Ombrello

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fig.

Arnese usato per ripararsi dalla pioggia o anche dal sole, costituito essenzialmente da un’asta con impugnatura di vario materiale, conformata secondo l’uso e la moda, e da una copertura di stoffa (formata da triangoli riuniti in modo da assumere, all’apertura, forma di calotta sferica) la quale, per mezzo di stecche (o bacchette) fissate a un anello che scorre lungo l’asta, può essere tenuta aperta e distesa o ripiegata e avvolta intorno all’asta stessa. L’impugnatura a (v. fig.) si costruisce in legno (ricoperto o meno di pelle), in corno, bakelite, galalite, metallo cromato o dorato, argento, plastica ecc., in varie fogge secondo l’uso e la moda; essa si prolunga in un’asta b, di legno o di metallo, ben calibrata e levigata perché vi possa scorrere liberamente il collare c, per aprire e chiudere l’o.; termina solitamente con il puntale d, per lo più di metallo. Le bacchette (o stecche) e sono di ferro o di acciaio a sezione circolare o a U, e in ogni caso molto flessibili; sono schiacciate e forate alle due estremità: verso l’esterno, dove terminano con una sferetta f, il foro serve per fissarvi la stoffa; all’altra estremità il foro serve per tenere fissa la bacchetta nei tagli della doppianoce g, specie di anello di metallo o di materia plastica che si trova vicino al puntale ed è fissato all’asta dell’ombrello. Alla metà circa delle bacchette sono fissate a cerniera le forcelle h, anch’esse di metallo, che all’altra estremità vengono imperniate sul collare. Negli o. ad apertura automatica (o a scatto), l’apertura avviene per effetto della distensione di una o più molle i, compresse all’atto della chiusura tra le due parti del collare c, collegate mediante le forcellette supplementari l, articolate nelle forcelle. Negli o. comuni la posizione di apertura è assicurata da un arresto (detto contromolla) che trattiene il collare. Per conservare la posizione di chiusura, tutti gli o. sono dotati di una molla di arresto m che è rimossa direttamente con la pressione del dito negli o. comuni, e indirettamente negli o. ad apertura automatica. La copertura è eseguita con stoffe di cotone misto con seta in diverse proporzioni, di seta, di raion, di nailon e anche di laminato plastico.

Attributi di divinità o potere, ma anche accessori funzionali, l’o. e il parasole (o ombrellino) sono presenti in Egitto e Cina, in Grecia, nei rituali della Chiesa. Più esclusivamente usati contro pioggia o sole, i modelli anche lussuosi sono presenti dal 15° secolo. Dal 17° sec., indispensabili per la donna alla moda, ebbero pure manici preziosi e coperture di seta leggera, importate dall’Oriente. Di scarso successo il primo o. con asta telescopica (1710; 26 cm da chiuso); diversamente dal tedesco Knirps («pigmeo») del 1928, arrivato a misurarne 22 nel 1970. Se nel 1769 i nobili usavano affittare o. pubblici per strada, dal 1827 (ma diffuso dal 1870) un modello minuscolo, concepito per imprevisti cambi di tempo, pendeva alla cintura da una catenella. Nel 1866 la montatura metallica pesava 350 g contro 1,6 kg di quella con fanoni del 1645. Nel 20° sec., con 6 o 24 stecche, con apertura automatica o manuale, sono presenti l’o. ‘alla giapponese’, corto e con spessa impugnatura dritta, e quello classico con manico lavorato. Di rayon e a tinte vivaci dagli anni 1930, di nylon e poliammide in tinta unita o fantasia dagli anni 1960, l’o. segue le mode di stagione. L’o. a bandoliera da sospendere alla spalla è del 1970, quello economico usa e getta, tutto di plastica anche trasparente, in pochi pezzi contro i 70 dell’o. classico, data dalla fine degli anni 1980.

Il parasole, ormai d’uso comune durante la Rivoluzione francese, per le merveilleuses del Direttorio era assortito all’abito; dal 1830 era anche nei modelli ‘a cappello’, che lasciava libere le mani, e ‘a ventaglio’. Fuori luogo al tempo della Prima guerra mondiale, il parasole riapparve negli anni 1920, coordinato ad altri accessori o all’abito; anche importato, quello ‘alla giapponese’ era di carta oleata o cretonne e aveva fino a 18 stecche invece di 8. L’abbronzatura negli anni 1930 e poi la Seconda guerra mondiale ne accelerarono l’oblio. Se nel 1954 si segnala ancora la novità del piccolo parasole basculante, per non infastidire i vicini durante gli spettacoli, è d’uso raro, se non nel più tradizionale Oriente.

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