MARIA TERESA d'Asburgo, imperatrice

Enciclopedia Italiana (1934)

MARIA TERESA d'Asburgo, imperatrice

Heinrich Kretschmayr

Secondogenita e prima tra le figlie dell'imperatore Carlo VI e della principessa Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, nacque il 13 maggio 1717 a Vienna; e quivi morì il 29 novembre 1780. Morto appena nato (4 novembre 1716) il primogenito Leopoldo, ella divenne erede del trono paterno in forza della legge di successione stabilita nella prammatica sanzione del 19 aprile 1713, secondo la quale le figlie di Carlo VI dovevano avere, nella successione, la precedenza su quelle del fratello di lui, l'imperatore Giuseppe I. Vi furono numerosi progetti di matrimonio; infine, seguendo solo la propria inclinazione personale, ella sposò il 12 febbraio 1736 il duca Francesco Stefano di Lorena, nipote di quel duca Carlo di Lorena che era stato il vincitore dei Turchi e il liberatore di Vienna (1683). La politica esigeva che Francesco Stefano cedesse alla corona francese il proprio ducato ereditario di Lorena, il quale, del resto, già da lungo tempo era sua proprietà solo di nome: come compenso, egli ottenne la successione nella Toscana allo spegnersi della casa dei Medici. Un arco trionfale sulla piazza Cavour a Firenze ricorda l'ingresso (gennaio 1739) della coppia nel nuovo dominio, nel quale, tuttavia, essa rimase solo per pochi mesi.

Dal matrimonio di Francesco Stefano e di Maria Teresa nacquero sedici figli, dei quali sei morirono in tenera età.

La speranza dell'imperatore Carlo, di aver prima di morire un nipote dalla propria figlia, non si avverò; perciò M. T. succedette al padre, nella corona d'Austria, d'Ungheria e di Boemia, quando egli inaspettatamente morì a 56 anni, il 20 ottobre 1740.

La situazione generale non parve per lei subito minacciosa. Contro la successione di M. T. sollevò obbiezioni in modo serio solo il principe elettore Carlo Alberto di Baviera; meno seriamente, Federico Augusto di Sassonia. Entrambi erano generi dell'imperatore Giuseppe I al quale, secondo l'antica norma di successione al trono, dovevano succedere con precedenza sulle figlie di Carlo VI. La situazione fu però mutata dall'intervento del re Federico II di Prussia, che rinnovò le pretese degli Hohenzollern alla Slesia. Con la guerra che ne seguì (dicembre 1740) e con la vittoria del re a Mollwitz (aprile 1741), la situazione si fece molto sfavorevole per la giovane regina. L'intervento della Prussia fu seguito da quelli della Francia e della Spagna che avevano progetti d'ingrandirsi rispettivamente sul Reno e in Italia a spese di M. T. Frattanto la Russia e, momentaneamente, anche le potenze marittime, amiche si mantenevano estranee alla competizione. Per otto anni (1741-48) M. T. dovette combattere una guerra per la successione austriaca (v. successione, guerre di). Nel 1741 i Franco-Bavaresi invasero la Bassa Austria, ma non puntarono su Vienna, bensì da St. Pölten si diressero a nord, in Boemia, dove Carlo Alberto fu coronato re il 19 dicembre 1741. Il 24 gennaio e il 12 febbraio 1742 egli fu anche eletto e coronato imperatore col nome di Carlo VII. Intanto però M. T. a Presburgo, l'11 settembre 1741, si era accordata con i magnati ungheresi sul giuramento della costituzione del suo regno d'Ungheria. Alla fine del dicembre 1741 venne attaccata la Baviera e gli alleati furono anche gravemente minacciati in Boemia. Allora Federico II ruppe un armistizio concluso con M. T. nell'ottobre 1741, vinse gli Austriaci presso Chotusitz (17 maggio 1742) e l'11 giugno e 28 luglio 1742 con la pace di Breslavia, si annesse la Slesia. Ma dopo ch'egli ebbe cessata la lotta, le armi austriache riportarono molti successi in Baviera; e il 13 settembre 1743 il regno di Sardegna, contro cessione da parte dell'Austria di territorî a ovest del Ticino e a sud del Po, di Piacenza e di Finale, strinse alleanza con l'Austria e l'Inghilterra. L'esercito "prammatico" anglo-austriaco passò il Reno e Carlo di Lorena minacciò d'occupare l'Alsazia divenuta francese. In questa situazione Federico II di Prussia, timoroso per il proprio possesso della Slesia, iniziò nell'estate del 1744 la sua seconda guerra. La sua invasione della Boemia non ebbe, dopo la momentanea occupazione di Praga, nessun effetto; anche le vittorie che egli riportò a Hohenfriedberg, sul confine boemo, in giugno, presso Soor, nella Boemia nord-orientale, in settembre e presso Kesselsdorf, a ovest di Dresda, in dicembre, non poterono che assicurargli di nuovo, nella pace di Dresda (Natale del 1745), il possesso della Slesia. Esse non poterono però impedire che dopo la morte (20 gennaio 1745) dell'imperatore Carlo VII rimasto privo di dominî, il suo successore in Baviera, Massimiliano Giuseppe, concludesse con M. T. la pace di Füssen, rinunziando a ogni pretesa di successione in Austria; e che il 13 settembre 1745 Francesco Stefano di Lorena venisse eletto imperatore, ricevendo il 4 ottobre la corona imperiale. M. T. non si fece coronare perché - disse - aveva le sue proprie corone.

La guerra contro Francia e Spagna condusse le forze austriache, dopo una vittoria presso Piacenza, a entrare l'11 giugno 1746 in Genova; ma la città non poté essere tenuta a causa della sollevazione del popolo, alla quale è connesso il ricordo di Balilla. Ugualmente fallì un tentativo d'invasione della Provenza, mentre in Lombardia e in Piemonte le armi austriache furono abbastanza felici. Ma il tentativo d'estendere i possessi italiani non riuscì e in Belgio i Francesi erano in assoluto vantaggio. Perciò il 18 e il 23 ottobre 1748 seguì la pace di Aquisgrana, con la quale l'Austria cedette Parma, Piacenza e Guastalla a Don Filippo, figlio del re Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese. Ma la prammatica sanzione e con essa il diritto ereditario di M. T. furono pienamente riconosciuti. Le perdite austriache in Italia pesarono ben poco al confronto della perdita della Slesia che significò una definitiva menomazione della potenza della casa d'Austria in Germania e il formarsi, nella Germania stessa, d'un dualismo tra le due potenze: Austria e Prussia. Svanì inoltre la possibilità non ancora del tutto abbandonata di costituire uno stato orientale tedesco che si estendesse dal Baltico all'Adriatico.

Ben conscia della situazione, M. T. intraprese tanto nella politica interna quanto in quella estera un tentativo in grande stile per restaurare la supremazia della casa austriaca in Germania. Ella ebbe l'aiuto di alcuni ministri: per la politica interna, il conte Federico Guglielmo Haugwitz; per la politica estera, il conte Wenzel Kaunitz. Per l'esercito si valse dei generali conte Leopoldo Daun e Ernesto Gedeone von Laudon. Nella sua qualità di "madre di tutte le sue terre" (come si definì da sé nelle memorie redatte con l'aiuto del Haugwitz), ella intraprese, dal 1746, l'opera di accentramento dei poteri governativi, abitualmente chiamata organizzazione dell'autorità (Behördenorganisation).

Tale opera doveva servire non solo ai fini di un'amministrazione centrale; ma per mezzo dell'aumento delle entrate e insieme con la preparazione militare mirava al ricupero della Slesia, e, con ciò, alla riconquista dell'antica posizione nell'impero. Per le loro condizioni, tutti i territorî, esclusa la Lombardia e il Belgio, furono ritenuti capaci d'obbligarsi, per il più lungo tempo possibile, a sostenere un onere annuo complessivo non più, come fino allora, di 9, ma di 14 milioni di fiorini, per mantenere un esercito permanente di 108.000 uomini. Con queste maggiori entrate, andò di pari passo la limitazione di fatto, quando non addirittura l'abolizione, del diritto degli stati di votare mantenimenti di truppe e fu costituita, specialmente per la cooperazione dell'imperatrice con il Haugwitz, l'amministrazione centrale austriaca. Contemporaneamente, gli uffici autonomi, non statali, affidati ai medî e bassi gradi ammistrativi, furono statalizzati in misura sempre maggiore. Nel maggio 1749 furono stabilite le seguenti riforme: le amministrazioni centrali dei due territorî austriaco e boemo, fino allora separate, vennero riunite; l'amministrazione politica e quella finanziaria furono accentrate nell'alta autorità del cosiddetto direttorio, mentre vennero separate l'amministrazione politica e quella della giustizia; nell'amministrazione media, cioè delle provincie (Länderverwaltung) e in quella bassa, cioè dei dipartimenti e municipî (Bezirks-und Gemeindeverwaltung), i poteri autonomi sarebbero stati ridotti a favore dello stato, mediante l'istituzione di amministrazioni provinciali (Gubernien) governative e mediante amministratori governativi dei dipartimenti (Kreisamter). La sostanza di questo nuovo ordinamento, dal quale con savia considerazione di possibili eventualità era stata esclusa l'Ungheria, non fu seriamente modificata da una riforma del potere centrale intrapresa nel 1761; secondo la quale il direttorio fu abolito, le amministrazioni centrali della politica e delle finanze separate e istituito un consiglio di stato che provvedeva a tutto.

Tanto nella politica interna quanto in quella estera, divenne chiaramente palese che gli sforzi di M. T. miravano al ricupero della Slesia. e dell'antica supremazia in Germania. Fin dal 1746 era stato concluso in tal senso un trattato fra l'Austria e la Russia; nel 1748 il Kaunitz partecipò come negoziatore per l'Austria al congresso di Aquisgrana, nel 1750 andò ambasciatore a Parigi, nel 1753 divenne cancelliere e diresse con intelligenza e crescente risolutezza la politica estera verso l'attuazione del pensiero fondamentale, cioè che doveva essere previsto "l'importante ricupero della Slesia" e che il regno di Prussia doveva venire "rovesciato". Ma il Kaunitz non si mostrò più, come aveva fatto fino allora, alleato dell'Inghilterra che si rivelava sempre meno condiscendente; egli strinse invece sempre più rapporti con la Francia, fino allora alleata della Prussia, e a quest'amicizia egli addivenne, contro tutte le tradizioni della politica austriaca. Così avvenne il famoso renversement des alliances, che mutò il fronte della grande politica europea. Il 16 gennaio 1756 la Prussia e l'Inghilterra strinsero un trattato a Westminster; il i° maggio dello stesso anno il Kaunitz tradusse in atto a Versailles "la spinosissima e delicatissima questione" dell'amicizia austro-francese. In quest'alleanza, l'11 gennaio 1757 entrò anche la Russia. Questa lega formata contro la Prussia (lega che, più tardi, dal nome della zarina Elisabetta, Bismarck chiamò "la costellazione elisabettiana") prevedeva per l'Austria il ricupero della Slesia, per la Francia la possibilità di ottenere il Belgio ed era congegnata in modo che gli annui aiuti finanziarî della Francia avrebbero coperto le spese per la formazione dell'esercito russo. L'alleanza di Versailles è il capolavoro di Kaunitz e, non meno della grande coalizione, fu opera sua la guerra dei sette anni che il re di Prussia, minacciato a ovest, a est e a sud, iniziò per propria difesa nell'estate del 1756.

La guerra dei sette anni (1756-1763) non corrispose alle speranze di M. T., dei suoi uomini politici e dei suoi generali (v. anche sette anni, guerra dei). Nel 1757 il feldmaresciallo Daun vinse la battaglia presso Kolin (18 giugno 1757); ma questo successo non poté compensare le vittorie di Federico di Prussia presso Praga, Rossbach e Leuthen. Negli anni 1758-59 le vittorie austriache presso Holchkirch e Kunersdorf non portarono nessuna decisione e negli anni seguenti, se le forze di Federico s'indebolirono visibilmente, anche la volontà della Francia di mantener l'alleanza apparve, dal 1761 in poi, palesemente infiacchita. Inoltre, con la morte della zarina Elisabetta (5 gennaio 1762), la Russia passò apertamente dalla parte della Prussia. Così M. T. che nell'ira della lotta aveva una volta pensato a un duello con il re Federico, dovette infine, con la pace di Hubertusburg (15 febbraio 1763), lasciare a Federico stesso la Slesia e rinunziare alla propria politica di supremazia tedesca. Il dualismo che da allora non doveva essere eliminato e doveva infine condurre alla battaglia di Königgrätz (3 luglio 1866), portò anche, come sembra che M. T. abbia ben compreso, alla impossibilità di eliminare o compensare, nell'ambito stesso dell'unione di stati dell'Austria, il dualismo tra l'Austria medesima e l'Ungheria.

Dopo l'insuccesso in Germania che non poté essere compensato dall'avvenuta elezione (1764) di Giuseppe II a re romano-germanico, e dopo la morte del marito, imperatore Francesco I (18 agosto 1765), che rappresentò per lei il più grande dolore della vita, M. T. negli ultimi suoi anni (1765-1780) lasciò sempre più la direzione politica al figlio, imperatore Giuseppe II, e al ministro Kaunitz, ma non rimase affatto inattiva o senza influsso tanto per la politica estera quanto per l'interna. Si oppose alla pretesa del Kaunitz e di Giuseppe di partecipare alla prima spartizione della Polonia e all'annessione della Galizia (agosto 1772); ma fu sopraffatta. La spartizione della Turchia, come allora era chiamata, nella quale l'Austria otteneva la Bucovina (1775), fu da M. T. riconosciuta e dichiarata pericolosissima per l'Austria; e il tentativo che, dopo la morte del principe elettore Massimiliano Giuseppe di Baviera, fece l'imperatore Giuseppe per annettersi almeno una parte del territorio bavarese, fu da M. T. considerato fin dal principio inattuabile. Non riuscì con questo a impedire che l'occasione determinasse una nuova guerra tra l'Austria e la Prussia (1778-79); ma le permise con grande soddisfazione di negoziare tra le due potenze la pace di Teschen (13 maggio 1779). In considerazione d'una grande politica di famiglia M. T. si era però scelta come suo particolare campo d'attività in politica estera il mondo latino e specialmente l'Italia.

Il duca Leopoldo, più tardi imperatore, divenne successore del padre Francesco, nel granducato di Toscana, e ottenne in moglie Luisa di Spagna; l'altro figlio di M. T., duca Ferdinando, governatore generale della Lombardia, sposò la duchessa erede Maria Beatrice di Modena; la figlia Maria Amalia divenne duchessa di Parma, e l'altra figlia, Maria Carolina, regina di Napoli e più tardi nemica di Napoleone. Con molto compiacimento M. T. parlava delle sue "quattro colonie italiane". Il destino più brillante, ma infine più triste, toccò a Maria Antonietta, sposata nel 1770 al delfino, che nel 1774 divenne Luigi XVI di Francia.

Maggiore significato storico hanno tuttavia i rapporti dell'imperatrice col.figlio Giuseppe che dal 1765 divenne imperatore romano-germanico e fu associato al trono d'Austria. Il vivo senso di M. T. per le esigenze concrete della vita si opponeva al razionalismo astratto di Giuseppe, il quale voleva assoggettare i dati della realtà alle formule d'un programma costruito con la "ragione". Da un esame spregiudicato dell'opera della madre e di quella del figlio, si riconosce che, dei due, la madre era quella che, in virtù del suo istinto, sapeva meglio apprezzare le forze vive. In sostanza, entrambi impersonarono il pensiero dominante della loro epoca, quello di un governo illuminato, ma nello stesso tempo dispotico. Per il più giovane, lo stato era una macchina gravosa e complicata, al servizio della quale egli voleva costringere senza riguardo tutti gli altri come sé stesso; invece alla vecchia imperatrice lo stato appariva come una comunità vivente, con molte individualità e particolarità e alla quale ella doveva dedicare tutto il suo amor materno di donna. Così, specialmente negli ultimi anni, ma in numerose manifestazioni anche prima, ella si dedicò all'attuazione di quello "stato di benessere" che rappresenta un ideale dell'epoca. La sua politica economica manca di coerenza; tuttavia non si può disconoscere che il sistema mercantile chiuso fu volto verso un più libero sviluppo. In molti casi, i dazî interni furono diminuiti e gli statuti operai aboliti. In fatto di questioni finanziarie e di politica commerciale, l'imperatrice si affidava con schiettezza ai suoi consiglieri, particolarmente al marito; ella rivolse particolare interesse alla questione della servitù ereditaria dei contadini rispetto ai proprietarî terrieri. In questo campo, per quanto chiare e recise fossero le opposizioni, M. T. prese l'iniziativa e il celebre editto di affrancamento dei contadini (i novembre 1781) dev'essere considerato opera sua più che di Giuseppe II il quale lo emanò. Alla vita intellettuale, nella sua più alta espressione, ella fu, nel complesso, estranea; ma non è da ritenere estranea ai grandi lavori per la formazione d'un nuovo ordinamento giuridico nel diritto civile e penale (Codex Theresianus), anche se l'abolizione della tortura nella procedura penale (2 gennaio 1776), abolizione a lei più volte attribuita, sia invece stata opera dell'imperatore Giuseppe. Nonostante la sua religiosità, che talvolta si accentuava fino all'intransigenza, ella tenne sempre, contro la Chiesa, risolutamente distinte le prerogative dello stato. La sua opera più personale nel campo della cultura è l'istituzione delle scuole popolari. Ma dietro questo provvedimento vi è un interesse non scientifico, bensì statale. La celebre tesi del 28 settembre 1770, da lei accolta, che "l'istruzione pubblica è e rimane sempre una faccenda politica", non è da intendere nel senso che lo stato deve promuovere una dottrina più libera o una più libera scienza, ma nel senso che deve curare l'educazione di buoni cittadini.

M. T., che aveva sempre energicamente messo in rilievo la sua appartenenza al popolo tedesco e aveva educato in questo senso i proprî figli, si adoperò attivamente per diffondere la cultura tedesca in tutti i suoi territorî, ma specialmente verso oriente. Pago nella propria religione, il suo cuore non sentì bisogno di ricerche in altri campi dello spirito, nell'arte e nella scienza; ma spesso diede prova di straordinaria comprensione di nuovi movimenti spirituali. Fondamentalmente buona, quando si trattava di questioni politiche poteva divenire fredda e dura. In gioventù fu bella e di persona ben fatta, ma invecchiò presto; con gli anni divenne corpulenta, malaticcia, e fu angustiata dalla morte del marito e addolorata per il contrasto tra il suo modo di pensare e quello del figlio. Quando morì M. T. poté sembrare quasi dimenticata in confronto di Giuseppe II, di Federico II e di Caterina II; ma per i posteri è chiaro che ella seppe ben difendere e amministrare la sua eredità cui seppe dare un assetto, portando i suoi dominî a divenire, da un'unione personale di varie corone, un regno di spirito tedesco.

Bibl.: Ampia bibliografia in K. e M. Uhlirz, Handbuch der Geschichte Österreichs, I, Graz 1927 e II, 1930, pp. 304 segg. e 339 segg. Fonti: Zwei Denkschriften der Kaiserin M. T., a cura di A. von Arneth, in Archiv f. österr. Geschichte, XLVII (1871); Briefe der Kaiserin M. T. an ihre Kinder und Freunde, a cura di A. von Arneth, voll. 4, Vienna 1881; M. T. und Joseph II., ihre Korrespondenz, a cura di A. von Arneth, voll. 3, Vienna 1867; M. T. und Marie Antoinette, Briefwechsel 1770-1780, a cura di A. von Arneth, 2ª ed., Parigi-Vienna 1866; Correspondance secrète entre M.-T. et le comte de Mercy-Argenteau avec les lettres de M.-T. et de Marie-Antoinette, a cura di A. von Arneth e A. Geffroy, voll. 3, Parigi 1874; Briefe einer Kaiserin. M. T. an ihre Kinder und Freunde, a cura di O. Krack, Berlino 1910; Briefe der Kaiserin M. T., a cura di W. Freud e H. Kubin, voll. 2, Monaco 1914; si vedano anche le corrispondenze, specie di Giuseppe II, Leopoldo II e Kaunitz. Tagebuch des Fürsten J. J. Khevenhüller-Metsch 1742-1776, a cura di R. Khevenhüller-Metsch e A. Schlitter, voll. 7, Vienna 1907-1925. Su M. T. v.: A. von Arneth, Geschichte M. T.s, voll. 10, Vienna 1863-79; A. de Broglie, Frédéric II et M.-T., voll. 2, Parigi 1882 (trad. tedesca, 1884); A. Wolf e H. von Zwiedineck, Österreich unter M. T., Joseph II. und Leopold II., Vienna 1884; A. de Villermont, M.-T., voll. 2, Parigi 1895; H. von Zwiedineck, M. T., Bielefeld 1905; E. Guglia, M. T., voll. 2, Monaco-Berlino 1917; H. Kretschmayr, M. T., Gotha 1925.

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