KONYA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

KONYA

T.A. Sinclair

(gr. ᾽Ιϰόνιον; lat. Iconium; arabo Quniya)

Città della Turchia, posta presso il limite meridionale dell'altopiano anatolico.Centro di tradizione antichissima, situato in una regione già popolata dagli Ittiti, K. passò sotto il controllo persiano, appartenne in seguito all'impero macedone e venne infine compresa nella provincia romana d'Asia. Importante centro del cristianesimo primitivo, ospitò un concilio nel 215 e divenne in epoca bizantina sede metropolitana della Licaonia.Dalla metà del sec. 12° alla fine del 13° fu la capitale del sultanato dei Selgiuqidi di Anatolia o di Rūm, la principale dinastia turca dell'Asia Minore pre-ottomana. In questo periodo K. rappresentò il punto di incrocio di due importanti vie commerciali: quella che partendo da Kayseri (Caesarea) e Sivas (Sebasteia) - ove si attestavano i percorsi provenienti dall'Iran e dall'Asia centrale - giungeva ad Antalya (Attaleia), sulla costa meridionale dell'Asia Minore, e proseguiva poi verso i porti dell'Egeo; e quella che da Costantinopoli si dirigeva a S-E attraverso l'altopiano anatolico, subito dopo K. superava la catena del Tauro e attraversava la Cilicia per arrivare ad Aleppo (Beroea).Nel Medioevo il punto focale della città era il tell, sul quale in epoca preistorica era concentrato l'abitato; esso era circondato da uno spazio aperto e fu in quest'area che, alla metà del sec. 13°, vennero eretti i più splendidi monumenti selgiuqidi di Konya. La cinta muraria della città selgiuqide - parte della quale era ancora visibile agli inizi del Novecento - si sviluppava a una certa distanza dall'altura centrale e riprendeva probabilmente il tracciato già stabilito in epoca tardoantica, riutilizzando nella muratura sculture, bassorilievi e iscrizioni di epoca classica.La spianata sommitale del tell ospita l'ampia Alaeddin Cami, così chiamata in onore di Alaeddin Keykubad I (1219-1237), il sultano che portò il regno selgiuqide all'apice della sua potenza e dell'influenza politica. La moschea fu fondata dal sultano Mas῾ūd I (1116-1156), cui si deve una sala di preghiera a pianta trapezoidale, ubicata nell'angolo sud-est del recinto della moschea: la sua copertura piana in legno è sostenuta da serie di archi che poggiano su pilastri con capitelli di reimpiego di epoca antica e tardoantica; il raffinato minbar, posto vicino al miḥrāb, è datato da un'iscrizione al 1155 e indica l'ambito cronologico della costruzione di questa prima sala di preghiera. A O di quest'ultima si trova una seconda aula probabilmente iniziata da Keykavus I (1210-1219) e completata da Alaeddin Keykubad I nel primo periodo del suo regno, intorno al 1220, oggetto di alterazioni e ampliamenti in epoca successiva. Nel cortile, immediatamente a N della seconda sala di preghiera vi sono due kümbet (mausolei): quella occidentale, decagonale all'esterno e sormontata da una copertura poliedrica in mattoni, venne costruita da Kiliç Arslan II (1156-1192) ed era effettivamente adibita a mausoleo reale.Lo stato selgiuqide di Rūm venne sopraffatto dall'impero mongolo nel 1243, ma la sconfitta e il vassallaggio non produssero gravi conseguenze economiche fino agli anni settanta del Duecento; ai sultani selgiuqidi venne imposto semplicemente di riconoscere la sovranità e di pagare un tributo e fino al 1277 i funzionari mongoli non interferirono nelle decisioni interne dello Stato. Sembra che lo stesso impero mongolo abbia contribuito alla prosperità economica dei decenni centrali del 13° secolo. Nonostante l'importante fase costruttiva registrata a partire dal 1190 ca. e proseguita fino al 1285 ca., il momento di massima fioritura architettonica si aprì poco prima del 1243 e raggiunse rapidamente il suo culmine.Il fondatore dell'Ordine sufi dei Mevlevi, Jalāl al-Dīn Rūmī, meglio noto come Mevlana (1207-1273), si stabilì a K. e la sua tekke (luogo di residenza, insegnamento e preghiera) venne fondata nel 1231. Nulla si conserva di questo complesso: la parte più antica dell'edificio attuale, che sostanzialmente è il prodotto di ricostruzioni e ampliamenti a opera dei sultani ottomani, risale al 1273 ed è costituita da un īvān sormontato da un tamburo cilindrico e da una copertura conica, entrambi a profilo esterno mosso da una serie regolare di emergenze semicircolari.L'unico edificio tra quelli costruiti prima del 1243, che si conservi ancora nella sua sostanziale interezza, è la Sirçalı medrese, completata nel 1242. Conformemente alla tradizionale tipologia di tali edifici, anche questa madrasa venne costruita intorno a un cortile rettangolare dotato di un portico; all'estremità occidentale del cortile, di fronte all'entrata, si trova un īvān, fiancheggiato da ambienti cupolati posti in corrispondenza degli angoli. Parti della volta e delle pareti dell'īvān sono ancora oggi decorate con le raffinate piastrelle invetriate (sirça) nei colori turchese e cobalto che in origine ricoprivano gran parte delle superfici dell'edificio: queste piastrelle sono tipiche delle costruzioni turche del sec. 13° in Asia Minore e quelle di K. costituiscono nel loro insieme l'esempio più insigne di quest'arte.La Karatay medrese, terminata nel 1251, venne commissionata da Jalāl al-Dīn Karatay, il visir selgiuqide dell'epoca. Dopo la conquista mongola divenne consueto che le costruzioni più imponenti fossero finanziate dai visir, che in quest'epoca detenevano un reale potere e contavano su immense proprietà terriere. Questa madrasa, piuttosto racchiusa da un portico che disposta intorno a un cortile, presenta nella cupola del vano centrale un'apertura, in origine non protetta da vetri, che lasciava filtrare non solo la luce ma anche l'acqua piovana destinata a riempire la vasca sottostante. Alla sala centrale si accede attraverso un ambiente cupolato posto nell'angolo sudorientale del complesso; verso O, sul vano centrale si apre invece un īvān, la cui cupola, il cui tamburo e i cui pennacchi a più livelli sono decorati con un bel mosaico di piastrelle invetriate, che presenta alcune iscrizioni e, sulla cupola, un motivo che riproduce un cielo stellato. Il pesante e tozzo portale d'entrata, di marmo grigio e bianco, riflette gli aspetti convenzionali, in qualche modo classicizzanti, dell'architettura siriaca del 12° e dell'inizio del 13° secolo.La c.d. Ince minare medrese ('madrasa dal minareto slan.ciato') venne costruita come un dār al-hadīth o scuola per l'insegnamento delle tradizioni concernenti la vita e le parole del Profeta; il suo fondatore fu il visir Fakhr ad-Dīn ῾Alī, più noto come Ṣāḥib ῾Aṭa', che guidò lo stato selgiuqide dopo il 1258. Anche qui si accedeva alle celle degli studenti attraverso un ambiente centrale cupolato e un īvān aperto nel suo fianco occidentale; il vestibolo di ingresso è insolitamente costituito da un ambiente che aggetta dal lato orientale dell'edificio e che non fa quindi parte di una serie di vani. L'ardita decorazione del portale si basa su due gigantesche fasce iscritte disposte verticalmente ai due lati della porta e su altre due iscrizioni che si intrecciano al di sopra del portale e si sviluppano verticalmente lungo la linea mediana della costruzione. Il minareto a destra del vestibolo di ingresso, dal cui originario sviluppo in altezza derivava il nome all'edificio, venne parzialmente distrutto da un fulmine nel 1899; esso era annesso a una piccola moschea, della quale rimangono solo il muro in comune con la madrasa e parte di quello del portico.L'edilizia selgiuqide a K. ebbe termine intorno al 1285 a seguito di molteplici concause. A parte una generale decadenza delle condizioni economiche, la città da tempo non si trovava più lungo importanti itinerari commerciali e i funzionari mongoli che partecipavano sempre più alla direzione dello stato selgiuqide erano propensi a stabilire il loro quartier generale in altri centri più orientali. Lungo le coste occidentali e meridionali dell'Asia Minore presero forma piccoli principati turchi che occupavano parzialmente il territorio dell'indebolito stato selgiuqide, fino a che uno di questi, il principato di Karaman, si impadronì di Konya. In quest'epoca, probabilmente intorno al 1311, lo stato selgiuqide veniva interamente amministrato dai Mongoli e la dinastia selgiuqide si estinse: la capitale dei Karamanidi rimase a Karaman e in questo sito si concentrarono gli edifici voluti dalla nuova dinastia; tuttavia anche a K. vennero realizzate alcune costruzioni di minor rilievo, per es. l'ospedale Hasbey Darülhuffaz, eretto nel 1421. La definitiva conquista ottomana della città avvenne nel 1475.Alcuni degli edifici medievali di K. sono oggi adibiti a musei. La tekke di Mevlana ospita cimeli dell'Ordine sufi dei Mevlevi, tra cui manoscritti miniati del periodo selgiuqide e leggii in legno con decorazioni a intaglio del tardo sec. 13°; il cenotafio di Mevlana, in legno riccamente intagliato, si trova ancora in situ. In un mausoleo annesso alla Karatay medrese è ospitata una ricca collezione di ceramiche, costituita sia da vasellame invetriato di epoca medievale sia da piastrelle invetriate, in particolare quelle provenienti dal palazzo selgiuqide di Kubadabad (nei pressi di Beyşehir, a ca. km. 90 da K.), e una collezione di elementi decorativi in pietra, stucco e legno intagliato, comprendente alcune sculture a carattere figurativo.

Bibl.: A. Kuran, Anadolu Medreseleri [Madrase anatoliche], Ankara 1969, pp. 49-55, 74-75, 105-108; Ö. Bakırer, Anadolu Mihrapları [Miḥrāb anatolici], Ankara 1976, pp. 137-143, 163-164, 173-179, 182-183, 189-190, 207-208; M. Şahinoğlu, Anadolu Selçuklu mimarisinde yazının dekoratif eleman olarak kullanılışi [L'uso delle iscrizioni come elemento decorativo nell'architettura selgiuqide dell'Anatolia], Istanbul 1977; The Art and Architecture of Turkey, a cura di E. Akurgal, Oxford e altrove 1980, pp. 82-94, 170-175, 201-206; O.C. Tuncer, Birkaç Selçuklu taşkapısında geometrik araştırmalar [Ricerche su alcuni motivi geometrici degli architravi selgiuqidi], Vakıflar Dergisi 16, 1982, pp. 62-76; M. Önder, Mevlâna'nın ahşap sandukasi [La cassetta lignea di Mevlana], ivi, 17, 1983, pp. 79-82; C. Cahen, G. Goodwin, s.v. ḳonya, in Enc. Islam2, V, 1986, pp. 251-254 (con bibl.); O.C. Tuncer, Anadolu künbetleri. 1. Selçuklu dönemi [Mausolei dell'Anatolia. 1. Periodo selgiuqide], Ankara 1986, pp. 178-213; Y. Küçükdağ, Konya'da Alâeddin Dârüşşifası [L'ospedale di Alaeddin a K.], Osmanlı Araştırmaları 9, 1989, pp. 347-359.T.A. Sinclair

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