NICARAGUA

Enciclopedia Italiana (1934)

NICARAGUA (A. T., 153-154)

Riccardo RICCARDI
Fabrizio CORTESI
Mario SALFI
Nardo NALDONI
Anna Maria RATTI
Iliehard DANGEL
Richard DANGEL
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Repubblica dell'America Centrale, compresa tra l'Honduras a N. e la Costa Rica a S., e bagnata a E. dal Mare Caribico (per 550 km.) e ad O. dal Pacifico (per 350 km.). Il confine con l'Honduras, segnato in parte dal Río Coco (o Segovia), va dal Capo Gracias á Dios al Golfo di Fonseca; quello con la Costa Rica passa poco a sud della riva meridionale del lago di Nicaragua, ed è segnato poi dall'emissario di questo, il Río San Juan. Per superficie (comprese le acque interne 127.340 kmq., superficie equivalente a quella dell'Italia settentrionale) il Nicaragua è al primo posto tra gli stati centro-americani dei quali, peraltro, è il meno popolato (750.000 ab. nel 1932, poco più di 6 ab. per kmq.).

Sommario. - Geografia (p. 749). - Ordinamento (p. 753). - Etnologia (p. 754). - Storia (p. 754).

Geografia. - Rilievo. - Una grande area depressa, che si allunga tra il Golfo di Fonseca e il Mar Caribico e che nelle zone più basse accoglie le acque dei grandi laghi di Managua (1134 kmq. di superficie) e di Nicaragua (8430 kmq.), divide il paese in due parti che presentano condizioni fisiche, antropiche ed economiche differentissime. La depressione centrale del Nicaragua al principio dell'era terziaria formava ancora una grande insenatura dell'oceano, e sulle terre che la limitavano a nord-est si aveva una forte attività vulcanica. La regione subì dapprima varî movimenti di sollevamento, poi, in tempi geologici recenti, un movimento di sommersione, accompagnato da una ripresa di attività vulcanica a ovest della depressione, che i vulcani con i materiali eruttati riuscirono a isolare dall'oceano. Si formarono allora i due grandi laghi, separati anch'essi tra loro da materiale di origine vulcanica. Il Lago di Managua, che ha il livello delle acque a 47 m. s. m., ed è pochissimo profondo (al massimo 13 m.), non è navigabile perché per varî mesi povero d'acque e perché ha per emissario il Río Tipitapa, interrotto da una cascata alta m. 5 ½, il quale si versa nel Lago di Nicaragua, assai più vasto, come si è visto, e più profondo (100 m. a sud dell'isola di Ometepe); esso stende lo specchio delle sue acque tra i 32 e i 37 m. s. m. (secondo la stagione). Emissario del Lago di Nicaragua è il San Juan (lungo 224 km.), che, attraversando una regione ricchissima di piogge (vari metri all'anno), ha sempre una copiosa portata, ma non è navigabile facilmente, perché alla foce, dove ha costruito un delta, disperde le sue acque dividendosi in varî rami, e nel corso medio ha delle rapide. A ogni modo sembra certo che il corso del San Juan sarà utilizzato, insieme col Lago di Nicaragua, per la costruzione di un nuovo canale interoceanico centro-americano.

A occidente della depressione centrale si stende una stretta striscia di territorio, chiusa tra l'oceano e i laghi, dove montuosa e dove piana. Qui s'innalza la serie vulcanica nicaraguense, la quale s'inizia a N. col celeberrimo Cosegüina (1158 m.), che domina da sud, quale immenso faro, il Golfo di Fonseca, e che ebbe un'eruzione violentissima nel 1835 (v. cosegüina). Procedendo verso SE., sono da ricordare, tra gli altri vulcani, il Momotombo, dal cono regolare alto 1200 m., che forma una penisola nel Lago di Managua e che tuttora è in attività solfatarica; il Masaya-Nindiri, che si erge tra i due laghi e che in uno dei crateri conteneva, al principio del'500, un lago di lava incandescente (el Infierno de Masaya); l'Ometepe e il Volcán de Madera, i coni dei quali, uniti da un piccolo istmo, formano l'isola di Ometepe, nel Lago di Nicaragua. L'Ometepe ha avuto eruzioni anche di recente (1921, 1924). A ovest della serie di vulcani si aprono alcune pianure (di Chinandega, di León) coperte da fiorenti piantagioni di caffè e di canna da zucchero; verso SE. si ha dapprima un altipiano tufaceo alto dai 400 ai 600 m., quindi una serie di basse colline.

Ben più vasto del Nicaragua occidentale è il Nicaragua orientale, a est dei laghi. Un ampio altipiano, che sale anche oltre 1000 metri ed è formato superficialmente in prevalenza da rocce vulcaniche, ne occupa la zona centrale: i numerosi fiumi che si versano nel Mare Caribico (Segovia, Prinzapolca, Río Grande, Siquia ecc.), i più sviluppati del paese perché i più ricchi di acque (come si vedrà meglio in seguito, il versante dell'Atlantico è assai più umido di quello del Pacifico), e quindi i più attivi (si hanno esempî di catture di corsi d'acqua che un tempo scolavano al Pacifico), hanno costruito con le loro alluvioni un bassopiano largo in media una sessantina di km., dopo avere inciso l'altipiano con grandi vallate. La costa atlantica del Nicaragua è bassa, paludosa, malsana, cinta da una fascia di mangrovie, orlata di lagune; è detta Costa dei Mosquito, e fu pretesa un tempo dagl'Inglesi, che nel sec. XVIII vi avevano creato un regno indiano, che doveva servire quale base d'appoggio per l'eventuale costruzione del canale interoceanico (v. storia). Il mare è poco profondo dinnanzi a questa costa: la piattaforma continentale, limitata dall'isobata di 200 m è larga fino a 200 km. Alcuni scogli (cayos) e varie isolette la fronteggiano, tra le quali quelle di S. Andrés e Providencia, un tempo in litigio tra il Nicaragua e la Colombia, riconosciute poi quale dipendenza di quest'ultima repubblica.

Condizioni climatiche. - La temperatura media annua nelle tierras calientes (terre calde: sotto i 600 m. di altezza) si aggira sui 23-26°, con escursione di soli 2-3° tra il mese più caldo e quello più fresco; nelle tierras templadas (terre temperate: 600-1800 m.) la temperatura media annua varia, secondo l'altezza, tra i 23° e i 17°, e nelle tierras frías (terre fredde; oltre i 1800 m.), è sempre inferiore ai 17°.

La quantità e la distribuzione nell'anno delle piogge varia molto tra i due versanti. Quello atlantico riceve piogge abbondantissime (varî metri all'anno: a San Juan del Norte, sulla costa, 6588 mm.), che sono portate dagli alisei di NE. e non difettano in nessun periodo dell'anno (a San Juan del Norte il mese meno piovoso, marzo, ne ha ancora per 165 mm.). La debole pendenza del bassopiano atlantico costiero e la poca permeabilità, in varie parti, dei suoi terreni, fanno sì che l'acqua ristagni su vasti tratti, con gravi conseguenze per le condizioni sanitarie della regione e quindi per le condizioni antropico-economiche di essa.

Il versante del Pacifico è assai meno umido: le piogge sono molto meno abbondanti (1742 mm. a Rivas, 40 m. s. m.; 1470 mm. a Masaya, 250 m. s. m.) e cadono quasi esclusivamente nei mesi maggio-novembre, con un massimo a giugno e uno a ottobre (passaggio del sole allo zenit). Nella stagione secca (dicembre-aprile) la quantità di pioggia che cade normalmente corrisponde ad appena il 5-6% del totale annuo.

Acque continentali. - Si è già detto che la maggiore abbondanza di piogge sul versante atlantico ha fatto sì che i suoi fiumi, più ricchi di acque, fossero più attivi; essi, mediante l'erosione regressiva, hanno dato luogo a vari fenomeni di cattura a scapito del corso superiore dei fiumi del versante del Pacifico; lo spartiacque tra i due oceani, quindi, si è venuto spostando verso occidente. Una delle catture più evidenti è quella compiuta dal San Juan: il corso superiore di esso non è altro che un antico immissario del Lago di Nicaragua, già tributario del Pacifico.

Dei fiumi atlantici, oltre al San Juan, i più importanti sono: il Coco o Segovia (790 km.), che nel corso inferiore divide il Nicaragua dall'Honduras e alla foce, presso il Capo Gracias á Dios, ha costruito un vasto delta; il Prinzapolca (180 km.), il Río Grande de Matagalpa (400 km.) e l'Escondido o Bluefields (220 km.). Il corso inferiore di tutti questi fiumi può essere navigato da piccoli vapori (il Coco per 270 km.). È da ricordare che lungo la costa atlantica si allineano numerose vaste lagune, tra le quali quella di Las Perlas, a sud della foce del Río Grande de Matagalpa, che ha circa 800 kmq. di superficie e comunica col mare mediante due bocche (la meridionale, con quasi due metri e mezzo d'acqua, è quella utilizzata dalla navigazione), e la laguna di Bluefields, più a sud, con 580 kmq. di superficie e anch'essa con due bocche. Per i due grandi laghi di Managua e di Nicaragua, ai quali si è già accennato, si veda alle voci speciali.

Vegetazione e flora. - La flora e la vegetazione di questo territorio presentano stretti rapporti e affinità con quelle della Costa Rica e della Colombia. Le pendici umide della zona orientale sono coperte da vaste foreste tropicali, invece negli altipiani più secchi delle regioni occidentali si presenta una serie di formazioni vegetali costituite da boschi di Conifere e di querce, da steppe cespugliate e da praterie di Graminacee. Nelle foreste abbondano i legnami utili da costruzione, da ebanisteria, da tintoria (campeggio, sandalo, legno giallo) le piante industriali (da guttaperca, da sangue di drago, conifere da pece e da trementina). Molte piante medicinali vivono spontanee nella regione: Copaifaa, Miroxylon, Liquidambar, salsapariglia, gialappa, ratania, matico, contraierva, ecc.; delle piante aromatiche è importante la vaniglia. Fra le piante da frutta si coltivano più o meno estesamente il caffè, il cacao, la papaia, il cocco, il banano, il melograno, il guiave, il mango, ecc. Fra le industriali importantissima è la canna da zucchero.

Fauna. - La fauna del Nicaragua è, come in genere quella dell'America Centrale, molto ricca. Essa fa parte del grande complesso faunistico neotropicale. Fra i Mammiferi noteremo varie specie di cebidi per le scimmie. Per i Chirotteri va notata la famiglia Phyllostomatidae, comprendente varie specie di vampiri, e quella dei Vespertilionidi con alcuni generi interessanti. Scarsi sono gl'Insettivori con qualche specie del genere Sorex. Tra i Carnivori noteremo la presenza di molti Felidi quali il giaguaro, il puma e varî altri gatti, di alcune specie di Canidi, di procioni, di martore. Tra gli Ungulati annovereremo il pecari, il tapiro. Varî sono i Rosicanti e tra questi molte specie di Ottodontidi, di lepri, di Sciurus, d'istrici, ecc. Gli Sdentati includono armadilli e formichieri. I Marsupiali sono rappresentati da specie di Didelfidi tra i quali gli Opossum. Molto ricca è la fauna degli Uccelli con forme caratteristiche della regione. I Rettili sono altresì ben rappresentati da varî Ofidî (crotali, boa, colubri, pitoni) da varî lacertili, scinchi, geckonidi e ancora da alcuni cheloni. Scarsi sono gli Anfibî. Fra gli Artropodi, gl'Insetti presentano numerosissime specie, particolarmente di Coleotteri notevoli per le loro varietà di forma e di colore. Bene sviluppata la fauna terrestre dei Molluschi.

Popolazione e centri abitati. - Il Nicaragua è relativamente la meno popolata delle repubbliche centro-americane, come si è detto: una stima compiuta nel 1932 dà infatti una popolazione totale di 750.000 ab., e una densità, quindi, di soli 63 ab. per kmq. Il censimento del 1867 diede 153.000 ab., ma senza dubbio una parte notevole degli Amerindî che vivevano nelle regioni più inospitali e meno conosciute era sfuggita al censimento, e la cifra deve essere portata almeno ai 200.000 ab. Nel censimento del 1920 risultarono 638.000 ab. Questo aumento così rapido della popolazione è dovuto quasi soltanto alla sopravvivenza (la natalità è molto elevata, e relativamente bassa la mortalità); quanto all'immigrazione, essa è quasi nulla.

Si calcola che il 75% della popolazione viva nella parte occidentale del paese, dove varî dipartimenti hanno più di 30 ab. per kmq. (Masaya quasi 80). Nel Nicaragua orientale la popolazione è assai rada, specialmente nella malsana pianura costiera, dove si ha dappertutto meno di 1 ab. per kmq. Zone assai ampie del dipartimento di Bluefields e della comarca di Cabo Gracias á Dios sono completamente disabitate. Il Nicaragua occidentale è assai più popolato di quello orientale perché, come si è visto, meno umido, con suolo vulcanico permeabile, che impedisce il ristagno delle acque, e fertilissimo. A ciò si aggiunga che le comunicazioni vi sono assai più facili.

Il 37% della popolazione nicaraguense vive accentrata, e il resto in case sparse. Il censimento del 1920 enumera 129 centri (città, villaggi, borgate), nessuno dei quali supera i 50.000 ab. Managua, la capitale, posta sulla riva occidentale del lago omonimo, ha 32.500 ab. (fu quasi completamente distrutta da un terremoto il 31 marzo 1931); León ne ha 38.000, ed è la più popolosa città della repubblica; Granada, sulle rive del Lago di Nicaragua, capolinea della ferrovia proveniente da Corinto (2300 ab.), che è il porto più attivo dello stato, ne conta 18.000; Masaya ha 13.800 abitanti, Juigalpa 12.000 e Matagalpa, sugli altipiani centrali, 10.300; infine Chinandega ha 10.800 ab. Seguono altri 6 centri con popolazione tra i 4 e i 10 mila ab.: Ocotal (8000), Jinotepe (7500), Jinotega (7000), Bluefields (4800), Estelí (4600) e Rivas (4100). La grande maggioranza dei centri ha meno di 1000 abitanti. Va notato che delle 7 città con più di 10.000 ab., cinque (tra le quali tutt'e tre le maggiori, Managua, León e Granada) si trovano sul versante del Pacifico.

Dal punto di vista etnico il censimento del 1920 distingue gli abitanti in Bianchi, Negri, Trigueños, Cobrizos e Gialli. I Bianchi sono il 17% della popolazione totale e vivono quasi tutti nel Nicaragua occidentale; i Negri sono il 9% e abitano invece prevalentemente nel Nicaragua orientale (bassopiano atlantico). I Gialli (Amarillos) sono pochi Cinesi e Giapponesi. La massa principale della popolazione è formata dai Trigueños, i Meticci, che costituiscono il 69% del totale; i Cobrizos (cioè gl'Indiani) sono meno del 5% e vivono quasi esclusivamente nella parte orientale del paese.

Gli stranieri che vivono nel Nicaragua sono circa 10.000, in forte prevalenza Nordamericani e Inglesi. Circa 200 sono gli Italiani, per lo più, commercianti, e direttori di aziende agricole.

Condizioni economiche. - L'agricoltura è la base della vita economica del Nicaragua, benché le aree coltivate siano ancora relativamente ridottissime, per penuria di mano d'opera e di facili vie di comunicazione, e benché i metodi di coltura usati siano ancora antiquati. Il caffè è la coltivazione prevalente, che dà il massimo rendimento nei terreni vulcanici tra i 500 e i 1000 m. d'altezza; essa fu introdotta nel paese solo verso la metà del sec. XIX e si sviluppò particolarmente nel Nicaragua occidentale. La produzione è di circa 300.000 quintali annui e l'esportazione, diretta quasi tutta agli Stati Uniti, di 130-170 mila quintali, cioè circa la metà del valore delle esportazioni nicaraguensi.

Le colture del banano, della canna da zucchero e del cacao seguono, per importanza, a quella del caffè. Il cacao è coltivato specialmente nelle valli umide del versante del Pacifico, e dà un prodotto assai stimato, ma consumato quasi tutto nel paese. Esportato in parte, invece, è lo zucchero; le maggiori piantagioni di canna si trovano nel dipartimento di Chinandega, dove lavora un grande zuccherificio presso Chichigalpa. Zuccherifici minori sono presso León e Granada; la produzione totale oscilla tra i 100 e i 150 mila quintali annui.

Sul versante umidissimo dell'Atlantico, nella bassa valle del Río Grande e intorno a Bluefields, sono in produzione estese piantagioni di banani, le quali appartengono per lo più a potenti società nordamericane che hanno attrezzato per l'esportazione delle banane Puerto Cabezas (Bragmans Bluff) e il porto di Bluefields, dai quali partono annualmente dai 3 ai 4 milioni di caschi di quel frutto diretti negli Stati Uniti e in Europa. Lungo la costa atlantica hanno poi notevole importanza le piantagioni di cocchi, le cui noci vengono pure esportate negli Stati Uniti.

D'importanza ancora limitatissima sono le colture del tabacco (isola di Ometepe e dintorni di Masaya e di Jinotepe), del cotone (León, Chinandega), degli ananas e degli agrumi. Tra i cereali, il più coltivato è il mais, che viene anche esportato in piccole quantità.

Una delle maggiori ricchezze del Nicaragua, ancora solo rudimentalmente sfruttata, è costituita dalle foreste, che coprono estensioni enormi e sono ricche di essenze che dànno pregiati legni da costruzione e da ebanisteria (mogano, cedro, palissandro), legni tintorî (campeggio), ecc. Sul versante atlantico è frequente la Castilloa elastica, dalla quale si ricava il caucciù. Le maggiori concessioni per lo sfruttamento delle foreste sono in mano di Nordamericani.

Nel Nicaragua occidentale e nelle parti più alte di quello centrale, trova favorevoli condizioni di sviluppo l'allevamento del bestiame e qui, nei dipartimenti di Chontales e di Chinandega, si hanno le maggiori haciendas de ganado. Trascurabile è il numero degli equini, degli ovini e dei suini, mentre è rilevante quello dei bovini, calcolati differentemente da 1 a 2 milioni di capi; essi servono specialmente per il consumo locale della carne. Di scarsa importanza la pesca, esercitata anche nei laghi. Nel Golfo di Fonseca si pescano perle.

Come lo sfruttamento agricolo, così anche quello minerario è ancora esercitato con procedimenti antiquati; a ciò si aggiunga il fatto che i giacimenti minerarî più ragguardevoli si trovano nella parte più inospite del paese, cioè sul versante umido e malsano dell'Atlantico, privo quasi affatto di vie di comunicazione se si eccettuano i corsi navigabili di alcuni fiumi; e si comprenderà facilmente perché l'importanza della produzione mineraria sia ancora scarsa. L'oro, in essa, ha il primato; si ricava dalle miniere di Pispis, nella comarca di Cabo Gracias á Dios, e dalle sabbie del Coco, del Prinzapolca e di altri corsi d'acqua tributarî dell'Atlantico; nel 1930 se ne esportò per un valore di 425.000 córdobas (il córdoba, l'unità monetaria del Nicaragua, ha lo stesso valore del dollaro degli Stati Uniti). Anche l'argento sembra che abbondi: giacimenti importanti di piombo argentifero sono stati scoperti nel Nicaragua settentrionale, presso il confine con l'Honduras.

Le industrie estrattive e quella dello zucchero sono le sole importanti. In tutti i centri più notevoli si fabbricano oggetti d'uso comune (mobili, scarpe e altri oggetti di cuoio, saponi, candele, birra, liquori, biscotti, cioccolato ecc.), che peraltro sono di qualità scadente e servono quasi solo per la richiesta dell'elemento più povero del paese, che non può permettersi l'acquisto, a prezzi elevati, di merci importate di qualità superiore.

Comunicazioni e commercio. - La principale ferrovia congiunge Corinto, sul Pacifico, con Granada, sul Lago di Nicaragua, passando per Chinandega, León, Managua e Masaya; da Masaya se ne stacca un tronco per Diriamba e Jinotepe. Complessivamente vi sono 337 km. di ferrovie dello stato. Funzionano poi varî tronchi nelle piantagioni, per 102 km., appartenenti alla Cuyamel Fruit Co. (nel bacino del Río Grande) e alla Bragmans Bluff Co. (lungo il Río Wawa).

Sul Lago di Nicaragua un vapore è in coincidenza coi treni provenienti da Corinto e collega Granada coi piccoli centri costieri.

Le strade ordinarie percorribili da automezzi sono le seguenti: 1) Managua-Masaya-Granada, con una diramazione per Diriamba; 2) Puerto Diaz-Juigalpa-La Libertad; 3) Managua-Matagalpa-Jinotega; 4) León-Matagalpa; 5) Masaya-Tipitapa; 6) Managua-Rama (in costruzione). Praticamente la costa occidentale non ha collegamento alcuno con quella orientale. Vi è un servizio aereo bisettimanale delle Pan-American-Grace Airways che collega Managua con altre città centroamericane e con gli Stati Uniti. Gli uffici telegrafici sono 106, le stazioni telefoniche 64 (1242 apparecchi), gli uffici postali 180, le stazioni marconigrafiche 6, di cui una potente a Managua (della Tropical Radio Telegraph Co.)

Il commercio con l'estero avviene quasi tutto attraverso i porti di Corinto e di S. Juan del Sur sul Pacifico (il primo assorbe il 65% del valore delle importazioni e delle esportazioni della repubblica) e di Puerto Cabezas e di San Juan del Norte sull'Atlantico; esso ha un valore assai inferiore a quello del piccolo Salvador. Negli ultimi anni normali si è aggirato sui 10-11 milioni di córdobas, tanto per le esportazioni quanto per le importazioni, riducendosi però sempre più dal 1929 in poi, a causa della crisi mondiale, come può vedersi dalla tabella che segue (valore in milioni di córdobas):

Due terzi delle importazioni e metà delle esportazioni vengono assorbite dagli Stati Uniti. A essi seguono la Germania, la Gran Bretagna e la Francia. Nel 1921 il valore delle merci importate ed sportate da questi stati rappresentò le seguenti percentuali del valore totale delle importazioni e delle esportazioni del Nicaragua: Stati Uniti, 61 e 53% rispettivamente; Gran Bretagna, 9 e 7%; Germania, 9 e 13%; Francia, 12% delle esportazioni.

Di poca importanza sono le relazioni con l'Italia, che importa dal Nicaragua soprattutto caffè, e vi esporta vini, cotonami, seterie, cappelli e ombrelli.

Nel 1931 su un valore di 6.575.000 córdobas di merci esportate, 3.319.000 erano dati dal caffè, 1.981.000 dalle banane, 159.000 dal mogano e 70.000 dallo zucchero. Le importazioni sono rappresentate soprattutto da cotonami, farine, oggetti di ferro e d'acciaio, liquori, vini, prodotti chimici e farmaceutici, carta e petrolio.

La repubblica si divide amministrativamente in 13 dipartimenti e 2 comarche, dei quali si dànno alcuni dati statistici nella tabella che segue:

Ordinamento. - Costituzione. - L'attuale costituzione del Nicaragua data dal 5 aprile 1913. Affermato e sancito il principio della tendenza all'unione con le altre repubbliche dell'America Centrale, tale costituzione stabilisce che il governo debba essere repubblicano, democratico, rappresentativo e unitario. Il potere esecutivo è demandato al presidente, il quale dura in carica per quattro anni, sostituito, in caso d'impedimento, dal vicepresidente, ugualmente in carica per quattro anni. Il presidente, che è politicamente irresponsabile, esercita il potere esecutivo, con il concorso dei ministri che, nominati da lui, sono responsabili solo di fronte a lui, non di fronte al congresso. I ministeri sono i seguenti: Affari esteri e Pubblica istruzione; Commercio; Interni; Giustizia e polizia; Guerra; Marina; Opere pubbliche. Il potere legislativo emana dal congresso formato da due camere, una dei deputati (in numero di 43), eletti col suffragio universale per quattro anni, e l'altra dei senatori (in numero di 24), eletti per sei anni. Il potere giudiziario è rappresentato da una corte suprema di giustizia, composta di cinque magistrati e di due supplenti, con sede a Managua; dalle tre corti di appello di León, Granada, Bluefields, e da tribunali di primo grado in ogni dipartimento. Il territorio della repubblica è diviso in tredici dipartimenti, più i due territorî di confine di San Juan del Norte e di Cabo Gracias á Dios. Ognuno di questi dipartimenti è retto da un capo, investito anche del comando militare. Per quanto riguarda gli stranieri, la costituzione li assimila ai nazionali, nel godimento dei diritti, compreso quello del possesso.

Finanze. - Più della metà delle entrate del bilancio del Nicaragua è costituita dai dazî doganali.

Al 1° marzo 1932 il debito pubblico ammontava a 21,9 milioni di córdobas.

Dal 1912, in seguito a un accordo tra il governo del Nicaragua e i banchieri nordamericani, l'unità monetaria è il córdoba oro (in sostituzione dell'antico peso argento) equivalente al dollaro americano e la Banca nazionale del Nicaragua ha il privilegio esclusivo dell'emissione con l'obbligo di tenere depositata a New York una riserva equivalente al 60% dei biglietti in circolazione. Nel Nicaragua orientale circolano anche monete degli Stati Uniti. Al 31 agosto 1931 i biglietti in circolazione ammontavano a 2.586.000 córdobas e le monete divisionali a 419.000. Tra gl'istituti bancarî hanno particolare importanza la Banca ipotecaria l'Anglo-South American Bank e l'Anglo-Central American Commercial Bank.

Culti. - La grandissima maggioranza della popolazione è di religione cattolica (religione di stato). La libertà dei culti è riconosciuta (circa 21.900 protestanti delle varie confessioni nel 1933). La diocesi cattolica del Nicaragua (o di León, dalla residenza) fu istituita il 3 novembre 1534, come suffraganea di Messico; Benedetto XIV la fece dipendere da Guatemala. Ma Pio X, il 2 dicembre 1913, riorganizzò la gerarchia istituendo la provincia ecclesiastica del Nicaragua, con l'arcivescovato di Managua e due suffraganei, León e Granada; inoltre, il vicariato apostolico di Bluefields, affidato ai cappuccini. Il 19 dicembre 1924 veniva istituito anche il vescovato di Matagalpa, e sottoposto anch'esso a Managua.

Bibl.: Th. Belt, The Naturalist in Nicaragua: a Narrative of a Residence at the Gold Mines of Chontales, ecc., Londra 1873; P. Levy, Notas geográficas y económicas sobre la república de Nicaragua, Parigi 1873; D. Pector, Étude économique sur la République de Nicaragua, Neuchâtel 1893; Report on the Nicaragua Canal Commission (1897-1899), Baltimora 1899; A. Heilprin, The Nicaragua Canal in its geographical and geological relations, in Bull. of the Geogr. Soc. of Philadelphia, 1900, pp. 87-107; A. P. Davis, Hydrography of Nicaragua, Washington 1900; K. Sapper, El infierno de Masaya, Halle a. S. 1925; S. Kirkland Lothrop, Pottery of Costa Rica and Nicaragua, voll. 2, New York 1926; V. Blais, Nicaragua. Condizioni naturali ed economiche, Roma 1927; N. W. Cumberland, Nicaragua: An economic and financial Survey, Washington 1928; E. Conzemius, Les îles Corn du Nicaragua, in La Géographie, LII (1929), pp. 346-362.

Carte: Mapa comercial de la República de Nicaragua, 1 : 1.000.000, New York 1928. Cfr. inoltre le opere citate sotto la bibl. della voce america, II, p. 877.

Etnologia.

Quando i conquistatori spagnoli arrivarono dal N. sulle coste del Pacifico, le trovarono densamente abitate da popolazioni semicivili. Di queste i Chorotega o Mangue (da mánkeme = i signori del paese) vi erano arrivati sicuramente già prima del sec. XI, oriundi dalla provincia messicana di Chiapas, dove ancora oggi vivono i Chiapaneca, coi quali sono linguisticamente imparentati. Presso l'attuale León - intorno a Subtiaba - dominava una popolazione che doveva essere arrivata dal Messico ancora prima dei Mangue, giacché linguisticamente sono imparentati con i Thapaneca-Yopi dello stato messicano di Guerrero. Escluso questo distretto, i Mangue occupavano tutto il litorale del Pacifico, donde si spinsero fino alla penisola di Nicoya e alla prospiciente riva continentale della Costarica; anzi le loro orde conquistatrici arrivarono fino al Panamá occidentale. Nel secolo XI si ebbero nuove immigrazioni di popolazioni indiane provenienti dal Messico e parlanti la lingua nahua, conosciute col nome di Nicarao, sopravvissuto in quello del paese. Esse trapiantarono la civiltà della loro patria sulle coste meridionali del Nicaragua, cacciando via i Mangue dall'attuale dipartimento di Rivas e dalle maggiori isole del Lago Nicaragua. La cultura però era molto simile, così che spesso è difficile stabilire a quale delle due popolazioni appartengano le scoperte archeologiche della regione Mangue-Nicarao. Presso i Mangue l'influsso nahua si mostra specialmente nell'organizzazione statale, nella coltura del cacao e nell'allevamento dei tacchini, nella scrittura figurata e nella religione (templi a piramide, idoli di pietra).

La loro economia era basata sull'agricoltura e sulla pesca; originariamente gli uomini andavano del tutto nudi, le donne portavano una benda di cotone ricamata, i cui capi erano legati a un cordoncino fermato intorno alla vita; maggiore cura si aveva invece per l'adornamento: e sono da ricordare i pendagli di conchiglie o i bottoni d'oro infissi nel labbro inferiore e i tatuaggi a disegno sul petto, sulle braccia e sulle gambe. Finché essi non ebbero preso dai Nicarao il macuaniti, combattevano principalmente con l'arco e le frecce. Le stoviglie appaiono sempre ben cotte e di solito dipinte a colori vivaci e resistenti: caratteristiche sono anche le urne funerarie a forma di scarpa, spesso assai grandi, dei dintorni di Masaya e i rozzi idoli di pietra trovati sul Lago Nicaragua, sul Lago Managua, e presso Subtiaba.

Oggi Mangue e Nicarao sono perduti nel mare dei meticci, che rappresentano la maggioranza della popolazione; le loro lingue sono scomparse; quella dei Mangue cessò d'esistere poco dopo il 1900. La lingua dei Subtiaba nel 1909 era parlata ancora soltanto da 25 persone.

Le tribù Chibcha della Costarica occidentale che, unite coi Mangue e coi Nicarao di Nicoya, avevano raggiunto un grado notevole di civiltà, si estesero con una parte della loro popolazione oltre il Río San Juan anche verso il Nicaragua, dove essi occuparono il territorio fra il Lago Nicaragua e la parte più meridionale della costa atlantica. A queste tribù appartenevano i Rama, dei quali esistono ancor oggi circa 300 nel Rama Key (presso Bluefields); la loro lingua è in via di estinzione. Tutto il rimanente del Nicaragua venne occupato da tribù, affini fra loro di lingua, e già al tempo della conquista, del tutto selvagge. A queste appartenevano i Matagalpa, la cui lingua è estinta, gli Ulua che occupano ancora estesi territorî e i Sumo loro parenti.

Sembra che gli Ulua-Sumo abbiano portato dalla Costarica nel Nicaragua la palma pejivalle (Guilielma utilis), i cui frutti costituiscono un gradito alimento. Essi usavano appiattirsi ingegnosamente il cranio "per non avere le teste tonde come le scimmie"; nelle località meno accessibili del paese si sono conservati l'uso delle case per più famiglie, la libertà sessuale delle ragazze prima del matrimonio, il tatuaggio ed evidenti tracce di totemismo.

Già al tempo della conquista, sulle coste atlantiche del Nicaragua, fino all'Honduras, vivevano i Miskito. Questi si svilupparono come popolazione eminentemente marinara, e con le loro scorrerie fino a Belize nell'Honduras, a Cartago nella Costa Rica, a Nombre de Dios nel Panamá e alla Giamaica divennero il terrore del Mare Caribico. Alcune delle loro tribù oggi sono totalmente negritizzate; hanno però conservato uno spiccato totemismo, e gli stregoni (sukia) hanno ancora un grande prestigio, malgrado l'opera dei missionarî protestanti.

Bibl.: C. Napier Bell, Tangweera: Life and Adventures among gentle Savages, Londra 1889; W. Lehmann, Zentral-Amerika, voll. 2, Berlino 1920; K. Sapper, Der gegenwärtige Stand der ethnographischen Kenntniss von Mittelamerika, in Arch. für Anthrop., III, Brunswick 1904; E. G. Squier, Nicaragua, voll. 2, New York 1852.

Storia.

Il 12 novembre 1502 Cristoforo Colombo, nel suo quarto viaggio, avvistò le coste del Nicaragua e diede a un capo il nome di Gracias á Dios, ma l'esplorazione del Nicaragua fu iniziata da Gil González Dávila, o de Avila, partito il 21 gennaio 1522 dall'Isola delle Perle, nel golfo di Panamá. Egli scoprì tra l'altro il Lago di Cocibolca, da lui battezzato Mar Dulce e che ora porta il nome di Lago di Nicaragua. Il governatore della Castiglia dell'Oro (come era allora chiamato il Darién), Pedrarias Dávila, impedì che González profittasse delle sue scoperte e mandò nel 1524 Francisco Hernández de Córdoba a occupare in suo nome il paese. Hernández vi riuscì senza difficoltà e fondò le città di Granada e León; ma, nella speranza di formarsi un dominio proprio, si rivolse per aiuti a Hernán Cortés. Saputo ciò, Pedrarias, che era stato sostituito nel Darién da Pedro de los Ríos, e si era ritirato nel Nicaragua, fece decapitare l'Hernández. González, dall'Honduras, da una parte e De los Ríos dall'altra tentarono inutilmente di occupare il territorio tenuto da Pedrarias; mentre Cortés dal Messico pensava a estendere la sua dominazione sull'istmo e vi mandò Cristóbal de Olid. Ne seguì un periodo di lotte confuse, che finì con la morte di De Olid e con l'imprigionamento di González. Pedrarias dovette lottare ancora con Diego López de Salcedo, governatore dell'Honduras, ma finì col prevalere e il 1° giugno 1527 fu nominato governatore e capitano generale del Nicaragua. Il paese ebbe l'organizzazione delle altre colonie spagnole; nel 1539 fu aggregato all'Audiencia de Panamá, e nel 1544 fu creata l'Audiencia de los Confines, che comprendeva i soppressi governi di Guatemala e Nicaragua, e successivamente il Nicaragua fu incorporato nella capitania di Guatemala.

Come le Antille e tutto il resto dell'America Centrale, anche il Nicaragua fu esposto durante il sec. XVII e i primi del XVIII alle incursioni dei corsari e dei filibustieri: nel 1643 fu saccheggiata Matagalpa; il 30 giugno 1665 il pirata olandese Jan Davis, penetrato in Granada, la mise a sacco; nel 1685 William Dampier e i suoi bucanieri saccheggiarono León.

Lungo la costa abitata dagl'indiani Miskito, che da una storpiatura di questo nome è chiamata la Costa dei Mosquito, si ebbe nel 1630 un primo insediamento d'Inglesi, entrati ben presto in relazione con gl'indigeni. Gl'Inglesi vi tentarono più volte una vera colonizzazione, ma senza riuscirvi; tuttavia, presero sotto il loro protettorato il capo dei Mosquito, ma solo dopo la pace di Versailles del 1783 sgombrarono la costa. Tuttavia gli Spagnoli non riuscirono a occuparla, e i Mosquito continuarono a essere governati dal loro re, che gl'Inglesi riconobbero; anzi, nel 1840, essendo morto il re, gl'Inglesi assunsero l'amministrazione del paese nell'interesse della figlia minorenne. Nel 1848, profittando del conflitto tra Nicaragua e Costarica per il possesso della foce del Río San Juan, i Mosquito con l'aiuto degl'Inglesi occuparono San Juan del Norte; ma a questo punto intervennero gli Stati Uniti, che vedevano di mal occhio l'insediarsi della Gran Bretagna nella zona dove già si progettava di aprire un canale. Si venne così al trattato detto Clayson-Bulwer del 10 aprile 1850, col quale le due potenze s'impegnavano a non occupare alcun punto della costa del Nicaragua e della Costa Rica né a procurarsi in alcun modo una posizione privilegiata nella zona. Soltanto dieci anni dopo, col trattato di Managua del 28 gennaio 1860 l'Inghilterra riconobbe la piena sovranità del Nicaragua nella Costa dei Mosquito, sotto riserva della piena autonomia di questa popolazione. I diritti dei Mosquito però non furono rispettati dal Nicaragua, e nel 1880 dovette intervenire in loro favore un lodo dell'imperatore d'Austria. Nel 1894 i Mosquito rinunziarono all'autonomia e il loro paese venne a formare il dipartimento di Zelaya.

Anche nel Nicaragua alla fine del sec. XVIII cominciarono a diffondersi le idee liberali; e il 13 dicembre 1811 León si sollevò, secondata dagli altri centri e da Granada, chiedendo riforme; ma la sollevazione fu repressa. Dieci anni dopo, l'insurrezione messicana di A. de Itúrbide trovo aderenti nella capitaneria di Guatemala. Il capitano generale Gabino Gainza convocò una giunta, la quale il 15 settembre 1821 proclamò l'indipendenza; ma un luogotenente di Itúrbide, il generale V. Filisola, proclamò l'annessione della capitania al nuovo impero messicano, non senza opposizione. Alla caduta di A. Itúrbide, il 24 giugno 1823 i delegati dell'America Centrale si dichiararono indipendenti tanto dal Messico quanto dalla Spagna e proclamarono la fondazione delle Provincias Unidas del Centro de América; e l'8 di aprile 1826, il Nicaragua si diede una costituzione. La federazione funzionò, bene o male, per otto anni sotto la dittatura, imposta con le armi, di Francisco Morazán. Però, le tendenze separatiste dei varî stati si facevano sentire, e la vittoria dell'indiano guatemalteco Rafael Carrera su Morazán segnò la fine della federazione.

La storia interna del Nicaragua è dominata, sin dai tempi della colonia, dalla lotta tra due tendenze: una, che riflette gl'interessi di León, vorrebbe che si desse maggiore sviluppo al commercio nel Pacifico e alle relazioni col Perù; l'altra, sostenuta da Granada, propugna invece l'incoraggiamento dei traffici col Mare Caribico e l'Oceano Atlantico. Queste due tendenze sono alla base dei due partiti, che, con nomi variati, si sono sempre combattuti al Nicaragua; partiti ora conosciuti coi nomi di liberale quello che si accentra in Léon e di conservatore quello che fa capo a Granada. Le lotte intestine, spesso cruente, erano fonti di guerre incessanti con gli altri stati dell'America Centrale, perché i partiti nicaraguensi avevano e hanno stretti rapporti con i partiti degli stati vicini.

Questo stato di cose diede origine all'impresa del nordamericano William Walker, avventuriero nato nel 1824 a Nashville (Texas), e che aveva già fatto il tentativo di creare una repubblica indipendente negli stati messicani di Sonora e della Bassa California. Al Walker si erano rivolti i capi dei liberali (democratici) Francisco Castellón e Máximo Jerez, sconfitti alle elezioni presidenziali del 1853, dalle quali era uscito vittorioso il capo dei conservatori (legittimisti) Frutos Chamorro. Il 16 giugno 1855 Walker, con altri 58 filibustieri nordamericani, sbarcava a Realejo. Ben presto si impadronì di Granada e si proclamò presidente della repubblica. La sua impresa era stata vista di buon occhio dalla Nicaragua Accessory Transit Company, società nordamericana per il trasporto di merci e passeggieri, dominata da Cornelius Vanderbilt, la quale aveva trasportato gratuitamente gli avventurieri che andavano a ingrossare l'esercito del Walker. Questi, al potere, abolì le leggi antischiaviste per cattivarsi la simpatia degli stati meridionali della Confederazione nordamericana; però essendosi impadronito del materiale della Transit Company si attirò l'inimicizia del Vanderbilt. Nello stesso tempo, le sue idee di fondare una forte federazione, basata su principî militari, gli suscitavano le ostilità di Costa Rica e degli altri stati dell'America Centrale, incitati e aiutati da Vanderbilt mentre i Nicaraguensi, senza distinzione di partito, gli si ribellavano: il 1° maggio 1857 Walter abbandonò il potere, s'imbarcò su una nave da guerra degli Stati Uniti, e fu ricevuto a New York come un eroe nazionale. Tentò invano a più riprese di rinnovare la conquista del Nicaragua; finalmente, partito da Mobile nell'agosto 1860, sbarcò nell'Honduras; fatto prigioniero dal comandante della nave da guerra inglese Icarus, fu consegnato alle autorità locali, che lo fecero fucilare a Terujillo il 12 settembre 1860.

Dal 1863 al 1893 furono al potere i conservatori (grenadinos), con la collaborazione però dei liberali; per mettere fine alla rivalità di Granada e Leon, si convenne di scegliere come capitale Managua. Il paese, stanco ed esaurito dalle continue lotte, conobbe finalmente un'epoca dì tranquillità e di benessere. Nel 1893 però il sollevamento di Granada contro Roberto Sacasa portò al potere il liberale José Santos Zelaya, che sino al 1909 esercitò la dittatura. Ricominciarono le guerre intestine; tutte le attività economiche del paese furono affidate a regie; emissioni rovinose di carta moneta ridussero la moneta a un trentesimo del suo valore. A ciò si aggiungano l'irrequietezza della politica estera e i continui conflitti con gli stati confinanti e specialmente col Guatemala, retto dal dittatore Manuel Estrada Cabrera. La politica di Zelaya gli attirò l'ostilità degli Stati Uniti, che seguivano un'attiva politica di espansione nell'America Centrale e Meridionale, e col trattato Pauncefote-Hay del 1901 erano riusciti a ottenere l'annullamento del trattato Clayson-Bulwer e il disinteressamento della Gran Bretagna, mentre coi trattati di Washington del 1907 ottenevano praticamente facoltà d'intervenire nella politica interna delle repubbliche centro-americane. Prendendo occasione dall'esecuzione di due sudditi americani, gli Stati Uniti ruppero le relazioni col governo di Zelaya. Una nuova rivoluzione abbatté il dittatore e iniziò un altro periodo di turbolenze.

L'inizio della guerra mondiale doveva avere grosse conseguenze per il Nicaragua. Subito, approfittando dello stato di sconvolgimento generale, il governo degli Stati Uniti imponeva al governo del Nicaragua il trattato Bryan-Chamorro (stipulato il 5 agosto 1914; ratificato il 22 giugno 1916) per cui gli Stati Uniti si assicuravano i diritti esclusivi per la costruzione di un canale interoceanico attraverso il territorio del Nicaragua, l'affitto per 99 anni di isole del Mare delle Antille, di dominio del Nicaragua, il diritto di organizzare una base navale sul golfo di Fonseca, in territorio nicaraguense; il Nicaragua otteneva in compenso tre milioni di pesos oro che dovevano servire a ridurre il suo ingente debito pubblico.

Il trattato Bryan-Chamorro significava virtualmente che il Nicaragua passava sotto la tutela degli Stati Uniti: e infatti si ebbero proteste vivaci di altri stati dell'America Centrale (Costa Rica e Salvador) e in genere molti allarmi nell'opinione pubblica centro e anche sudamericana, che vide da allora nella politica nordamericana verso il Nicaragua la più chiara manifestazione imperialistica degli Stati Uniti. E non a torto: infatti nel 1924, in occasione delle elezioni, il governo degli Stati Uniti intervenne inviando un suo rappresentante che controllasse gli scrutinî e tracciasse le modalità della votazione, e nel 1925 rifiutò di riconoscere sia il governo del generale E. Chamorro, riportato al potere da una rivoluzione, sia quello del suo avversario politico, J. B. Sacasa. A favore del Sacasa intervenne il Messico: ma gli Stati Uniti inviarono un corpo d'occupazione di 6000 uomini, e una flotta. Conseguenza di tale intervento fu, nel novembre 1926, l'elezione a presidente del Nicaragua di Adolfo Díaz, candidato degli Stati Uniti. Ma una nuova guerra civile, scoppiata tra i sostenitori del Díaz e i partigiani del Sacasa, sempre protetto dal Messico, indusse il presidente C. Coolidge a mandare il colonnello Henry L. Stimson, il quale col patto di Tipitapa, fece riconoscere il presidente Díaz; allo scadere del periodo presidenziale si sarebbe proceduto a elezioni regolari sotto il controllo degli Stati Uniti. Il generale Augusto César Sandino non accettò il patto e mantenne viva l'insurrezione nelle montagne. Nel novembre 1928 fu eletto il generale José María Moncada, che iniziò un nuovo periodo di buon governo. Nel dicembre 1932 gli Stati Uniti ritirarono le loro truppe; il nuovo presidente J. B. Sacasa nel gennaio 1933 ottenne la cessazione dell'insurrezione di Sandino, che pochi giorni dopo però cadde per mano dei suoi nemici personali.

Bibl.: M. D. Gomez, Histoire du Nicaragua, Managua 1889; F. Ortega, Nicaragua en los primeros años de sa emancipation politica, Parigi 1894; D. B. Lucas, Nicaragua: war of the filibusters, Richmond 1896; J. S. Zelaya, La revolución de Nicaragua y los Estados Unidos, Madrid 1910; V. Blais, Nicaragua, Roma 1927; R. Caddeo, Le historie della vita e dei fatti di Cristoforo Colombo, per don Fernando, suo figlio, Milano 1930; C. Novarro Lamarca, Apuntes de historia americana, Buenos Aires s. a.

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