LIBANO

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Libano

Anna Bordoni
Martina Teodoli
ENCICLOPEDIA ITALIANA VI APPENDICE TAB libano 01.jpg

(XXI, p. 30; App. II, ii, p. 192; III, i, p. 988; IV, ii, p. 330; V, iii, p. 192)

geografia umana ed economica

di Anna Bordoni

Popolazione

Il lungo periodo di sconvolgimento politico-militare che ha interessato il paese tra il 1975 e il 1990 ha profondamente alterato la struttura demografica del L. e il funzionamento degli stessi istituti locali di rilevazione statistica, così che i dati relativi alla popolazione risultano esclusivamente da valutazioni delle Nazioni Unite. Nel 1998 sono stati stimati circa 3.191.000 ab., con una densità media di 307 ab./km²; nel 1994 i rifugiati palestinesi sono stati valutati nell'ordine delle 500.000 unità. Pure stimati sono i tassi di natalità (26,9‰ nel periodo 1990-95) e di mortalità (7,1‰), nonché il tasso di accrescimento (21‰): l'ultimo censimento si svolse nel 1970. Occorre ricordare, del resto, che quasi un decimo del territorio del paese, a ridosso del confine con Israele, sfugge tuttora al controllo delle autorità libanesi, costituendo una 'fascia di sicurezza' per il vicino stato, sotto la gestione di una milizia cristiana.

Analogamente, risulta poco definito l'assetto della popolazione sotto l'aspetto religioso, ma si ritiene che la tradizionale prevalenza numerica dei cristiani sui musulmani sia venuta meno: al lontano censimento del 1932 il rapporto numerico tra cristiani e musulmani era di 6 a 5, ma già nei primi anni Ottanta i Libanesi risultavano per il 57% di religione islamica, sunnita e sciita (il gruppo più consistente, quest'ultimo, pari a circa un terzo del totale), con un'importante minoranza drusa, e per il 43% di religione cristiana, con rappresentanze dei riti cattolico-maronita, armeno-cattolico, delle Chiese armeno-ortodossa, greco-ortodossa e gruppi minori.

Condizioni economiche. - La disintegrazione politica del paese durante gli anni della guerra civile ha provocato il completo crollo del sistema economico. Le attività che hanno subito i maggiori disagi sono state quelle legate al commercio e alla finanza, che per decenni avevano assicurato il benessere e la crescita economica del Libano. Soltanto all'inizio degli anni Novanta il paese, anche se condizionato dall'affermazione dell'egemonia siriana, ha avviato il suo rilancio economico. Per favorire la ricostruzione è stato varato un nuovo piano governativo per il periodo 1995-2007, che punta soprattutto sugli investimenti e sui prestiti stranieri nonché sul coinvolgimento del settore privato nella ricostruzione delle infrastrutture e sull'impostazione di programmi sociali.

Nel quadro del rilancio economico, un cenno particolare merita l'opera di ricostruzione, pur avvenuta per lo più senza programmazione, della capitale, Beirut, uscita dalla guerra civile quasi completamente distrutta e abbandonata da gran parte della popolazione. La ripresa, sorprendentemente rapida, ha reso possibile il progressivo rientro degli abitanti. La riattivazione del porto e dell'aeroporto internazionale ha consentito, inoltre, di riavviare le attività economiche (orientate soprattutto verso il settore terziario), attirando su Beirut cospicui investimenti da parte sia delle comunità libanesi all'estero, sia di imprenditori europei nei settori dell'edilizia privata e delle infrastrutture. Anche il turismo internazionale, un tempo molto rappresentativo dell'economia cittadina, ha mostrato cenni di ripresa.

Anche l'agricoltura e l'allevamento sono usciti duramente provati dalla guerra, che ha determinato uno spopolamento delle campagne, e, nonostante i tentativi di rilancio attuati con i finanziamenti della FAO, stentano a uscire dalla lunga crisi. I principali prodotti sono cereali, agrumi, uva e altra frutta, ortaggi, patate, vite e, sebbene illegale, hascish.

Le attività manifatturiere appaiono assai ridimensionate: le grandi imprese hanno lasciato il posto a unità di produzione di dimensioni più ridotte; i principali settori di attività sono costituiti dall'agroalimentare, dalla lavorazione del cemento e del tabacco, dalla raffinazione del petrolio e dall'industria tessile.

Il settore terziario, quello più pesantemente colpito dal conflitto, nel 1987 contribuiva per il 66% alla formazione del PIL e, secondo stime della Banca Mondiale, per il 61% nel 1997. Ci sono dunque sintomi di ripresa, anche se la tradizionale funzione del L. quale centro commerciale e finanziario del Vicino Oriente è progressivamente venuta meno per la concorrenza di altri mercati.

I principali prodotti esportati, di una bilancia commerciale ancora in forte passivo, sono carta, prodotti tessili, gioielli, apparati meccanici ed elettrici, frutta e ortofrutticoli. Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Kuwait, Siria e Francia risultano i maggiori partner commerciali per quanto concerne le esportazioni, e Italia, Stati Uniti, Germania e Francia per le importazioni.

bibliografia

A. Gemayel, Rebuilding Lebanon, New York 1992.

É. Picard, Lebanon, the shattered country, New York 1996.

J. Hancock, Lebanon and the West: UK, EU and US, in Mediterranean politics, 1998, 1, pp. 163-69.

Storia

di Martina Teodoli

Al termine della sanguinosa guerra civile che devastò il paese fra il 1975 e il 1990, l'assetto politico libanese raggiunse nei primi anni Novanta una graduale stabilizzazione, basata sull'intesa di Ṭā᾽if raggiunta nel 1989 dalle varie fazioni libanesi sull'accettazione dell'egemonia siriana. Il ruolo dominante di Damasco fu sancito da numerosi accordi bilaterali, a partire dal Trattato di amicizia, cooperazione e coordinamento del maggio 1991, con il quale i due paesi crearono organismi comuni ai massimi livelli, con competenze in campo economico, politico e militare. I contrasti fra le comunità religiose del L. rimasero vivi, nonostante i cauti progressi compiuti dal processo di normalizzazione, e grave elemento di tensione continuò a essere l'occupazione israeliana della cosiddetta fascia di sicurezza.

Alle azioni anti-israeliane della guerriglia palestinese e libanese risposero profonde e ripetute incursioni delle forze di Tel Aviv nel L. meridionale. Di particolare violenza furono le incursioni israeliane effettuate nel luglio 1993 e nell'aprile 1996, che causarono complessivamente la morte di circa 300 civili. Nel corso del 1996, al peggioramento delle relazioni a livello regionale, provocato fra l'altro dalla vittoria della destra nelle elezioni politiche israeliane del maggio, fece seguito un'ulteriore recrudescenza della tensione nel L. meridionale, mentre la sospensione del processo di pace per il Medio Oriente allontanava la soluzione del problema dei profughi palestinesi insediati nel paese.

Sul piano interno, nell'ottobre 1995, con un emendamento costituzionale, l'Assemblea nazionale prolungò da sei a nove anni il mandato del presidente della Repubblica, per il quale non era prevista la possibilità di candidarsi una seconda volta. Appoggiato dai dirigenti siriani, tale prolungamento era stato proposto dal primo ministro R. al-Ḥarīrī fin dal maggio, come elemento di stabilità necessario alla ricostruzione del paese, mentre settori del mondo politico lo avevano condannato come anticostituzionale e antidemocratico. La posizione del primo ministro fu rafforzata dai risultati delle consultazioni politiche dell'agosto-settembre 1996: caratterizzate da numerose irregolarità, esse registrarono comunque un più alto afflusso alle urne rispetto alle elezioni del 1992 (la comunità cristiana si trovò divisa sull'opportunità di un nuovo boicottaggio) e attribuirono la maggioranza dei seggi a candidati vicini al primo ministro. Nel novembre 1996 al-Ḥarīrī venne quindi confermato alla guida di un nuovo esecutivo che proseguì gli sforzi per il rilancio dell'economia del paese, tentando in particolare di promuovere un forte impegno del settore privato nell'opera di ricostruzione. Alla politica del governo Ḥarīrī, contraria a una laicizzazione del paese - reclamata da più parti - e fautrice di un irrigidimento della censura sui media (nel gennaio 1998 fu stabilito un monopolio della televisione di stato sui notiziari televisivi), sembrò seguire, con la formazione nel dicembre 1998 di un nuovo gabinetto di coalizione guidato da S. al-Ḥoss ed egemonizzato dall'area riformista a discapito dei blocchi confessionali e dei militari, una nuova fase, ispirata a una liberalizzazione economica, a un allentamento della censura e a una lotta alla corruzione della classe dirigente che nel 1999 portò a una serie di processi e condanne di esponenti politici.

bibliografia

Lebanon on hold, implications for Middle East peace, ed. R. Hollis, N. Shehadi, London 1996.

H.C. Malik, Between Damascus and Jerusalem. Lebanon and the Middle East peace process, Washington 1997.

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