LUSSEMBURGO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

LUSSEMBURGO

E. Antetomaso

(franc. Luxembourg; ted. Luxemburg)

Il Granducato di L., compreso tra il Belgio, la Germania e la Francia, costituisce uno dei più piccoli stati d'Europa e prende il nome dalla città omonima, attuale capitale del Granducato, sorta in origine come centro fortificato con il nome di Lucilinburhuc (attestato nel sec. 10°) e successivamente sede della dinastia comitale che vi impose il proprio dominio (Flesch, 1972).L'intera regione del L., più estesa dello Stato attuale, fu conquistata nel 54 a.C. da Cesare e inglobata successivamente nel territorio della Gallia Belgica. Dell'epoca romana rimangono alcune sparse testimonianze: l'impianto di un castrum nell'antica città di Ricciacum (od. Dalheim), resti di un tempio pagano a Christnach e un rilievo con divinità pagane conservato nella chiesa di Berdorf (Ternes, 1970, I). Successivamente il L. venne conquistato dai Franchi e, con il trattato di Verdun (843), fu compreso nel territorio della Lotaringia. All'epoca del dominio franco risalgono numerosi oggetti conservati a Lussemburgo (Mus. Nat. d'Histoire et d'Art) - vetri, ceramiche, fibule d'oro e di altro materiale (Meyers, 1958) - e alcune sepolture rinvenute a Emmering, Waldwies, Dalheim (Ternes, 1970, I).Nel sec. 7° venne fondato l'importante centro monastico di Echternach; affidato alle cure del monaco irlandese Willibrord (658-739), evangelizzatore dei Frisi, Echternach divenne il principale punto di riferimento della cristianità nella regione e proprio da quest'abbazia, per volere dello stesso Willibrord, partirono numerose iniziative per l'evangelizzazione delle popolazioni stanziate al di là del Reno. Quando nel 739 Willibrord morì, venne sepolto nella chiesa che aveva fatto erigere presso l'abbazia (Stand, 1922), riportata alla luce durante gli scavi condotti dopo la distruzione della seconda guerra mondiale.Il monastero di Echternach, fin dalla sua fondazione, divenne il centro dell'attività di un importante scriptorium, che vide il suo apogeo nel sec. 11°, ma che già dal tempo dell'abate Willibrord produsse manoscritti di una certa importanza. Notevole è tra questi un evangeliario, il c.d. Codex Epternacensis, databile alla fine del sec. 7° e oggi conservato a Parigi (BN, lat. 9389; Spang, 1986, fig. 8).I rapporti tra lo scriptorium di Echternach e lo stile insulare sono documentati da alcuni manoscritti prodotti nell'abbazia nel sec. 8°, scritti e decorati da scribi di cui si è tramandato il nome. Il primo di questi è un codice conservato a Parigi (BN, lat. 9382), copiato in massima parte da uno scriba di nome Virgilio in una semionciale insulare abbastanza omogenea. L'ipotesi che questo scriba fosse irlandese è suggerita proprio dal nome, interpretato come latinizzazione di una forma onomastica irlandese (Levison, 1946, pp. 59-60).Probabilmente lo stesso Virgilio lavorò anche al Calendario di s. Willibrord (Parigi, BN, lat. 10837, cc. 34-41) e ai Vangeli di Augusta (Universitätsbibl., I). La possibile provenienza del Calendario di s. Willibrord da un monastero irlandese (presumibilmente quello di Rath Melsigi, da dove lo stesso Willibrord lo avrebbe portato sul continente nel 690) e la somiglianza di questo manoscritto con gli altri citati consentono di guardare all'ambiente insulare come punto di riferimento obbligato per il lavoro dello scriptorium di Echternach, almeno per questa prima fase della sua attività (Netzer, 1994).L'importanza dello scriptorium di Echternach in età carolingia è confermata dagli intensi rapporti tra l'abbazia e gli altri centri monastici in cui era fiorente la produzione di codici miniati, in particolar modo Treviri. A partire dall'895, anno in cui i due monasteri furono uniti sotto la guida del medesimo abate, il potente Radbod, dovette verificarsi una serie di scambi culturali tra i due centri scrittorî e probabilmente gli stessi scribi lavorarono sia a Echternach sia a Treviri. In questo periodo vennero prodotti alcuni manoscritti molto simili tra loro: un codice di Parigi (BN, lat. 10865) proveniente da Treviri, dove fu scritto nel sec. 9°; un codice di Gand (Bibl. van de Rijksuniv., 96), copia del sec. 10° di un manoscritto molto probabilmente portato a termine a Treviri nel sec. 9°; un codice proveniente da Echternach (Parigi, BN, lat. 10864), i cui primi trentasei fogli sono stati redatti da una mano molto vicina a quella che scrisse e decorò, tra l'895 e il 900, il Sacramentario di Parigi (BN, lat. 9433), anch'esso proveniente da Echternach. Proprio a proposito di quest'ultimo manoscritto, è possibile cogliere rapporti tra lo stile delle decorazioni fitomorfe delle iniziali e alcuni avori carolingi, per es. il pannello con la Natività e il Battesimo di Cristo di Londra (British Mus.), quello conservato a Tournai (Trésor de la Cathédrale Notre-Dame), rappresentante l'arcivescovo con due chierici, e il coperchio di una cassetta-reliquiario con una Crocifissione, distrutto durante la seconda guerra mondiale (Sanderson, 1976, figg. 3, 1, 4).Nel sec. 11° Echternach divenne lo scriptorium privilegiato dalla committenza imperiale. Dal monastero infatti uscirono importanti manoscritti quali l'Evangeliario dell'imperatore Enrico III conservato a Brema (Staats- und Universitätsbibl., B.21), il Codex Aureus all'Escorial (Bibl., Vitr. 17), del 1040 ca., un Sacramentario conservato a Darmstadt (Hessische Landes- und Hochschulbibl., 1946), il Graduale a Parigi (BN, lat. 10510) e il pregevole Codex Aureus Epternacensis a Norimberga (Germanisches Nationalmus., 156142; Oettinger, 1960; Verheyen, 1963; Das Goldene Evangelienbuch, 1982; Spang, 1986).Il Sacramentario di Darmstadt, datato intorno al 1022, contiene uno dei primi esempi di iniziali figurate elaborate nello scriptorium di Echternach (c. 150r), che ritornano con forme e decori simili nell'Evangeliario di Norimberga e nel Graduale di Parigi (c. 20r). Ancora a proposito del Graduale occorre sottolineare la vicinanza di alcune miniature con quelle di un manoscritto più antico, datato intorno all'800, il c.d. codice di Egino (Berlino, Staatsbibl., Phill. 1676; Plotzek, 1970, pp. 8-11). In particolare presentano somiglianze le miniature a c. 19r di questo con quelle di c. 20v del Graduale: in entrambi i casi una figura centrale, aureolata, siede su una sorta di trono, mostrando un libro, attorniata da due figure di chierici: l'impostazione generale della scena nelle due miniature è analoga, così come alcuni particolari nelle fisionomie dei personaggi principali. In uno studio sulle officine francesi del periodo ottoniano Nordenfalk (1964, pp. 55-57) avvicinava le miniature di Echternach, in particolare le iniziali figurate, a quelle di un manoscritto prodotto in ambiente cluniacense tra i secc. 11° e 12°, il De virginitate Sanctae Mariae di s. Ildefonso, oggi conservato a Parma (Bibl. Palatina, 1650).Per quanto riguarda l'architettura militare, che ebbe nel L. un grande sviluppo, soprattutto in età medievale, è necessario tenere presenti le condizioni storiche che fecero da cornice e determinarono la costruzione delle numerose roccaforti e centri fortificati già a partire dal sec. 9°: essi costituiscono il tratto saliente dell'architettura medievale della regione.Nel 963 Sigifredo I acquistò dall'abate di St. Maximin di Treviri la roccaforte dell'od. città di Lussemburgo (Dunan, 1941, p. 7) dando inizio alla dinastia dei conti di L., che da quel momento in poi e per tutto il Medioevo si contesero il territorio della regione con altre grandi casate. A proposito della distribuzione sul territorio dei centri fortificati è necessario operare una distinzione tra le due grandi zone geografiche che costituiscono questo territorio: la regione delle Ardenne, situata a N di una linea che da Brouch e Wallendorf, località della regione dell'Eifel (il vasto altopiano a N della Mosella oggi ricompreso in territorio tedesco), passa per Diekirch, Grosbous e arriva fino ad Attert, in Belgio, è caratterizzata da montagne alte e scoscese e solcata da numerosi corsi d'acqua, mentre la regione che si estende a S di questa linea è caratterizzata da un paesaggio non montagnoso, con foreste rade e vallate ampie e ben esposte (Dunan, 1941, pp. 5-6). Questa diversa conformazione del territorio determina il differenziarsi nella posizione delle roccaforti: nella regione delle Ardenne i centri fortificati si trovano su uno sperone roccioso spesso collegato a una montagna solo da una stretta striscia di terra - per es. Bourscheid, Brandenbourg, Falkenstein, Vianden, Esch-sur-Sûre (dove la rocca che ospita il castello sorge completamente isolata dalle alture vicine) -, mentre nella zona meridionale del paese l'impianto si trova al bordo di un altopiano roccioso, a strapiombo sulle larghe valli, come ad Ansembourg, Larochette, Hespérange.La maggior parte dei centri fortificati lussemburghesi deve la propria costruzione all'iniziativa delle grandi abbazie delle regioni circostanti (Stavelot, Prüm, St. Maximin) e al fatto che l'intera zona loro soggetta, oggi solo parzialmente ricompresa nei territori del Granducato, fu sconvolta tra il sec. 9° e il 10° da una serie di incursioni e saccheggi. Un esempio del clima di tensione provocato da questi continui attacchi è fornito dalle vicende dell'abbazia di Prüm, oggi in Germania, ma anticamente al centro di un'area geografica che comprendeva ampie porzioni dell'attuale territorio del Granducato. Dal Chronicon di Reginone di Prüm (MGH. SS, I, 1826, p. 603) si apprende che i Normanni nell'892 saccheggiarono per la seconda volta l'abbazia (una prima incursione risaliva a dieci anni prima) e in quell'occasione attaccarono anche un'altra fortezza della zona, non identificabile precisamente, che era stata costruita come rifugio per la numerosa popolazione già subito dopo la prima incursione. Sulla base di questa notizia, Dunan (1941, p. 7) ha ipotizzato l'esistenza di un consistente numero di centri fortificati, tutti sorti a protezione delle popolazioni. In seguito all'incursione degli Ungari, nel 927, fu fondato il castello di Esch-sur-Sûre e, molto probabilmente per lo stesso motivo, prima del 955 fu eretto dal conte Stefano, della famiglia Ardenne, anche quello di Mirwart-sur-la-Lomme. Nella regione delle Ardenne già tra il 1102 e il 1106 il castello di Bourscheid era definito come munitissimum castrum (Dunan, 1941, p. 8) e nella stessa zona sorse, nel sec. 11°, la fortezza di Vianden, una tra le meglio conservate. Le parti più antiche di questo castello (la cappella e i piani inferiori del piccolo palazzo) risalgono al 12° secolo. La c.d. sala bizantina e il sotterraneo del grande palazzo possono essere datati ai primi anni del sec. 13°, la grande sala e i piani superiori furono costruiti intorno al 1250, la sala dei Cavalieri e il vestibolo del piccolo palazzo risalgono al 15° secolo. Notevoli sono anche le parti scultoree dell'imponente complesso, influenzate, per quanto riguarda la sala bizantina, da motivi decorativi originari dell'Ile-de-France (Dunan, 1941, pp. 11-28). La decorazione scultorea di Vianden costituisce tuttavia un'eccezione nel panorama dei castelli lussemburghesi costruiti nel Medioevo e testimonia della ricchezza e della potenza dei conti che vi abitavano. Rari esempi di motivi decorativi si ritrovano nel sec. 15° a Lianden (sculture del camino nella sala dei banchetti) e a Bourscheid (bassorilievi in una delle torri d'ingresso).Per quel che riguarda le tecniche di difesa, occorre almeno segnalare il caso eccezionale del castello di Logne, oggi in territorio belga, ma storicamente riconducibile al contesto lussemburghese, restaurato e ingrandito nel 1138 per volere dell'abate di Stavelot Wibald. Ancora oggi la torre che egli fece costruire, in posizione strategica, particolare e unica nella regione (proprio nel punto che separa lo sperone di roccia, dove sorge il castello, dall'altura), si chiama bastione Wibald. Nel suo studio sulle roccaforti lussemburghesi Dunan (1941, pp. 221-222) non manca di far notare come la posizione e la forma di questa grossa torre circolare (che protegge l'unico ingresso alla fortezza) ricordino soluzioni analoghe sperimentate nello stesso periodo in Siria dai Crociati, ma conosciute in Francia solo molto più tardi.Nel 1441, in seguito all'estinguersi della dinastia dei conti del L., la regione venne unita alla Borgogna sotto il dominio di Filippo il Buono e l'influenza dell'arte francese, soprattutto nella scultura, divenne dominante nella regione (per es. le tombe conservate nelle chiese di Septfontaines e di Junglinster).

Bibl.:

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Letteratura critica. - J.P. Glasener, Le Grand-Duché de Luxembourg historique et pittoresque, Dickirch 1885; R.M. Stand, Die Abteikirche St. Willibrord in Echternach, Luxemburg 1922; M.E. Dunan, Etude sur les châteaux forts de l'ancien comté de Luxembourg, BMon 100, 1941, pp. 5-45, 219-238; W. Levison, England and the Continent in the Eighth Century, Oxford 1946; J. Meyers, L'art au Musée de Luxembourg, La revue française, 1958, 100, pp. 49-60; K. Oettinger, Der Elfenbeinschnitzer des Echternacher Codex Aureus und die Skulptur unter Heinrich III. (1039.56), JBerlM 2, 1960, pp. 34-54; E. Verheyen, Das Goldene Evangelien buch von Echternach, München 1963; C. Nordenfalk, Miniature ottonienne et ateliers capétiens, Art de France 4, 1964, pp. 44-59; J.M. Plotzek, Anfänge der ottonischen Trier-Echternacher Buchmalerei, WRJ 32, 1970, pp. 7-36; A. Simmer, La nécropole mérovingienne d'Audun-le-Tiche, Annuaire de la Société d'histoire et d'archéologie de la Lorraine 84, 1970, pp. 31-34; C.M. Ternes, Répertoire archéologique du Grand-Duché de Luxembourg, 2 voll., Bruxelles 1970; C. Flesch, Castellum quod dicitur Lucilinburhuc, La revue française, 1972, 252, pp. 47-53; P. Lasko, Ars Sacra 800-1200 (The Pelican History of Art, 36), Harmondsworth 1972, p. 98; M. Meunier, Un site médiéval à Grand Helleux au lieu-dit ''A l'Sathe'', Ardenne et Famenne 12, 1972, pp. 37-45; Musée d'histoire et d'art Luxembourg. La sculpture médiévale figurée, Luxembourg 1973 (19822); W. Sanderson, Some Leaves of a Franco-Saxon Atelier at Trier and Echternach: an Addendum to ''Ivories from Trier'', ArtB 58, 1976, pp. 278-280; Répertoire photographique du mobilier des sanctuaires de Belgique. Province de Luxembourg, a cura di G. Arnaud de Mendieta, A. Gouders, 16 voll., Bruxelles 1976-1980; A. Steinmetzer, Les châteaux et châteaux forts luxembourgeois. Le problème de leur sauvegarde, Bulletin de l'Institut international des châteaux historiques 33, 1977, pp. 18-25; E. Probst, La restauration et la réanimation des châteaux forts du Grand-Duché de Luxembourg, ivi, pp. 26-33; T. Krier, Le Palais grand-ducal Luxembourg, Luxembourg 1978; A. Steinmetzer, Châteaux forts et enceintes urbaines au Luxembourg. Exemples: Vianden et Luxembourg, Bulletin de l'Institut international des châteaux historiques 36, 1979, pp. 110-115; M.G. Calteux, La place du Marché d'Echternach, d'Letzeburger Land 27, 1980, pp. 6-7; M. Schmitt, La cathédrale Notre Dame de Luxembourg, Luxemburg 1980; K. Stejskal, L'empereur Charles IV. L'art en Europe au XIV siècle, Paris 1980; C. de Vauex, Larochette dans ses murs du XIIe siècle: un témoin vivant; le manoir Heuartdt de Roebé, La maison d'hier et d'aujourd'hui 50, 1981, pp. 70-83; Codex Aureus Epternacensis de Nuremberg et autres témoignages de l'activité culturelle de l'abbaye de Echternach, cat., Luxembourg 1982; P. Spang, L'abbaye d'Echternach et son scriptorium, L'Oeil, 1986, 369, pp. 30-37; L. Krier, L'architecture ''française'' en exile, Archives d'architecture moderne 33, 1987, pp. 3-48; J.E. Muller, L'art luxembourgeois et les influences étrangères, Les cahiers luxembourgeois 36, 1989, pp. 1-7; N. Netzer, Cultural Interplay in the Eighth Century. The Trier Gospels and the Making of a Scriptorium at Echternach, Cambridge 1994.E. Antetomaso

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