Museo

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Museo

Alessandra Mottola Molfino

I musei alla fine del 20° secolo

Dopo la Seconda guerra mondiale il modello illuminista e occidentale di m. si è esteso ovunque: m. di ogni tipo hanno proliferato in tutti i continenti. Contro ogni previsione, poiché le avanguardie del primo Novecento ne avevano decretato la morte e negli anni Sessanta se ne parlava come di oggetti da abolire, i m. si sono dimostrati, negli ultimi decenni del 20° sec., più vivi e numerosi che mai. Non vi è stato popolo o Paese che non abbia voluto il proprio museo. Perfino gli artisti che negli anni della contestazione odiavano i m. oggi sognano di collocarvi le proprie opere, per eversive ed effimere che siano.

Da strumento di conoscenza per pochi (in particolare studiosi e artisti, collezionisti e mercanti), i m. sono diventati strumento di educazione di massa; ma si sono rivelati anche un nuovo modello di struttura per la comunicazione.

Il boom dei m. è stato preceduto e favorito da alcuni fattori determinanti. La nascita dell'International Council of Museums (ICOM) nel 1946, per volontà dell'UNESCO, e la conseguente diffusione nei decenni successivi di comitati nazionali e gruppi di ricerca tematici hanno in breve tempo coinvolto gli operatori dei m. in tutti i continenti. In Italia, negli anni Cinquanta, la ricostruzione postbellica dei m. distrutti dai bombardamenti ha trovato nei maggiori architetti interpreti straordinari di un nuovo modo di esporre le opere d'arte: da C. Scarpa a F. Albini, dai BBPR, a I. Gardella. Molto influenti sono stati anche gli studi e le elaborazioni teoriche di importanti storici dell'arte, direttori e conservatori dei m. soprattutto europei: da H. Rivière ad A. Malraux, da G. Bazin ad A. Emiliani, da P. Vergo a Ch. Saumarez-Smith, da A. Lugli a M. Warnke, da K. Hudson a L. Basso Peressut. La formazione negli Stati Uniti e in Europa di numerosi gruppi di 'amici dei musei', soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, ha contribuito inoltre a far conoscere a un pubblico più vasto le attività e le collezioni dei musei.

Ha contribuito fortemente al successo dei m. d'arte anche la grande diffusione, a partire dai tardi anni Cinquanta, delle riproduzioni a colori, come per es., in Italia, le serie dei Capolavori nei secoli dei Fratelli Fabbri Editori (dal 1961) e dei Maestri del colore (dal 1963), vendute in edicola e destinate al grande pubblico. Questa profonda trasformazione, proseguita con le riproduzioni digitali e con le banche mondiali di immagini, ha contribuito a modificare la percezione estetica non solo della singola opera d'arte ma anche dei complessi monumentali e delle opere di restauro.

In generale, a partire dai primi anni Settanta del 20° sec., l'operato dei museologi, direttori e conservatori si è mosso in direzione di una nuova apertura dei m. nei confronti della società, facendo in modo che il pubblico se ne potesse 'riappropriare'. Questo lavoro rivolto a tutta la società ha così preparato il nuovo ruolo svolto dal m. che è andato a scardinare il vecchio modello ottocentesco. Tuttavia un m. è ancora il luogo del primato degli oggetti, e su questi il m. (con i suoi curatori ed educatori) lavora. Perché ancora oggi un m. esiste per aprire gli occhi del pubblico, per insegnare a vedere.

In Italia la vera svolta risale agli anni Settanta del Novecento (mentre negli Stati Uniti era già avvenuta subito dopo la Seconda guerra mondiale con le prime importanti mostre), quando il grande pubblico e le scuole hanno cominciato a frequentare i m. e le mostre.

L'evento museale per eccellenza nell'ultimo decennio del 20° sec. è stato l'apertura nel 1997 del Guggenheim Bilbao Museoa a Bilbao, progettato da F.O. Gehry, come negli anni Settanta lo era stato il Centre G. Pompidou a Parigi (R. Piano, R. Rogers 1971-1977). Il successo di questo museo-capolavoro è stato tale che ogni città europea ha cercato di avere un'altrettanto spettacolare architettura culturale.

Tra gli ultimi anni del 20° e all'inizio del 21° sec. nelle grandi capitali sono stati aperti nuovi musei-capolavoro. L'acropoli museale del Getty Center di Brentwood a Los Angeles, bianca e abbagliante architettura di R. Meie, è stata inaugurata nel 1997. Lo Jüdisches Museum di Berlino, progettato dall'architetto D. Libeskind, è stato finito nel 1998. A Madrid si è inaugurata nel 2005 una estensione del Museo Reina Sofia con il progetto di J. Nouvel e un ampliamento del Museo Thyssen Bornemisza è stato curato da M. Vaquero e F. Pla nel 2004. L'apertura del nuovo Prado, ricostruito e ampliato su progetto di R. Moneo, è prevista per il 2007. A Monaco di Baviera la terza pinacoteca, inaugurata nel 2002 dopo dieci anni di lavori, completa il grande quartiere dei m. (uno dei più importanti d'Europa); è stata progettata dal tedesco S. Braunfels, che si è ispirato ai prototipi di m. nati proprio a Monaco nei primi anni del 19° sec. con l'Alte Pinakothek e la Glyptothek di L. von Klenze. A Vienna è stato inagurato il Museum Quartier nel 2001; a New York si è riaperto nel 2004 il MoMA (Museum of Modern Art), completamente rinnovato dall'architetto Y. Taniguchi; a Washington ha visto la luce nel 2004 il National Museum of the American Indian, progettato da un team di architetti tra cui D.J. Cardinal e J. Jones.

Vecchi m. si sono rinnovati e arricchiti di nuove espansioni: come l'aggiunta di Libeskind al Denver Art Museum di G. Ponti, inaugurata nel 2006; o quelle di R. Piano per lo High Museum of Art di Atlanta (1999-2005) e per l'Art Institute di Chicago, in corso di ultimazione; a Minneapolis, l'espansione del Walker Art Center di Herzog & De Meuron, finita nel 2005; a New York la progettata espansione del Withney Museum, ancora di Piano e a Houston quella di R. Moneo per il Museum of Fine Arts, inaugurata nel 2000; a Lens, nel Nord della Francia, la filiale del Louvre progettata nel 2005 dallo studio giapponese SANAA; a Copenaghen la nuova ala del Museo Ordrupgaard di Z. Hadid (2005); a Los Angeles l'espansione del LACMA (Los Angeles County Museum of Art), di Piano (2003); al Louvre la Court Visconti per l'arte islamica di M. Bellini e R. Ricciotti progettata nel 2005.

Nuovi m. su progetto di celebri architetti sono stati inaugurati o sono in costruzione: a Berna il Zentrum Paul Klee di Piano, inaugurato nel 2005; a Lucerna il Rosengart Museum di Diener & Diener (2001), e a Münchenstein (Basilea) lo Schaulager di Herzog & De Meuron (2003); a St. Louis nel Missouri la nuova Pulitzer Foundation for the Arts di T. Ando (2001); a San Francisco il De Young Museum di Herzog & de Meuron (2005) e il Jewish Museum di Libeskind, la cui apertura è prevista nel 2007; a Davenport (Iowa) il Figge Art Museum di D. Chipperfield (2005).

Come è ormai universalmente riconosciuto, il più grande contributo alla creazione di valore in una città è dato dalla cultura e dalle sue istituzioni stabili. I m., nelle strategie urbane della fine del 20° sec., sono individuati come una delle funzioni collettive e simboliche necessarie alla urban regeneration: alla riqualificazione cioè delle aree periferiche. I primi modelli contano i successi di Soho e Chelsea a New York negli anni Novanta. Il senso di vitalità culturale che un nuovo m. produce in un'area anche dequalificata di una città favorisce ulteriori investimenti. Il rischio può essere semmai quello di sottovalutare le ingenti spese di funzionamento; e infatti questa imprevidenza ha già prodotto i fallimenti di alcuni grandi progetti inglesi come le Armerie di Leeds, il National Centre for Popular Music e il Millennium Dome di Londra.

Ci si può chiedere quali siano le architetture museali veramente rappresentative del 20° secolo. A ben guardare per la grande maggioranza si tratta di m. che riprendono in forme nuovissime modelli appartenenti al secolo precedente. Anche questi sono infatti musei-opera-chiusa, dove tutto è pensato fino nei minimi dettagli e dove le opere esposte si integrano con gli edifici.

Quale futuro per i musei?

Il passaggio dal 20° al 21° sec. ha visto l'affermarsi di un'economia basata sulla conoscenza e sulla creatività, l'ascesa di nuovi soggetti sociali e quindi di nuovi pubblici nonché la crescita di città multietniche e multiculturali, le cui comunità chiedono strumenti per ridefinire o definire le proprie identità. Tra questi strumenti sembra sempre primeggiare la forma m. come luogo delle identità dei cittadini e delle loro diverse culture.

I m. palazzo che gli imperi borghesi avevano costruito nel centro delle capitali non sono più proponibili: forse solo la Francia persiste in questo modello. Nel giugno del 2006 è stato infatti inaugurato il grande Musée du quai Branly, fortemente voluto dal presidente J. Chirac. Il nuovo m., progettato da J. Nouvel, è dedicato all'arte extraeuropea e raccoglie le collezioni etnografiche accumulate a Parigi all'epoca degli imperi coloniali. Ma in altri Paesi i m., ormai indipendenti dai governi centrali, tentano altre vie. Si possono indicare almeno tre tendenze dominanti per il prossimo futuro.

Il museo errante. - Un fenomeno delle nuove politiche urbane è il m. errante, in cerca di nuove sedi (soprattutto per l'arte contemporanea), fuori dei centri storici. Esempi di questa tendenza non mancano: dal Temporary Contemporary di Los Angeles, nei primi anni Ottanta, al Museum of Modern Art di New York che ha acquistato la P.S.1 (Public School 1), nel Queens, per la sua sede fuori Manhattan, attiva dal 2000; dalla Tate Gallery di Londra, che ha aperto sempre nel 2000 la nuova Tate Modern nella dismessa fabbrica per l'energia elettrica (Bankside Power Station) nel degradato quartiere di Southwark, fino a Milano che ha progettato i due suoi nuovi m. (la Città delle culture e il Museo del presente) nelle fabbriche abbandonate di Porta Genova e Bovisa. Negli anni successivi si è andati ancora oltre: il Contemporary Museum di Baltimora è riuscito a fare a meno della sede, ma anche della collezione permanente. Definendosi un 'museo nomade a tempo pieno', è arrivato a organizzare mostre in posti come un ex convento, un salone di vendita di vecchie auto, un garage abbandonato, una ex sala da ballo e un hangar per aerei. D'altra parte il Museo del Centre G. Pompidou, seguendo modelli giapponesi, nel 1999 aveva esposto giovani artisti contemporanei in un piano dei grandi magazzini La Samaritaine a Parigi.

Forse la forma m., nata nel Settecento con i m. di Roma e poi di Berlino, proseguita con le opere magistrali di Scarpa e Albini, è finita con i sublimi edifici di H. Hollein e F.O. Gehry; oggi sembra diventata una pura forma mentale, corrispondendo così anche alla creazione di m. virtuali on-line.

Il museo-spettacolo. - La struttura politico-amministrativa della Guggenheim Foundation fa riflettere sul futuro del m. sempre più simile a un'impresa commerciale. I numerosi m. Guggenheim nel mondo (New York, Venezia, Bilbao, Berlino e Las Vegas) ospitano infatti collezioni in continua mutazione, che sembrano essere state concesse in franchising.

Il museo-spettacolo si trova a dover scegliere tra informazione e intrattenimento, realtà e fantasia. E poiché la cultura contemporanea tende a confondere il confine tra l'una e l'altra, con le nuove tecniche espositive i visitatori troveranno sempre più spesso una mescolanza di presentazione e rappresentazione, di ciò che è reale e di ciò che è simulato. Strettamente legati al museo-spettacolo sono i m. high-tech (come i nuovi m. storici tedeschi, canadesi, giapponesi) e i m. a tema (cioè una mescolanza tra parchi dei divertimenti e m.) i quali derivano dai prototipi francesi degli eco-musées, e che nascono dall'esigenza di rendere economicamente produttivi i musei. Gli allestimenti sono un'antologia di novità tecnologiche per illuminazione, presenza di audiovisivi, robot-automi, scenari teatrali animati, performances e installazioni multimediali; il tutto controllato da computer gestiti con software specializzati.

Il museo locale. - Nell'epoca della cultura globalizzata, in cui non è più necessario raccogliere in pochi centri del sapere grandi biblioteche e m. enciclopedici, in quanto questo compito viene svolto dalle reti d'informazione telematica, diventa invece indispensabile riconoscere e approfondire la diversità e la specificità culturale dei singoli Paesi e delle, anche minime, storie culturali: presentare cioè nei luoghi, nei contesti, nei paesaggi dove sono nati, i beni culturali che a essi da sempre appartengono, in piccoli m. che permettono di rivivere ogni speciale e particolare genius loci e che raccontano e preservano la storia dei luoghi.

È una tendenza alla ricontestualizzazione che doveva fatalmente farsi luce dopo due secoli di studi storico-artistici, accompagnati dall'immenso lavoro dell'editoria d'arte per ricomporre i contesti smembrati nel Settecento, nell'Ottocento e nel Novecento. Questa tendenza ha trionfato nelle mostre al punto che oggi ogni comunità, anche la più piccola, chiede il ritorno dei propri tesori. Se il 21° sec. dovesse vedere il ritorno ad Atene delle sculture del Partenone, acquistate dal British Museum nel 1816, questo evento segnerebbe una nuova era nella storia dei musei.

Il m. locale esiste soprattutto in Italia, data la presenza di grandi capolavori d'arte anche nei paesi più piccoli. Come nei casi dei m. toscani minori (ne è un esempio un capolavoro come il Museo Archeologico dell'Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, progettato da G. Canali) e dei numerosi m. lombardi, cresciuti in un quarto di secolo dai 70 del 1972 ai 470 dei primi anni del 21° secolo. Tra questi si pongono il sistema dei m. della 'via dei metalli', che ha visto il recupero delle antiche miniere romane da Bergamo a Brescia, e il sistema dei m. del 'grande fiume', che ha collegato tra loro venti paesi del Po andando a recuperare, riattivandoli, i vecchi manufatti delle tecnologie fluviali, e favorendo così il ripopolamento dei paesi con attività di bonifica, studio, ricerca, convegni.

Tra la Lombardia e il Piemonte si sta sviluppando inoltre una vera e propria rete di m. e archivi delle imprese (l'archivio del Corriere della sera darà vita a un m. dell'informazione a Milano; l'Azienda energetica AEM a un m. dell'energia che dalla Valtellina raggiungerà Milano; un m. della motocicletta si sta intanto componendo con le collezioni della società Edilsport; un m. diffuso del design si coordina a cura della Triennale fra le tante collezioni milanesi e lombarde e così via).

Questo modello italiano di m. è frutto di una concezione di bene culturale che negli anni Sessanta e Settanta del Novecento ha elevato allo stato di beni da salvare e conservare, accanto alle opere d'arte, anche l'intero patrimonio di oggetti appartenenti alla storia e alla cultura materiale. Senza grande clamore, stanno sorgendo in gran numero questi nuovi m. locali, dove le antiche collezioni trovano involucri architettonici che offrono emozioni estetiche di altissima qualità, spesso in luoghi appartati, in cui la bellezza dei paesaggi umanizzati dilata il concetto di m. e di pellegrinaggio estetico. Nel territorio italiano questo m. diffuso realizza il sogno della ricomposizione dei saperi: storici, artistici, architettonici, scientifici, materici, e ribadisce l'importanza delle diversità e delle specificità culturali, tanto da interrogarsi se non possa un domani costituire un modello di sviluppo per la forma m. a livello internazionale.

Il Rinascimento dei musei italiani

Nel corso degli anni Novanta del 20° sec. numerosi sono stati i m. sottoposti a interventi di restauro. In generale, le pubbliche amministrazioni proprietarie dei m. italiani (lo Stato e i Comuni) hanno fatto un grandioso sforzo di adeguamento degli allestimenti e dei servizi al pubblico di moltissimi m. presenti su tutto il territorio nazionale.

Sono riapparsi in tutta la loro secolare bellezza antichi m. come quelli di Palazzo Pitti (il restauro degli appartamenti reali è terminato nel 1994); sono stati riaperti, soprattutto a Roma, dopo lavori decennali m. come la Galleria Borghese (1997) e il Museo nazionale romano, le cui collezioni archeologiche proprio negli anni Novanta hanno trovato una nuova sistemazione nelle diverse sedi delle Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e della Crypta Balbi; oltre a importanti spazi espositivi di nuova realizzazione quali le Scuderie del Quirinale, recuperate da G. Aulenti e aperte al pubblico nel 1999. Ancora a Roma si segnalano, in particolare, il MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del xxi secolo) attualmente ospitato all'interno di una preesistenza la cui espansione, attualmente in via di realizzazione, è stata progettata da Z. Hadid, e il MACRO (Museo d'Arte Contemporanea Roma), anch'esso ospitato all'interno di una sede in via d'espansione progettata da O. Decq.

Le possibilità di autonomia hanno dato spazio a tante iniziative di tutela e valorizzazione di contesti culturali, storici, ambientali, soprattutto nell'Italia centrale. Il turismo europeo colto ha aiutato le regioni e le piccole città italiane a comprendere che ciò che si deve curare e conservare è l'intero contesto nel quale si inseriscono m. e monumenti: l'artigianato, i negozi antichi, i vicoli con le loro curiosità, le piazze, le strade, le fontane che formano il tessuto connettivo dei grandi capolavori racchiusi nelle chiese e nei m. delle città grandi e piccole.

Nel 2002 il censimento promosso dalla Federculture ha segnalato in Italia 4120 m., di cui 1788 (il 43,4%) di proprietà comunale, 651 (il 15,8%) ecclesiastici, 601 (il 14,6%) statali, 536 (il 13%) privati.

La crisi del modello tradizionale

Il valore dei m. richiede oggi di essere definito e accertato, proprio perché i m. non sono mai stati fuori dal loro tempo e dalla società che li ha generati. In presenza di un allontanamento degli Stati e delle amministrazioni pubbliche dai m., la società del consumo propone a essi nuove condizioni, tra cui quella dell'ascesa del mercato come arbitro dei valori e del gusto e quella del successo dell'industria dello spettacolo. Il tradizionale modello di gestione dei m. è in crisi ovunque. Il museo-spettacolo, il museo-mercato, si sta contrapponendo al modello di gestione, finora intoccabile, dei vecchi m. storici: il m. per l'educazione e la conservazione, per la memoria e per la storia, ossia il modello illuminista e ottocentesco creato dagli studiosi, dagli specialisti, dai mecenati e dai collezionisti.

Nell'ultimo decennio del 20° sec. si sono sempre meglio delineate le tendenze dominanti nell'ambito dei m. europei: la spettacolarità di edifici e di allestimenti, che attirano i consensi dei media; la commercializzazione e la privatizzazione delle attività; il tentativo di far assomigliare il m. a un'azienda; ma anche una sempre più diffusa e approfondita opera di informazione, comunicazione ed educazione, che ha raggiunto segmenti di pubblico e gruppi sociali che non si erano ancora mai avvicinati ai musei.

Si è assistito alla lotta di direttori e conservatori illuminati per non ridurre la funzione dei m. a quella di un'azienda di intrattenimento, finalizzata ad attirare pubblico, e per non consegnarli (come fossero un'impresa in crisi) ad amministratori pronti a tagliare il capitale umano. Una lotta che ha visto dure sconfitte degli studiosi specialistici, i conservatori, espulsi nei tardi anni Ottanta da grandi m., come il Victoria and Albert di Londra.

La figura professionale del direttore del m. si è focalizzata su almeno quattro funzioni determinanti: rappresentare il m. e la sua identità all'esterno, in ogni occasione; sostenerne i compiti e le cause ideali; suscitare l'adesione e l'entusiasmo della propria squadra e con essa dell'intera società, locale o internazionale; collaborare con il consiglio di amministrazione anche per la raccolta dei fondi. La competenza, la passione e l'entusiasmo sembrano qualità imprescindibili. I direttori dei m. del futuro dovranno essere studiosi e specialisti nel campo delle discipline del proprio m., dovranno essere dei comunicatori, degli organizzatori, degli educatori, degli esperti nelle relazioni pubbliche e politiche, ma soprattutto dei 'visionari'.

La crisi finanziaria

La lezione che l'inizio del 21° sec. sta dando ai m. è che, quando essi sono troppo integrati nel sistema del consumismo e del mercato, rischiano gli alti e bassi delle crisi finanziarie e sociali.

Negli anni Novanta del 20° sec. negli Stati Uniti i m. producevano un fatturato che superava i 4 miliardi di dollari, dando lavoro a mezzo milione di persone (dati del 1994). Dopo il difficile e per molti tragico anno 2001, più di 60 nuovi progetti di m., per circa 5 miliardi di dollari, sono stati messi in discussione. La diminuzione dei visitatori tra il 15 e il 20% ha sconvolto i bilanci in special modo di quei m., come i Guggenheim, che non hanno un supporto economico dalle pubbliche amministrazioni. Dalla seconda metà degli anni Novanta, questi m. per sopravvivere hanno avviato una rincorsa agli eventi di successo: mostre, nuove installazioni ed edifici spettacolari.

C'è da chiedersi se nell'ultimo decennio del Novecento i m. siano stati avvolti da una 'bolla speculativa'. L'American Association of Museums, che raccoglie i professionisti, direttori e conservatori, dei m. statunitensi, ha valutato che, nel periodo considerato, le spese d'incremento degli investimenti sono cresciute del 483%, i visitatori solo del 22%, i soci del 29%. I grandi m. pubblici, come il Louvre e il British, sono stati costretti a rivedere tutte le spese e a effettuare dei tagli: di solito sul personale. Provvedimenti che possono voler dire anche una perdita dei capitali costitutivi del m.: collezioni e cervelli.

Il passaggio tra i due secoli appare dunque caratterizzato da una particolare 'schizofrenia museale'. Da una parte si costruiscono grandi e costosi nuovi m., dall'altra le pubbliche amministrazioni non hanno più il denaro per mantenerli. Si costruisce per fare immagine, fare spettacolo e così 'vendere' le attrattive di una città; e poi si getta il tutto appena l'effetto mediatico è finito. In Italia si comincia forse a capire che costa meno mantenere i m. tradizionali (con i quali vengono già soddisfatti milioni di utenti) che lanciarsi in nuove gestioni che sembrano commercialmente profittevoli e che in seguito invece risultano inutili se non catastrofiche. Comunque appare necessario che le pubbliche amministrazioni e i m. stessi progettino una crescita sostenibile per le istituzioni culturali.

Il museo-azienda

Il tema del museo-azienda ha suscitato dibattiti, negazioni, tentativi di adeguamento della produzione culturale a quella commerciale. In realtà molte cose sono cambiate, ma la maggioranza dei m. non sono diventati aziende. Anche perché nel frattempo è divenuto evidente che le istituzioni museali hanno bisogno del sostegno delle pubbliche amministrazioni e dei grandi mecenati in quanto i bilanci in uscita sono spesso più alti di quelli in entrata.

Il tracollo del British Museum alla fine del 20° sec., accompagnato dal fallimento del modello manageriale con il quale si era tentato di risollevarlo, ha agito da freno su molti sostenitori del modello angloamericano che tendeva a mettere al vertice delle istituzioni culturali manager professionisti. Nel 2002 è stato quindi chiamato a dirigere il British un intellettuale illuminato, uno storico dell'arte e della letteratura come N. MacGregor.

È comunque diventato evidente che i m. devono cercare altre fonti di sostentamento e aprire alcuni servizi commerciali. J. Joll, presidente della Museum and Galleries Commission del Regno Unito, ha detto nel 1998 che i m. devono aiutare a rinforzare l'identità comune europea; che essi rappresentano uno dei più grandi successi del 20° sec., una parte integrante della società e un agente di influenza nei diversi settori dell'educazione, dello svago, del turismo. Se così è, appare necessario affinare al meglio tutti gli strumenti che la società moderna offre per migliorare la gestione e l'operato dei musei.

D'altra parte, se si afferma che i m. in Europa sono un'istituzione al servizio dei bisogni educativi e culturali della società, ne consegue che devono essere soggetti anche alle regole economiche e funzionali espresse dai diversi attori della società, dunque alle regole del mercato civile, ma non a una società che faccia del mercato il proprio idolo. Anzi il m. non deve dimenticare di essere un luogo di pensiero, memoria, riflessione, ma anche di contraddizione e contestazione nei riguardi di tutto quanto lo circonda. Nell'ultimo decennio del secolo scorso ai m. sono state applicate alcune tecniche mutuate dall'organizzazione aziendale e commerciale: l'autonomia gestionale, la valorizzazione delle eccellenze, il controllo di gestione, gli indicatori di performance, gli standard di qualità, il marketing, la comunicazione, le esternalizzazioni di alcuni servizi marginali e quindi l'intervento di società fornitrici esterne al m., l'economia mista pubblica e privata.

Marketing e comunicazione

I beni culturali, la loro conservazione, i restauri, i m. sono senza dubbio diventati argomenti di sicuro successo e di continue attenzioni da parte dei media. Secondo l'ISTAT, in Italia, dal 1993 al 2000 i visitatori dei m. e delle mostre sono passati dal 22% al 28%, superando così i frequentatori delle discoteche e degli spettacoli sportivi dal vivo, e la domanda potenziale è stimata ancora maggiore. In quanto finanziati per una percentuale che va dal 50 al 90% dalle pubbliche amministrazioni, i m. hanno bisogno di una legittimazione politica del proprio valore e allo stesso tempo devono saper trasmettere il proprio valore ai politici e agli amministratori locali. Dunque, devono saper comunicare.

Nel corso di un lungo dibattito tenutosi tra il 1997 e il 1998 nel parlamento britannico sul costo del biglietto di ingresso nei m., N. MacGregor, direttore della National Gallery di Londra, ha dichiarato che: "Lo scopo di un museo pubblico è di fare in modo che il patrimonio artistico della nazione sia fruito dal maggior numero possibile di persone, e nel modo più profondo e sentito. Il nostro scopo non è quello di avere comunque dei visitatori, ma di convincerli a tornare il più spesso e il più a lungo possibile a contemplare i loro tesori".

È necessario dunque diversificare la promozione dei m. da quella dei prodotti commerciali utilizzando un tipo di pubblicità differente non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello della forma. I m. stessi però sentono infatti il bisogno di ribaltare il modello di comunicazione a senso unico finora svolto e dipendente dalle logiche interne alla disciplina storico-artistica: cioè il trasferimento di conoscenze da una fonte autorevole a un pubblico generico e passivo. Ribaltarlo in modo che i visitatori stessi (attraverso 'gruppi di interesse', in termini tecnici stakeholders) possano partecipare alla costruzione e rappresentazione di nuovi significati dentro e intorno al m. (v. cultura, economia della).

In Internet esiste ormai dall'11 novembre 2001 un dominio intitolato .museum (creato e gestito dall'associazione MuseDoma, Museum Domain Management Association, fondata dall'ICOM e dal J. Paul Getty Trust) al quale possono fare riferimento e iscriversi tutti i m. fino a poco tempo fa raggruppati sotto il generico suffisso .org.

Le mostre-evento

Le mostre costituiscono da sempre una delle attività culturali tipiche dei m., nella quale l'ibridazione tra commercio ed educazione, tra produzione di cultura e produzione di beni vendibili (libri, cataloghi, guide e gadgets) si è espressa con maggiore evidenza. Le mostre, che rappresentano il laboratorio delle tendenze di avanguardia dei m., si sono sviluppate in un grande numero di tipologie e hanno attirato e continuano ad attirare visitatori. In Italia, come in tutto il mondo, sono nate imprese specializzate nell'organizzazione di mostre (v. esposizione).

Merito delle grandi mostre è forse quello di suscitare emozioni profonde, causate soprattutto dal loro apparire come eventi irripetibili. Ma le mostre sono apparse anche come eventi mediatori e insostituibili tra il pubblico di ogni ordine e grado, l'arte e i musei; quelle che hanno più successo e soddisfano maggiormente i visitatori sono comunque quelle che narrano storie e insegnano attraverso le emozioni. Lo si può capire anche dal successo che riscuotono le mostre che nei titoli e nel percorso raccontano le vicende artistiche e umane di grandi personaggi dell'arte, soprattutto del Novecento.

Nei primi anni del 2i° sec. tra mostre e m. si è poi delineata una tendenza alla divaricazione. Le mostre appartengono sempre più al mondo dell'effimero, dello stupore, della commercializzazione. Con i loro allestimenti costosi, l'inserimento sempre maggiore di opere d'arte destinate al mercato, con i servizi che tendono allo sfruttamento delle presenze dei capolavori piuttosto che allo studio, all'informazione e al benessere del pubblico, con le faticose code, prenotazioni, visite guidate. I m., grazie probabilmente alla loro natura permanente e alla difesa delle collezioni, non solo fanno resistenza passiva alle mostre ma in futuro si proporranno sempre più, e in controtendenza, come luoghi di educazione, di restauro, di studio.

Educazione

Negli anni Novanta il m. è apparso con crescente evidenza come uno strumento finalizzato al contatto sociale molto più importante di quanto si potesse pensare quando, negli anni Sessanta e Settanta, si è lottato per la 'riappropriazione sociale dei musei'.

Da tempo i m. statunitensi e canadesi svolgono un ruolo di mediatori dell'educazione e della convivenza sociale quale mai prima d'ora. L'ICOM ha sostenuto i principi della new museology dal 1987, epoca del congresso internazionale di museologia a Helsinki. Già allora si segnalava infatti lo spostamento dell'interesse della museologia dagli oggetti da conservare alle comunità dei fruitori. I m. italiani dovrebbero seguire l'esempio dei m. canadesi e australiani (e prima ancora statunitensi) che investono moltissime risorse umane e finanziarie nelle attività educative per singoli, famiglie, gruppi, scuole, usando nuovi mezzi di apprendimento (anche nuovi e personalizzati programmi multimediali e interattivi). I programmi didattici per famiglie nei periodi festivi (e quindi durante la chiusura della scuola) sono fondamentali. Resta comunque sempre prioritaria l'istruzione scolastica obbligatoria su questi argomenti. Inoltre bisognerebbe coinvolgere nelle attività del m., come anche nella gestione, varie componenti della società civile, tra le quali soprattutto le associazioni di amici dei m. e di volontari.

Emozione

Come i libri anche i m., procurando a ciascuno una speciale esperienza privata, hanno concorso in modo imponente negli ultimi tre secoli alla formazione dell'Io individuale e del senso di identità personale (e collettiva), ma anche alla costruzione del proprio Io quale agente libero e autonomo da condizionamenti.

Nel mondo dei m. il segnale d'allarme che si deve cogliere riguarda la sempre maggiore richiesta di visite guidate che il pubblico generico rivolge ai servizi didattici; dunque una richiesta di fruizione passiva, troppo simile a quella che si prova davanti alla televisione. I m. devono invece, in tutti i modi, incoraggiare una fruizione attiva, personale, individuale. Insieme alla guida (che dovrà essere sempre più coinvolta e competente) il m. dovrà offrire materiale di sostegno che vada oltre quello tradizionale scritto e letto. Occorre quindi proporre una partecipazione del visitatore attraverso l'uso di diversi media comunicativi che provochino e chiedano l'interazione tra il visitatore e le opere. E ciò si potrà ottenere con audioguide digitali che permettano la scelta di opere e percorsi; con programmi multimediali che arricchiscano il dialogo tra le opere e i fruitori, e permettano di collegare le singole opere d'arte con il contesto culturale e civile cui appartengono, ossia di coniugare l'opera d'arte con la committenza, con i libri, con i documenti d'archivio, con gli ambienti di lavoro, tutti connessi informaticamente. Offrendo in tal modo nel m. una sorta di consulenza personalizzata.

Anche i m. e gli oggetti della memoria possono essere utili per uscire dalla passività, ma solo a patto che ciascuno sappia fare della propria curiosità uno strumento intellettuale inesauribile, senza dover subire le nuove psicotecnologie, anzi interagendo da protagonisti, attraverso di esse, con l'ambiente globale.

Confermare i valori durevoli

Il più grande dei rischi per i m. sarebbe però quello di perdere agli occhi del pubblico lo status simbolico di contenitori di valori eterni, non scambiabili, necessari alla sopravvivenza dell'umanità. I m. non possono permettersi l'andamento altalenante di fiducia e sfiducia tipico delle borse mondiali. Non è tanto da temere la perdita degli sponsor o dei visitatori (gli alti e bassi di frequenza si succedono dal 19° sec.), ma la fuga dei mecenati, dei donatori, dei collezionisti e dei cervelli.

Come è stato detto al convegno della Museums & Galleries Commission nel marzo 1998, una delle spiegazioni del continuo aumento del numero dei visitatori dei m. e dei monumenti sta, risiede nella possibilità di trovare nei m. un luogo dello spirito, dell'esperienza e della discussione socializzante, ossia un vero e proprio centro democratico dell'apprendimento, della conoscenza e dell'eccellenza, aperto e accogliente per tutti.

Si ritrova così, in qualche modo, l'importanza della materialità, della fisicità, delle opere d'arte. E una riflessione per i m. italiani. L'Italia è un Paese fondamentalmente conservatore e mediatore, quasi obbligato a un ruolo europeo di patria del passato. E, nello stesso tempo, con un compito più grande: essere il luogo della mediazione tra passato e futuro, un ruolo imposto dalla stessa grandiosità del suo patrimonio storico-artistico. Il compito del Paese nell'Unione Europea potrebbe dunque essere quello di raccontare il passato alle nuove generazioni, di conservarlo, di resistere sull'orlo dell'irrealtà tecnologica con la forza della storia, di aiutare tutti gli europei a conservare, e tramandare, i concetti di tempo, di storia, di realtà fisica, di patrimonio culturale, di bellezza. Con la riaffermazione del primato della fisicità delle opere d'arte e dei beni culturali, bisogna contrastare il crescere del loro consumo, soltanto visivo e virtuale. E i m., quelli italiani in particolare, sembrano uno degli strumenti migliori per affermare, o creare, l'identità comune europea.

I musei del terzo millennio

Ci si potrebbe chiedere se la cultura urbana del 21° sec. non si preannunci esclusivamente come cultura dello stupore e dell'evento architettonico sensazionale. Le previsioni per il futuro non sono tuttavia pessimistiche; il pubblico dei m. ha, come si è detto, continuato ad ampliarsi: visitatori, cittadini, scuole, turisti, soci e amici, mecenati, sponsor. Questo pubblico così vasto assicura un sostegno più stabile di quello su cui si basano le aziende che producono beni di consumo. A Shanghai nell'inverno 2002 un'immensa folla di visitatori proveniente da tutte le province della Cina si è sottoposta a una strenua prova anche fisica per poter vedere (probabilmente per l'unica volta nella propria vita) alcuni rari e delicati tesori d'arte cinese dei m. nazionali.

I m., con il loro carico di arte e di storia, sembrano ancora uno dei pochi punti di riferimento e di ancoraggio per l'identità individuale e collettiva.

bibliografia

F. Haskell, The ephemeral museum, New Haven (CT) 2000.

Museum 2000 - Erlebnispark oder Bildungsstätte?, hrsg. U.M. Schneede, Köln 2000.

L. Solima, Marketing strategico per la gestione dei musei, in Museo contro museo. Le strategie, gli strumenti, i risultati, a cura di P.A. Valentino, G. Mossetto, Firenze 2001.

P. Bonaretti, La città del museo. Il progetto del museo fra tradizione del tipo e idea della città, Firenze 2002.

R. Cappelli, Politiche e poietiche per l'arte, Milano 2002.

C. Morigi Govi, A. Mottola Molfino, Lavorare nei musei, Torino 2004.

A. Mottola Molfino, L'etica dei musei, Torino 2004.

Architecture for art. American art museums 1938-2008, ed. S.J. Tilden, New York 2004.

M. Fisher, Britain's Best Museums and Galleries, London 2005.

S. Greub, T. Greub, Musei nel xx1 secolo: idee, progetti, edifici, München 2006.

Museums - Next generation, il futuro dei musei, a cura di M. Gruccione, Milano 2006.

CATEGORIE
TAG

Organizzazione aziendale

Seconda guerra mondiale

Controllo di gestione

Museum of modern art

Tessuto connettivo