L'Italia preromana. I siti etruschi: Accesa

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Italia preromana. I siti etruschi: Accesa

Giovannangelo Camporeale

Accesa

Presso il Lago dell’Accesa, nel territorio del comune di Massa Marittima (Grosseto) e a una distanza di circa 7 km in linea d’aria a sud del centro attuale, si trova un’area archeologica che si estende per alcune decine di ettari.

I primi scavi regolari, degli anni 1928-30, misero in luce una vasta necropoli con tombe di vario tipo (a pozzetto, a fossa semplice o con circolo di pietre, a cassone, a camera con tumulo), raggruppate in nuclei distinti e databili tra la fine del IX e il VI sec. a.C. L’esplorazione archeologica è stata ripresa nel 1980 e prosegue tuttora con l’obiettivo rivolto, oltre che alle tombe, essenzialmente all’abitato. Di questo non si ha alcuna menzione nelle fonti e si ignora il nome antico. Una Massa Veternensis apud Tuscos, ricordata da Ammiano Marcellino (XIV, 11, 27) come luogo di nascita di Costanzo Gallo, è stata identificata con Massa Marittima, ma il riferimento, ammesso che la proposta sia corretta, riguarderebbe il IV sec. d.C. Degli edifici sono rimasti i muretti di fondazione, di pietre locali (arenaria, calcare palombino e cavernoso, travertino, conglomerato di ematite e limonite) commesse a secco, e i laterizi del tetto (tegole e coppi); l’alzato, in materiale deperibile (mattoni crudi, graticcio, pisé), non si è conservato. Stando ai reperti associati, le strutture più antiche, in verità poche, risalgono alla seconda metà del VII sec. a.C., mentre le più recenti, e sono la grande maggioranza, si datano al secolo successivo.

Molti edifici presentano rimaneggiamenti, ampliamenti, ristrutturazioni o ricostruzioni, da riportare a fasi edilizie diverse. La loro destinazione è esclusivamente ad abitazione, in quanto hanno restituito vasellame domestico, affilatoi, pestelli, macinelli, contenitori per derrate, attrezzi per la filatura e tessitura. Non si hanno case adibite anche a bottega. Alcune hanno un’ampiezza considerevole, addirittura di sette vani. La presenza fra la terra di riporto di qualche frammento di minerale (blenda, galena, pirite, calcopirite), il ritrovamento di forni per l’arrostimento dei minerali e di scorie, l’impiego saltuario di queste ultime come materiale edilizio, l’esistenza di miniere metallifere a poche centinaia di metri dall’area archeologica sono fattori che conferiscono un carattere minerario all’insediamento. Questo è articolato in diversi quartieri, poco distanti l’uno dall’altro; ciascuno consta di una decina di case, ha un proprio assetto urbanistico e una propria necropoli, è collegato a una zona mineraria o ha impianti metallurgici. Oggi se ne conoscono cinque, già scavati o in corso di scavo, ma certamente erano di più, dal momento che sono stati segnalati diversi gruppi di tombe in vari punti dell’area interessata dagli scavi, che devono corrispondere ad altrettanti quartieri abitativi.

Tale modello insediativo, che richiama quello protostorico dei villaggi, può risultare abnorme nel VI sec. a.C., quando è affermata la città a livello ideologico e urbanistico, ma nella fattispecie ha precise motivazioni socio-economiche; sembra chiaro che ognuno fosse abitato da un gruppo di famiglie che costituivano una sorta di clan ed erano legate da uno specifico interesse, la gestione dell’attività mineraria o metallurgica. Pertanto, le case dovevano essere abitate dagli appartenenti al ceto medio-alto e dai loro clientes e non dai minatori. Fin dalle più antiche testimonianze, di facies villanoviana, la tipologia delle tombe (a pozzetto e a fossa entro circolo di pietre) e quella di taluni manufatti d’impasto (vaso a stivaletto, brocchetta a becco allungato di tipo sardo) e di bronzo (bottoni conici sardi) orientano verso Vetulonia; il fenomeno si definisce più chiaramente nelle facies orientalizzante e arcaica rispettivamente con le tombe a circolo e a piccola camera con tumulo, con i vasi di impasto e di bucchero. Di questi alcuni possono essere arrivati da Vetulonia e altri sono stati fabbricati in botteghe locali; qui ha anche operato un ceramista dell’Etruria meridionale producendo kantharoi e ollette di bucchero.

L’insediamento rientra in una rete di piccoli centri ubicati lungo il corso del fiume Bruna, emissario del Lago dell’Accesa, e di suoi affluenti che scorrono in direzione di Vetulonia, in un’area di grande importanza mineraria, corrispondente al versante meridionale delle Colline Metallifere. La loro genesi in punti nevralgici dell’economia e del sistema viario dell’agro vetuloniese è connessa a una politica di controllo e organizzazione del territorio da parte del grande centro. Essi vengono abbandonati intorno alla fine del VI sec. a.C., in concomitanza con una crisi che colpisce la stessa Vetulonia. Quello dell’A. ha dato qualche segno di ripresa, ma in misura molto contenuta, negli ultimi secoli a.C. e nel I d.C. (ceramica a vernice nera e sigillata, lucerne della serie Firmalampen, tombe alla cappuccina), quando viene urbanizzata un’altra area dei dintorni di Massa Marittima, il Poggio Castiglione.

Bibliografia

D. Levi, La necropoli etrusca del lago dell’Accesa e altre scoperte archeologiche nel territorio di Massa Marittima, in MonAnt, 35 (1933), coll. 5-135.

G. Camporeale (ed.), L’Etruria mineraria (Catalogo della mostra), Milano 1985, pp. 125-78.

M. Cristofani, s.v. Accesa, in M. Cristofani (ed.), Dizionario della civiltà etrusca, Firenze 1985, p. 4.

Id., s.v. Massa Marittima, in BTCGI, IX, 1991, pp. 458-61 (con bibl. prec.).

G. Camporeale (ed.), Massa Marittima. Museo Archeologico, Firenze 1993.

Id., Un ceramista ceretano a Massa Marittima nel tardo Orientalizzante, in StEtr, 60 (1994), pp. 69-77.

G. Camporeale (ed.), L’abitato etrusco dell’Accesa. Il quartiere B, Roma 1997.

Id., I tipi tombali dell’Accesa (Massa Marittima) dal Villanoviano all’arcaismo, in L’architettura funeraria a Populonia tra IX e VI secolo a.C. Atti del Convegno (Castello di Populonia, 30-31 ottobre 1997), Firenze 2000, pp. 123-36.

G. Camporeale - S. Giuntoli, Il parco Archeologico dell’Accesa a Massa Marittima, Follonica 2000.

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