ATLANTICO, Oceano

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ATLANTICO, Oceano (V, p. 216; App. I, p. 181; II, 1, p. 299; III, 1, p. 166)

Marcello Zunica

Nell'ultimo ventennio anche le conoscenze relative all'O.A. hanno registrato sensibilissimi progressi, soprattutto in ordine all'età e alla genesi. I dati, acquisiti direttamente e indirettamente, hanno permesso di modificare le vecchie concezioni e di tentare un modello globale dello sviluppo della crosta terrestre e della parte superiore del sottostante mantello. Un modello che si rifà alla teoria della deriva dei continenti - formulata all'inizio di questo secolo (1912) da A. Wegener - secondo la quale i continenti, che inizialmente sarebbero stati raggruppati in un'unica grande massa (Pangea), si sarebbero mossi l'uno rispetto all'altro e rispetto ai poli. Una teoria che ha suscitato riserve e che è stata fatta oggetto di numerose discussioni fino a quando, sul finire degli anni Cinquanta, le nuove acquisizioni provenienti dalle esplorazioni dei fondi oceanici, condotte con le tecniche più avanzate, hanno permesso di tracciare le linee essenziali di quella che oggi viene comunemente chiamata "teoria della tettonica a zolle)": essa, rifacendosi, in parte, alle intuizioni del Wegener, ne chiarisce i meccanismi.

Intorno agli anni sessanta le più importanti istituzioni americane che s'interessavano ai problemi oceanografici si associarono per formare il JOIDES (Joint Oceanographic Institution Deep Earth Sampling Project) e realizzare un programma di esplorazioni e perforazioni nei fondali oceanici profondi e, in particolare, nell'Atlantico. I buoni risultati delle prime campagne di esplorazione portarono alla costruzione di una nave oceanografica - la Glomar Challenger - attrezzata in modo da realizzare perforazioni su fondali di oltre 5000 metri e varare il programma DSDP (Deep Sea Drilling Project).

Alla luce dei risultati conseguiti da questo programma e da altre campagne di esplorazione, sono state reinterpretate le grandi province fisiografiche in cui è suddiviso l'O. A.: la dorsale medio-oceanica, i bacini oceanici, le scarpate e le piattaforme continentali.

L'O. A. sarebbe un oceano di frattura, formatosi, cioè, dal progressivo distacco delle zolle africana e americana. L'asse di questa espansione è segnato dalla dorsale medio-oceanica incisa da una fossa o depressione assiale (profonda circa 2000 metri); la dorsale va degradando lateralmente con una serie di gradini tettonici verso i fondi oceanici dove si riscontrano i sedimenti più antichi, riferibili al Giurassico superiore. È stato calcolato che quelli ritrovati presso le isole Bahamas hanno un'età di circa 150 milioni di anni.

La dorsale è dislocata trasversalmente da faglie trasformi che le hanno fatto assumere una caratteristica forma a S; è costituita da rocce di tipo basaltico e dai corrispondenti tipi intrusivi ed è assai attiva dal punto di vista sismico. Presenta, inoltre, il massimo di attività in corrispondenza della fessura assiale, dove si manifesta un costante flusso di calore, mentre i fianchi appaiono meno attivi. I più recenti studi hanno messo in evidenza che i lembi della fossa assiale vanno allontanandosi con una velocità di 1 ÷ 3 cm all'anno, ma questo distacco viene compensato dalla solidificazione di materiale proveniente dalle zone profonde del mantello.

Altro dato interessante, anche al fine di una migliore definizione della teoria della tettonica a zolle, è quello relativo alla corrispondenza delle masse continentali che si affacciano sull'A., corrispondenza che trova un notevole grado di precisione se, come limite delle masse continentali, non si considera il limite attuale delle terre emerse ma, piuttosto, la profondità media della scarpata continentale. Va rilevato, comunque, che sono più evidenti i collegamenti tra le regioni dell'A. meridionale che non quelli delle regioni nord-atlantiche. Questa interessante osservazione sarebbe suffragata, tra l'altro, dalla corrispondenza dell'età delle rocce di molte province geologiche situate ai due lati dell'A. meridionale e dalle rispettive caratteristiche strutturali e mineralogiche. Più difficile, invece, questo tipo di correlazione nell'A. settentrionale dove, negli opposti margini, si può individuare la sovrapposizione di almeno quattro distinte fasi orogenetiche.

Notevoli anche i progressi conseguiti circa la conoscenza della piattaforma costiera che orla i settori orientali del Canadà, degli Stati Uniti, dell'America Centrale e del versante atlantico dell'Europa, e abbastanza buoni quelli relativi all'Africa nord-occidentale e all'America del sud. La piattaforma presenta aspetti assai diversi in relazione alle possibilità e alle modalità d'accumulo dei sedimenti, come, per es., la presenza di barriere organogene (Florida) o di sbarramenti diapirici (Golfo del Messico). Al di là di tali aspetti, però, è il grande interesse economico di questi settori che ha stimolato le indagini intese a sfruttare le risorse biologiche e a individuare i giacimenti di materie prime e, soprattutto, di petrolio, in quanto sembra definitivamente accertata la presenza di vasti accumuli lungo tutto il margine dell'Atlantico.

Bibl.: M. Sironi Cita, Deep sea drilling project, in Le scienze, 16, 1969; P. J. Wyllie, The dynamic earth: textbook in geosciences, New York 1971 (alla quale opera si rimanda anche per l'abbondantissima bibliografia); M. H. P. Bott, The interior of the earth, Londra 1971; H. G. Gierloff-Emden, Sea floor spreading, in Umschau im Wissens. und Tech., 8, 1971; A. Bosellini, Geologia marina, in P. Leonardi, Trattato di Geologia, Torino 1973; W. C. Pitman, M. Talwani, Sea floor spreading in the North Atlantic, in Geol. soc. am. bull. 83, 1972.

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