Modernismo cattolico

Dizionario di Storia (2010)

modernismo cattolico


Moto di rinnovamento interno del cattolicesimo promosso da alcuni esponenti della cultura cattolica, soprattutto sacerdoti, tra la fine del sec. 19° e gli inizi del sec. 20°, condannato dalla Chiesa cattolica con il decreto Lamentabili sane exitu e con l’enciclica Pascendi (1907). Il termine m.c. fu adoperato dapprima solo dagli avversari del movimento (tra il 1904 e il 1905) e sollevò la protesta dei «modernisti» che tenevano a dichiararsi cattolici e «viventi in armonia con lo spirito del loro tempo», affermando (Programma dei modernisti) di voler «adattare» la religione cattolica a «tutte le conquiste dell’epoca moderna nel dominio della cultura e del progresso sociale», ma dichiarando anche il loro proposito di voler rimanere nella Chiesa per attuare una riforma in essa e non contro di essa. Se è vero, come nel caso del biblista A. Loisy, che per alcuni intellettuali alla fine fu impossibile conciliare posizioni speculative e permanenza nella Chiesa, vi erano però anche altre esigenze nel m. c. che, indicando la volontà di superare gli schemi dell’aristotelismo scolastico – e soprattutto in polemica contro il neotomismo –, vanno diversamente ponderate; non si possono infatti sottovalutare, nell’apologetica religiosa di L. Laberthonnière, di G. Tyrrell, di E. Buonaiuti, il richiamo all’esperienza religiosa come testimonianza interiore della verità della fede, la polemica contro l’intellettualismo e l’estrinseco soprannaturalismo, e il corrispondente tentativo di una nuova apologetica che tenesse conto della naturale aspirazione al soprannaturale, come di una storia del dogma che non fosse allineamento di formule, ma ricerca di che cosa il dogma ha significato per la Chiesa. L’Italia ebbe una parte notevole nella polemica modernista: prima con gli Studi religiosi diretti da S. Minocchi con la collaborazione di un gruppo di ecclesiastici (U. Fracassini, G. Bonaccorsi, G. Semeria, E. Buonaiuti) e soprattutto attraverso l’opera della Rivista storico-critica delle scienze teologiche (1905) e poi di Nova et vetera, entrambe dirette da Buonaiuti, e con il Programma dei modernisti, risposta all’enciclica di Pio X (1908), e le Lettere di un prete modernista (1909), opere apparse anonime ma anch’esse dovute a Buonaiuti. Significativo è anche l’intervento di un gruppo laico milanese (A. Casati, T. Gallarati-Scotti, S. Jacini, A. Alfieri) che pubblicò (dal 1907) Il rinnovamento, rivista di programma apertamente modernista; e a un laico, A. Fogazzaro, si deve l’opera che diede più ampia notorietà al movimento modernista, Il Santo, intesa a difendere le aspirazioni dei modernisti ma senza riuscire a cogliere le peculiari caratteristiche del movimento. Ancora in Italia, è notevole il caratterizzarsi del m.c. sul terreno politico sociale, soprattutto nell’opera di R. Murri (il quale più tardi si sarebbe sottomesso alla Chiesa), che diede vita alla Democrazia cristiana.

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