Genet, Jean

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Drammaturgo, poeta e romanziere francese (Parigi 1910 - ivi 1986). Dopo un'adolescenza trascorsa tra orfanotrofio, riformatorio e prigione, iniziò (1940) nel penitenziario di Fresnes la sua attività letteraria componendo i versi di Le condamné à mort, in cui già si individuavano modi e temi della successiva produzione (violenza del linguaggio, crudezza delle immagini, rivolta astiosa e irriverente contro le convenzioni, ribellismo individualistico). Durante la permanenza a Fresnes scrisse anche romanzi (Notre-Dame-des-fleurs, 1944; Miracle de la rose, 1946; Pompes funèbres, 1947; Querelle de Brest, 1947) e due opere teatrali sul tema ricorrente della contrapposizione tra servo e padrone (Les bonnes, rappr. nel 1947, e Haute surveillance, rappr. nel 1949). La pubblicazione dell'insieme delle sue opere (1951), con ampio saggio introduttivo di J.-P. Sartre (Saint Genêt, comédien et martyr), segnò l'inizio della sua notorietà; la leggenda dell'uomo, cui contribuì anche la pubblicazione dell'autobiografia Le journal du voleur (1950), rafforzata dalla sua personalità artistica, diede luogo alla creazione del "mito Genet" eroe e santo di un mondo in putrefazione, interprete naïf e insieme intellettuale dei proprî turbamenti. Altri drammi: Les nègres (1958), Le balcon (1959), Les paravents (1961). La sua opera poetica comprende anche Chants secrets (1944), La galère (1945), Un chant d'amour (1946), Le pêcheur du Suquet (1953). G. scrisse anche sceneggiature e diresse il film Un chant d'amour (1950). Abbandonata la letteratura, fu vicino a movimenti radicali di protesta e alle lotte di liberazione dei popoli del Terzo mondo, solidarizzando in particolare con i Palestinesi. Postumo è apparso il suo libro-testamento Le captif amoureux (1986).

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