POGLIAGHI, Lodovico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

POGLIAGHI, Lodovico

Paola Bosio

POGLIAGHI, Lodovico. – Secondogenito di Giuseppe, ingegnere ferroviario, e di Luigia Merli, nacque a Milano l’8 gennaio 1857 a palazzo D’Adda-Borromeo, sull’attuale via Manzoni. Fu battezzato con i nomi Ludovico Ferruccio Carlo Maria il 10 gennaio nella chiesa parrocchiale di S. Francesco di Paola, nella medesima via. Nei documenti ufficiali e nei suoi carteggi fu adottata però la forma «Lodovico». Pogliaghi conseguì la licenza classica presso il liceo Parini e si iscrisse alla Reale Accademia di belle arti di Brera già nel 1872.

I docenti di Brera che più ebbero peso sulla carriera successiva di Pogliaghi furono Camillo Boito e Giuseppe Bertini. In accademia si distinse ottenendo riconoscimenti nelle discipline di ornato, figura, architettura e storia dell’arte. Nel 1879 ricevette anche un premio in denaro per la pittura. Si diplomò nel 1880, partecipando a una sola esposizione nazionale dell’Accademia, nel 1881, con due altorilievi in gesso. Tra gli allievi prediletti di Giuseppe Bertini, nel 1878 Pogliaghi risultava tra i collaboratori di quest’ultimo nella decorazione del salone dorato della casa museo Poldi Pezzoli.

A questa istituzione sarebbe rimasto legato per tutta la vita; durante la direzione di Camillo Boito, direttore del museo dal 1898 al 1914, fu membro della commissione consultiva, attivo sia per le nuove acquisizioni sia per il riordino delle collezioni. Dopo il 1946 fu consultato per la ricostruzione dell’edificio devastato dai bombardamenti dell’agosto 1943.

Bertini lo volle accanto a sé anche nella decorazione di palazzo Turati in via Meravigli a Milano; nel 1885 Pogliaghi seguì l’ornamentazione del palazzo e in particolare quella della sala di Prometeo, per la quale realizzò anche la figura in bronzo del Titano. Al 1886 risale la progettazione dei mobili della sala da pranzo di casa Crespi in via Verri a Milano, ora conservati nelle Civiche Raccolte milanesi. A questa prima fase sono riconducibili anche diverse pale d’altare (nel 1878 una Madonna in trono con santi a Solzago; nel 1880, a San Vito al Tagliamento, una Vergine Maria con s. Anna e s. Gioacchino e il Martirio di s. Urbano, andato distrutto; nel 1885 una Natività della Vergine per la chiesa di S. Donnino a Como) e dipinti a soggetto profano (come la Naiade ora all’Accademia Carrara, del 1879, e la Morte di Giovanni Maria Visconti del 1886, commissionata dal ministero della Pubblica Istruzione). Nel 1881 modellò la muta di candelabri e il Crocifisso dell’altare di S. Abbondio nel Duomo di Como, gettati in bronzo da Antonio Ghezzi. Le pale con il Martirio di s. Urbano e la Madonna in trono con santi vennero riprodotte nel 1886 e 1887 su L’illustrazione italiana; in quegli anni iniziò il rapporto con la casa editrice Treves per cui ideò le tavole di quattro volumi della Storia d’Italia di Francesco Bertolini, editi nel 1886, 1892, 1897 e 1913. Nel 1887 disegnò i cartoni per i mosaici delle tre lunette del famedio del cimitero Monumentale di Milano. Il cartone per la lunetta centrale è ora alla Pinacoteca Ambrosiana, quelli per le lunette laterali sono alla Galleria d’arte moderna di Milano. Sempre sulla facciata del famedio si trova, al di sopra della porta centrale, una statua a tutto tondo in bronzo dorato (la Gloria), di mano di Pogliaghi. La statua in marmo di Candoglia di S. Gioacchino posta sulla sommità del gugliotto Cesa Bianchi del Duomo di Milano è del 1890. Nel 1892 Pogliaghi ideò la porta in bronzo della cappella funeraria di Quintino Sella al santuario di Oropa, progettata da Carlo Maggia. Frequentatore della cerchia di Giovanni Morelli, ne realizzò il busto commemorativo, inaugurato nel 1895 e collocato nel vestibolo della Pinacoteca di Brera. Nel 1896 modellò le cere per sei candelabri e un Crocifisso, da ricoprire mediante galvanoplastica, per l’altare maggiore del Duomo di Milano.

Dal 1891 fino al 1913 fu professore alla scuola di ornato all’Accademia di Brera. A Pogliaghi si deve la porta maggiore in bronzo del Duomo di Milano, per la cui realizzazione si avvalse della collaborazione degli allievi Carlo e Luigi Rigola e della fonderia Barigozzi.

Nel 1888 il concorso per la facciata del Duomo era stato vinto dal progetto in stile neogotico dell’architetto Giuseppe Brentano. Per il portale venne chiesto a Pogliaghi di ideare una porta bronzea, a due valve separate da una colonnina centrale, avente come soggetto Le gioie e i dolori della Vergine. Nel 1895, a seguito di un concorso, il suo progetto fu scelto in quanto ritenuto il più adeguato allo stile della facciata di Brentano. Dell’invenzione originaria di Pogliaghi esiste un bozzetto in gesso nel Museo del duomo. Nel 1902, in seguito alla decisione di non attuare la facciata di Brentano e di conservare il portale pellegriniano, Pogliaghi dovette modificare radicalmente l’impostazione iniziale della sua opera, nonché realizzare i modelli per gli ornamenti delle spalle e dell’architrave in marmo. Nel 1906 ebbe luogo l’inaugurazione dei battenti, cui seguì quella del sopraluce nel 1908. Il modello in gesso utilizzato per la fusione venne conservato e restaurato dall’artista nella sua residenza al Sacro Monte di Varese, dove ancora oggi si trova.

Nel 1898, sposò la sorella dell’amico pittore Corrado Rizzi, Fausta Maria, figlia di Pietro, sindaco di Cremona dal 1891 al 1893. Nel 1903 realizzò il rilievo in bronzo per la cappella funebre di Giuseppe Verdi nella casa di riposo per musicisti a Milano, progettata da Camillo Boito; per questa cappella Pogliaghi fece anche i cartoni dei mosaici con scene allegoriche. E a una nuova versione del ritratto di Verdi stava ancora lavorando poco prima di morire.

Pogliaghi fu strettamente legato alla lunga vicenda della costruzione del Vittoriano a Roma (1880-1911). Agli inizi del Novecento collaborò con Giuseppe Sacconi concretizzando le idee di quest’ultimo per il disegno dell’Altare della Patria; dopo la morte di Sacconi nel 1905 entrò a far parte della commissione per il monumento. Nel 1907, si dimise dall’incarico, insieme ad altri autorevoli membri, per contrasti sui soggetti da rappresentare nella sottobase del monumento equestre. Nel 1908, partecipò al concorso per il rilievo dell’Altare, vinto poi dallo scultore Angelo Zanelli; il bozzetto di Pogliaghi ottenne comunque un premio in denaro. Nel 1910 progettò il gruppo monumentale allegorico della Concordia, in marmo, posto alla sinistra dell’Altare. A questo periodo romano appartengono anche gli studi per la ricostruzione dei fori imperiali, frutto della collaborazione con Corrado Ricci, e quello per la ricomposizione del progetto originario della tomba di Giulio II.

Nel 1901 fu tra i firmatari della dichiarazione dei principi e degli obiettivi della nuova rivista Rassegna d’arte, espressione della cultura artistica milanese dell’epoca. Nel 1902 venne nominato membro del Consiglio superiore delle belle arti. Per la cappella espiatoria di Monza, inaugurata nel 1910, progettata da Sacconi e completata da Guido Cirilli, eseguì il gruppo bronzeo della Pietà alla base della croce, al di sopra della porta del sacello.

Tra il 1909 e il 1911 lavorò alla decorazione interna della cattedrale di Chiavari su commissione del vescovo Fortunato Vinelli. Nel 1910 fu inaugurata la decorazione degli attici e della volta del braccio sinistro del transetto della cattedrale di S. Lorenzo a Genova, progetto già elaborato da Pogliaghi nel 1899 su richiesta dell’arcivescovo Tommaso Reggio, e definitivamente assegnatogli nel 1903. Sempre a Genova, nel 1911, in seguito a una proposta di Alfredo d’Andrade, il Consorzio autonomo del porto affidò a Pogliaghi il progetto del ripristino degli affreschi della facciata a mare di palazzo S. Giorgio, attuato dal pittore Ferdinando Bialetti. D’Andrade lo aveva già chiamato nel 1910 a decorare il salone del castello del Valentino a Torino; già dal 1896 al 1899, Pogliaghi aveva seguito l’ornamentazione di due residenze di Lisbona della famiglia d’Andrade, progettate dall’architetto Sebastiano Locati.

Al secondo decennio del Novecento dovrebbero risalire i cartoni per i mosaici delle tre lunette della facciata di S. Agostino a Milano, edificio progettato dall’architetto Cecilio Arpesani.

Pogliaghi venne insignito di numerose onorificenze: cavaliere e poi commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia, cavaliere e quindi ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.

Nel 1911 fu tra i promotori di una pubblica sottoscrizione per l’acquisto della collezione di cimeli teatrali messa all’asta a Parigi da Giulio Sambon, per il costituendo Museo teatrale alla Scala, ottenendo insieme ad Arrigo Boito una sovvenzione da parte dello Stato. Pogliaghi prestò la sua opera anche per l’allestimento del museo, che venne aperto nel 1913.

Nello stesso anno si ritirò dall’insegnamento accademico. Con l’entrata in guerra dell’Italia, fu chiamato dal comando supremo delle forze armate a documentare luoghi e scene del fronte italiano. Le illustrazioni monocrome sono oggi conservate al Museo centrale del Risorgimento a Roma.

Nel 1914 il cardinale Pietro Maffi lo chiamò a reintegrare il ciborio dell’altare del Sacramento del Duomo di Pisa. Al 1917-18 risalgono gli interventi di Pogliaghi presso la chiesa milanese di S. Babila, per cui realizzò due mute per il nuovo altare maggiore dell’architetto Gaetano Moretti e, in seguito a un incendio, dipinse la nuova ancona per l’altare di S. Giuseppe. Nel 1919, Pogliaghi fornì il disegno delle sculture delle tre lunette della facciata della chiesa di S. Maria Ausiliatrice a Marina di Pisa, progettata da Arpesani. Le opere furono scolpite da Antonio Bozzano. Tra il 1920 e il 1921 collaborò con l’architetto Ambrogio Annoni alla sistemazione del sepolcro di Dante a Ravenna. Nel 1922 eseguì il tripode di bronzo per la tomba di Antonio Canova a Possagno. Nello stesso anno si occupò della decorazione del soffitto del teatro Olimpico di Vicenza. Tra il 1923 e il 1925 eseguì il tabernacolo dell’altare della Madonna del Rosario in S. Vittore a Varese, riprendendo l’immagine del Cristo eucaristico del Morazzone nella sua collezione al Sacro Monte. Per la basilica varesina nel 1929 avrebbe ideato anche la decorazione a stucco della volta maggiore. Pogliaghi fu membro della commissione ministeriale per la ricomposizione del pulpito di Giovanni Pisano (1923-26); a lui sono attribuite significative integrazioni nell’opera di restauro.

Realizzò i bozzetti per le scene, i costumi e gli arredi del Nerone di Arrigo Boito, rappresentato nel maggio 1924 al teatro alla Scala con la direzione di Arturo Toscanini. Pogliaghi aveva già collaborato alla messa in scena di opere al teatro alla Scala nel 1902, 1910 e 1911. Quattro studi per il Nerone e i bozzetti dei costumi furono esposti e premiati all’Esposizione universale di Parigi del 1925.

Su commissione di padre Agostino Gemelli, nel 1925 realizzò il dipinto del S. Cuore di Gesù per l’Università cattolica di Milano. I sei angeli portacero in bronzo e il gruppo con putti e ostensorio centrale per l’altare maggiore del Duomo di Pisa, inaugurati nel 1928, furono commissionati dal cardinale Maffi e modellati dall’artista a partire dal 1926. Nel 1927 progettò la tomba di Arrigo e Camillo Boito al famedio. Nel 1928 ricevette la cittadinanza onoraria di Pisa. Tra il 1928 e il 1930 realizzò la nuova tomba di Ludovico Antonio Muratori in S. Maria della Pomposa a Modena. Nel 1930 Pio XI gli commissionò le porte bronzee di S. Maria Maggiore a Roma, aventi per soggetto i Fasti della Vergine. Questa attività avrebbe impegnato Pogliaghi fino al 1949, anno di inaugurazione.

I rapporti con la basilica del Santo a Padova per la risistemazione della cappella del Ss. Sacramento risalivano al 1906. Nel 1926 gli era stata affidata la direzione dei lavori, dopo una lunga e travagliata fase iniziale di progettazione; il 1936 fu l’anno di inaugurazione della cappella, ma Pogliaghi continuò a lavorarvi con vari aggiustamenti fino al 1942. All’artista sono riconducibili anche altri interventi all’interno della basilica, eseguiti nello stesso arco temporale.

Pogliaghi ebbe abitazione e studio a palazzo Crivelli in via Pontaccio a Milano, ma dalla metà degli anni Ottanta divennero sempre più frequenti i soggiorni al Sacro Monte di Varese, dove nel 1885 acquistò una casa che costituì il nucleo originario della residenza poi progressivamente ampliata. Nel 1910, Camillo Boito sottolineò la passione collezionistica di Pogliaghi, condivisa con il maestro Bertini; il ritiro del Sacro Monte divenne così oltre che studio anche luogo di raccolta della sempre più vasta collezione di oggetti d’arte, insieme ai bozzetti e ai modelli delle sue opere. Nel 1937 perfezionò la donazione della casa e delle raccolte alla S. Sede, mantenendone l’usufrutto fino alla morte. L’anno successivo la donazione venne trasferita alla Biblioteca Ambrosiana. Nel testamento del 1950 dispose la creazione di una fondazione a suo nome allo scopo di garantire integrità alle raccolte.

Al Sacro Monte Pogliaghi prestò anche la sua opera di artista e conoscitore. Curò l’allestimento del Museo Baroffio, aperto nel 1900, per il quale scrisse una guida. Dal 1894 fino alla morte si occupò del restauro della chiesa; riordinò inoltre il cimitero, realizzandovi anche alcune cappelle funebri.

Morì nella sua abitazione al Sacro Monte di Varese il 30 giugno 1950. Venne sepolto nel cimitero locale accanto alla moglie, morta nel 1936.

Nella sua lunga carriera Pogliaghi realizzò molti oggetti di arti applicate (medaglie, oreficerie, bronzetti), come testimoniato dalle numerose opere conservate nella casa museo e alla Galleria d’arte moderna di Milano. Forse la definizione che meglio racchiude l’esperienza artistica di Pogliaghi è quella data da Giorgio Nicodemi: «egli era convinto di essere innanzi tutto un ornatista: dalle sue abilità e dal suo sentimento dell’ornato […] discendevano le sue facoltà di pittore, di scultore, di disegnatore, d’architetto» (Lodovico Pogliaghi, 1959, p. 144).

Fin dall’inizio della sua carriera l’artista appare inserito in una rete di rapporti professionali e di amicizie influenti, sapientemente coltivate in ambito sia laico sia ecclesiastico, tali da consentirgli di occupare un ruolo importante nella creazione del lessico figurativo ufficiale dell’Italia postrisorgimentale.

In Pogliaghi scultore si riconoscono due fasi: una più legata alla tradizione dell’Accademia, tra purismo ed ecclettismo in un recupero di elementi del passato con una sensibilità comunque aperta agli influssi liberty e al Rodin della Porta dell’Inferno (Bossaglia, 1973, p. 140); una successiva, di impostazione più classicista, dalle forme monumentali ma semplificate, come nel gruppo della Pietà monzese, forse derivata dalle esperienze romane di primo Novecento. Il giudizio di Nebbia è una lucida e talvolta feroce critica del rifiuto sistematico di Pogliaghi a confrontarsi con le avanguardie e con quanto stava maturando in campo artistico nel primo Novecento (Lodovico Pogliaghi, 1959, pp. 34, 40-41); lo studioso indicò comunque una linea guida per gli studi successivi, ancora oggi valida, fondata sull’attento studio dell’estesissima produzione grafica di Pogliaghi vista come fonte primigenia e inesauribile della creatività e progettualità dell’artista.

Fonti e Bibl.: Esposizione nazionale in Milano nel 1881. Belle Arti. Catalogo ufficiale, Milano 1881, p. 59; L. Pogliaghi, Catalogo degli oggetti preziosi d’arte e di antichità raccolti nel Museo appartenente al santuario di s. Maria del monte sopra Varese, Varese 1907; Indice di 35 anni dell’Illustrazione Italiana. Volumi I a LXX (1883-1908), a cura di F. Salveraglio, Milano 1910, pp. 47, 66; P. Acciaresi, Giuseppe Sacconi e l’opera sua massima. Cronaca dei lavori del monumento nazionale a Vittorio Emanuele II, Roma 1911, pp. 181-203; M. Sarfatti, L’Italie à l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes (catal.), Paris 1925, pp. 40 s.; P. Arrigoni, P. L., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, p. 189; La vita, le opere, la casa, le raccolte di L. P., a cura della Fondazione Lodovico Pogliaghi, Varese 1955; L. P., note critiche e biografiche di U. Nebbia e saggi vari, Milano 1959; R. Bossaglia, Scultura, in Il Duomo di Milano, II, a cura di R. Bossaglia - M. Rosci, Milano 1973, pp. 65-176 (in partic. p. 140); G. Tintori, Storia del Museo, in Museo teatrale della Scala, I, Milano 1976, pp. 7-19; R. Bossaglia, Ludovico P., in Scultura romantica e floreale nel Duomo di Milano (catal.), a cura di R. Bossaglia - M. Di Giovanni, Milano 1977, pp. 64 s.; Bozzetto per la porta maggiore del Duomo, ibid., p. 65; A. Mottola Molfino, Storia del Museo, in Museo Poldi Pezzoli. Dipinti, Milano 1982, pp. 13-61; L. P.: l’accademia e l’invenzione (catal.), a cura di F. Gualdoni - R. Prina, Varese 1997; L. P. al Santo, a cura di F. Castellani, Padova 1998; M. Navoni, L. P. e l’Ambrosiana, in Storia dell’Ambrosiana. 4. Il Novecento, Milano 2002, pp. 247-267; G. Invernici - A. Ferrari, La villa Pogliaghi di Varese: da residenza a museo, in Case museo ed allestimenti d’epoca. Interventi di recupero museografico a confronto. Atti del Convegno di studi..., Saluzzo... 1996, Torino 2003, pp. 129-138; C. Salsi, L. P. ornatista e disegnatore di mobili e l’arredo per casa Crespi, in Il mobile italiano nelle collezioni del Castello Sforzesco a Milano, a cura di C. Salsi, Milano 2006, pp. 157-181; L. P. e la facciata a mare di Palazzo San Giorgio, a cura di C. Olcese Spingardi - G. Zanelli, Genova 2007 (in partic. pp. 29-48); C. Casero, scheda n. 1297, in Pinacoteca ambrosiana, 4. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento. Le miniature, Milano 2008, p. 233; L. P. per Milano. La genesi delle sue opere, a cura di C. Palumbo, Milano 2011; A. Rovetta, Collezionismo e critica d’arte in villa attorno a Varese tra Otto e Novecento: Guido Cagnola e L. P., in Storia dell’arte a Varese e nel suo territorio, a cura di M.L. Gatti Perer, II, 2, Varese 2011, pp. 446-471.

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