Operazionismo

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Corrente metodologica il cui più autorevole esponente è stato il fisico americano P.W. Bridgman. Partendo da esigenze interne all’ambito della ricerca scientifica (nel campo della fisica), Bridgman ha cercato di formulare regole per la chiarificazione e la definizione dei concetti usati, tali da ottenere un’assoluta univocità di significato, evitando gli inconvenienti ai quali le teorie fisiche tradizionali, sino alla relatività einsteiniana e alla fisica quantistica, avevano dato luogo. Egli ha stabilito così che un concetto è «sinonimo del corrispondente gruppo di operazioni» con cui è introdotto; nel caso di concetti fisici, come quello per es. di lunghezza, le operazioni saranno quelle di misura della lunghezza, mentre nel caso di concetti matematici saranno operazioni mentali o, come si è espresso Bridgman, «operazioni carta e matita». Un concetto come quello di tempo assoluto, introdotto da Newton, sarà quindi «privo di significato», non essendo correlabile a una serie definita di operazioni (che hanno sempre un carattere ‘relativo’). Bridgman ha esteso il metodo operazionale, oltre che ai concetti fisici, anche all’ambito della matematica (teoria degli insiemi). Pur presentando punti di contatto con il neopositivismo e il pragmatismo, l’o. non è tuttavia semplicisticamente riconducibile a essi. Si possono considerare vicini all’o. di Bridgman, H. Dingler, che ha tentato una ricostruzione operativa dell’aritmetica, e J. Piaget, che ha cercato di fondare una logica operativa, nonché, in Italia, S. Ceccato e V. Somenzi, che si sono mossi in direzione di uno sviluppo sistematico del metodo operativo. A causa della difficoltà di interpretare operazionalmente ogni singolo termine di una teoria fisica, l’o. è andato comunque incontro alle stesse obiezioni volte al neopositivismo.

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