L'Italia preromana. I siti etruschi: Bologna

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia preromana. I siti etruschi: Bologna

Giovanna Bermond Montanari

Bologna

Città (etr. felzna; lat. Felsina, Bononia) sorta nella pianura delimitata dai fiumi Reno e Savena. Ebbe un notevole sviluppo in età villanoviana a partire dal IX sec. a.C.; era al centro di un sistema viario che univa l’Etruria all’Italia settentrionale e all’Europa continentale. Appartengono a questo periodo, a oriente della città, alcuni nuclei insediativi corrispondenti ai sepolcreti di San Vitale e Savena del Villanoviano I. Dai dati cronologici delle necropoli sembra accertata la decadenza di questi villaggi e l’affermarsi, tra i corsi dell’Aposa e del Ravone, di un grande centro protourbano che s’identifica con la Felsina etrusca, all’inizio dell’VIII sec. a.C. Si riconoscono gruppi di capanne corrispondenti forse a unità gentilizie, intervallate da ampi spazi aperti, che suggeriscono un’economia basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Di questo periodo (Villanoviano II: 800-750 a.C.) sono note due estese necropoli, una a occidente oltre il torrente Ravone, l’altra a sud-est oltre l’Aposa. Gruppi minori di tombe si trovano a nord e a est dell’abitato, segnandone i confini.

Una consistente evoluzione socio-economica avvenne col Villanoviano III (750-680 a.C.), evidenziata da attività artigianali specializzate nella lavorazione dei metalli, documentate dal ripostiglio-deposito di piazza S. Francesco, non lontano da resti di fonderia, e dallo sviluppo del commercio specie con l’Etruria. Il deposito conteneva 14.838 manufatti di bronzo e 3 di ferro; deposto all’inizio del VII sec. a.C. ha restituito oggetti con lettere graffite in alfabeto etrusco, forse con valore numerale. In questo periodo si evidenziano le differenze sociali nei sepolcreti felsinei Benacci e Benacci-Caprara. Si hanno scambi e rapporti con l’Etruria meridionale, come suggeriscono le coppe à chevron di derivazione euboico-cicladica. Compaiono le prime stele figurate (fine dell’VIII - inizi del VII sec. a.C.) per le quali manca tuttavia una datazione precisa, perché riutilizzate. Nel corso del Villanoviano IV (680-540 a.C.), che viene suddiviso in quattro sottofasi, nell’abitato non sembrano identificarsi, dalla documentazione archeologica disponibile, aspetti evolutivi.

Alcuni fatti emblematici identificano questo periodo con quello in cui avvenne la formazione di Felsina: la diffusione della scrittura e dello stile orientalizzante; l’identificazione di un luogo di culto nell’area periurbana orientale in via Fondazza, a seguito del ritrovamento di due grandi altari di pietra decorati con motivi orientalizzanti e seppelliti intenzionalmente; l’emergere di alcune sepolture di personaggi di rango contrassegnate da stele monumentali, le cosiddette “stele protofelsinee”, come quella rinvenuta in via Tofane; la presenza di oggetti di particolare prestigio e d’importazione (tomba Aureli 11 e tomba degli Ori dall’Arsenale Militare). Le necropoli del VII sec. a.C. si disponevano a raggiera intorno ai nuclei più antichi, seguendo le strade che conducevano alla città. A partire dalla metà del VI sec. a.C. le necropoli della Certosa e dei Giardini Margherita, dove le tombe più antiche si datano al 550 a.C., sono ricche di bronzi etruschi e di ceramica attica e testimoniano la massima fioritura di Felsina in questo periodo (Plin., Nat. hist., III, 115).

Il santuario rinvenuto a Villa Cassarini sulle pendici collinari fuori Porta Saragozza, con resti di edifici dai muri a secco, ha avuto almeno due fasi edilizie documentate dai cippi di arenaria sagomati, riutilizzati nelle murature, e dai bronzetti tra cui un Apollo liricine ed Eracle, che indicano una frequentazione dalla fine del VI all’inizio del IV sec. a.C. In questo periodo Felsina era al centro del sistema politico ed economico di un territorio in cui allo sfruttamento agricolo intensivo corrispondevano rapporti commerciali attraverso il porto di Spina con la Grecia e, mediante la valle del Reno, con l’Etruria. Non sembrano notarsi differenze strutturali tra l’abitato di VIII-VII e quello di VI-V sec. a.C., anche se sono documentati edifici più stabili con fondazioni in muretti di ciottoli e coperture in coppi e tegole con antefisse non decorate. Agli inizi del IV sec. a.C. gruppi di Celti invasori giunsero nella Pianura Padana; Felsina successivamente divenne il capoluogo della confederazione tribale dei Boi, mutando il nome in Bononia.

Dalla metà del IV a tutto il III sec. a.C. sono le tombe a documentare il ruolo rivestito dalla città. Attraverso i corredi funerari sembra di assistere a un processo di acculturazione da parte dei Celti e di assimilazione nei confronti della componente etrusco-italica, che portò, alla fine del III sec. a.C., alla koinè definita celto-italica. Nel 189 a.C. B. divenne colonia di diritto latino e nel 187 venne tracciata la via Aemilia a congiungere Rimini con Piacenza. Le necropoli romane di età repubblicana si disposero lungo la via Aemilia e, successivamente, lungo le altre vie extraurbane. L’impianto della colonia latina si estendeva lungo una conoide ai piedi della collina ed era organizzato su assi ortogonali che delimitavano isolati rettangolari. Lacunosi e approssimativi sono i dati sull’edilizia monumentale: il teatro si trovava immediatamente all’interno del limite meridionale della città, ma lievemente divergente rispetto al tracciato delle strade. Si sono identificate due fasi, la prima di età sillana per i confronti con l’area centro-italica e per i risultati di alcuni saggi stratigrafici; nella seconda fase di età neroniana il teatro fu modificato e ampliato. Nel III sec. d.C. iniziarono le prime spoliazioni e il declino dell’edificio.

Resta ipotetica invece l’ubicazione dell’anfiteatro presso la chiesa dei Ss. Vitale e Agricola. L’acquedotto di età augustea ha un grande condotto sotterraneo tuttora in funzione. Ormai accertata è la collocazione del foro sotto l’ala occidentale del palazzo comunale; a est era situato un edificio, forse una basilica. Tra le vie Manzoni, Montegrappa e Indipendenza, sotto il Grand Hotel Baglioni, sono stati identificati due complessi monumentali di destinazione pubblica. Del più antico, di età tardorepubblicana, resta parte di un ambulacro forse porticato, che contornava un’area centrale scoperta. Il secondo edificio, di età giulio-claudia, aveva una corte scoperta con doppio porticato, suddiviso longitudinalmente in cinque settori: è stato interpretato come macellum o foro commerciale; non lontano presso via Porta Castello si trovava un’area templare, tuttora in corso di studio. La rete stradale romana all’interno della città formava un reticolo di cardini e di decumani, di cui sono stati messi in luce vari tratti.

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