IOVIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

Vedi IOVIA dell'anno: 1961 - 1995

IΟVIA

E. Toth

Insediamento romano della Pannonia inferiore, corrispondente all'odierno centro di Alsóhetény, a Ν di Dombovár (Ungheria). Situato sull'antico percorso Sopianae-Brigetio, l'insediamento era costituito dalla città vera e propria (Itin. Anton., 262, 4), fondata probabilmente nel II sec. d.C., dalla necropoli a essa pertinente e da una fortezza (Not. dign., Occ., XXXIII, 61) aggiunta nel IV sec. d.C. Anche la fortezza prese il nome della città: un nome che - similmente alle denominazioni Iovali, Ioviacum, Iovista ricorrenti nella regione del medio corso del Danubio - è di origine celtica, e deriva dalla radice * iou = «adolescente», «giovane».

Oggi, grazie anche a scavi recenti, conosciamo la fortezza e, almeno in parte, la necropoli, mentre la città (le cui rovine sono forse sotto l'attuale Alsóhetény, a O e a S della fortezza stessa) è andata perduta.

Le stele e gli altri monumenti funerari della necropoli relativa al centro abitato del primo periodo imperiale furono reimpiegati, in molti casi, per la costruzione delle mura della fortezza tardoimperiale. Le varie centinaia di frammenti recuperati, per lo più di marmo, vanno dall'inizio del II sec. d.C. al periodo dei Severi, ma evidenziano una certa unitarietà di stile che fa pensare alla provenienza da uno stesso ambito produttivo.

Il loro grande numero, e anche il ritrovamento di un frammento di statua marmorea di imperatore - grande una volta e mezzo il reale - fanno pensare che il centro abitato possedesse il rango di città. Il fatto che la sua importanza fosse ancora notevole nel IV sec. sembra dimostrato anche dalla presenza di un grande mausoleo («mausoleo n. 1»), rinvenuto nella necropoli.

La fortezza fu costruita intorno al 330-350 d.C.: era una base per i rifornimenti e un punto di appoggio occasionale per l'esercito dei comitatenses. Si collega tipologicamente ad altre fortezze note nella Pannonia interna; nella provincia è quella che presenta maggiori dimensioni (m 498 x 450 x 471 x 491). Si distinguono varie fasi costruttive delle mura: quelle del primo periodo, spesse 1,50 m, sono caratterizzate da torri a ferro di cavallo, mentre quelle angolari sono «a ventaglio». La fortezza fu ricostruita nel 360-370: le mura di fortificazione raggiunsero 2,50 m di larghezza e al posto delle vecchie torri ne furono costruite altre a pianta circolare. Le tre porte erano disposte sui lati N, E e S. Attualmente sono in corso scavi nel quartiere NE dell'area interna (due grandi horrea, edifici amministrativi, un impianto termale, la caserma). Anche le altre parti interne della fortezza pontengono qua e là delle costruzioni. La guarnigione era costituita da una coorte, sotto il comando di un tribuno. Sia la fortezza che il centro abitato si spopolarono verso il 430, al tempo dell'abbandono della provincia Valeria in seguito all'invasione degli Unni.

Nella vasta necropoli situata a SE della fortezza si trovavano tombe a camera: almeno una grande e cinque piccole, di cui restano però solo alcune fondamenta. Il tetto di una delle costruzioni era fatto di tegole invetriate. Le tombe erano in mattoni, con tetto a due spioventi. Due delle tombe si possono considerare «gemelle»: una di esse reca all'interno una pittura raffigurante un albero della vita. Il «mausoleo n. 1», riportato alla luce fra il 1984 e il 1987, è lungo 34 m; è costituito da tre ambienti su uno stesso asse: il maggiore a pianta rettangolare (forse era scoperto e si trattava di un cortile), cui ne seguono uno a esedre contrapposte, e infine uno a pianta esagonale, su tre lati del quale si aprono esedre semicircolari. La costruzione si data attorno al 360, ma vi sono da registrare anche interventi successivi, come l'aggiunta, a N, di un vano a pianta approssimativamente quadrata simile a una torretta. Il pavimento dell'ambiente esagonale era rivestito di lastre di marmo; le pareti erano decorate da pitture (sono comparse anche tracce di doratura) e mosaici. Le sepolture occupano solo l'esedra settentrionale. Nell'ambiente ad absidi contrapposte, le cui pareti recavano una decorazione con fiori gialli e stelle su fondo azzurro, il pavimento è sopraelevato; al di sotto di esso, sono allineate numerose sepolture. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di tombe in mattoni chiuse da una lastra di pietra; si sono rinvenuti anche due sarcofagi di pietra liscia, senza decorazioni. L'interno di una delle tombe di mattoni è rivestito con lastre di granito levigate. Nelle tombe poste nell'edificio non sono venuti alla luce né corredi, né capi di abbigliamento; infatti le salme deposte nelle tombe erano asperse abbondantemente di profumi (olio e resina) e avvolte in stoffe, più precisamente in tela di lino e seta naturale damascate; in un caso, sulla stoffa erano dipinte strisce azzurre. In tre delle tombe erano anche presenti fili d'oro; in un'altra, si è riusciti a recuperare un pezzo di stoffa più grande, con motivi decorativi, intessuta con fili anch'essi in oro. Un'altra tomba, infine, venne aperta al tempo dell'abbandono della provincia, e da essa furono trafugati, forse proprio dai fuggitivi, i resti delle stoffe.

La presenza di una sede vescovile (anche la tipologia del mausoleo fa pensare a una comunità cristiana) è documentata dal 381; Amantius, vescovo di I., prese parte al Concilio di Aquileia dove furono condannati gli Ariani. Qualcuno però sospetta che la I. in questione fosse l'omonima città della Pannonia sud-occidentale.

Bibl.: E. Tóth, Ar Alsóhetényi szazadi Eröd és Temetö Kutatása, 1981-1986 («Studi sulla fortezza e sul cimitero di Alsóhetény del IV secolo, 1981-1986»), in ArchErt, CXIV-CXV, 1987-1988, 1, pp. 22-61; id., Die spätrömische Festung von lovia und ihr Gräberfeld, in AVV, XX, 1989, 1, pp. 31-39, con bibl.

(E. Tóth)

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