IRRIGAZIONE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

IRRIGAZIONE

Umberto Messina
Carmelo Formica

(XIX, p. 569; App. II, II, p. 66; III, I, p. 896; IV, II, p. 233)

Recenti sviluppi della tecnica irrigatoria. - Gli sviluppi delle tecniche d'i. confermano indirizzi che tendono anzitutto a ridurre gli oneri di mano d'opera e i lavori gravosi e disagevoli, come quelli connessi alla sistemazione dei terreni e all'adduzione superficiale dell'acqua, ma anche a riconoscere la necessità di un uso più razionale delle risorse idriche con riduzione delle perdite e degli sprechi nella loro utilizzazione. In questo quadro, oltre all'affermata tendenza verso le opere di adduzione e distribuzione in pressione, vanno citati, fra l'altro, la sostituzione delle ali mobili alimentanti gli apparecchi aspersori con reti fisse interrate, o l'impiego di grandi irrigatori a braccio pensile portante un gran numero di aspersori. L'i. a goccia ha applicato le conoscenze attuali, razionalizzando l'utilizzo delle risorse idriche sia nelle colture a pieno campo (fig. 1) che in ambiente protetto (fig. 2).

Le nuove grandi reti di adduzione e distribuzione in pressione hanno contribuito notevolmente al conseguimento degli obiettivi sociali ed economici a cui si è accennato; esse, inoltre, si prestano meglio di quelle a superficie libera a essere dotate di apparecchiature di regolazione, fino a vere e proprie forme più o meno spinte di automazione, che vanno estendendosi per consentire un efficace controllo degli impianti e razionali modalità di distribuzione dell'acqua alle utenze.

La distribuzione ''a domanda'', nella quale è data all'utente la più ampia libertà di scelta dei tempi e dei volumi dei suoi prelievi, è stata spesso considerata, fino di recente, come la più progredita e desiderabile. Si è però dovuto constatare che quanto previsto in tal senso nelle progettazioni, che per i presupposti di quel sistema devono appoggiarsi a metodi probabilistici di determinazione delle massime portate di dimensionamento delle reti, non sempre è risultato del tutto confermato nelle effettive condizioni operative, mentre i costi di costruzione e di esercizio sono piuttosto alti anche per la necessità di un elevato numero di apparecchiature.

Si è fatto, inoltre, strada il dubbio se le valutazioni dei singoli possano, nell'insieme, condurre a gestioni veramente ottimali, o se piuttosto siano conseguibili migliori risultati attraverso l'assegnazione dei tempi e dei volumi di adacquamento da parte del gestore; questi, infatti, non solo può disporre di competenze più valide per scelte razionali basate su informazioni meteorologiche, di climatologia agraria, ecc., delle quali non dispone (o ha minore capacità di efficace utilizzazione) il singolo utente, ma può anche operare le scelte tenendo conto di interessi collettivi, che potrebbero talvolta aver ragione di prevalere su quelli particolaristici del singolo.

Le fonti di alimentazione prevalenti sono sempre le acque superficiali regolate mediante serbatoi artificiali, che molto spesso sono a servizio integrato di diversi usi (potabile, industriale, idroelettrico), conseguendosi così migliore utilizzazione della risorsa idrica e minore incidenza dei costi sull'uso irriguo. Di notevole utilità a livello locale, anche sotto gli aspetti economici, si è confermata la realizzazione dei cosiddetti laghetti collinari.

Sempre diffuso e intenso è il prelievo, specialmente nelle pianure alluvionali, dalle falde sotterranee mediante pozzi e sistemi di sollevamento, che vanno dalle norie azionate da animali e dalle pompe manuali, nei paesi del Terzo Mondo, alle motopompe ed elettropompe dei tipi più moderni. Delicato si presenta spesso il problema della gestione di questa risorsa per le conseguenze che può avere il suo sfruttamento potenziato da mezzi meccanici di attingimento e non controllato: eccessivi abbassamenti dei livelli di falda per forti squilibri fra afflussi alimentanti e prelievi, subsidenza dei terreni e, nelle zone costiere, pericolo d'intrusione del cuneo di acqua marina.

Bibl.: S. Leliavsky, Irrigation and hydraulic design, ii, Hydraulic structures for irrigation and other purposes, Londra 1960; C. Clark, The Economics in irrigation, Oxford 1970; D. Cavazza, La tecnica dell'irrigazione a goccia, in La Bonifica, 3, 1976; Associazione Idrotecnica Italiana, Aspetti tecnico economici dell'evoluzione dei sistemi irrigui, Convegno Nazionale di Ostuni, in Idrotecnica, 5, 1976; H. J. Finkel, Handbook of irrigation, Boca Raton (Florida) 1982; Associazione Idrotecnica Italiana, Numero speciale in occasione del xiii Congresso internazionale su irrigazione e bonifica, Casablanca 1987.

Aree irrigue e risorse idriche. - Nel corso degli ultimi due decenni (1970-90) l'i., sotto la spinta dei pressanti problemi connessi con il rapido e incalzante sviluppo demografico, è stata lo strumento cui si è fatto maggiormente ricorso per accrescere la superficie arabile e aumentare la produttività del suolo. Accurati studi, per altro, hanno dimostrato che, a esclusione di alcune piante come il riso, l'i. di una determinata area, in un dato periodo dell'anno, richiede il consumo della stessa quantità d'acqua, prescindendo quasi completamente dalla varietà delle colture. Ciò ha consentito di diversificare gli indirizzi produttivi delle aree irrigue. Finora, inoltre, il rendimento delle terre irrigue in rapporto al costo dell'acqua era considerato una questione soprattutto individuale. Oggi, invece, il problema del costo dell'acqua diventa sempre più, specie nelle zone aride, una questione di carattere pubblico, e per la sua soluzione si cerca di sostituire le forme tradizionali d'i. con una notevole varietà di tecniche nuove (i. localizzata in pressione, a goccia, ecc.).

La superficie mondiale irrigata, che nel 1975 ammontava a quasi 188.500.000 ha, è passata nel 1990 a circa 220.000.000 di ha, secondo dati della FAO, o a 265.000.000 di ha, secondo altre fonti. Tale discordanza dipende, oltre che dall'oggettiva difficoltà di rilevamento, anche dal fatto che alcuni paesi fanno riferimento alla superficie arabile irrigata, altri alla superficie totale seminata: contano, cioè, le colture ripetute sullo stesso terreno nel corso dell'anno. Esiste confusione, inoltre, tra la superficie per la quale si dispone di acqua per l'i. e quella sulla quale l'i. viene realmente praticata. Pur tenendo conto di queste riserve, si calcola che l'i. interessi almeno il 17÷18% dei terreni complessivamente coltivati.

L'espansione maggiore, in valori assoluti, si è registrata in Asia, dove si concentrano i due terzi della superficie irrigua mondiale e circa il 30% del suolo arabile risulta irrigato. Tra un paese e l'altro, però, esistono differenze molto marcate che riflettono approssimativamente la diversa densità di popolazione: Cina, Corea, Giappone e Taiwan irrigano oltre metà del terreno arabile, mentre Nepal, Cambogia, Thailandia, Filippine, Bangla Desh, Laos e Malaysia ne irrigano meno di un quinto. I paesi che più degli altri hanno contribuito al recente sviluppo irriguo, in misura pressoché uguale, sono gli Stati Uniti e la Comunità degli Stati Indipendenti. In valori percentuali l'incremento maggiore si è verificato nell'ex Unione Sovietica, dove peraltro è stato accantonato un grandioso programma irriguo basato sullo sbarramento del basso corso del fiume siberiano Ob, a valle della confluenza con l'Irtyš, per inviarne le acque verso le regioni aride dell'Asia centrale. In termini percentuali anche l'Africa ha avuto un notevole aumento della superficie irrigua (25%), la quale è cresciuta in misura maggiore della superficie arabile. Ma essa è localizzata in massima parte nell'Egitto, nel Sudan, in Nigeria e nella Repubblica Sudafricana, così che solo l'1,8% della superficie arabile nell'Africa tropicale è irrigato. Anche nell'America latina l'i. interessa appena il 9% della superficie arabile ed è concentrata per un terzo nel Messico.

Le nuove aree irrigue sono state alimentate soprattutto dalle acque fluenti con grandi opere d'invaso e di derivazione: oggi i laghi artificiali sulla superficie terrestre ammontano a circa 10.000, senza contare i piccoli bacini di raccolta e i laghetti collinari a servizio di singole aziende. Ma si è fatto anche abbondante ricorso alle acque sotterranee mediante l'escavazione di pozzi artesiani, spesso profondi fino a 500÷600 metri. La loro diffusione ha interessato soprattutto la Cina settentrionale, dove ne sono stati scavati oltre un milione negli ultimi tempi, il Pakistan e l'India (Punjāb, Rājasthān).

L'espansione dell'area irrigua, come si è detto, è accompagnata da tecniche moderne che consentono un grande risparmio di acqua. Ma ciò avviene essenzialmente nei paesi sviluppati, mentre nel resto della superficie terrestre restano dominanti i sistemi tradizionali e spesso rudimentali, che comportano notevoli sprechi. È stato calcolato che in India il 60-70% dell'acqua immessa in un sistema irriguo si perde per evaporazione nei bacini di accumulo, durante il trasporto e per infiltrazione attraverso il fondo dei canali. In Cina la quantità perduta s'aggira intorno al 50% e finanche i sistemi irrigui più efficienti, come quello del Columbia Basin Project negli Stati Uniti, registrano cospicue perdite a causa dell'evaporazione e delle infiltrazioni.

I paesi in via di sviluppo, nella politica di pianificazione economica, accordano all'i. una priorità assoluta poiché il passaggio da un'agricoltura secca a una irrigua tende a sostituire colture alimentari a basso rendimento con altre ad alta resa, come il miglio (5 q/ha) con il riso (in media 40 q/ha), così da adeguare l'accrescimento dei raccolti al prevedibile raddoppio della popolazione nei prossimi venticinque anni. Essi, comunque, utilizzano solo in parte le risorse idriche disponibili: appena il 3% il Brasile, il 40% la Cina e il 60% l'Egitto.

Teoricamente, quindi, esistono larghi margini di espansione per l'i., tanto più che, a esclusione delle risaie, i consumi calcolati per unità di superficie e per tonnellaggio di prodotti ricavati non cessano di diminuire a mano a mano che si passa dalle tecniche per sommersione a quelle per aspersione e apporto localizzato. Tuttavia, nonostante l'importanza strategica che le viene conferita, l'i. incontra notevoli ostacoli poiché il settore agricolo risulta fragile e minacciato rispetto agli altri settori economici. Esso, infatti, è il più grosso consumatore d'acqua a scala mondiale (2100 × 109 m3/anno contro 630 per il settore industriale e 150 per il settore domestico) e, per contro, è il settore che consegue il più basso valore aggiunto per unità di volume consumato.

Pertanto, tenuto conto di utilizzazioni alternative più redditizie e del fatto che una penuria d'acqua in ambiente rurale non suscita le stesse reazioni di una penuria idrica in ambiente urbano, alcuni studiosi sostengono che in futuro l'i. possa risultare economicamente più conveniente per integrare le risorse idriche di regioni che già ricevono una certa quantità di piogge, ossia per praticare l'i. di soccorso, piuttosto che per conquistare nude superfici desertiche o steppiche. A queste perplessità si aggiungono altre difficoltà di messa in opera o di gestione, per altro non limitate ai soli paesi in via di sviluppo, che ostacolano la diffusione della pratica irrigua. Se ne elencano solo alcune: le dighe per l'invaso delle acque, molto spesso, sono costruite più agevolmente e più velocemente delle opere di canalizzazione e distribuzione; esiste scarsa coordinazione tra opere d'i. e distribuzione e tra opere d'i. e di drenaggio, causa quest'ultima di fenomeni di salinizzazione; la deficienza di capitali si traduce in una mancanza di manutenzione delle infrastrutture, con conseguente degradazione dei comprensori irrigui; le piogge violente convogliano grandi quantità di materiali solidi negli invasi, che sono perciò soggetti a rapido colmamento; la diffusione di malattie specifiche, come la bilharziosi, procede di pari passo con l'estensione della superficie irrigata; si creano conflittualità tra comunità contadine di valle e di monte, soprattutto quando si utilizzano le acque di fiumi che attraversano paesi diversi. Per tali motivi, in alcuni paesi della fascia intertropicale l'i., dopo una fase espansiva, mostra un graduale regresso (Africa nera).

In Italia, considerando i deflussi annui dell'intera rete fluviale e le riserve idriche giacenti nel sottosuolo, l'agricoltura dispone di un potenziale d'acqua che ammonta a 168 miliardi di m3 annui, contro un fabbisogno irriguo stimato pari a 30 miliardi di m3. In linea teorica, quindi, ci sarebbe acqua sufficiente per una generalizzata pratica irrigua. Ma in realtà la disponibilità potenziale si riduce ad appena 18 miliardi di m3 tenendo conto che la maggioranza dei fiumi in primavera-estate accusa forti magre o si prosciuga completamente.

La superficie irrigua, pertanto, resta piuttosto limitata. Infatti è passata da 3.450.000 ha nel 1975 a 3.800.000 ha nel 1990, pari al 16% dell'intera superficie agraria e forestale. Essa è localizzata in massima parte (70% circa) in Italia settentrionale, ma la sua recente espansione è avvenuta soprattutto in Italia meridionale, dove a lungo aveva avuto carattere oasistico e aveva attinto essenzialmente alle risorse idriche del sottosuolo con una miriade di pozzi. Poi, con l'intervento della Cassa per il Mezzogiorno, è stata costruita tutta una serie di laghi artificiali che invasano, nel complesso, 5 miliardi di m3 d'acqua e consentono l'i. permanente di 500.000 ha. Le opere in corso di completamento e i progetti già approntati o in via di definizione, peraltro, prevedono di estendere la rete irrigua a un'area tripla rispetto all'attuale. Anche se questo programma fosse realizzato, la maggior parte del Mezzogiorno resterebbe esclusa dall'i. pubblica. Probabilmente, sebbene manchino dati precisi, la superficie irrigata con acque estratte dal sottosuolo, per iniziativa privata, è molto più estesa. Sulle dorsali collinari argillose, e quindi impermeabili, si va diffondendo, infine, l'uso di piccoli laghi artificiali in grado di accumulare i deflussi dei torrentelli. Essi sono realizzati con sbarramenti in terra di modesta altezza, inferiore ai 10 m, e costituiscono una riserva d'acqua tale da assicurare il fabbisogno irriguo di aziende che vanno da 10 a 100 ha. Si calcola che ne siano stati costruiti circa 8000, in prevalenza nell'Appennino centrale, ma si stima che in tutta l'Italia se ne possano costruire almeno 30.000 a servizio di altrettante aziende.

Bibl.: C. Cupo, Utilizzazione delle risorse irrigue nell'area mediterranea, Napoli 1982; D. Santovito, L'irrigazione: fattore di equilibrio del territorio, in Ricostruire l'agricoltura per ricostruire l'ambiente, Atti del 3° Convegno sulla salvaguardia dell'ambiente nel Mezzogiorno (Lecce, 7-9 ottobre 1982), a cura di C. Santoro Lezzi, Galatina (Lecce) 1983; Th. Scudder, Flood water irrigation in Africa, in FMIS News Letter, 5 (1988); L. De Rosa, Per la storia dell'irrigazione, in Rassegna economica, 3 (1989), pp. 477-92; L'Italia geoeconomica, a cura di G. Valussi, Torino 1989; J. Bethemont, Sur la dynamique de l'irrigation dans les pays en voie de développement, in Revue de géographie de Lyon, 65 (1990), 1, pp. 5-10; P. Faggi, Les développements de l'irrigation dans la diagonale aride entre logique productive et logique stratégique, ibid., pp. 21-26; L. Maurer, Irrigation, riziculture et gestion de l'eau en Indonesie, ibid., pp. 27-37; J.-J. Perennes, Les politiques de l'eau au Maghreb: d'une hydraulique minière à une gestion sociale de la rareté, ibid., pp. 11-20.

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