Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Noricum

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Noricum

Sergio Rinaldi Tufi

Province danubiano-balcaniche

Sotto questa definizione si comprendono, più o meno convenzionalmente, province che si allineano lungo il Danubio (Norico, Pannonia, Mesia, Dacia) e province che, rispetto a queste, si collocano nella Penisola Balcanica verso sud-ovest (Dalmazia) o verso sud-est (Tracia). Appartengono “fisicamente” alla medesima penisola, ovviamente, anche le province greche, che tuttavia meritano una trattazione a parte; e fa “fisicamente” parte del continente europeo, tanto che la sua regione si chiama oggi, appunto, Turchia europea, anche Bisanzio-Costantinopoli-Istanbul, che però in età imperiale, dopo aver fatto parte del Chersoneso Tracio, fu assegnata alla Bitinia.

Noricum

Quando, all’inizio del II sec. a.C., gruppi consistenti di Celti si spostarono dalle Alpi Orientali verso sud, attestandosi nella zona dove poi sarebbe sorta Aquileia, i Romani mantennero un atteggiamento riguardoso. La notizia, riportata in vari passi (e soprattutto nel libro XXXIX di Livio), si inserisce in una già radicata tradizione di buoni rapporti con le popolazioni alpine, i cui territori erano ricchi di miniere (oro, ferro) ed erano attraversati da importanti strade che collegavano l’area mediterranea con l’Europa centro-settentrionale: passava da qui la via dell’ambra (antichissimo itinerario che dalle regioni baltiche giunge ad Aquileia e al bacino Adriatico passando per il cuore dell’Europa). L’area delle genti celtiche delle Alpi orientali, configurata dapprima come “repubblica aristocratica” governata da seniores grazie all’affermazione egemonica della tribù dei Norici e dei suoi capi, passò a una situazione monarchica: il Regnum Noricum.

Fra quest’ultimo e Roma si stipularono patti di amicizia, che si tradussero anche in azioni comuni contro i Cimbri: nel 113 tuttavia il console romano Papirio Carbone fu battuto presso una città che le fonti chiamano Noreia, che era con tutta evidenza la capitale dei Norici e la cui posizione è forse individuabile nei pressi dell’attuale Sankte Margarete in Steiermark. Il regno e la sua alleanza con Roma andarono consolidandosi lungo tutto il I sec. a.C.; attorno al 70 a.C. il regno stesso cominciò a coniare proprie monete d’argento.

Il ferro norico, di caratteristiche non troppo diverse dall’acciaio, era ricercato ovunque. A Nauportus (centro dei Taurisci, alleati dei Norici, nell’attuale Slovenia) e sul Magdalensberg (non lontano da Klagenfurt) si installarono colonie di ricchi mercanti romani. Attorno al 58 a.C. il regno respinge con le sue forze un’invasione di Galli Boi; durante le guerre civili presta aiuto a Cesare inviandogli 300 cavalieri. Aiuto presumibilmente non disinteressato, giacché Cesare dovrebbe a sua volta aver assicurato proficue “commesse” di armi durante la riorganizzazione delle sue truppe in Italia settentrionale dopo la fine della guerra gallica.

Inoltre, negli anni successivi al 44 a.C. la morte del re dei Daci Burebista, che aveva creato uno stato potente e aggressivo, lasciò in condizioni di incertezza ampi spazi lungo il Danubio. I Norici ne approfittarono espandendosi fin oltre il bacino di Vienna. La capitale del regno era sul Magdalensberg e scavi sistematici ne hanno rivelato la notevolissima importanza: il nome antico non è noto, ma forse era già Virunum, lo stesso, poi, della città sviluppatasi in età imperiale nella pianura sottostante.

Verso la fine del I sec. a.C. la situazione si modificò: da un lato i Romani andavano assoggettando, come si è visto, le popolazioni alpine vicine; dall’altro i progetti augustei di conquista della Germania rendevano consigliabile a Roma stessa il diretto controllo della regione. I Norici consentirono l’annessione (meno conosciuta rispetto, ad es., a quanto avvenuto nelle Alpes Cottiae), conservando in compenso le loro tradizioni, la loro struttura tribale e anche una certa autonomia. La creazione di una vera e propria provincia si ebbe con Claudio, accompagnata dalla creazione di municipia: fra questi il più importante, sede del governatore, fu Virunum, ai piedi del Magdalensberg, da cui ereditava perciò, oltre probabilmente al nome, anche la funzione.

Altre fondazioni si ebbero in epoca flavia e poi con Adriano. La provincia continuò ad avere vita prospera e tranquilla fino all’invasione di Quadi e Marcomanni nell’ultimo venticinquennio del II secolo, dopo la quale vi fu una sensibile militarizzazione. Con la riforma dioclezianea si ebbe una divisione in Noricum Ripense a nord, fra le Alpi e il Danubio, e Noricum Mediterraneum a sud, a ridosso delle Alpi stesse. Fra V e VI sec. d.C. penetrarono in queste regioni Visigoti e Unni, che da qui organizzavano le loro ulteriori spedizioni verso sud; il Noricum Ripense fu abbandonato dai Romani, mentre nel Mediterraneum Teurnia, meglio fortificata, prese il posto di Virunum come capitale di una provincia che si andava sfaldando. Annesso all’Italia durante tutte le vicende che seguirono, con la calata dei Longobardi (568) il Norico divenne terra di nessuno; fra 591 e 610 vi si insediarono Avari e Slavi.

Come nella vicina Rezia, la diffusione del cristianesimo in queste fasi finali della presenza romana è legata in gran parte alla figura di s. Severino.

Romanizzazione e urbanizzazione

Visti i caratteri di particolare difficoltà che presenta questa regione in gran parte montuosa, come la vicina Rezia, nell’organizzazione della provincia ha grande importanza la sistemazione della rete stradale con la conseguente formazione di percorsi, in pratica, obbligati. Compreso fra la stessa Rezia e la Pannonia, il Norico è una sorta di grande retroterra strategico del limes danubiano: a tale esigenza sono subordinate le vie di comunicazione e, lungo queste, la distribuzione degli insediamenti. L’altro elemento da tener presente è la gravitazione verso Aquileia, dove, con un percorso che si snodava attraverso l’area noricopannonica fin da tempi antichissimi, giungeva fra l’altro dal Baltico la via dell’ambra.

In questa situazione assume grande importanza l’abitato sul Magdalensberg, a metà strada, grosso modo, fra il Danubio e Aquileia stessa, ma anche sede privilegiata di fenomeni rilevanti come la fioritura del regno norico, la presenza di mercanti italici, l’avvio della peculiare romanizzazione della regione.

Mentre la città sul Magdalensberg, che forse si chiamava già Virunum (diciamo Virunum I) sembrava ancora in via di sviluppo e con programmi ambiziosi, la politica di “provincializzazione” attuata da Claudio con la creazione di una serie di municipia in pianura determinò il suo abbandono e la creazione ai suoi piedi (attorno al 45 d.C.) della nuova capitale. Sul suo nome non vi sono dubbi: per questa città che potremmo chiamare Virunum II, il nome di Municipium Claudium Virunum ci è rivelato da fonti letterarie ed epigrafiche. Nel 170, in occasione delle guerre marcomanniche, il ruolo di capitale fu ceduto a Ovilava; fu recuperato più tardi con la riforma dioclezianea, quando ancora Virunum divenne sede dei praesides provinciae Norici Mediterranei; fu di nuovo ceduto, più tardi ancora, a Teurnia. L’insediamento sorge su una terrazza a est del fiume Glan. Scavata e documentata fra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento e poi ricoperta, la città è almeno in parte comprensibile grazie anche a recenti foto aeree. L’impianto urbanistico era di tipo ortogonale, allineato su un asse centrale, il cosiddetto “corso Norico”, che tagliava in due l’abitato conducendo al foro. Quest’ultimo, provvisto di basilica, formava un unico complesso con il Capitolium: un insieme di dimensioni ragguardevoli (120 x 95 m ca.), il cui asse era però deviato rispetto al corso. Gli isolati non erano di dimensioni costanti: alcuni erano occupati da ricche dimore, altri da insulae frazionate in unità abitative minori. Su un’altura attigua al centro urbano poggiava il teatro, unico noto finora nella provincia.

Teurnia (Sankt Peter im Holz), altro (e non lontano) centro norico romanizzato, ebbe un foro con annesso santuario e un secondo foro di carattere commerciale; nel IV e V sec. d.C. gareggiò in importanza con la pur riemergente Virunum, divenendo anzi nel V (nuovo avvicendamento) capitale, a sua volta, del pericolante Noricum Mediterraneum. Della città che, invece, aveva preceduto Virunum I e Virunum II nella leadership sulla regione all’inizio del regno norico, e cioè di Noreia, è stato individuato il sito (sia pure con molti dubbi) a Sankte Margarete in Steiermark, sulla via che da Virunum stessa conduceva verso nord: ma dell’abitato non resta molto (tratti di mura di cinta, alcune abitazioni fra cui una cd. “casa reale”) e quel poco è di età protostorica. Sull’età imperiale romana, quindi, abbiamo solo scarne notizie di fonti epigrafiche e letterarie. Un polo di attrazione notevole, invece, era il vicino Mons Carantanus (Ulrichsberg), sede del culto dell’antica divinità protettrice celtica Noreia, eponima della città e del regno, qui interpretata come Iside (ancora un caso di sincretismo fra divinità preromane e divinità romane) e di un’altra divinità locale, Carantanus, a sua volta eponimo del monte stesso.

Aguntum (Stribach, Lienz), a ovest di Teurnia, sull’alto corso della Drava, municipium con Claudio, ebbe una bella cinta muraria “di rappresentanza” senza torri e fossato, costruita sin dalla fondazione e poi rifatta da Adriano; vi si appoggiano alcuni edifici, sia all’interno sia all’esterno. L’impianto urbanistico era abbastanza regolare e la via più importante, detta via Decumana, era porticata; un condizionamento era però rappresentato da una biforcazione di strade, quella che seguiva il corso della Drava e quella che da qui piegava verso la valle dell’Isel. Sono note finora soprattutto alcune case d’abitazione, con tipologie piuttosto interessanti e un importante edificio termale. Sulla via della Drava si innestava, a metà circa fra Teurnia e Aguntum, la strada proveniente da Aquileia.

Sempre in questa parte meridionale della provincia, ma verso est (cioè verso la Pannonia), erano Celeia e Solva. Celeia, in origine centro militare, divenne anch’essa municipio con Claudio (Claudia Celeia): si trovava su un’altra via proveniente da Aquileia, che portava però verso la pannonica Carnuntum. È nota per un grande edificio interpretato come sede del procurator (magistratura economico-amministrativa) della provincia, per alcune case con mosaici, ma soprattutto per gli splendidi monumenti funerari del non lontano vicus nella località detta oggi Šempeter. Solva (presso Leibniz), invece, ebbe lo status di municipio da Vespasiano (Flavia Solva). L’impianto urbanistico era abbastanza regolare, con il foro all’incrocio degli assi principali; ma gli isolati non erano di dimensioni perfettamente costanti e il loro aspetto sembra divenire man mano più semplice procedendo dal centro verso la periferia. Non si è trovato finora alcun tempio presso il foro; la città può vantare, in compenso, l’unico anfiteatro finora noto nel Norico.

Nella parte settentrionale della provincia troviamo Iuvavum (appartenente alla serie dei municipi creati da Claudio), la già ricordata Ovilava e gli insediamenti di origine militare lungo il Danubio, come Lintia, Lauriacum e – leggermente arretrato – Aelium Cetium. Iuvavum (Salisburgo) ha il suo centro nel punto in cui la strada proveniente da Augusta Vindelicum (in Raetia et Vindelicia) e diretta a Ovilava attraversava con un ponte il fiume Ivarus (Salzach) fra due alture. La città romana, impiantata prevalentemente sulla riva sinistra, è in gran parte nascosta dalla Salisburgo attuale; sembra tuttavia che, a causa del terreno scosceso, non avesse pianta regolare e che si possano distinguere un quartiere residenziale e uno commerciale. Operazioni di archeologia urbana hanno inoltre rivelato resti di un tempio di Asclepio, di un arco quadrifronte, di un tratto di strada con botteghe, di un centro artigianale e di case, alcune delle quali decorate con mosaici.

Ovilava (Wels) era invece perno di retrovia, centro di organizzazione per il tratto occidentale del limes norico e, contemporaneamente, nodo stradale (all’incrocio di vie provenienti rispettivamente dalla Raetia e da Virunum) e sbocco commerciale per un’area ricca di miniere (ferro, salgemma). All’originario campo fortificato, sorto peraltro relativamente tardi (le mura sono del II sec. d.C.), si affiancarono canabae (abitazioni in origine precarie, per operatori civili di vario genere che seguivano l’esercito) che poi Caracalla elevò al rango di municipio. Trasformata da castrum in città, Ovilava incrementò ancora la sua importanza in età tarda fino a diventare con Diocleziano capitale del Noricum Ripense. Le mura furono rifatte, con l’aggiunta di torri; i principia (quartier generale) erano provvisti di un atrio di notevole impegno architettonico e al loro interno furono ricavate aree di rifugio per la popolazione civile. L’abitato sorto dalle canabae ebbe due fori, uno interno (ma non centrale) e uno esterno, commerciale, con portici e basilica; l’impianto urbanistico era regolare, con isolati apparentemente piuttosto grandi (sembra tuttavia che le case siano state ricostruite con pietra solo dopo le guerre marcomanniche); a sud era un grande edificio termale.

Dei centri posti direttamente sul limes, Lentia (Linz) era originariamente un oppidum (insediamento fortificato) celtico, con annesso un santuario dedicato a Epona. Vi fu costruito nel I sec. d.C. un castrum (come al solito, prima di terra e legno, poi rifatto di pietra) e nel santuario fu introdotto un fanum di tipo celto-romano dedicato a Epona (una tipologia templare diffusa soprattutto nelle province galliche) cui forse fu associata una divinità romana; erano pure presenti due templi di tipo tradizionale dedicati alla Triade Capitolina e ad Augusto e Roma.

Il centro fortificato più importante era però Lauriacum (Lorch), alla confluenza fra Danubio e Enns: anche qui, sul luogo di un precedente oppidum (insediamento fortificato) celtico, era stato posto un presidio già nel 15 a.C., mentre in età flavia fu costruito un vero e proprio castrum, anch’esso rifatto di pietra dopo le guerre marcomanniche, ma spostato rispetto all’ubicazione originaria. Divenne anche un importante centro civile: più volte distrutto e rifatto, ebbe un’ultima rinascita nel IV sec. d.C.

Costruzioni e ricostruzioni si trovano anche a Sankt Pölten, leggermente arretrata rispetto al Danubio, all’estremità orientale della provincia. La sua storia comincia però più tardi, con uno stanziamento di veterani sotto Traiano; con Adriano diviene Municipium Aelium Cetium, dal nome del vicino Mons Cetius, la Foresta Viennese o Wienerwald (Vindobona, Vienna, era in Pannonia, subito al di là del confine, ma inizialmente aveva anch’essa fatto parte del Norico). Si sono individuati quartieri di commercianti e di artigiani a ovest, a sud e a est; nelle case scavi recenti hanno individuato interessanti sequenze stratigrafiche.

Edilizia pubblica

Le varie tipologie di monumenti o di complessi monumentali non sono esemplificati, nel Norico, da casi particolarmente insigni: vediamo però di cogliere alcuni spunti di un qualche interesse, a partire da mura e fori, segni più evidenti della funzione urbana. I due sistemi difensivi che conosciamo, al Magdalensberg (triplice cinta con accesi monumentali a difesa del colle, risalente agli ultimi anni di indipendenza del regno norico) e ad Aguntum (mura cui si addossano edifici sia all’interno sia all’esterno) sembrano più “di rappresentanza”, o scenografico-simbolici, che non strategici.

Quanto ai fori, bisogna ricordare che a Teurnia e a Ovilava ne esistevano due (soluzione che talvolta abbiamo riscontrato anche altrove), anche se in stato di conservazione non del tutto soddisfacente. I due complessi forensi più significativi sono, però, a Virunum e nella preesistente città sul Magdalensberg. Qui si deve notare la molteplicità di funzioni: oltre al tempio di Roma e Augusto, si affacciavano sulla piazza sale per riunioni (provviste di impianto di riscaldamento), ambienti di rappresentanza, archivi, botteghe, officine, terme. Tutto sembra confermare la grande vivacità dell’insediamento e della sua frequentazione. Il foro di Virunum – che contrariamente al solito sembra essere impostato su un asse notevolmente divergente rispetto alla via principale della città, in questo caso il corso Norico – seguiva uno schema piuttosto diffuso nelle province occidentali, costituendo un unico complesso con Capitolium e basilica. La piazza del Capitolium era notevolmente sopraelevata rispetto a quella del foro vero e proprio, su cui si affacciava con un’ampia gradinata: fra le due passava una strada; il tempio era in antis, aveva la cella tripartita e conteneva sculture notevoli.

Per i templi, però, dobbiamo tornare di nuovo al Magdalensberg. Quello di Augusto e Roma, che si affacciava sul foro, ebbe precoce importanza: costruito in età tiberiana al centro del lato settentrionale della piazza, aveva una facciata tetrastila; all’inizio del principato di Claudio (e cioè al momento della costituzione della provincia) fu sostituito da un periptero esastilo, che peraltro, visto il rapido volgere degli eventi e il trasferimento a valle della capitale, rimase incompiuto.

Sulla sommità dell’altura che ospitava la città esisteva peraltro un culto di antichissima tradizione, quello di Mars Latobius: proveniva da qui la statua detta del Giovane del Magdalensberg. A partire dal 15 a.C. circa il santuario fu sottoposto a un intervento di monumentalizzazione “scenografica”, con tagli e terrazzamenti per sistemare il pendio; fu introdotto inoltre un tempio a tre celle. Era dunque un importante caso di convivenza, se non di sovrapposizione (diciamo di interpretatio), di un culto romano con un culto indigeno, che non manca nel Norico di altri esempi, ma che qui assume un sapore particolare, vista la storia dell’insediamento. Le altre esemplificazioni sono il fanum celto-romano di Lentia (situazione interessante ma non del tutto chiara) e soprattutto il santuario del Mons Carantanus, dove si veneravano la divinità stessa del monte, Carantanus, e Noreia, l’antica dea protettrice della regione identificata con Iside. All’interno di un vasto recinto, l’edificio principale era costituito da una sala per riunioni, comprendente un bacino con copertura lignea (vi era, dunque, un uso rituale dell’acqua) e due ali laterali. Intorno erano disposte aree per cerimonie all’aperto, sede degli addetti al culto e strutture di accoglienza per i pellegrini: un complesso molto articolato, che solo in età tarda cadde in disuso davanti all’avanzare del cristianesimo.

Edilizia privata

La peculiare situazione dell’insediamento sul Magdalensberg (attività edilizia intensa, ma presto interrotta) si riflette nell’architettura residenziale. Attorno alla metà del I sec. a.C. si concentrano intorno al foro (ma poi ne sorgeranno altre nell’area circostante) case di abitazione poste le une accanto alle altre, con alloggi, uffici e con depositi collocati in ambienti sotterranei. Negli ultimi decenni dello stesso secolo le case (costruite “alla romana”, con adeguato impiego di malta) si arricchiscono fra l’altro di affreschi, inquadrabili nella fase finale del secondo stile pompeiano. Dopo l’occupazione romana si amplia il foro, sacrificando alcune case e costruendo nuove tabernae, ma inserendo a ridosso del foro stesso un praetorium (residenza del comandante della guarnigione) e costruendo nuove dimore a sud, fra cui una grande domus con funzioni di deversorium o albergo (notevoli le dimensioni del tablinum e dell’impianto termale) e altre spaziose dimore, alcune delle quali a due piani.

Anche le case di Aelium Cetium offrono un esempio di costruzioni e ricostruzioni in più fasi: il tutto, però, spostato più avanti nel tempo, in quanto questo centro venne fondato da Traiano all’inizio del II sec. d.C. In tale occasione le abitazioni furono costruite di legno e argilla, talvolta con fondazioni di pietre legate con malta: erano costituite da cucina, uno o due ambienti residenziali e vari ambienti di servizio. Dopo un incendio verificatosi in occasione delle guerre marcomanniche, quasi tutte le case furono ricostruite di pietra; dopo un nuovo incendio intorno alla metà del III sec. d.C., la città conobbe una contrazione, peraltro riscontrabile contemporaneamente in tutto il Norico Ripense.

Case di notevole interesse, spesso decorate con mosaici, sono testimoniate a Celia; fuori delle città, non mancano esempi di ville. Sono testimoniati impianti relativamente semplici, a blocco unitario (Katsch); altri ben più complessi, con nucleo centrale articolato intorno a un cortile porticato e con aula basilicata sul fondo (Löffelbach), altri costituiti da corpi di fabbrica vari e separati distribuiti entro un amplissimo recinto (Regelsbrunn, Parndorf ). La villa planimetricamente più elaborata è quella di Thalerhof, con ambienti (molti dei quali riscaldati) di uso residenziale e altri di uso agricolo collegati fra loro da lunghi corridoi rettilinei. Una delle caratteristiche salienti del Norico romano, peraltro, è la ricchezza (sia nell’impianto architettonico, sia nel repertorio delle sculture) dei monumenti funerari.

Bibliografia

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Cultura materiale:

R. Wedenig, Testimonia epigraphica Norica. A. I. 1. Instrumentum domesticum, Graz 1997.

Si rinvia a:

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Arte norico-pannonica

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Pannonia

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Moesia Superior e Moesia Inferior

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Dacia

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Thracia

Le province europee dell'Impero romano. Le province danubiano-balcaniche. Illyricum - Dalmatia

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