LIBERIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Liberia

Paolo Migliorini
Emma Ansovini
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(XXI, p. 42; App. I, p. 790; II, ii, p. 195; III, i, p. 989; IV, ii, p. 332; V, iii, p. 196)

geografia umana ed economica

di Paolo Migliorini

Popolazione

Nel 1998, secondo una stima, la popolazione della L. ammontava a 2.666.000 ab., con un aumento di oltre 500.000 ab. rispetto all'ultimo censimento (1984). Va però osservato che, negli anni più recenti, il tasso di accrescimento demografico ha subito una battuta d'arresto, per effetto della guerra civile che ha funestato il paese dalla fine del 1989. Nel 1996 è stato stimato che 750.000 Liberiani si sono rifugiati in Stati confinanti, e che altri 700.000 sono stati costretti ad abbandonare i luoghi di residenza, pur rimanendo nel paese. Secondo stime internazionali nel periodo 1990-97 il tasso di accrescimento annuo è stato del 24‰, a fronte di valori riferiti al periodo antecedente che si aggiravano sul 35‰.

Condizioni economiche

In concomitanza con la fase iniziale del conflitto anche l'economia liberiana ha subito un vero e proprio tracollo, quantificabile in un declino medio annuo del PIL del 12,3% nel corso del triennio 1990-92. Le prospettive di ricostruzione dell'economia sono condizionate dal mantenimento dell'ordine civile nel paese.

Le aree rurali sono state quelle più sconvolte dai combattimenti, e le produzioni agricole - in particolare quelle destinate alla sussistenza - hanno subito vistose contrazioni: la produzione di riso (95.000 t nel 1997), pur in netta ripresa rispetto al 1995, in cui furono prodotte 56.200 t, equivale ad appena il 54% della produzione del 1988. Anche la produzione di cassava (213.300 t nel 1996) appare ancora dimezzata rispetto al 1988. Complessivamente la produzione agricola, secondo la FAO, ha subito un declino medio annuo del 9,6% nel periodo 1989-95, e solo in quest'ultimo anno ha dato segni di ripresa. Malgrado ciò, gli aiuti internazionali appaiono destinati a rivestire un ruolo essenziale fino al superamento dell'emergenza.

Le tradizionali esportazioni delle colture commerciali (gomma, caffè, cacao, palma del cocco) e del legname sono continuate, sia pure in misura ridotta, durante la guerra civile, mentre la produzione e l'esportazione di minerali hanno subito una drastica riduzione: in seguito all'occupazione delle regioni minerarie da parte delle forze ribelli, infatti, l'estrazione dei minerali di ferro è stata sospesa, e le esportazioni, già molto ridimensionate per effetto della caduta della domanda mondiale, si sono ridotte a valori insignificanti (1,1 milioni di t nel 1992), mentre nel 1989 rappresentavano il 51% del valore complessivo delle esportazioni. Le industrie manifatturiere hanno scarsa rilevanza e si limitano alla lavorazione dei prodotti locali, mentre appare alta l'incidenza del settore dei servizi in termini di occupazione (29,2% della forza di lavoro nel 1994) e di concorso alla formazione del PIL (41% nel 1989).

Storia

di Emma Ansovini

Il colpo di stato di S.K. Doe nel 1980 mise fine all'egemonia degli Afroamericani, al potere dalla fondazione della repubblica nel 1847, e aprì un aspro confronto politico sfociato, a partire dal 1989, in una sanguinosa e lunga guerra civile, in cui emersero anche rivalità etniche prima sopite.

Lo scontro, che coinvolse numerosi gruppi politici, fu complicato e, per certi versi, alimentato dall' intervento diretto e indiretto delle potenze occidentali e degli stati africani dell'area, che finanziarono le diverse organizzazioni, favorendo a volte ulteriori divisioni, offrendo basi logistiche e intervenendo come vere e proprie parti in lotta in appoggio alle diverse fazioni. Soprattutto la Nigeria, che aveva il controllo del gruppo di monitoraggio dell'ECOWAS (Economic Community of West African States), sostenuta dai suoi alleati anglofoni e dagli Stati Uniti, da un lato, e la Costa d'Avorio e il Burkina Faso, appoggiati dalla Francia, dall'altro, influenzarono pesantemente l'andamento degli avvenimenti, rallentando e rendendo ancora più difficile la ricerca di possibili soluzioni.

Diversi tentativi di composizione tra le parti si susseguirono senza successo nella prima metà degli anni Novanta, sotto gli auspici delle Nazioni Unite e dell'OUA (Organisation de l'Unité Africaine): nel luglio del 1993 fu firmato un accordo a Cotonou in Benin, che però non ebbe alcuna conseguenza positiva per la sostanziale impossibilità di procedere al disarmo delle fazioni e per l'emergere di nuovi gruppi armati contrari all'accordo. A complicare ulteriormente il quadro giunsero nuove scissioni sia nel NPF (National Patriotic Front), guidato da Ch. Taylor, sia nell'ULIMO (United Liberation Movement of Liberia for Democracy, nato nel 1991 a opera di seguaci dell'ex presidente Doe), divisosi tra una componente a prevalenza mandingo (ULIMO-K, dall'iniziale del nome del suo leader A. Kromah) e una a prevalenza krahn (ULIMO-J, guidato da R. Johnson). Un nuovo esito negativo registrarono gli accordi per il cessate il fuoco firmati ad Accra, in Ghana, nel dicembre 1994, e quelli di Abuja, in Nigeria, nell'agosto 1995, che prevedevano la formazione di un Consiglio di stato con la partecipazione dei leader dei principali gruppi armati. Le difficoltà a governare la situazione emersero drammaticamente all'inizio del 1996, quando si assistette a un'intensificazione della violenza e a una crescita generale del livello dello scontro; nella primavera gli Stati Uniti furono costretti a inviare le proprie truppe per evacuare i cittadini americani e altre centinaia di cittadini stranieri rifugiatisi nell'ambasciata statunitense di Monrovia.

Soltanto nell'agosto 1996 la firma di un nuovo accordo ad Abuja rese possibile il disarmo di gran parte delle fazioni in lotta. I principali gruppi armati si sciolsero per dare vita a nuovi partiti politici, e nel luglio 1997 si svolsero, sotto il controllo di diverse organizzazioni internazionali, nello stesso tempo le elezioni presidenziali e quelle legislative, vinte con ampio margine rispettivamente da Taylor e dal suo partito, il NPP (National Patriotic Party). Accordi ed elezioni, però, non condussero a una definitiva normalizzazione della vita civile e politica, e nel settembre 1998 nuovi scontri armati interessarono la capitale.

bibliografia

H.G. Andrews, Cry, Liberia, cry, New York 1993.

A. Adebajo, Rich man's war, poor man's war, in The world today, 1996, pp. 222-25.

E.E. Osaghae, Ethnicy, class and the struggle for state power in Liberia, Dakar 1996.

T. Lyons, Liberia's path from anarchy to elections, in Current history, 1998, pp. 229-33.

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