Al-Qadhdhāfī, Mu῾ammar

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Militare e uomo politico libico (Sirte 1942 - ivi 2011). Proveniente da una famiglia di beduini, nel 1965 si diplomò presso l'accademia militare di Bengasi. Fu fra i promotori del colpo di stato che il 1º settembre 1969 rovesciò re Idris, assumendo quindi la presidenza del Consiglio del comando della rivoluzione (CCR) e instaurando un regime autoritario. Primo ministro dal 1970 al 1972, nel 1977, dopo l'approvazione di una nuova costituzione e lo scioglimento del CCR, divenne segretario generale del Congresso generale del popolo (capo dello Stato); lasciata quest'ultima carica nel 1979, mantenne la guida del paese con il ruolo di "leader della rivoluzione", promuovendo lo sviluppo economico della Libia e la riduzione della sua dipendenza dall'estero, soprattutto attraverso la nazionalizzazione di importanti settori e dispiegando, a livello internazionale, una intensa attività ispirata a un nazionalismo panarabo fortemente anti-israeliano e antioccidentale. Q. avviò anche una profonda trasformazione ideologica e sociale del paese, accentuando il carattere popolare e rivoluzionario dello Stato libico. Nel corso degli anni Ottanta la rottura dei rapporti con il capo dell'OLP Y. ̔Arafāt, accusato di voler abbandonare la via della lotta armata, lo scontro militare con la Repubblica del Ciad e i sospetti di coinvolgimento in attività di terrorismo internazionale suscitarono le riserve anche degli Stati musulmani meno moderati. In risposta ad alcune azioni terroristiche, nell'aprile 1986 l'aviazione militare statunitense bombardò installazioni militari e la stessa residenza del leader libico. Nel corso degli anni Novanta, di fronte al crescente malcontento e all'emergere di un'opposizione di ispirazione islamica, Q. accentuò i caratteri autoritari del regime, favorendo al tempo stesso un'islamizzazione del paese. Promosse anche una parziale liberalizzazione dell'economia e, per allentare il grave isolamento internazionale della Libia, si adoperò per un miglioramento delle relazioni con gli stati vicini: tra l'altro, nel febbraio 1989 partecipò all'incontro fra i capi di Stato dei paesi maghrebini a conclusione del quale venne istituita l'Unione del Maghreb arabo. Nel giugno 1994 firmò inoltre, insieme al presidente della Repubblica del Ciad, un trattato di amicizia e cooperazione fra i due paesi. Alla fine degli anni Novanta Q. annunciò la sua intenzione di stringere maggiormente i rapporti con i paesi africani, piuttosto che con i vicini Stati arabi, secondo quanto dichiarato nel documento finale approvato dal summit straordinario dell'Organizzazione dell'unità africana (OUA), ospitato da Q. nella Sirte, nel settembre 1999, in occasione del trentesimo anniversario del colpo di Stato che lo aveva portato al potere. Negli anni Novanta, inoltre, Q. cercò con successo un riavvicinamento della Libia agli Stati Uniti e all'Unione Europea e un progressivo allontanamento dall'integralismo islamico, condannando l'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq (1990) e sostenendo le trattative di pace tra Etiopia ed Eritrea, fino a ottenere, nel 2003, la soppressione delle sanzioni economiche internazionali gravanti da tempo sulla Libia. Parimenti sono state ristabilite le piene relazioni con la Russia (visita a Mosca, 2008). Fautore d’altra parte di un vasto progetto panafricano, Q. è stato presidente dell’Unione Africana (2009-10). Nel 2011 la popolazione libica si è rivoltata contro il regime di Q., seguendo l’onda di rivolta degli altri paesi africani vicini, come l’Egitto e la Tunisia. Q. ha adottato nei confronti di questa rivolta una politica di repressione, tale da indurre l’ONU a una risoluzione, nel marzo dello stesso anno, che garantisse la difesa della popolazione civile. Riuscendo a superare le strenue difese dei miliziani lealisti, i ribelli hanno progressivamente guadagnato posizioni fino ad assumere il controllo di aree strategiche alla periferia di Tripoli, avanzando poi fino alla capitale e conquistando Bāb al-Azīziyyah, il bunker-caserma ritenuto la roccaforte di Gheddafi. Il 20 ottobre, a due mesi dalla caduta di Tripoli, le truppe del Consiglio nazionale transitorio (CNT), composto da vari esponenti delle forze dissidenti e autoproclamatosi l’unico legittimo rappresentante della Repubblica libica, hanno conquistato Sirte, città natale di Q., assumendo il controllo delle ultime postazioni ancora in mano ai lealisti. Catturato mentre tentava la fuga, Q. è stato ucciso dai ribelli nel corso di un'operazione militare che non ha mancato di suscitare critiche in ambito internazionale, in ragione delle quali l'ONU ha deciso di aprire un'inchiesta.

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