Locke, John

Dizionario di Storia (2010)

Locke, John


Filosofo inglese (Wrington, Somersetshire, 1632-Oates, Essex, 1704). Fu uno dei promotori dell’Illuminismo inglese ed europeo, il primo teorico del regime politico liberale, l’iniziatore dell’indirizzo critico della gnoseologia moderna. Di famiglia puritana, nel 1652 entrava al Christ Church di Oxford, dove, conseguiti i gradi di baccelliere e maestro di arti, continuò a soggiornare pur avendo rinunciato alla carriera ecclesiastica per darsi agli studi di medicina. Ma non conseguì regolarmente il titolo dottorale, impegnandosi con ardore anche in studi di fisica e di fisiologia. Nel 1668 la Royal society lo accolse tra i suoi membri. In questo stesso periodo a Oxford conobbe, in qualità di medico, lord Ashley poi conte di Shaftesbury che lo volle suo ospite a Londra e presso il quale poté far pratica in affari di Stato, collaborando alla soluzione d’importanti questioni economiche e politiche. Quando il conte di Shaftesbury nel 1682 fuggì dall’Inghilterra, L. si ritirò a Oxford, ma, sentendosi sospettato dai partigiani del re, si rifugiò in Olanda, dove sulla Bibliothèque universelle di J. Le Clerc pubblicò, a 54 anni, i primi scritti e dove entrò in relazione con Guglielmo d’Orange. Nel 1689 ritornò in Inghilterra. La sua autorità divenne allora grandissima: egli era il rappresentante intellettuale e il teorico del nuovo ordinamento liberale inglese. Ancora nel 1689 usciva anonima l’Epistola de tolerantia, poi i Two treatises of government (1690) e il suo capolavoro, Essay concerning human understanding (1690). Dal 1691 L. visse quasi sempre nel castello di Oates (Essex), ospite di sir F. Masham, lavorando, pur malfermo in salute, a saggi sulle più varie questioni e interessandosi ancora ai problemi economici e monetari del momento fino ad accettare nel 1696 un incarico nel Board of trade. Come già l’Epistola, The reasonableness of christianity (1695), d’impostazione deistica, lo coinvolse in una lunga polemica resa più acerba dall’apparizione, nel 1696, del Christianity not mysterious di J. Toland. Nel 1693 erano usciti i Some thoughts concerning education; e quattro Letters on toleration apparvero via via dal 1690 al 1706, l’ultima postuma. Nelle sue dottrine politiche, religiose e pedagogiche L. ripete lo stesso atteggiamento da lui tenuto nell’Essay: l’affermazione della libertà individuale nel dominio politico, la difesa della tolleranza in quello religioso, l’ideale educativo che ha di mira la funzione sociale dell’uomo e i compiti che lo attendono nella vita associata hanno come ultimo comune fondamento il principio che l’uomo deve radicarsi nel mondo storico e naturale e organizzare la sua vita in questi limiti secondo criteri derivabili dall’esperienza. Così il fondamento dell’autorità politica non va cercato in motivi di ordine trascendente, bensì nella volontà degli individui, poiché la società politica o civile nasce quando gli uomini cominciano a essere ognuno per proprio conto gli esecutori della legge di natura e rassegnano questo diritto nelle mani della comunità, essendo per altro inteso che una società civile non possa essere costituita affidandosi a una volontà assoluta, cioè all’arbitrario dominio di un uomo sugli altri individui. E se L. ammette il concetto di una verità rivelata, resta per lui che la rivelazione non può mai essere contro la ragione. Coerente con tale orientamento è la dottrina della tolleranza, che per il filosofo inglese si fonda sull’eterogeneità dell’ambito politico e dell’ambito religioso, essendo quest’ultimo un fatto di ordine strettamente interiore. Il potere politico qui non interviene e non ha interesse a intervenire; può tuttavia intervenire in questioni religiosamente «indifferenti», cioè esteriori, della vita religiosa, come certi aspetti del culto. E la tolleranza non è illimitata: ne sono esclusi gli intolleranti, come i papisti, poi quelli che attraverso la religione dipendono da una diversa giurisdizione (come gli stessi papisti che dipendono appunto dal papa), e infine gli atei, che L. considera, in accordo con altri pensatori del suo tempo, degli asociali.

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