Bentham, Jeremy

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Filosofo, giurista ed economista (Londra 1748 - ivi 1832). È stato uno dei maggiori esponenti dell’utilitarismo filosofico («la maggiore felicità del maggior numero di individui») ed un giurista fortemente avverso al giusnaturalismo. Convinto sostenitore di profonde riforme, attraverso la codificazione, delle istituzioni giuridiche in tutti campi (dalla procedura civile e penale, al diritto civile, al diritto penale, al diritto costituzionale), è stato tra i primi ad elaborare una compiuta teoria delle garanzie costituzionali.

Dopo una breve ma molto intensa esperienza d'avvocato, in A fragment on government (1776) criticò la teoria del contratto sociale ponendo l'origine e il fine del diritto nel principio utilitaristico, che informerà la sua opera fondamentale, la Introduction to the principles of morals and legislation (1789). Amico del Morellet e del D'Alembert, seguì con molta simpatia la Rivoluzione francese contribuendo ad essa con alcuni suoi scritti e divenendo, per decisione dell'Assemblea legislativa, cittadino francese. Tutto ciò non gli impedì di rivolgere critiche, per la sua astrattezza, alla Déclaration des droits de l'homme del 1789. Tuttavia, è in nome dei principî universali dell'illuminismo che il B. si batté contro la concezione storica del diritto e riafferma sulla Westminster Review (fondata, insieme con J. Mill e il figlio J. Stuart, nel 1823) l'esigenza di una codificazione definitiva e unitaria della legislazione inglese. Postuma (1834) fu pubblicata la Deontology, or the science of morality, compilata dai discepoli sui suoi appunti. Nella teoria del diritto penale e dell'ordinamento penitenziario, il B. subì l'influsso del Beccaria.

Nel campo della filosofia e dell'estetica, fu uno dei più conseguenti teorici dell'utilitarismo, posto a fondamento della dottrina del diritto e dello stato, e pervenne alla giustificazione dell'altruismo partendo da presupposti egoistici. L'individuo non deve abbandonarsi al piacere immediato, ma tendere al piacere più intenso e duraturo, tenendo conto delle conseguenze che dall'azione deriveranno a sé stesso e agli altri. La limitazione attuale dell'egoismo, che questa considerazione importa, viene compensata dai benefici che l'individuo può aspettarsi in futuro dagli altri da lui beneficati. Pertanto, ognuno deve istituire un vero e proprio calcolo dei piaceri di una possibile azione, tenendo presenti i requisiti del piacere preferibile: intensità, durata, certezza, prossimità, fecondità (tendenza a produrre altri piaceri), purezza (ossia non mescolanza col dolore), estensione (il numero di individui che vengono a godere di quel piacere). È questa l'"aritmetica morale" con cui il B. credeva di trasformare l'etica in una scienza d'indiscussa validità e la legislazione (che ha come fine quello di "massimizzare" la felicità) in una "faccenda di aritmetica".

Tra le sue opere si segnalano inoltre, Traité de législation civile et pénale (1802); Tactique des Assemblées Législatives (1816); Traité des preuves judiciaires (1823); Constitutional Code (1830).

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