MUSEO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

MUSEO.

Stefania Zuliani
Silvia Lilli

– Musei di arte contemporanea e di architettura. – La nuova concezione del museo. I musei italiani e i nuovi musei ‘migranti’. Bibliografia. Ecomuseo

Musei di arte contemporanea e di architettura di Stefania Zuliani. – La nuova concezione del museo. – All’inizio del 21° sec. il m. si pone in posizione di indiscussa centralità all’interno del sistema contemporaneo dell’arte e dell’architettura, offrendosi con crescente decisione come spazio dialogico e dinamico, attento soprattutto a intercettare le istanze partecipative del pubblico, sempre meno spettatore e sempre più attore del m. e delle sue attività. Se negli anni Novanta del 20° sec. si era registrato il trionfo dei «musei dell’Iperconsumo» (I musei dell’Iperconsumo, a cura di P. Ciorra, S. Suma, Atti del Convegno internazionale, a cura di F. Purini, 2002), spazi espositivi dalle dimensioni addirittura ipertrofiche (Suma, in Il Museo all’opera, 2006), edifici firmati dalle più note archistars in cui l’esperienza estetica era proposta in chiave mondana e spettacolare, oggi il m., e in particolare il m. d’arte contemporanea, ha intrapreso una nuova direzione. Grazie alla sempre più diffusa consapevolezza che «il “capitale” rappresentato dalla collezione e dalla circolazione di opere d’arte è una cosa molto diversa dai buoni del tesoro e dalle banconote» (P. Werner, Museum, Inc. Inside the global art world, 2005; trad. it. Museo S.p.A.. La globalizzazione della cultura, 2009, p. 11), come, tra l’altro, ha dimostrato il fallimento nel 2008 del Guggenheim-Hermitage, progettato in un casinò di Las Vegas da Rem Koolhaas, e in seguito anche alla recente crisi finanziaria, che ha rallentato la realizzazione del faraonico progetto del Saadyat cultural district, la nuova e controversa ‘isola dei musei’ che sta sorgendo ad Abū Dhābi negli Emirati Arabi Uniti, agli inizi del 21° sec. il m. che racconta le arti del presente non sembra più porsi soltanto come luccicante vetrina di opere destinate a una circolazione planetaria. La logica del brand museale, il cui modello esemplare è rappresentato dalla politica espansionistica della Fondazione Guggenheim, diretta dal 1988 al 2008 da Thomas Krens, al quale si deve anche la realizzazione, su progetto di Frank O. Gehry, del celebre e sicuramente fortunato Guggenheim di Bilbao, appare infatti superata a favore di una differente concezione del m. e delle sue funzioni. L’obiettivo è quello di trasformare lo spazio esclusivo e tutto sommato elitario del m. d’arte contemporanea in un dispositivo aperto, attivo, «transitivo» (Purini, in Il Museo all’opera, 2006), committente e ispiratore di ricerche e di linguaggi, un luogo di produzione culturale capace di innescare processi in grado di contraddire o, almeno, di arginare le logiche brutali del consumo e dell’omologazione globale. Il m., sempre meno vincolato alla presenza di collezioni permanenti, si mostra come complesso sistema di mediazione, una vivace «zona di contatto» (Morishita, in The global art world, 2009), che vuole rispondere alle mutate esigenze della società offrendosi con sempre maggior convinzione come spazio di esperienza creativa: alla figura dello spettatore si sostituisce, quindi, quella del ‘partecipante’ – «il pubblico è morto, parliamo invece di partecipanti» ha dichiarato nel 2011 Jim Richarson, animatore delle attività di Museumnext (www. Museumnext.com) – un visitatore attivo che, grazie anche all’utilizzo dei social network, interagisce secondo differenti strategie comunicative con il m., protagonista di sempre più frequenti «invasioni digitali» (www.invasionidigitali.it), ovvero di iniziative e progetti che si avvalgono anche delle opportunità offerte dal web 2.0.

La messa in discussione del m. come intransigente istituzione di conservazione e di affermazione autoritaria di valori stabili, quel ‘museo tempio’ a cui Duncan F. Cameron opponeva il «museum forum» (The museum, a temple or the forum, «Curator», 1971, 14, 1, pp. 11-24), era stata del resto affrontata già partire dagli anni Settanta del Novecento, trovando proprio in un m. (un centro, in realtà) di arte contemporanea, il fortunatissimo Beaubourg di Parigi (1978), un modello credibile e molto fecondo, a riprova di come proprio il m. dedicato all’arte del presente non soltanto non sia una «contraddizione in termini» (così scriveva Gertrude Stein in occasione dell’apertura, nel lontano 1929, del MoMA, Museum of Modern Art, di New York), ma rappresenti uno spazio privilegiato di sperimentazione di innovative strategie di esposizione, comunicazione ed educazione.

I musei italiani e i nuovi musei ‘migranti’. – Questa nuova concezione emerge con chiarezza anche in Italia, dove le occasioni di riflessione sul mutato ruolo del m. negli ultimi dieci anni si sono moltiplicate proprio grazie al rinnovamento della scena museale nazionale, segnata dall’apertura di nuove istituzioni espositive rivolte proprio al contemporaneo.

È il caso, innanzitutto, del MAXXI - Museo nazionale delle Arti del XXI secolo, che si è inaugurato nel maggio del 2010 a Roma, una spettacolare – e inevitabilmente discussa – architettura progettata dall’archistar iraniana Zaha Hadid che accoglie nel cuore del quartiere Flaminio, di cui il m. si pone come catalizzatore di rinnovamento urbanistico, il primo m. nazionale dedicato all’arte e all’architettura contemporanee. Gestito dall’omonima Fondazione costituitasi nel 2009, il MAXXI è dunque un m. con una doppia anima (MAXXI Arte e MAXXI Architettura; dal 2013 il curatore cinese Hou Hanru è stato nominato direttore artistico della Fondazione) che, pur avendo conosciuto nella sua breve vita già alcuni momenti di crisi, rappresenta un punto di riferimento essenziale per la documentazione e l’interpretazione delle ricerche artistiche e architettoniche, oggetto di esposizione, di educazione, di promozione (il MAXXI attribuisce un premio riservato alla giovane arte italiana, di cui sono stati vincitori Rossella Biscotti nel 2010, Giorgio Andreotta Calò nel 2012, Marinella Senatore nel 2014) e anche di indagine critica, secondo una modalità operativa che, oltre alle mostre e ai costantemente rinnovati allestimenti della collezione permanente, comprende pubblicazioni, conferenze, incontri, seminari spesso incentrati appunto sullo scopo del m.: Le funzioni del museo/Functions of the museum è il titolo del convegno promosso nel 2009 dal MAXXI come premessa alla sua stessa apertura, mentre Come sarà il museo del futuro? è il titolo di una serie di conferenze promosse nel 2011 dal MAXXI Architettura e pubblicate nel 2012.

MART

L’attenzione alle nuove strategie di intervento e di interazione con il pubblico è del resto condivisa da molti m. d’arte contemporanea italiana: le pratiche educative caratterizzano fin dall’apertura, avvenuta nel 1984, il Castello di Rivoli (Torino), fra le più precoci realtà museali italiane dedicate all’arte contemporanea, oggi interessata da una difficile fase di transizione; il MADRE (Museo d’Arte contemporanea Donna REgina) di Napoli, aperto nel 2005, negli ultimi anni si è mosso decisamente nella direzione di una sempre maggiore apertura e performatività dell’istituzione (Per_formare il museo è il progetto simbolo di questo m. regionale), mentre il MART (Museo di ARTe moderna e contemporanea) di Rovereto – inaugurato nel 2002 nell’edificio progettato da Mario Botta –, ha trovato la propria specifica identità soprattutto nell’utilizzo, anche a fini di esposizione, oltre che di ricerca, dei suoi ricchissimi archivi e della sua ampia collezione legata all’arte italiana del Novecento.

Macro

Del resto, tutti i m. d’arte contemporanea che negli ultimi anni si sono affermati sulla scena italiana – tra gli altri, il MAMBO (Museo di Arte Moderna di BOlogna), il Museion di Bolzano, il Musma (MUseo della Scultura MAtera), il Macro (Museo d’Arte Contemporanea ROma), che ha ampliato nel 2010 la sua sede grazie a un progetto di Odile Decq – pur nelle recenti difficoltà finanziarie e, quindi, di gestione, sono complessivamente orientati a diventare quello che Griselda Pollock ha definito «uno spazio critico di pubblico dibattito» (Museum after modernism, 2007), un’«arena» che non necessariamente si riconosce nella stabilità monumentale di un edificio. Per es., il direttore della fondazione Guggenheim, Richard Armstrong, nel 2011 ha inaugurato a New York il BMW Guggenheim Lab, una pet-architecture in fibra di carbonio che si offre innanzitutto come una piattaforma di elaborazione relazionale e come un crocevia di mediazione urbana. Una struttura leggera e transitoria, destinata a migrare, cambiando continente (la seconda tappa del suo viaggio è stata Berlino, quella successiva Mumbai), secondo una vocazione nomade di cui il Centre Pompidou era stato anticipatore. Dopo aver aperto nel 2010 una nuova sede a Metz, il m. francese aveva infatti provato a mandare in tournée dei tendoni da circo per contagiare con il virus dell’arte contemporanea la provincia francese. Quello del Centre Pompidou mobile (CPM) è stato un tentativo di breve durata – nel settembre del 2013 il tour del m., giunto alla sesta tappa, si è dovuto fermare a causa della mancanza di risorse finanziarie – che però segna una direzione interessante per i m. d’arte contemporanea, che si vogliono oggi più ‘leggeri’ e persino nomadi, come nel caso, più fortunato, del MUMO (MUsée MObile), il m. mobile d’arte contemporanea per i bambini (www.musee-mobile.fr) che, nato in Francia nel 2011 da un’iniziativa privata, prosegue i suoi viaggi tra l’Europa e l’Africa proponendo opere di alcuni protagonisti dell’arte contemporanea (tra gli altri Ghada Amer, Daniel Buren, Maurizio Cattelan, Pierre Huyghe), per lo più progettate specificamente per questo m. su ruote.

Ormai, che sia stanziale o migrante, quello del m. non può che essere uno spazio di confronto e di crescita per le comunità a cui si rivolge: lo ha sottolineato Hans Belting a proposito dei m. d’arte contemporanea, precisando che lo scopo dei tanti MoCA (Museum of Contemporary Art) che stanno sorgendo ovunque è essenzialmente quello di rappresentare un mondo in espansione nello specchio dell’arte contemporanea. Una vocazione che naturalmente si realizza grazie al contributo dell’architettura contemporanea, che non è protagonista delle trasformazioni del m. contemporaneo soltanto per il suo ruolo nella progettazione dei nuovi edifici (Museums. Next generation. Il futuro dei musei, 2006; Musei nel XXI secolo. Idee progetti edifici, 2006; Come sarà il museo del futuro?, 2012) o nell’elaborazione di soluzioni museografiche inedite, in quanto proprio l’architettura in maniera crescente trova oggi spazio, autonomo se non addirittura esclusivo, nelle stesse raccolte museali. Se già dalla sua fondazione il MoMA aveva previsto la presenza dell’architettura nelle sue collezioni, esempio seguito poi anche dallo stesso Centre Pompidou, il MAXXI, come si è ricordato, attualmente si articola in due dipartimenti autonomi e complementari, conservando ed esponendo arte e architettura all’interno di una stessa struttura, ed è sempre più frequente e diffusa la nascita di m. o di centri espositivi dedicati soltanto all’architettura o al design.

Cité de l’architecture et du patrimoine

Per lo più affiliati all’ICAM (International Confederation of Architectural Museums, www.icam-web.org), i m. e gli archivi dell’architettura attualmente sono a tutti gli effetti «una specie in via di apparizione» (Cohen, in Musei d’arte e di architettura, 2004, p. 43), che, grazie anche all’impiego delle nuove tecnologie, le quali suppliscono all’inevitabile mancanza dell’opera e rianimano disegni, bozzetti, maquettes, non si rivolge soltanto a un pubblico di specialisti, registrando un crescente numero di visitatori: basterà pensare all’interesse suscitato nel 2007 dall’apertura al Palais de Chaillot di Parigi della Cité de l’architecture et du patrimoine (www.citechaillot.fr), che, ereditando la tradizione gloriosa del Musée de monuments français, ha allargato la sua attenzione al presente e al futuro, proponendo, accanto a mostre di carattere storico, attività di formazione e workshop. Analogamente, la Triennale di Milano, accolta fin dal 1933 nel Palazzo dell’arte di Giovanni Muzio, dal 2007 ospita il Triennale Design Museum, che ogni anno rinnova l’allestimento della sua collezione secondo differenti criteri espositivi. Proprio per la natura singolare delle collezioni di architettura, dove la parte di documentazione è sicuramente preponderante, i m. di architettura, «categoria tanto vasta quanto elastica» (Cohen, in Musei d’arte e di architettura, 2004, p. 45) sembrano oggi rispondere a quel rinnovato ‘impulso archivistico’ che caratterizza non solo l’attività museale, ma anche la pratica artistica contemporanea, proponendosi come spazio interdisciplinare e condiviso di conservazione e di creazione del sapere.

Bibliografia: Musei d’arte e di architettura, a cura di F. Varosio, Milano 2004 (in partic. J.L. Cohen, Il museo di architettura: sfide e promesse, pp. 43-76); Il nuovo museo. Origini e percorsi, a cura di C. Ribaldi, Milano 2005; Museums. Next generation. Il futuro dei musei, a cura di P. Ciorra, D. Tchou, catalogo della mostra, Roma, MAXXI, Roma 2006; Il Museo all’opera. Trasformazioni e prospettive del museo d’arte contemporanea, a cura di S. Zuliani, Milano 2006 (in partic. F. Purini, Museo, post-museo, trans-museo, pp. 37-42; S. Suma, Nuovi musei tra iperconsumo e ipertrofia, pp. 103-09); Musei nel XXI secolo. Idee progetti edifici, a cura di S. Greub, T. Greub, catalogo della mostra, Roma 2006; Museums after modernism. Strategies of engagement, ed. G. Pollock, J. Zemans, Malden 2007; S. Zuliani, Effetto museo. Arte critica educazione, Milano 2009; A manual for the 21st century art institution, ed. S. Sharmacharja, London 2009; Le funzioni del museo. Arte, museo, pubblico nella contemporaneità, a cura di S. Chiodi, Firenze 2009; The global art world. Audiences, markets and museums, ed. H. Belting, A. Buddensieg, Ostfildern 2009 (in partic. M. Morishita, Museums as contact zones. Struggles between curators and local artists in Japan, pp. 316-27); I. Pezzini, Semiotica dei nuovi musei, Roma-Bari 2011; Come sarà il museo del futuro? Lezioni di museografia contemporanea, a cura di M. Guccione, Roma 2012; C. Bishop, Radical museology or what’s ‘contemporary’in museums of contemporary art?, London 2013; «Critique», juinjuillet 2014, 805-806, nr. monografico: Le musée, sous réserve d’inventaire.

Ecomuseo di Silvia Lilli. – Istituzione museale che si pone come obiettivo la tutela e la promozione del patrimonio immateriale di un territorio e di una comunità. Elementi fondamentali dell’ecomuseo sono: l’identificazione di un territorio in senso fisico o immateriale (inteso come memoria storica) e la presenza in esso di un soggetto organizzato, espressione di una comunità, che si raccolga intorno a un progetto con obiettivi definiti e condivisi, finalizzato ad accrescere le risorse del territorio attraverso un vero processo di sviluppo locale. Il patrimonio immateriale che l’ecomuseo intende tutelare e promuovere può riguardare beni naturalistici, paesistici e architettonici, o etnoantropologici, quali culture materiali e tradizioni locali. Essenziale è la partecipazione della comunità in tutte le fasi della realizzazione dell’ecomuseo, l’individuazione e la conoscenza del territorio, e la cura e trasmissione del suo patrimonio: è la comunità che, partecipando al progetto ecomuseale, entra in contatto con la propria identità e con le sue radici storiche. Erede del m. etnografico, del m. diffuso e dei m. di archeologia industriale, il modello ecomuseale fu definito da Henri Rivière e Hugues De Varin in Francia all’inizio degli anni Settanta del 20° sec., e da lì si diffuse prima in Europa, soprattutto in Svezia, Norvegia, Portogallo e poi Spagna e Italia, e in seguito in altri parti del mondo, particolarmente nella regio ne francofona del Canada, in Brasile, e poi in Cina, India e Giappone. In Italia il riconoscimento e la regolamentazione dell’ecomuseo è affidata alla normativa regionale; con un certo anticipo primo fu il Piemonte nel 1995, seguito dalla Provincia autonoma di Trento e da Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Umbria, Molise, Toscana, Puglia, Veneto, Calabria e Sicilia. Nel 2012 gli ecomusei italiani registrati erano 173, con una fortissima presenza nelle regioni del Nord-Ovest (53%) e del Nord-Est (17%).

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