succo di pianta da questo fungo appetito, al di sotto della lamina di quella foglia: dunque lo stimolo alimentare ha indubbiamente la sua importanza sull'inizio del parassitamento da funghi e sulle possibilità di sviluppo del micelio in seno ai tessuti. I bisogni alimentari ci darebbero talora addirittura una spiegazione della specificità del parassitismo: è stato rilevato, ad es., che esiste una concordanza nella proporzione in silice, anidride fosforica, ossido di potassio, di magnesio, di ferro e di alluminio tra il cereale (frutti) ospite e le spore del carbone (Ustilago) parassita specifico di esso (S. Campanile).

Per il parassitamento di razze di ruggini dei cereali avrebbe persino importanza la struttura stereochimica dei carboidrati, mentre è ammesso che il parassitamento è in genere favorito da maggiore quantità di zuccheri, di acidi a grossa molecola e di composti solubili di azoto e di fosforo; la più alta proporzione dell'azoto solubile su quello totale spiegherebbe in parte la recettività di alcune varietà al confronto di altre e di alcuni organi al confronto di altri (E. Pantanelli) per l'attacco di parassiti fungini (Erisifacee); la presenza di acidi organici (malico, citrico, tartarico) spiegherebbe lo sviluppo maggiore di black rot (Guignardia Bidawelii) negli organi recettivi di vite: queste stesse sostanze si dimostrano favorevoli allo sviluppo del fungo in coltura e perciò la loro influenza è prevalentemente alimentare. La resistenza di varietà di piante a certe epidemie è stata spiegata parimenti con la presenza di sostanze capaci d'impedire lo sviluppo del parassita: dalla presenza di una maggiore acidità nel succo dei tessuti delle varietà resistenti di olivi dipenderebbe dalla refrattarietà. di esse alla brusca (Stictis Panizzei); nei tessuti di varietà di frumenti resistenti alle ruggini (secondo Newton) si troverebbero composti fenolici liberi o facilmente liberabili, e parimenti composti fenolici spiegherebbero, in parte, la resistenza dell'aglio rosso all'attacco del Colletotricum circinans (V. Rivera).

Più complesso è però nella maggioranza dei casi il fondamento della resistenza ai parassiti, cioè in fondo il limite pratico al parassitismo: esso è legato a differenze, forse molto piccole, nella struttura o costituzione dei tessuti dell'ospite, relative solamente alle "razze" di parassiti esistenti nella zona agraria di coltura: queste razze avrebbero esigenze alquanto diverse da quelle di altre razze dello stesso parassita esistenti in altra zona agraria.

Non può spiegarsi in altro modo il fatto che frumenti selezionati a Parigi, e, in quell'ambiente agrario, risultati assolutamente resistenti alle ruggini, trasportati in Australia venivano completamente distrutti dalle ruggini di quella zona: si può dunque ammettere che la resistenza sia relativa alle razze del parassita esistenti sul posto, a meno che non si voglia invece supporre che essa si sia perduta a causa di una variazione nel chimismo dei tessuti, indotta dall'ambiente variato. Certo è che il succo di alcune piante (patata e semprevivo) dimostra un potere battericida, agglutinante e batteriolitico (legato alla parte proteica del succo e che è termolabile, e viene distrutto dalla luce, dalle perossidasi e dalle ossidasi), che manca al succo di altre piante (barbabietola, Wagner): batterî comuni inoculati in piante sane mettono in evidenza agglutinine, lisine e altre sostanze tossiche che ne impediscono lo sviluppo; principî termostabili non bene determinati esistono nel legno di arancio e sono capaci d'impedire lo sviluppo dell'agente del mal secco dei limoni (Deuterophoma tracheiphila), mentre tali principî non esistono nel legno di limone.

I germi della rogna nera della patata (zoospore di Synchytrium, Cartwright) penetrano egualmente nelle cellule epidermiche delle varietà resistenti come di quelle recettive, ma l'infezione si sviluppa solo sopra di queste; le spore di carbone (Ustilago) germinano bene nel succo di piantine di mais recettive al parassita, ma non in quello di piantine resistenti.

Altre volte, e frequentemente, la resistenza alla penetrazione dei parassiti batteria, fungini attraverso i tessuti è fatta da una reazione mitogeneticn, consistente in una precipitosa moltiplicazione di cellule nei punti prossimi all'infezione, con formazione di un tessuto di sbarramento, che frequentemente si suberifica: le varietà di tabacco che sono conosciute come resistenti al marciume radicale (Thielavia) hanno la capacità di reagire all'ingresso del fungo (che si fa solo attraverso le lacerazioni che normalmente si determinano nella radice, nel punto in cui erompe una radicella), mediante un tessuto di sbarramento, tessuto che non sono capaci di formare tanto rapidamente le varietà conosciute come recettive che perciò finiscono generalmente col soccombere al parassita (Canaut); il castagno giapponese sarebbe resistente alla penetrazione del micelio dell'agente del mal dell'inchiostro (Phytophtora cambivora) per la rapida formazione di successivi strati di sughero, capacità che il castagno europeo non avrebbe. Questo mezzo difensïvo contro il parassitamento batterico e fungino è frequentissimo nelle piante legnose ed erbacee, nei tessuti delle radici o del caule e persino nella polpa dei frutti: talora la formazione dei tessuti di sbarramento all'infezione è in relazione alla temperatura dell'ambiente ed è perciò che le colture di cotone in Egitto, vegetanti a una temperatura del terreno di circa 33° (seconde semine), vengono formando a difesa contro la Rhizoctonia strati di sughero, dai quali il micelio fungino è arrestato; rimane soltanto, come traccia della mancata penetrazione, una piccola cicatrice sulla radice della pianta in sviluppo (Balls); quando invece il cotone vegeti a una temperatura del terreno di circa 20° la pianta non ha attività capaci di organizzare la difesa e perciò il fungo, se presente nel terreno, penetra nelle radici senza contrasti, insinuando le ife tra una cellula e l'altra e distruggendo i tessuti. All'incirca di questo ordine è la resistenza dimostrata da frumento e granoturco alla penetrazione del fungo della golpe bianca (Gibberella Saubinetii): il frumento ispessisce al massimo le pareti cellulari dei tessuti radicali alle alte temperature e il granoturco alle basse e ne risulta che mentre il parassitamento avviene nella zona settentrionale della coltura del frumento e in quella meridionale della coltura del granoturco in America, la zona intermedia è indenne esclusivamente per la resistenza passiva dei tessuti delle piante, mentre il fungo potrebbe svilupparsi per tutta l'area coltivata dei due cereali; la distribuzione geografica della malattia è dunque dipendente direttamente dalle capacità naturali d'ispessimento dei tessuti in relazione con la temperatura (Dickson).

I fattori che regolano il parassitamento sono talora di tutt'altro ordine: nei frumenti la resistenza all'attacco delle ruggini a volte dipende da ipersensibilità per il micelio fungino delle cellule dell'ospite: questa insopportabilità assoluta del parassita è la causa della morte immediata della cellula attaccata, sacrificio che perciò salva l'organismo tutto dal parassitamento, e i frumenti resistenti si distinguono anche da lontano per le macchie d'ipersensibilità, che sono piccole zone biancastre, di cui è costellata la lamina fogliare, costituite di porzioni di tessuto fogliare morto, necrotizzate dal fungo.

Si comprende che il parassitamento vegetale è governato da un lato dalla presenza del parassita o dei suoi germi nell'ambiente di sviluppo delle piante e dalle condizioni ambientali che lo rendono vivace e aggressivo e dall'altro dai fattori di resistenza ad esso, dei quali una gran parte è del pari dipendente dall'ambiente, come dall'ambiente (aria o terreno) può dipendere la perdita della naturale resistenza, di cui le varietà recettive sono frequentemente dotate (Rivera).

Ma la resistenza naturale delle piante al parassitamento è spesso una proprietà intima, cellulare, talora correlativa a caratteristiche nucleari: ad es., per la resistenza dei frumenti alle ruggini si può dire che i frumenti a basso numero di cromosomi (Triticum monococcum, 14 cromosomi) sono refrattarî, mentre assolutamente recettivi sono i frumenti ad alto numero di cromosomi (Tr. vulgare, spelta, compactum, 42, 44, 50 cromosomi), e i frumenti a numero di cromosomi intermedio (28 cromosomi, come Tr. durum, turgidum, polonicum, dicoccum) sono specie relativamente resistenti.

Il parassitamento vegetale può dunque talora esplicarsi solo attraverso limitazioni naturali intime e complesse.

Bibl.: Le questioni generali si trovano svolte nei trattati di botanica e di fisiologia vegetale (v. queste voci) e anche in: N. Bernard, L'évolution des plantes, Parigi 1916; V. Rivera, I virus filtrabili nella patologia vegetale, in Atti V Congresso intern. microbiologia, Milano 1934. Si possono inoltre consultare: per le galle, E. Küster, Pathologische Pflanzenanatomie, 3ª ed., Jena 1925; H. v. Guttenberg, Physiol. Anat. der Pilzgallen, Lipsia 1905; per i batterî, E. F. Smith, The bacteria in relation to plant diseases, voll. 5, Washington s. a.; per le alghe, Fr. Oltmanns, Morphologie und Biologie der Algen, voll. 3, Jena 1923; per i funghi, E. Gäumann, Vergleichende Morphologie der Pilze, ivi 1926; E. Fischer e E. Gaumann, Biologie der pflanzenbewohnenden parasitischen Pilze, ivi 1929; per i licheni, Fr. Tobler, Die Flechten, Berlino 1925; per le fanerogame, M. Nicolle e J. Magron, Les maladies parasitaires des plantes, Parigi 1922; E. Bergdorst, in Ber. Deut. Bot. Gesell., XLV (1927); H. Heil, in Flora, CXXI (1926); E. Heinricher, in Abderhalden, Handb. biol. Arbeitsmethoden, II (1924); H. Melhardt, in Bot. Arch., XIII (1926); A. Sperlich, in Linsbauer, Hand. d. Pflanzenanat., IX (1925); K. v. Tubeuf, Monographie der Mistel, Monaco 1923; J. Zender, in Bull. Soc. bot. Genève, XVI (1924).

Cfr. inoltre, T. Ferraris, Malattie delle piante coltivate, Milano 1915; V. Rivera, Malattie delle piante, Roma 1930.