Nievo, Ippolito

L'Unificazione (2011)

Nievo, Ippolito


Patriota e scrittore (Padova 1831 - Mar Tirreno 1861). Lo straordinario talento letterario, l’attività giornalistica, l’impegno diretto nell’azione politica e militare contraddistinguono una delle figure più atipiche del panorama risorgimentale. Figlio di un magistrato mantovano e di una nobildonna veneziana, ancora studente liceale a Mantova si fece coinvolgere nel tentativo insurrezionale del 1848 e dopo il suo fallimento lasciò deluso la città con un amico, Attilio Magri, per concludere a Cremona l’anno scolastico. I genitori di ambedue i giovani verranno schedati come «compromessi» e sarà questo uno dei motivi per i quali il padre di Ippolito sarà poi trasferito a Udine.  Mandato a Pisa dalla primavera del 1849, nella speranza della famiglia di assicurargli un contesto ambientale meno turbolento, si avvicinò agli ambienti repubblicani e di nuovo non riuscì a rimanere estraneo ai moti che, nel maggio dello stesso anno, scoppiarono in opposizione alle truppe austriache intervenute ad appoggiare il ritorno del granduca. Di nuovo a Cremona, dove conseguì la licenza liceale nel 1850, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Pavia, quindi all’università di Padova dove si laureò nel 1855. Gli interessi di Nievo erano però lontani dalla giurisprudenza e già orientati alla letteratura e al giornalismo. Scriveva racconti, articoli su giornali e riviste, poesie che, nella varietà dei temi e dei generi, sono segnati nello stesso tempo dalla tensione ideale e politica, dalla misura dei toni e, spesso, da un’ironia naturalistica e antiromantica. Con il trasferimento della famiglia a Udine il baricentro di una vita ancora caratterizzata da un inquieto vagabondare si spostò però in Friuli. In quegli spazi egli ambientò il suo capolavoro e nel castello di Colloredo, di proprietà della famiglia materna, trovò il modello per il castello di Fratta. Gli anni fino al 1859 furono quelli in cui si compì tutta la sua vasta produzione letteraria e in particolare la sua opera più importante, Le Confessioni di un italiano, scritta in otto mesi nel 1858, ma pubblicata postuma nel 1867 (curata da Erminia Fuà Fusinato e con il titolo Memorie di un ottuagenario). Romanzo storico con forti accenni autobiografici, il libro è percorso da un profondo spirito patriottico: le vicende personali del protagonista, Carlo Altoviti, si intrecciano con la campagna italiana di Napoleone per arrivare fino rivoluzione del 1848. Vi si racconta la trasformazione dell’Italia, un paese che, semifeudale e chiuso nel regionalismo ai tempi di Carlo bambino, si apre progressivamente per accettare e rivendicare la prospettiva di uno Stato unitario e si racconta attraverso la voce di un protagonista sempre aperto al dubbio e alla riflessione. Nel 1859, scoppiata la seconda guerra di indipendenza, Nievo si arruolò nei Cacciatori delle Alpi di Garibaldi con il quale combatté per tutta la campagna. Si congedò alla fine di settembre per ritornare con la consueta intensità alla sua attività letteraria, ma, nel maggio del 1860, era di nuovo con Garibaldi a Quarto. Si distinse in battaglia a Calatafimi e a Palermo e, passato Garibaldi sul continente, venne nominato capo dell’amministrazione militare. Mentre prendeva avvio la polemica contro i volontari garibaldini e l’amministrazione della campagna, Nievo si impegnò nella difesa della spedizione con un primo resoconto pubblicato nel 1860. All’inizio del 1861, durante un breve ritorno in famiglia, pubblicò un secondo resoconto, ma, dopo lo scioglimento del corpo dei volontari nel febbraio 1861, si recò di nuovo in Sicilia a raccogliere l’ulteriore documentazione che gli era necessaria per rispondere a quella che aveva ormai assunto i caratteri di una campagna diffamatoria. Il 4 marzo si imbarcò per il viaggio di ritorno sul piroscafo Ercole che, con a bordo circa ottanta persone, si inabissava nel Mar Tirreno senza lasciare traccia.

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