Oracolo

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Forma di divinazione praticata presso vari popoli antichi, consistente in un responso che, in vario modo, era dato dalla divinità in determinati luoghi a una domanda riguardante sia cose ignote del presente, passato o futuro, sia la giusta maniera di agire in determinate circostanze. Indica, inoltre, il luogo stesso in cui venivano dati i responsi. Il termine a rigore dovrebbe essere riservato alla sola mantica ispirata, con esclusione delle tecniche basate sull’osservazione di segni casuali o provocati (➔ divinazione); il suo uso in un’accezione estensiva è però giustificato dal fatto che, quali che fossero le modalità divinatorie, si ha sempre una traduzione verbale del segno mantico operata da un corpo di sacerdoti specializzati (interpreti, esegeti).

Dei più celebri o. nel mondo classico quello di Dodona, santuario di Zeus, è menzionato già da Omero, e allusioni ricorrono, nel Catalogo delle navi (Iliade II) e più chiaramente nell’Odissea, a Pythò (Delfi) e al suo oracolo; tra l’8° e il 6° sec. a.C. raggiunge l’apogeo della sua importanza l’o. di Delfi, dove Apollo dava responsi non solo a individui privati, ma anche a Stati greci e stranieri. L’o. di Delfi era nella religione greca ciò che più si avvicinava al concetto di un’autorità religiosa soprannaturale; ai suoi consigli le città-Stato greche conformavano spesso la loro linea d’azione politica, ma soprattutto quanto riguardava le istituzioni religiose. Anche l’Italia antica aveva o. importanti, per es., quello della Fortuna Primigenia a Praeneste (Palestrina).

I metodi oracolari variano da o. a o.: tra essi si ritrovano, spesso combinate, tutte le specie della divinazione, e precisamente sia della divinazione ispirata (estatica) sia di quella cosiddetta induttiva, basata sull’interpretazione di segni oggettivi. Le condizioni per interrogare l’o. erano dovunque prestabilite e consistevano per lo più in pratiche purificatorie preliminari, in un sacrificio, e, eventualmente, in offerte o voti al santuario. Il sacerdozio dei grandi o. in Grecia era ereditariamente legato a singole famiglie. Dall’interpretazione sacerdotale usciva l’o. come responso verbale. Era redatto spesso in versi e quasi sempre in forma ambigua, enigmatica. Sul modello degli o. autentici si è formata più tardi una letteratura oracolare, i cui esempi più noti sono le raccolte degli o. sibillini giudaico-cristiani, oscure profezie contro l’impero romano, e gli o. caldaici.

La localizzazione di un o. è vastamente rappresentata nelle religioni dei popoli di interesse etnologico: per es., si possono chiedere responsi presso le tombe degli antenati (Uganda, Borneo); si danno anche casi di veri e propri santuari, come la città oracolare in Ife degli Yoruba.

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