L'archeologia dell'Estremo Oriente: Sud-Est asiatico

Il Mondo dell'Archeologia (2002)

L'archeologia dell'Estremo Oriente: Sud-Est asiatico

Fiorella Rispoli

Una forma embrionale di archeologia, in quella non piccola parte dell'Asia solitamente suddivisa in una porzione insulare (Indonesia) e in una porzione continentale (Indocina), è documentata già tra il XV e gli inizi del XIX secolo. Se si escludono alcuni testi di viaggiatori, mercanti o emissari dell'impero cinese, che sin dal II-III sec. d.C. visitarono le terre a sud della Cina, le prime descrizioni di antichi monumenti del Sud-Est asiatico sono da ricercare nei diari dei soldati, degli esploratori e, soprattutto, dei missionari cristiani che visitarono l'India extra Gangem nel corso del XVI e del XVII secolo: il frate portoghese A. de la Magdalena visitò Angkor intorno al 1585 e per primo ne lasciò una descrizione, raccolta dal famoso storico portoghese D. do Couto; il viaggiatore R. Fitch, in Birmania nel 1587-88, descrisse la bellezza dello stūpa di Shwe Dagon, costruito nel 1372; il gesuita J. Bouvet ha lasciato, invece, importanti relazioni sui monumenti visitati in Siam (1687), mentre nel 1691 S. de la Loubère, ambasciatore francese alla corte del re Narai, nel suo dettagliato rapporto alla corte del Re Sole, includeva osservazioni sulla geomorfologia della provincia di Lopburi, sulla possibile origine dei Siamesi e sui resti di molte grandi fornaci forse abbandonate durante le antiche guerre di Pegu. Fu però nel corso del XIX secolo, a seguito sia delle numerose notizie che pervenivano sulle Indie Orientali, sia dell'intensificarsi in Europa degli studi orientalistici, che videro la luce vere e proprie ricerche storico-archeologiche. Tali ricerche furono condotte, per la maggior parte, da associazioni accademiche create allo scopo di "istituzionalizzare" gli studi orientalistici nelle colonie asiatiche fino ad allora condotti da amatori. Già dalla fine del XVIII secolo nel Sud-Est asiatico insulare gli Olandesi avevano istituito la Società Bataviana di Arti e Scienze (1778) per indagare le culture preistoriche dell'area e per restaurare le vestigia architettoniche preislamiche. I Francesi intanto fondavano a Saigon la Société des Études Indochinoises nel 1865, quindi, nel 1898, la Commission Archéologique de l'Indochine, in seguito École Française d'Extrême Orient (EFEO), con sede a Hanoi e con il compito di istituire missioni archeologiche permanenti nei territori dell'allora Indocina francese. Tra il 1801 e il 1808, sotto gli auspici della Società Bataviana di Arti e Scienze, il governatore di Giava N. Engelhard iniziò un lungo lavoro di bonifica dei templi di Prambanan insieme ad una campagna di documentazione grafica. Pochi anni dopo, sir Thomas Stanford Raffles, allora governatore di Giava, pubblicava nel 1817 la prima History of Java, che raccoglieva un gran numero di informazioni sull'ubicazione, la topografia e i resti architettonici di numerosi siti archeologici giavanesi, tra cui il grande stūpa di Borobudur. Nel 1820 venivano pubblicati i tre volumi della History of Indonesian Archipelago dell'orientalista scozzese J. Crawfurd, anch'egli in Indonesia durante la dominazione inglese. Nello stesso periodo l'ingegnere militare H.C. Cornelius, alle dipendenze di Raffles, liberava lentamente il monumento di Borobudur dalla fitta vegetazione tropicale. Pochi anni dopo (1827) Crawfurd visitava le rovine di Pagan, in Birmania; ma la più suggestiva descrizione del complesso monumentale è quella dello scozzese H. Yule, che intraprese nel 1855 la ricognizione di alcuni dei monumentali edifici birmani. Solo nel 1883, ad opera di A.P. Phayre, verrà però pubblicato il primo compendio sulla storia della Birmania. Il mercantilismo francese fu l'origine della più celebre missione esplorativa in Indocina, condotta dal capitano E.-M.-L. Doudart de Lagrée (1866-67). Partendo da Saigon, de Lagrée seguì infatti il corso del Mekong fino ad arrivare nello Yunnan (Cina sud-occidentale), per aprire una nuova via commerciale. I componenti della missione mostrarono però non poco interesse anche verso i resti dei monumentali edifici incontrati lungo il viaggio, tanto da intraprendere una vera e propria ricognizione del complesso monumentale di Angkor e copiare, per la prima volta, un'intera iscrizione in lingua Khmer. Altrettanti successi riportavano gli Olandesi, molto più all'avanguardia dei Francesi, nei loro possedimenti indonesiani. Nel 1872 usciva il primo volume fotografico Oudheden van Java (Antichità di Giava) di J. van Kinsbergen, al quale seguiva la pubblicazione di una piccola raccolta di fotografie esclusivamente dedicate al grande stūpa di Borobudur. Nel 1878 vedeva la luce l'opera olandese più importante di questo periodo, Java, geografisch, ethnologisch, historisch di P.J. Veth, in cui erano raccolte tutte le informazioni storico-archeologiche acquisite dopo la pubblicazione di Raffles. Ancora in Indonesia, nel 1891 un medico militare olandese, E. Dubois, indagando alcuni depositi preistorici nei pressi del fiume Solo (Giava nord-orientale), metteva in luce resti ossei di Primati, tra cui una calotta cranica appartenente ad un'arcaica forma umana: il Pithecanthropus erectus, noto anche come Uomo di Trinil. Fu a seguito di questa importante scoperta che le autorità olandesi istituirono un organismo per la pianificazione delle ricerche archeologiche, la Commissione delle Indie Orientali Olandesi, che diventerà nel 1913 il Servizio Archeologico ereditato poi dallo stato indonesiano nel 1949. Nell'arcipelago delle Filippine, negli anni tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, l'unica esplorazione di cui si ha notizia fu quella condotta dal francese A. Marche, che intorno al 1881 esplorò l'isola di Marinduque e altre aree delle Filippine centrali collezionando manufatti di superficie, più tardi inviati al Musée de l'Homme di Parigi. Nell'Indocina francese, intanto, il primo direttore dell'École Française d'Extrême Orient (EFEO), L. Finot, già dal 1899 aveva compiuto esplorazioni nella zona del lago Tonle Sap, dove quarant'anni prima il naturalista H. Mouhot aveva riscoperto le rovine di Angkor (1858-61), lasciandone un'ampia descrizione nel suo Travels in the Central Parts of Indo-China (Siam), Cambodia and Laos, pubblicato a Londra nel 1864. Partendo dalle esaurienti notizie lasciate da Mouhot, Finot diede inizio alle prime ricerche sistematiche sull'impero dei Khmer. Nello stesso anno in cui la Cambogia era diventata protettorato francese (1864), la Francia continuava le esplorazioni per verificare la navigabilità del Mekong, esplorazioni nel corso delle quali furono raccolti e inviati in patria numerosi reperti provenienti da centri religiosi Khmer, quali Kho Ker, Beng Mealea e Banteay Chmar. Il passaggio del secolo vide l'EFEO, forte dell'interesse dei circoli accademici e delle ricche casse dell'amministrazione coloniale, muoversi a tutto campo, sia in patria sia in Indocina. Molte delle iscrizioni redatte in alfabeto devanagarico, mutuato dal sanscrito, copiate o fotografate, provenienti dalla Cambogia (in lingua Khmer) o dal Vietnam del Sud (in lingua Cham), erano in Francia; a partire dal 1885 famosi indologi francesi, A. Barth prima e A. Bergaigne poi (1893), ne iniziarono la pubblicazione sistematica; contemporaneamente si pubblicavano i lavori di J. Moura Royaume du Cambodge (1883) e di E. Aymonier Le Cambodge (1900), i primi due studi sulla storia della Cambogia. Nel 1899, mentre il Dipartimento Archeologico della Birmania ‒ sotto il protettorato inglese ‒ iniziava il restauro dei templi di Pagan e creava il Museo di Rangoon, a Hanoi l'EFEO avviava i lavori per la costruzione del Musée Louis Finot, oggi Museo Nazionale del Vietnam. Una delle iniziative di maggiore portata dell'EFEO in quegli anni fu affidata ad un capitano di fanteria, É.-E. Lunet de Lajonquière, che condusse il rilevamento dei molti complessi architettonici Khmer in Cambogia. Nel 1902 fu pubblicato il primo volume dell'Inventaire descriptif des monuments du Cambodge, in cui venivano documentati circa trecento monumenti e un centinaio di iscrizioni. Pochi anni dopo de Lajonquière estese il suo lavoro di censimento alla Penisola Malese, dove individuò strutture monumentali fino ad allora sconosciute: fu la sua opera che portò a conoscenza degli orientalisti il regno di Shrivijaya. Ancora all'EFEO va il merito del primo scavo archeologico di un sito preistorico nel Sud-Est asiatico continentale: nel 1902, sotto la direzione di H. Mansuy, iniziò l'indagine sul sito di Samrong Sen, in Cambogia, già scoperto nel 1879 dal medico A. Corre. Negli stessi anni (1903) H. Parmentier apriva i lavori nel complesso monumentale Cham di Mi Son in Vietnam, che fruttarono alla Francia una ricchissima collezione di arte Cham, per la quale fu appositamente creato, nel 1918, il Musée Cham di Tourane, in seguito dedicato allo stesso Parmentier. Nel 1907 l'Indocina francese entrava in possesso delle provincie di Siem Reap e Battambang, dove erano ubicate le maggiori aree monumentali Khmer (IX-XIII sec.). L'EFEO, dopo avere istituito il Service pour la Conservation des Monuments d'Angkor, diede inizio alla serie di campagne per lo scavo, il restauro e la conservazione dei complessi sacri di Angkor, sui quali, intorno agli anni Trenta, fu applicata la tecnica dell'anastilosi, già utilizzata dal Servizio Archeologico Olandese per il restauro di alcuni monumenti giavanesi all'inizio del secolo e successivamente applicata a Borobudur. Gli edifici sacri vennero così lentamente "smontati", inventariandone ogni singolo pezzo, per poterli rimontare poi restituendoli ‒ non sempre con successo ‒ al loro, supposto o reale, aspetto originario. In Thailandia (allora Siam), unico tra gli stati dell'Asia sudorientale rimasto indipendente, gli anni a cavallo tra i secoli XIX e XX furono un momento di grande sviluppo degli studi umanistici: re Chulalongkorn/Rama V (1868-1910), infatti, incluse la materia Borankadi, ovvero tutto ciò che riguarda l'antichità (archeologia, etnografia, storia e letteratura), fra i soggetti ai quali il re doveva interessarsi durante i periodi di pace. Fu però il fratello di Rama V, il principe Damrong Rajanubhab, il vero fondatore degli studi storico-archeologici nel Siam, non soltanto per le sue molteplici ricerche nel settore, ma anche per la fondazione e il sostegno dato alla Siam Society, istituita per decreto reale nel 1904. Nel 1924 il governo thailandese fondava, sul modello di altre istituzioni create nell'Asia coloniale, l'Archaeological Service of Siam, un organismo specificamente inteso a soprintendere alla conservazione e al restauro di grandi siti storici. Due soli anni dopo veniva istituito e posto sotto la giurisdizione del Royal Institute of Literature, Archaeology and Fine Arts il Museo Nazionale del Siam o Museo di Bangkok. Durante il regno del re Chulalongkorn e del suo successore Rama VI (1910-25) furono chiamati a lavorare nel Siam numerosi artisti e architetti stranieri, soprattutto italiani, che non poco stimolarono lo studio della storia dell'arte del Paese. L'istituzione della prima Università di Belle Arti a Bangkok si deve ad uno scultore italiano, C. Feroci, poi naturalizzato Thai con il nome di Silpa Birasri. Feroci, chiamato nel 1924 a lavorare per la corte siamese, fondò la prima Scuola di Belle Arti (1933), trasformata più tardi (1943) in Università di Belle Arti (Silpakorn University), a tutt'oggi il migliore ateneo della regione per lo studio della storia dell'arte classica e dell'archeologia dell'Asia sud-orientale. In Indonesia, con l'arrivo di N.J. Krom prima (1910-15) e di F.D.K. Bosch poi (1915-36) alla direzione del Servizio Archeologico delle Indie Olandesi, si intrapresero numerosi lavori di consolidamento, conservazione e restauro di monumenti, avviando la pubblicazione sistematica dei dati fino ad allora raccolti. Nell'Indocina francese, intanto, sotto gli auspici dell'EFEO e del Servizio Geologico dell'Unione Indocinese, H. Mansuy (1924) e M. Colani (1927) portavano alla luce le culture preistoriche "hoabinhiana" e "bacsoniana"; nel 1931 ancora M. Colani dava inizio alle prime esplorazioni sistematiche nella Piana delle Giare, un vasto complesso di grandi urne funerarie in pietra nell'altopiano laotiano. I rinvenimenti preistorici di M. Colani stimolarono le ricerche in Malesia (sito di Gua Cha), in Cambogia (sito di Laang Spean) e in Laos (depositi hoabinhiani in grotta nella provincia di Luang Prabang). Anche nell'arcipelago delle Filippine si intraprendevano intanto le prime ricerche preistoriche: C. Guthe, studiando tra il 1922 e il 1925 i rapporti con la Cina, evidenziati dalle importazioni di ceramica e di porcellana cinese, reperì più di 30.000 kg di reperti preistorici, che vennero inviati all'Università del Michigan. Solo con la fine del secondo conflitto mondiale, però, l'archeologia venne finalmente introdotta come materia d'insegnamento nell'Università delle Filippine. Sempre negli anni Venti, per conto dell'EFEO, nei pressi del villaggio di Dong Son, sul golfo di Bac Bo, L. Pajot ‒ un funzionario delle dogane francesi appassionato di archeologia ‒ portava alla ribalta (1924-28) l'età del Bronzo indocinese. Fu però V. Goloubew, pochi anni dopo, a dare dignità scientifica alla scoperta di Pajot, presentando nel 1929, in L'Âge du Bronze au Tonkin, la prima valutazione generale delle nuove scoperte nel Vietnam settentrionale. Vere e proprie ricerche archeologiche nel villaggio di Dong Son furono tuttavia condotte dall'archeologo svedese O.R.T. Janse, che, in tre successive campagne di scavo (1935; 1936-37; 1938-39) condotte sotto l'egida dell'EFEO, definì la cultura Dong Son. Nel 1942, poi, il problema cronologico della cultura Dong Son trovò finalmente una soluzione per opera del filologo B. Karlgreen. Gli anni della politica coloniale nipponica e della conseguente guerra del Pacifico spensero il fermento dei precedenti decenni. Ciò nonostante, nelle paludose terre del delta del Mekong, L. Malleret iniziava nel 1944 gli scavi di uno dei più importanti siti portuali di epoca storica, Oc Eo, già individuato alla fine degli anni Venti da P. Paris attraverso l'uso di foto aeree. Il rapporto di scavo, pubblicato soltanto dal 1959, rivelò l'esistenza di una rete commerciale, attiva già dai primi secoli della nostra era, che collegava l'Asia sudorientale alla Cina e, attraverso la mediazione indiana, all'area mediterranea. In Indonesia, per iniziativa del preistorico olandese P.V. van Stein Callenfels, nel 1929 veniva fondato il Congress of the Prehistorians of the Far East; tale istituzione, che ha assunto dal 1976 un nuovo statuto e un nuovo nome, Indo-Pacific Prehistory Association (IPPA), resta a tutt'oggi il più importante riferimento per gli studiosi della preistoria dell'Asia sud-orientale. Tra il 1937 e il 1954, intanto, G. Cœdès pubblicava tutte le iscrizioni sanscrite rinvenute fino ad allora in Cambogia, mettendo a punto uno strumento ancora oggi fondamentale per lo studio della civiltà Khmer. Nei primi anni Cinquanta l'impero coloniale francese iniziò a disgregarsi: nel Vietnam del Nord, subito dopo l'indipendenza (1954), fu creato l'Istituto di Archeologia dell'Accademia delle Scienze Vietnamita, che, insieme al Museo Nazionale e all'Università di Hanoi, e talvolta in collaborazione con archeologi sovietici o tedeschi orientali, ha condotto numerosissime ricerche archeologiche, per la maggior parte poco note in quanto pubblicate in lingua Viet nella rivista Xoa Hoc (Archeologia). In Laos, solo sul finire degli anni Ottanta, si sono riaperte vere e proprie ricerche archeologiche di campo, ancora una volta con la collaborazione francese, mentre in Cambogia l'EFEO ha sempre mantenuto una presenza più o meno costante. In Thailandia gli eventi della seconda guerra mondiale avevano stimolato, in verità fortuitamente, il corso degli studi: H.R. van Heekeren, un archeologo olandese impiegato come prigioniero di guerra nella costruzione della "ferrovia della morte" nella provincia di Kanchanaburi, identificava nelle valli dei fiumi Khwae Yai e Khwae Noi (Thailandia centro-orientale) alcuni depositi preistorici confrontabili con i siti hoabinhiani scoperti da M. Colani. Più a nord, nella valle del Mun, un ufficiale della Royal Air Force in servizio in Thailandia, P. William-Hunt, lavorando su foto aeree militari, iniziò a studiare alcuni singolari siti della regione nord-orientale, tutti circondati da una motta e da un fossato praticamente circolari. Tuttavia fu solo nel 1982 che le sue osservazioni, e soprattutto le circa 5000 foto aeree, ritornarono alla luce negli archivi del British Museum, grazie alle ricerche di E. Moore, il quale, dopo un lungo studio sul campo, fu in grado di pubblicare numerose informazioni riguardanti gli antichi sistemi di sfruttamento e gestione delle risorse idriche. Nelle Filippine gli anni postbellici videro le due più importanti istituzioni accademiche locali ‒ l'Università delle Filippine e il Museo Nazionale ‒ attive nel promuovere progetti bilaterali a cui presero parte i "padri" dell'archeologia moderna del Sud-Est asiatico, tra cui W.G. Solheim II, R.B. Fox e M. Sullivan. In Indonesia dapprima venne chiamato alla direzione del Servizio Archeologico un olandese, A.J. Bernet Kempers, quindi l'incarico passò all'indonesiano R. Soekmono (1953). In Thailandia nel 1953 il Consiglio della Cultura Nazionale affidò al Dipartimento di Belle Arti la tutela del patrimonio storico-archeologico e la formazione di giovani specialisti di preistoria. Nel 1955 l'Università Silpakorn istituì all'interno della Facoltà di Archeologia il primo corso di Preistoria: solo quarant'anni prima la parola stessa non esisteva nella lingua Thai. Nel 1961- 62 la missione archeologica congiunta thailandese-danese, diretta dall'archeologo P. Sørensen dello Scandinavian Institute of Asian Studies, iniziò gli scavi nei siti di Bang e Lue presso il villaggio di Ban Kao (Thailandia centro-meridionale). In Indonesia l'archeologia degli anni Settanta si è quasi completamente concentrata sul restauro del monumento più importante della nazione: il grande stūpa di Borobudur; nel 1973, a seguito delle ricognizioni condotte dall'archeologo francese B.-Ph. Groslier, l'UNESCO varò un programma d'intervento per il salvataggio dello stūpa e iniziarono i primi lavori di smontaggio, consolidamento e ricostruzione della struttura di base in terra e dei rivestimenti in pietra scolpita. Nelle Filippine, durante il periodo della guerra del Vietnam, nuovi accordi davano intanto vita a diversi progetti congiunti, soprattutto con istituzioni statunitensi: A. Spoehr (Università di Pittsburgh) scavava nell'arcipelago di Sulu (1967); K. Hutterer (Università delle Hawaii) dava vita insieme a R. Tenazas (Università di San Carlos) ai primi programmi di scavo per il salvataggio di aree ecologicamente compromesse (1968-69); Solheim II e l'archeologo filippino A. Legaspi scoprivano i primi chiocciolai preistorici (1972), mentre gli archeologi del Museo Nazionale intraprendevano scavi a Tabon e in altri siti in grotta nell'isola di Palawan. Anche in Thailandia a partire dagli anni Sessanta la presenza di ricercatori americani è diventata sempre più frequente. Nel 1966 Ch.F. Gorman, giovane archeologo dell'Università delle Hawaii, scopriva e scavava uno dei più importanti siti paleolitici della Thailandia: Tham Phi Maen (meglio conosciuto come Spirit Cave), una caverna nella Thailandia settentrionale con evidenze di tipo hoabinhiano. Le ricerche di archeologia storica continuavano intanto sotto l'impulso di eminenti studiosi, tra i quali H.G. Quaritch-Wales, che concentrò i suoi studi soprattutto sulle problematiche legate all'indianizzazione e alla nascita della prima unità statale in Thailandia: il regno di Dvaravati. Tra i progetti americani più noti di quegli anni è la ricognizione dell'altopiano del Khorat, che ha portato all'identificazione di numerosi siti. Tra questi, certamente il più noto è Non Nok Tha (Thailandia nordorientale), dove, tra il 1964 e il 1968, sono state messe in luce diverse fasi necropolari e abitative e quell'ascia in bronzo, definita WOST (World Oldest Socketted Tool) che, erroneamente datata al III millennio a.C., ha aperto una disputa ancora oggi accesa. Fu la querelle provocata dalla WOST a dare, però, un forte impulso a nuovi progetti in Thailandia. Nella valle del Chao Phraya (Thailandia centrale), anche a seguito del pionieristico lavoro di P. Sørensen a Ban Kao, un'altra missione congiunta, la Thai-British Archaeological Expedition, ha indagato nel 1966 il sito di Khok Charoen, ma non un solo frammento di bronzo è stato rinvenuto. I problemi legati alla cronologia dell'età del Bronzo non sono stati risolti nemmeno da una delle più importanti scoperte archeologiche del Sud-Est asiatico continentale: il sito di Ban Chiang. Ancora una volta datazioni radiometriche sembravano suffragare una incredibilmente antica età del Bronzo in Thailandia. A tutt'oggi il rapporto di scavo di Ban Chiang non ha, purtroppo, visto la luce, e pertanto la sequenza stratigrafica del sito, e quindi dei livelli con manufatti in bronzo, non è ancora unanimemente accettata. Infine, nel corso degli anni Settanta e Ottanta l'archeologia dell'Asia sud-orientale ha conosciuto un profondo rinnovamento, grazie non soltanto al lavoro di Ch.F. Gorman, convinto esponente della New Archaeology americana, e di molti altri della scuola di Solheim, ma anche all'attività di promozione svolta dalla Southern Pacific Association for Archaeology and Fine Arts (SPAFA) con sede a Bangkok.

Bibliografia

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