INGHILTERRA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

INGHILTERRA

M. Blackburn

(ingl. England)

Nome con cui si indica la parte meridionale della Gran Bretagna, a S della Scozia con esclusione del Galles, a O.Durante il Medioevo in I. fiorirono tutte le arti, anche se quanto rimasto è quantitativamente modesto in confronto a quello che si conserva in Francia e in Italia. Le perdite non hanno riguardato in maniera uniforme tutti gli ambiti artistici: si è conservato un discreto numero di opere di architettura sacra e di manoscritti miniati, sebbene per la maggior parte le chiese degli ordini religiosi siano state danneggiate o demolite in seguito alla soppressione dei monasteri (1536-1540), circostanza in cui furono distrutte o disperse anche le biblioteche monastiche. Nei secc. 16° e 17° le chiese, senza distinzione, furono spogliate delle loro immagini devozionali dai riformatori protestanti e quasi tutti gli affreschi scomparvero dietro il bianco di calce dei puritani. Dato il numero esiguo delle tavole dipinte ritrovate e delle pitture murali riportate nuovamente in luce, ogni tentativo di rendere giustizia alla qualità della pittura inglese medievale si deve basare quasi esclusivamente sulle miniature. Gli iconoclasti non furono meno ostili alle raffigurazioni scolpite. Solo le effigi funerarie sfuggirono al loro zelo, e queste, con alcune notevoli eccezioni, sono di mediocre qualità. In ogni caso i monumenti funebri elaborati risalgono agli ultimi tre secoli del Medioevo e le effigi per il loro carattere stereotipato non possono essere considerate un campione rappresentativo della scultura.Tuttavia la devastazione di maggiore entità fu probabilmente quella perpetrata ai danni degli oggetti pertinenti alle arti suntuarie, realizzati con materiali pregiati come metalli o avorio. In questo caso la perdita fu tanto più grave poiché queste erano arti che presso gli Anglosassoni (v.) avevano manifestato un alto livello qualitativo. Non è un caso che Völund/Wieland, il fabbro della saga germanica, avesse la sua fucina sulle colline del Berkshire oltre che in Vestfalia. Altrettanto grave è la perdita di gran parte delle opere scultoree e architettoniche in legno.Nonostante i danni arrecati dai riformatori religiosi, la conclusione che si potrebbe trarre da quello che è ancora visibile è che in I. l'arte medievale fu in prevalenza ecclesiastica; un punto di vista certamente fuorviante, ma che appare difficilissimo da sradicare. Le fonti storiche tuttavia documentano come ogni rango nella gerarchia sociale fosse stimato in base alla qualità dei beni personali, da case e abiti ad argenteria e utensili. La nobiltà secolare, non meno di quella ecclesiastica, era, per così dire, sotto le luci della ribalta per tutta la vita, in un perenne spettacolo fatto di rituali e ostentazione diretto ai pari e agli inferiori. Tale esibizione richiedeva un immenso apparato di equipaggiamenti, costumi e attrezzature che doveva essere rinnovato a intervalli regolari. Questo continuo ricambio fornì un saldo fondamento economico alle varie botteghe di arti e mestieri.La perdita degli oggetti di uso principalmente profano rende azzardata una valutazione - come quella tentata da Pevsner (1956) - sul 'carattere inglese' dell'arte in Inghilterra. Ciò che oggi si conserva non è solo la punta di un considerevolissimo iceberg, ma l'unica parte che fu continuamente esposta alle tendenze, alle mode e agli stili nati fuori dell'Inghilterra. Sotto questo aspetto ciò che resta non è necessariamente in carattere con ciò che è andato perduto. Se si potesse organizzare tutto ciò che rientra sotto l'etichetta di arte medievale sulla base dell'analogia con la gerarchia sociale, l'ampia base della piramide sarebbe quasi certamente permeata da una insularità profonda. Solo ai livelli più alti vi furono molteplici scambi tra l'I. e il continente, e, proprio perché ne sono pervenute le prove, questi scambi hanno attratto l'attenzione degli storici dell'arte. Gli Inglesi raramente mostrarono segni di originalità radicale, e tuttavia non vi fu imitazione pedissequa dei modelli europei. In ogni epoca in I. vi sono stati individui che hanno avvertito l'esigenza di seguire le ultime tendenze europee; ma erano controbilanciati da coloro che continuavano a dare un'impronta insulare a ogni elemento proveniente dall'Europa continentale. I primi proposero i temi; i secondi inventarono le variazioni. Questo flusso e riflusso di accettazione e di resistenza all'Europa è lo schema ricorrente della storia dell'arte medievale inglese.La posizione geografica dell'I. spiega in larga misura questa ambiguità. Fino a quando non venne scoperto il Nuovo Mondo, le Isole Britanniche si trovarono ai limiti del mondo conosciuto. E tuttavia l'Europa continentale non è mai stata troppo lontana e le Isole Britanniche si trovano all'interno di un grande arco che si estende dalla Norvegia alla Bretagna. I mari erano tanto un ponte quanto una barriera e, quando le circostanze lo permettevano, le isole erano aperte a invasioni di natura sia predatoria sia culturale. I predatori provenivano dalla Germania a E, dalla Danimarca e dalla Scandinavia più a N e dalla Francia a S. La Chiesa di Roma - e gli Irlandesi - inviarono in I. i loro missionari. Dopo il 1066 non vi furono più invasioni, ma l'incessante coinvolgimento della Corona, del clero, della nobiltà e dei mercanti inglesi negli affari della Francia e dei Paesi Bassi fece sì che in nessuna epoca committenti di opere d'arte in I. non fossero al corrente di quello che accadeva sul continente.Le varie fasi dell'arte medievale inglese qui considerate, che corrispondono solo vagamente alle tradizionali classificazioni della storia dell'arte basate sullo stile, possono essere correlate a grandi eventi storici, talvolta direttamente, talvolta come conseguenze a lungo termine.L'arrivo degli Anglosassoni nel sec. 5° costituì l'avvio del Medioevo, mentre la Riforma nel sec. 16°, che improvvisamente interruppe il flusso più consistente del mecenatismo ecclesiastico, ne segnò la fine. L'epoca della conquista normanna fu forse quella più drammatica. Prima di tale conquista si erano verificati due eventi di importanza decisiva: la conversione degli Anglosassoni (fine sec. 6°) e l'episodio traumatico delle invasioni vichinghe e danesi (fine sec. 8°-inizi 11°). Dopo la conquista normanna le linee di demarcazione risultarono meno chiaramente definite, ma la perdita della Normandia da parte della Corona inglese agli inizi del sec. 13° segnò il fallimento del primo tentativo di integrare l'I. nell'incipiente struttura politica dell'Europa medievale, mentre la guerra dei Cento anni (1339-1453) rappresentò, in un certo senso, un secondo tentativo di conseguire lo stesso obiettivo per mezzo delle risorse militari di uno Stato nazionale.

L'epoca degli insediamenti

L'effetto più evidente della partenza delle legioni romane nel 410 e della venuta degli Anglosassoni nel sec. 5° fu quello di staccare la Britannia dalle propaggini del mondo classico, per trasferirla a quelle del mondo germanico. I nuovi venuti parlavano dialetti appartenenti alla famiglia delle lingue germaniche occidentali, legati assai strettamente al frisone e al platt-deutsch della Bassa Sassonia. La loro poesia attingeva invece dalla riserva comune dei miti e delle saghe nordiche e se vi fu una differenza tra gli Anglosassoni e le altre stirpi germaniche, questa consistette principalmente nel fatto che i primi erano la meno romanizzata fra tutte le tribù che ereditarono le province occidentali dell'Impero romano.Le idee che essi avevano in fatto d'arte e di architettura erano puramente germaniche: l'arte si identificava con la decorazione. I loro edifici in legno sono attualmente noti soltanto grazie alle fosse nelle quali erano infissi i pali, individuate nei siti oggetto di scavi. I loro gusti artistici si rivelano più chiaramente nei corredi funerari recuperati da luoghi di sepoltura o da ritrovamenti casuali. I capi guerrieri erano sepolti con spade, elmi e scudi; le nobildonne con fermagli e ciondoli. Si trattava degli effetti personali di una società pagana che viveva ancora nell'età eroica e che poneva sullo stesso piano il valore dei materiali e la maestria profusa nella loro lavorazione. Gli oggetti provenienti dalla nave-tomba di Sutton Hoo, del 625 ca. (Londra, British Mus.), sono fino a oggi gli esempi migliori della perizia dei primi artefici anglosassoni del metallo, ma non vi è alcuna ragione di supporre che tali opere fossero eccezionali. Esse mostrano che duecento anni dopo il loro arrivo in I. gli Anglosassoni facevano ancora sostanzialmente parte del primitivo mondo germanico.Nondimeno, gli invasori non rimasero totalmente immuni all'influenza del nuovo ambiente. Se furono indifferenti alle vestigia dell'occupazione romana, la coabitazione con i Celti romanizzati lasciò segni indelebili sulla loro identità culturale. Quando nel sec. 7° si affacciarono alla luce della storia, essi avevano già acquisito caratteristiche che li distinguevano dai loro parenti frisoni e sassoni. I geni celtici non furono l'unico fattore in questa trasformazione. Che se ne rendessero conto o meno, nel varcare la soglia di quello che una volta era stato il mondo romano, essi diventarono degni di unirsi alla cerchia esclusiva delle tribù germaniche migranti che si consideravano eredi di Roma. Tuttavia, fino a che essi rimasero pagani, fu loro interdetta la partecipazione attiva alla fase postimperiale della civiltà romana. Soltanto quando venne compiuto il secondo e più decisivo passo, quello di adottare la religione dei Romani - tale doveva apparire a tutte le popolazioni germaniche il cristianesimo -, essi poterono godere dei frutti di tale appartenenza. Una conseguenza immediata della loro conversione fu l'approccio alle grandi tradizioni dell'arte e dell'architettura mediterranee, ormai adattate al servizio della Chiesa cristiana.

La conversione e le sue conseguenze

Al concilio di Arles del 314 erano presenti vescovi cristiani provenienti dalla Britannia romana e quando nel 597 papa Gregorio I Magno inviò in I. la missione di s. Agostino è quasi certo che fosse sua intenzione estendere all'antica provincia le disposizioni ecclesiastiche in uso in Gallia a partire dal sec. 4°, che prevedevano la presenza di un vescovo in ciascuna civitas del sistema amministrativo romano. Ma l'ambiente a cui si trovò di fronte Agostino al suo arrivo non somigliava in alcun modo alla Britannia romana di cui nella Roma papale si aveva un vago ricordo. Ci volle quasi tutto un secolo perché in I. venisse istituita un'organizzazione ecclesiastica permanente, con diocesi corrispondenti non alla struttura tribale celtica, bensì a quella anglosassone. Questo fu uno dei molti modi in cui la Chiesa fu costretta ad adattarsi a un sistema di pensiero che era di gran lunga più germanico che romano. I compromessi non interessarono la liturgia, ma ebbero libero corso nella prima fioritura dell'arte religiosa inglese.Le prime chiese non avevano ambizioni architettoniche. Le basiliche di tipo paleocristiano furono rare, se pure ne furono costruite: l'unica nota, la cattedrale di Canterbury (Kent), era una sala romana riutilizzata. Le chiese erano in massima parte semplici capannoni in muratura, di solito piccoli, con l'unica eccezione di Brixworth (Northamptonshire), del 650 ca., a testimonianza del fatto che forse le dimensioni di tali edifici potevano variare più di quanto i reperti inducano a ipotizzare. In I. non vi erano molti spolia romani. Quando si diceva che le chiese erano state costruite more Romanorum, ciò significava che erano di muratura piuttosto che di legno. È probabile che esse fossero costruite da artefici provenienti dalla Gallia.Di per sé le dimensioni non forniscono alcun indizio riguardo ai modelli: le chiese del sec. 7° di Costantinopoli e delle città dell'Italia settentrionale avevano infatti dimensioni modeste come quelle dell'Inghilterra. Nel progetto delle chiese inglesi è interessante il modo in cui esso rifletteva la percezione legalistica del cristianesimo peculiare delle popolazioni germaniche convertite. Gli edifici ecclesiastici erano imprese private del fondatore e della sua famiglia, che in cambio richiedevano l'appoggio celeste dei santi dedicatari. La chiesa rappresentava fisicamente quasi alla lettera questo patto, nei suoi due elementi essenziali: il coro, in cui si trovava l'altare con le reliquie del santo, e la navata, destinata alla devozione dei laici. Nel corso del tempo attorno a questo nucleo si aggiunsero navate laterali, cappelle, portici e torri, ma per tutto il Medioevo in I. la linea fondamentale che divideva la navata dal coro rimase il punto di partenza per la costruzione delle chiese. Le due parti, orientale e occidentale, erano spesso costruite e ricostruite in tempi diversi in base ai loro differenti scopi.La seconda fondamentale conseguenza della conversione degli Anglosassoni fu l'introduzione in I. dell'arte figurativa. Si verificò una breve ripresa della scultura figurativa in pietra, rappresentata dalle croci di Ruthwell e Bewcastle (Northumbria), vicino al confine scozzese, un fatto quasi unico nel mondo cristiano di quel periodo (fine sec. 7°), probabilmente ispirato dalle limitrofe vestigia romane, sebbene l'iconografia implichi un contatto con fonti teologiche mediterranee. Croci in pietra, per lo più aniconiche, continuarono a essere scolpite per tutto il periodo anglosassone e l'esistenza di questa tradizione autoctona deve aver contribuito alle tendenze eclettiche della scultura romanica in Inghilterra. Tuttavia i reperti sono per lo più frammentari e lo sviluppo artistico di quest'epoca non è comprensibile se non in relazione alla coeva produzione miniata.La missione romana condusse con sé in I. testi biblici con ritratti degli evangelisti e dei profeti; successivamente i chierici inglesi che si recarono in Italia acquistarono libri di ogni genere per le biblioteche monastiche. Questi modelli furono copiati in scriptoria inglesi, soprattutto in Northumbria, e ampiamenti diffusi. Una di queste copie, il Codex Amiatinus, fu inviata in Italia e oggi è conservata a Firenze (Laur., Amiat. 1). Le miniature contenute in questi primi manoscritti inglesi costituiscono i capolavori dell'epoca (secc. 7°-8°), tra cui si distinguono i Vangeli di Lindisfarne, del 720 ca. (Londra, BL, Cott. Nero D.IV). La derivazione dei ritratti degli evangelisti dai prototipi paleocristiani è chiara, ma essi erano accompagnati da iniziali estremamente decorate e da pagine di puri orditi di incredibile complessità, che non avevano alcun confronto in area mediterranea. Quale possa essere stato il significato o il fine di una tale profusione di decorazione è oggetto di controversia, ma il suo retroterra era celtico e germanico e i sentimenti religiosi a cui dava espressione erano quasi certamente impregnati di residui pagani, come potrebbe analogamente dedursi dall'indifferenza per l'arte figurativa in quanto tale, che nel corso del sec. 8° determinò una maggiore astrazione: si confrontino in proposito i Vangeli di Lindisfarne con il Libro di Kells, degli inizi del sec. 9° (Dublino, Trinity College, 58, già A.I.6). Questa tendenza potrebbe essere interpretata come un ritorno all'insularità. Il precoce avvio non fu incrementato e bisognò nuovamente attingere alle correnti principali dell'arte paleocristiana per rivitalizzare e rafforzare i primi contatti, prima che si potessero compiere altri progressi. I nuovi stimoli arrivarono a tempo debito dall'impero carolingio, ma, prima che potessero avere un effetto consistente, l'I. fu devastata da una sequela di invasioni danesi e vichinghe, a cui fecero seguito guerre di riconquista. Questo intermezzo drammatico durò per quasi tutto un secolo.

L'episodio scandinavo e le sue conseguenze

Sebbene gli invasori possedessero un senso estremamente sviluppato dell'ornamento, il loro contributo alla storia dell'arte inglese fu sostanzialmente negativo. Essi diedero alle fiamme la maggior parte delle antiche chiese, distrussero tutto, eccetto un esiguo numero di libri in esse contenuto, e portarono via come bottino i loro tesori. In pratica cessò la vita monastica regolare e per un certo periodo di tempo l'intera I. orientale (Danelaw) fu nelle mani degli invasori, che posero fine alla fondazione di nuove chiese in quella parte del paese. Il Wessex anglosassone riuscì a sopravvivere, ma ebbe bisogno di tutte le sue risorse per farlo e nulla rimase per il finanziamento delle chiese. Solo a partire dal regno di Etelstano (924-939) i re del Wessex conseguirono il dominio sull'intero regno; ebbe allora inizio il processo di assorbimento delle popolazioni di insediamento recente nell'amalgama etnico della nazione inglese.Alla fine del sec. 10° vi furono altre incursioni e, a partire dal 1017-1042, il paese fu governato da una dinastia danese. Per quell'epoca tuttavia il legame con la Scandinavia non aveva più l'effetto di allontanare l'I. dall'Europa continentale; l'unico interrogativo è se essa abbia guardato o meno all'Europa continentale come parte di un impero scandinavo. La situazione mutò con la conquista normanna del 1066.La rinascita delle arti dopo la crisi dei secc. 9° e 10° è strettamente connessa con la rifondazione dei monasteri inglesi. Questa impresa, che interessò gran parte della seconda metà del sec. 10°, fu presieduta da tre vescovi: Dunstano, Etelvoldo e Osvaldo, che si ispirarono ai monasteri riformati di Cluny e della Bassa Lotaringia. Ci si sarebbe potuti perciò aspettare che i monasteri religiosi riformati si fossero conformati a precedenti monasteri benedettini basati su un impianto simile a quello del piano di San Gallo (Stiftsbibl., 1092), dell'820 ca., e che le loro chiese avessero emulato gli edifici tardocarolingi o protoromanici dell'Europa continentale. Ma non accadde questo. Per quanto è noto, l'interesse principale della rinascita era quello di rendere i nuovi edifici il più possibile simili ai loro precedenti profanati. I vescovi guardavano al passato, non al futuro. Sarebbe stato forse diverso se qualcuna di queste fondazioni fosse stata realmente nuova; ma vi fu un lungo intervallo tra St Albans (Hertfordshire), che si dice sia stata fondata da re Offa nel 793, e Bury St Edmunds (Suffolk), fondata da re Canuto nel 1015. Non è dato sapere se una di queste due chiese avesse legami con la cultura carolingia o con quella ottoniana. Scavi recenti hanno confermato che alla cattedrale di Canterbury, quando essa all'inizio del sec. 11° divenne anche monastero, furono aggiunti un'abside e un transetto occidentali; ciò la rese una chiesa doppia, come alcuni esempi ottoniani. Altre indicazioni sono offerte dalle decorazioni a lesene di chiese parrocchiali anteriori alla conquista normanna. Tuttavia il prestito fu tutt'al più selettivo. Prima della ricostruzione dell'abbazia di Westminster da parte del re Edoardo il Confessore (1043-1066), alla vigilia della conquista normanna, non esiste alcuna prova chiara dell'interesse degli Inglesi per chiese di grandi dimensioni secondo le tipologie in uso nell'Europa continentale.Già al tempo di Carlo Magno, re Offa intratteneva rapporti diplomatici con il grande vicino; durante i giorni più oscuri delle guerre danesi, Alfredo, re del Wessex (871-899), ritenne opportuno mantenere relazioni con ecclesiastici e governanti locali nelle Fiandre e anche contatti con Roma. Sulla stessa linea si mosse suo nipote, Etelstano, che pure pretese per sé il rispetto dovuto a uno dei più importanti governanti europei dell'epoca. Fu necessario molto tempo perché maturassero i frutti artistici - dei quali peraltro si è attualmente conservato assai poco - di questi contatti politici. È possibile che la lavorazione del metallo nella tarda età anglosassone, descritta nei coevi resoconti dei tesori delle chiese anteriori alla conquista normanna, fosse un'estensione oltremare di un'arte che stava diventando peculiare della regione mosana e di varie aree della Germania ottoniana, ma l'unico caso in cui il debito degli Anglosassoni nei confronti dell'Europa continentale si può dimostrare fu nell'ambito della produzione miniata. Diversamente dagli architetti, infatti, i miniatori non mostrarono alcun interesse per gli stili anteriori all'invasione. L'influenza dominante fu quella di un codice carolingio, il Salterio di Utrecht (Bibl. der Rijksuniv., 32), dell'840 ca., realizzato vicino a Epernay; non è noto quando, o in quali circostanze, esso giunse in I., ma non appena iniziò la produzione su vasta scala di libri destinati ai monasteri restaurati, nella seconda metà del sec. 10°, le loro illustrazioni furono eseguite nello stile impressionistico del Salterio di Utrecht. La fiorente scuola degli artisti inglesi legati a questo stile prende il nome da Winchester, anche se oggi non si ritiene più che abbia avuto lì il suo centro. Lo 'stile di Winchester', basato sostanzialmente sul disegno - benché talvolta i disegni fossero colorati e talora riccamente dipinti, come nel Benedizionale di s. Etelvoldo (Londra, BL, Add. Ms 49598) -, rimase in uso fino al sec. 11°, ma, soggetto a uno sviluppo continuo, irrigidì gradualmente il tratto scintillante e nervoso dei primi disegni, quasi fosse opera di artisti principalmente usi a progettare oggetti che richiedevano una definizione formale più netta, come la lavorazione del metallo. Se così fosse, si sarebbe avuta già nell'I. della metà del sec. 11° la situazione descritta nella Diversarum artium schedula di Teofilo, che dava per scontato che i manoscritti e i lavori in metallo fossero opera degli stessi artigiani.

La conquista normanna e i suoi effetti

Fino al 1066 non era ancora certo se l'I. avrebbe fatto parte del mondo scandinavo o se il suo futuro sarebbe dipeso da un più stretto legame con quella che doveva divenire la Francia. I Normanni erano etnicamente vichinghi, ma i vichinghi che si erano avventurati all'estero per cercare fortuna erano 'camaleonti culturali', pronti ad adottare i modi e le forme di ogni stile di vita superiore in cui si imbattevano; a Palermo essi divennero in parte arabi e nella Francia settentrionale, entro certi limiti, divennero francesi; nel sec. 11° la Francia non era ancora uno Stato nazionale, ma aveva già una sua civiltà. L'effetto immediato della conquista normanna dell'I., che sovrappose una nobiltà che si considerava francese a una popolazione anglosassone assoggettata, fu quello di introdurre tensioni inedite nel mondo artistico inglese. Mentre le richieste dei nuovi committenti avevano le loro radici quasi esclusivamente in Francia, gli artisti che dovevano soddisfare tali esigenze o avevano una cultura integralmente insulare oppure erano toccati da correnti provenienti dalla Germania e dai Paesi Bassi. Per risolvere i contrasti, talvolta espliciti, talvolta latenti, ci volle quasi lo stesso tempo necessario perché il franco-normanno e l'anglosassone si fondessero nella lingua inglese moderna.Fu nell'ambito dell'architettura che il mecenatismo normanno ebbe le conseguenze più evidenti. Qualunque fosse stata la tendenza che nell'I. precedente alla conquista determinava il processo di allineamento di questa con il resto dell'Europa, tale processo fu velocissimo su questioni relative alla costruzione delle chiese e alla struttura degli edifici monastici. Nel corso dei cinquant'anni successivi al 1066 tutte le cattedrali inglesi e la maggior parte delle principali abbazie ebbero una nuova chiesa. I modelli di questi edifici furono molti e vari, ma nessuno di essi anglosassone. Vi fu uno straordinario incremento delle dimensioni, anche rispetto ai canoni della stessa Normandia, come se acquisendo un regno i Normanni si sentissero autorizzati a competere con i più grandi committenti del Romanico nell'Europa continentale, come l'imperatore tedesco o l'abate di Cluny. La dimensione che venne maggiormente ricercata fu la lunghezza: il corpo longitudinale delle chiese di St Albans, Winchester (Hampshire), Ely (Cambridgeshire), Londra, Norwich (Norfolk) superava di gran lunga quello di qualsiasi chiesa coeva, rivaleggiando addirittura con la basilica di S. Pietro in Vaticano.Gli studiosi inglesi, preoccupati dalla possibilità di un ridimensionamento delle conquiste dell'arte anglosassone, sono stati spesso propensi a considerare la predilezione dei Normanni per le ampie dimensioni come segno di volgarità e manifestazione di arroganza. Tuttavia queste enormi strutture rispecchiavano fedelmente l'atteggiamento prevalente della Chiesa dell'epoca. Sulla scia della riforma gregoriana, eminenti prelati sostennero la necessità di edifici che fossero proporzionati allo status che la Chiesa rivendicava per se stessa e il grande dibattito dei decenni a cavallo del 1100 ebbe come oggetto la forma corretta che questi edifici dovevano assumere. I Normanni optarono in modo singolarmente deciso per una monumentalità portata fino ai suoi limiti, che essi conseguirono unendo robusti sostegni e arcate, dando origine ad alzati simili a quelli degli acquedotti romani. La più monumentale di tutte le loro cattedrali, quella di Durham (1093-1133), non sfigurava al confronto con quella di Spira e con Cluny.È provato che alcuni degli edifici più ambiziosi avevano copertura a volte, di solito solo al di sopra dell'altare maggiore, ma intorno agli anni trenta del sec. 12° sia Durham sia Lincoln (Lincolnshire) erano interamente voltate. Tuttavia l'evoluzione delle coperture a volte in I. mutò il proprio corso. Le volte costolonate del coro di Durham (1093-1104) erano coeve a quelle dei transetti di Spira e tra le prime in Europa. Ma mentre nella Francia settentrionale le volte costolonate dovevano presto divenire un elemento caratteristico di tutte le grandi chiese, l'interesse degli Inglesi per le volte sembrò svanire. Nel sec. 12° vi fu una reazione contro la copertura a volte e tale tendenza fu invertita soltanto con l'introduzione del Gotico alla fine del secolo. Perfino allora le volte inglesi raramente assomigliarono a quelle del Gotico francese.Sarebbe facile interpretare questa divergenza come un sintomo di rinascente insularità, ma in realtà l'I. non fu l'unica parte d'Europa in cui la creatività architettonica diminuì: qualcosa del genere accadde a quasi tutte le varietà regionali del Romanico. Fu come se si fosse raggiunto un limite oltre il quale non era possibile compiere alcun progresso senza un radicale mutamento di direzione, che poteva assumere due forme: uno spostamento del centro focale della creatività architettonica dalla costruzione alla decorazione oppure una forma interamente nuova di costruzione. Fu su questo punto che il Romanico e il Gotico si divisero, ma per la maggior parte del sec. 12° fu il Gotico a non stare al passo con il resto. Per quanto riguarda l'I., tuttavia, lo spostamento dell'interesse verso la decorazione segnò la fine di uno dei due brevi periodi in cui l'architettura inglese fu all'avanguardia in Europa.L'austerità della prima generazione di edifici normanni in I. potrebbe condurre all'erronea conclusione che i Normanni non fossero interessati alle arti decorative. Una prova del contrario è costituita dal ricamo di Bayeux, anteriore al 1082 (Bayeux, Tapisserie de Bayeux) - una chanson de geste raccontata in 'strisce' che celebra la conquista normanna -, il quale, sebbene eccezionale, non fu probabilmente unico. Il ricamo fu opera quasi certamente di maestranze anglosassoni e verso la fine del secolo una rinascita generale di temi anglosassoni è manifesta nei manoscritti posteriori alla conquista normanna.Per tornare all'architettura, l'edificio che ebbe veramente influenza nel sec. 12° sulla maggior parte dei committenti ecclesiastici non fu Durham, bensì il nuovo coro ampliato di Canterbury (ca. 1100-1130, più aggiunte posteriori). Questo fu distrutto in un incendio nel 1174, ma ne sono sopravvissute alcune parti e se ne conservano descrizioni coeve. Di dimensioni modeste, esso era privo di volte, ma la struttura era ravvivata da finestre con vetrate, da un soffitto dipinto, da pavimenti arricchiti da motivi decorativi e addirittura da marmi preziosi come l'alabastrite, oltre ai dossali scolpiti e ai capitelli ornati di sculture nella cripta. L'effetto complessivo deve essere stato quello di un insieme sontuoso di forme e colori. Sembra che la decorazione sia stata via via aggiunta, senza alcun messaggio iconografico unificatore diverso dal principio su cui concordavano i monaci di Canterbury e di Cluny: che Dio e i santi condividevano il loro piacere nella decorazione e lo consideravano un segno della loro devozione. Questo atteggiamento era diffuso tra i vescovi e i monaci benedettini dell'I. del 12° secolo.Nel sec. 12° Canterbury fu un importante centro di produzione di ogni genere di opere d'arte. Possedeva un fiorente scriptorium, vi fu commissionato uno dei primi programmi di scultura per l'I. ed è stato ipotizzato che proprio a Canterbury fosse stato realizzato il candelabro di Gloucester, del 1110 ca. (Londra, Vict. and Alb. Mus.), una tra le poche conservate delle opere in metallo riccamente lavorate di cui un tempo ogni grande chiesa doveva essere fornita. La sua preminenza ecclesiastica e la sua posizione geografica (più vicina a Calais che a Londra) collocarono Canterbury all'interno del raggio di influenza del continente e delle concezioni artistiche europee in una misura che non trova riscontro in nessun altro luogo in Inghilterra.Purtroppo è difficile precisare un panorama delle varianti stilistiche del Romanico inglese, perché le opere d'arte decorativa e figurativa si sono conservate totalmente decontestualizzate, sicché è impossibile risalire al luogo di produzione.La scultura romanica inglese comprende molte opere di straordinaria qualità: i capitelli di Canterbury, i pannelli dei dossali del coro di Chichester (West Sussex) e di Durham, i portali di Ely e di Malmesbury (Wiltshire) e il fregio di Lincoln; tuttavia su ciascuna di queste opere si incentrano questioni stilistiche irrisolte. Quello che appare chiaro è che in I. la scultura romanica scaturì da un milieu differente dall'architettura dello stesso periodo. Alcune opere indicano legami con la Germania piuttosto che con la Francia, come per es. il candelabro di Gloucester, per il quale si è ricercata l'origine nella Germania ottoniana. I pochi indizi concorderebbero in tal caso nel costituire un argomento a favore della tesi secondo cui molte delle correnti del mondo artistico anglosassone non furono distrutte dalla conquista normanna.Un altro centro importante del sec. 12° fu Bury St Edmunds, dove operò un'autorevole personalità, il maestro Hugo, che miniò la Bibbia di Bury, del 1135 ca. (Cambridge, C.C.C., 2), e, a quanto è noto (Gesta sacristarum; Rer. Brit. MAe. SS, XCVI, 2, 1892, p. 289), realizzò alcune statue, fuse una campana e le porte in bronzo per l'abbazia. A giudicare dalla Bibbia, Hugo fu il più eminente artista di un gruppo di talenti che innalzò la pittura inglese a un livello che non trova riscontro in nessun altro periodo del Medioevo. La serie di capolavori ebbe inizio con il Salterio di St Albans, del 1125-1130 ca. (Hildesheim, St. Godehardskirche., 1169), e proseguì con la Bibbia di Bury, con quella di Lambeth, del 1160 ca. (Londra, Lamb., 3), e con quella di Winchester, del 1155-1185 ca. (Winchester, Cathedral Lib., 3). Tali opere nulla dovevano alla tradizione anglosassone, sicché è molto discutibile l'ipotesi che gli artisti avessero questa origine. Il motivo convenzionale del c.d. panneggio bagnato, di origine bizantina, pone molti di questi artisti in relazione con la corrente dominante della pittura europea, ma i legami stilistici con un'area estesa dalla Germania alla Sicilia e alla Spagna non sono stati ancora pienamente compresi. Essi rispecchiano tuttavia il carattere europeo del regno anglonormanno.Dati gli orientamenti politici e culturali dell'I. in seguito alla conquista normanna, fu inevitabile che i caratteri cosmopoliti fossero evidenti soprattutto nel Sud-Est e che a confronto l'Ovest e il Nord apparissero provinciali, anche se per tutto il sec. 12° nella parte occidentale del paese (per es. Tewkesbury e Gloucester nel Gloucestershire) operò una fiorente scuola di architettura rimasta attiva anche nel periodo gotico; la scultura si sviluppò nell'area in cui operò quella che viene comunemente denominata scuola dello Herefordshire. L'I. settentrionale invece non presenta un'abbondante produzione nell'epoca romanica. Durham fu un fenomeno unico, e l'influenza di York (North Yorkshire), nota soltanto grazie a indagini archeologiche, si limitò a un'area molto ristretta. Nello Yorkshire meridionale è stata identificata una modesta produzione scultorea, ma non sembra esservi stata una corrispondente scuola architettonica romanica.L'architettura si sviluppò nel Nord con le chiese dei Cistercensi e dei Canonici di s. Agostino. La prima abbazia cistercense in I., Waverley (1128), sorse nel Surrey, ma per la maggior parte le loro case furono fondate nel Nord o lungo il confine con il Galles. I primi Cistercensi e i Canonici non utilizzarono la decorazione propria dell'arte romanica, prediligendo uno stile estremamente semplice, e la contrapposizione tra le loro chiese e il Romanico delle cattedrali o delle abbazie benedettine fu molto più netta di quanto non fosse in Germania o in Italia. Gradualmente le differenze si attenuarono, come si può rilevare confrontando Rievaulx (North Yorkshire), Fountains (North Yorkshire) e Kirkstall (West Yorkshire). Intorno al 1170, inoltre, prese il via un nuovo percorso stilistico e i Cistercensi, legati alla Francia, furono uno dei vari canali attraverso cui il Gotico giunse in I. (Roche nel Nottinghamshire; Byland nel North Yorkshire).L'I. fu il primo paese ad accettare le novità del Gotico prima che tale stile si diffondesse molto oltre la stessa Francia, sua regione d'origine. È possibile che l'arcivescovo Tommaso Becket, assassinato nel 1170, avesse progettato di erigere a Canterbury una cattedrale completamente nuova e che il coro di quella esistente, ricostruito dopo l'incendio del 1174, fosse opera dell'architetto da lui designato, Guglielmo di Sens. Il coro di Canterbury, probabilmente il primo - e certamente il più francese - degli edifici gotici inglesi, è considerato come l'opera che inaugurò una nuova era nella storia dell'architettura inglese, ma fu anche una conseguenza indiretta del profondo coinvolgimento della monarchia negli affari della Francia, che proseguì per tutto il sec. 12° e che giunse al termine quando nel 1204 fu interrotto il legame con la Normandia. Allora i re divennero re d'I., la nobiltà anglonormanna dovette decidere se essere inglese o francese e la Manica costituì una barriera difensiva piuttosto che un ponte. In questa nuova situazione le arti divennero ancora una volta decisamente insulari e si determinarono le condizioni per cui poterono iniziare ad acquisire un carattere prettamente nazionale.

L'early English (ca. 1200-1350)

Sarebbe erroneo pensare che con il disfacimento dell''impero angioino' l'influenza del continente cessasse completamente e che gli Inglesi si ripiegassero su se stessi. Quello che accadde fu che le relazioni vennero impostate su basi diverse e che l'I. divenne qualcosa di più di una colonia culturale. Chiari segni di distacco dal continente sono la quasi totale assenza del Muldenfaltenstil nella pittura o nella scultura e il rifiuto o l'incapacità di realizzare il Gotico francese da parte degli architetti inglesi del 13° secolo. Dopo il coro di Canterbury nessuna grande costruzione inglese tentò di sembrare francese, come avvenne invece per le cattedrali di Colonia in Germania o di León in Spagna, fino al momento in cui, negli anni novanta del Duecento, venne ricostruita la navata di York. Nel corso del sec. 13° un'attività costruttiva continua modificò l'aspetto di ogni cattedrale o abbazia, ma questa enorme profusione di energie non fu guidata da un'idea generalmente accettata di quello che una chiesa gotica avrebbe dovuto essere, come dimostra il fatto che ogni edificio era diverso dall'altro. La cattedrale di Wells (Somerset), iniziata nel 1180 ca., era costituita da una struttura anglonormanna con un rivestimento di decorazione gotica; quella di Lincoln, iniziata nel 1192, era un insieme assai singolare di variazioni sul tema di Canterbury; quella di Salisbury (Wiltshire), cominciata nel 1120, reagì violentemente contro i manierismi di Lincoln e questo la portò abbastanza vicino agli ideali del Gotico classico francese, quantunque in una forma provinciale. Il prospetto occidentale era l'elemento della costruzione con maggior carattere di uniformità, con la notevole eccezione di Peterborough (Cambridgeshire), forse la prima fra queste chiese a essere progettata, in cui la fronte dell'edificio era in realtà un nartece strutturato secondo l'ordine gigante. Gli edifici di Wells, Lincoln e Salisbury adottarono tutte la facciata schermo con l'intenzione, non sempre soddisfatta, di usarla come supporto per le sculture. Solo a Wells si è conservato il complesso scultoreo, a testimoniare il contrasto tra questa soluzione e i profondi portali scolpiti delle cattedrali francesi.L'abbazia di Westminster (1245) - solitamente citata come il tentativo inglese di costruire una chiesa secondo lo stile del Gotico classico francese perché la sua elevazione è molto maggiore della media degli edifici - sarebbe stata tuttavia considerata dai Francesi come una caricatura. Westminster era già la chiesa dove venivano incoronati i re inglesi ed Enrico III (1216-1272) le conferì la funzione di mausoleo reale, in virtù della quale divenne l'equivalente inglese della parigina Saint-Denis. Sebbene l'architettura fosse debitrice al Gotico francese, in particolare per quanto riguarda le tipologie di traforo (tracery), che proprio Westminster introdusse in I., la maggior parte dei nomi nei resoconti dei lavori di costruzione è inglese, e non tutti gli stranieri presenti alla costruzione erano francesi: alcuni di essi venivano dalla Spagna e da Roma e per es. si deve forse a Pietro di Oderisio la pavimentazione musiva di gusto cosmatesco. La predilezione di Enrico III per gli artisti del continente istituì una moda seguita dalla maggior parte dei suoi successori, ma quasi per definizione le preferenze artistiche della Corona costituivano un'eccezione piuttosto che la regola nell'intero paese.Nel corso del tempo, in I. come altrove in Europa, il traforo sarebbe diventato lo strumento tramite il quale si sarebbe passati al Tardo Gotico, in un processo che interessò diverse generazioni e attraversò un periodo di intensa sperimentazione prima che fosse in qualche modo accettato. Inizialmente la lavorazione a traforo trovò la propria utilizzazione all'interno del repertorio decorativo del Gotico inglese, accanto alle ricche modanature e ai fitti disegni creati dai costoloni. Per le principali creazioni della seconda metà del sec. 13° - l'Angel Choir della cattedrale di Lincoln, i cori di St Paul a Londra, della cattedrale di Lichfield (Staffordshire) e di quella di Exeter (Devon) - si procedette come se tutti i generi di decorazione fossero compatibili fra loro; ma dopo Exeter (1280 ca.) questo assunto fu messo in discussione. Tra il 1290 e il 1340 su scala nazionale si attuò uno sforzo verso l'individuazione delle più efficaci combinazioni di elementi decorativi. Durante questo periodo l'architettura inglese conobbe nuovamente un momento di grande inventiva. Tale fenomeno prende il nome di decorated style, un termine inappropriato per distinguere una fase dell'architettura nell'I. medievale; qualunque fosse stato l'elemento unificante di tale fenomeno, esso non era di ordine stilistico.Gross (1948) riconobbe che in Europa il periodo intorno al 1300 costituì un punto di svolta per l'architettura gotica. Bony (1979) ha espresso un concetto analogo in termini geografici piuttosto che temporali, descrivendo tale svolta come il passaggio dell'iniziativa dal centro, vale a dire l'Ile-de-France e le regioni circostanti, alla periferia, cioè l'I., la Spagna, l'Italia e la Germania oltre il Reno. In questo concetto vi è molto di vero, ma deve essere precisato che per quanto riguarda l'I. l'epoca era caratterizzata dall'intreccio di orientamenti distinti. In un certo senso in I. il Gotico non era mai stato al passo con la Francia e per la maggior parte del sec. 13° si susseguirono versioni alternative dello stile in voga in Francia, la più importante delle quali si trova a Lincoln. Quasi certamente non è una coincidenza il fatto che la volta di Lincoln sia stata imitata lungo la costa del mar Baltico durante il 14° secolo. La ricerca delle soluzioni migliori per disporre nella parete finestre a traforo richiamò l'attenzione sulle possibilità delle vedute oblique e dei piani arretrati. Il disegno poligonale, già sviluppato nelle sale capitolari inglesi del Duecento, e l'idea del cono di costoloni libero si dimostrarono soluzioni versatili (Wells, retrocoro); ma furono compiuti degli esperimenti con volte cupoliformi (Wells, Lady Chapel), volte a botte trasversa (Bristol) e volte lignee con costoloni paralleli (York), come quelle a stella dei Parler. Queste ultime furono rivestite da disegni di costoloni in superficie, privi di qualunque funzione strutturale. Il traforo si liberò dai vincoli della semplice geometria. Con grande abilità gli archi si trasformarono in sinuose curve rovesciate e alcuni di questi motivi anticiparono di più di cinquant'anni il traforo flamboyant del Tardo Gotico francese. La pianta poligonale non fu più limitata alle absidi o alle sale capitolari, ma fu estesa ai portici, alle torri e alle cappelle in generale. Tutti questi motivi erano destinati a essere elaborati sul continente nel corso dei due secoli successivi e, sebbene sia eccessivo sostenere che il Tardo Gotico abbia avuto inizio in I., non vi è dubbio che già agli inizi del sec. 14° qui comparvero moltissimi dei suoi temi dominanti che poi vennero sviluppati nell'Europa continentale.Alcune branche dell'architettura furono del tutto estranee al concetto di insularità; gli ingegneri militari che alla fine del sec. 13° costruirono i castelli di Edoardo I (1272-1307) nel Galles del Nord avevano piena familiarità con le ultime installazioni difensive impiegate nel corso delle crociate e i castelli, come gli edifici residenziali, si accordavano solo superficialmente con gli stili e le mode dell'architettura ecclesiastica. In quest'ultima, tuttavia, la seconda componente del decorated style inglese fu un'attardata reazione al Gotico rayonnant francese. I primi segni comparvero intorno al 1280 a York, che solo dopo una lunga campagna costruttiva si sarebbe trasformata nella cattedrale più grande e splendida del paese. I modelli immediati di York furono probabilmente le cattedrali renane di Strasburgo e Colonia, sebbene siano stati individuati motivi provenienti da Troyes. Ma il re e la corte avevano i loro modelli architettonici principalmente a Parigi. La St Stephen's Chapel (1292) nel palazzo di Westminster voleva essere l'equivalente inglese della Sainte-Chapelle di Parigi. Da questi legami con la Francia alla fine si delineò lo stile tardogotico dell'architettura inglese, il perpendicular style. Sebbene vi fossero già dei precedenti, la prima grande opera che rientra nella definizione di perpendicular style è il nuovo coro dell'abbazia di Gloucester (1337), che costituiva in realtà un'enorme cappella funebre per il re Edoardo II (1307-1327), morto assassinato. Essa fu concepita come un prezioso reliquiario, decorato a traforo, inserito nel coro romanico parzialmente distrutto. Malgrado la posizione geografica di Gloucester, nella regione occidentale dell'I., il coro dell'abbazia era sostanzialmente legato a Londra. A causa della presenza della corte, quest'ultima città viene generalmente considerata il fulcro dell'avanguardia artistica degli inizi del sec. 14°, ma esistevano centri provinciali, come York, Bristol e Norwich, che in misura maggiore o minore riuscirono a rimanere al di fuori dell'orbita londinese. La distruzione quasi totale della Londra medievale nel grande incendio del 1666 ha lasciato un grosso punto interrogativo sulle prime fasi della storia del perpendicular style e sugli stadi attraverso i quali esso divenne lo stile nazionale del Tardo Gotico.L'ultimo elemento del decorated style, comune a tutte le arti, fu il motivo del baldacchino, di vari tipi, il cui scopo era quello di esaltare la santità di immagini, oggetti o spazi separandoli entro limiti definiti strutturalmente. Ridotta a due dimensioni, questa cornice divenne un riquadro a traforo e la rappresentazione del baldacchino in mezzi bidimensionali, come le vetrate colorate o le miniature, divenne uno dei punti di partenza della pittura illusionistica. Il legame tra pittura e scultura era stretto, ma in I. la maggior parte delle immagini pittoriche è scomparsa, mentre si sono conservati elementi dell'arredo delle chiese, quali i sedilia, le recinzioni di coro, gli stalli e i monumenti funebri sormontati da baldacchini. La comparsa nelle chiese di elementi decorativi di questo tipo giustificò, più di ogni altra cosa, il riconoscimento del decorated style come un periodo distinto nell'arte medievale inglese.In quale misura gli Inglesi apportarono un peculiare contributo a questa fase artistica rimane una questione aperta. Le opere di committenza regia realizzate a Westminster durante la seconda metà del sec. 13° conferirono la leadership in campo artistico alla corte, che manteneva la propria inclinazione nei confronti della Francia. Si deve ricordare che i re d'I. erano ancora più francesi che inglesi e in rapporti sufficientemente stretti con la casa reale francese da rivendicare nel 1337 il diritto di successione. Del dossale di Westminster si è conservato abbastanza per dimostrare che verso la fine del sec. 13° la pittura nei circoli della corte inglese non aveva nulla da invidiare alle migliori opere parigine coeve. Le croci di Eleonora (se ne conservano una a Hardingstone e una a Geddington, nel Northamptonshire) erano basate sulle montjoies di s. Luigi, note solo da disegni del sec. 18° (Paris, BN, Coll. Destailleur), e le due notevoli effigi di bronzo dorato, realizzate dall'orafo di corte Guglielmo Torel intorno al 1291 per il monumento funebre di re Enrico III e della regina Eleonora di Castiglia nell'abbazia di Westminster, furono quasi certamente copiate dal monumento funebre di s. Luigi a Saint-Denis, oggi perduto. Intorno al sec. 14° il gusto per il baldacchino gotico era diventato internazionale. I baldacchini sui monumenti funebri di Edoardo II a Gloucester e di papa Giovanni XXII nella cattedrale di Avignone erano notevolmente simili e anche reliquiari posteriori, come quello detto delle Tre torri ad Aquisgrana (Domschatzkammer), erano basati su un analogo progetto. Il ricamo fu l'unica forma d'arte degli inizi del sec. 14° peculiarmente inglese e universalmente ammirata nell'Europa continentale. I tessuti in opus anglicanum furono esportati ovunque e vennero adottati persino per i pontificabilia del papa.L'importanza del mecenatismo del re e della corte per quanto riguarda il decorated style è stata probabilmente sottolineata fino all'eccesso, con il rischio di oscurare i suoi aspetti più insulari. Si potrebbe facilmente trascurare il significato storico di un gruppo di manoscritti provinciali che formano la c.d. scuola dell'East Anglia, fiorita accanto alla scuola di corte. Un'opera come il Salterio di Luttrell, del 1338 (Londra, BL, Add. Ms 42130), in cui vengono introdotte drôleries e scene tratte dalla vita quotidiana ai margini delle pagine manoscritte, doveva rivolgersi ai gusti della piccola nobiltà piuttosto che a quelli della corte. Benché in un primo momento l'impatto risulti modesto, l'arrivo di questa nuova classe di committenti sul mercato dell'arte fu un fatto destinato ad avere grande importanza.

Il Tardo Gotico in Inghilterra (ca. 1350-1540)

La grande fioritura artistica che ebbe luogo in I. durante la prima metà del sec. 14° coincise con fasi di depressione economica, che sembravano paradossalmente incoraggiare chi possedeva danaro a spenderlo per le arti. Durante il terzo quarto del secolo si determinò tuttavia un chiaro iato nella committenza, dovuto in parte a problemi sociali ed economici, tra cui l'epidemia di peste, e in parte, in modo più decisivo, alla guerra dei Cento anni, che, sebbene non ininterrotta, assorbì molte delle risorse che altrimenti si sarebbero potute investire in edifici o in altre espressioni di devozione e status sociale. Gli effetti non furono uniformi; accentuarono piuttosto la distinzione tra livelli superiori e inferiori di committenza.Il re e l'alta nobiltà trascorsero molto tempo in Francia e i matrimoni dinastici estesero la gamma dei contatti della Corona inglese con l'Europa. La consorte di Edoardo III (1327-1377), Filippa di Hainaut, può aver determinato l'arrivo in I. di artisti provenienti dai Paesi Bassi. Elementi d'origine olandese e italiana sono stati individuati nel Messale di Litlyngton, del 1383 ca. (Londra, Westminster Chapter Lib., 37), realizzato per l'abbazia di Westminster. Riccardo II (1377-1400) sposò una principessa boema; non è stato identificato nessun artista boemo in I., ma i Lussemburgo di Praga furono tra le più cosmopolite delle case regnanti in Europa e pertanto tale collegamento può aver avuto conseguenze indirette. La raffigurazione di Riccardo II è certo uno dei temi principali del dittico Wilton (Londra, Nat. Gall.), di cui tuttavia sono lungi dall'essere chiariti il significato e lo scopo. Esso appartiene alla corrente del Gotico internazionale, che, se Riccardo II fosse vissuto più a lungo, avrebbe avuto una maggiore presenza nella storia dell'arte inglese. Sebbene il dittico sia il miglior dipinto tardogotico rimasto in I., esso doveva essere soltanto una delle molte opere che mostravano come i committenti inglesi fossero pronti a guardare all'estero per scegliere gli artisti. Nel gusto per i particolari decorativi il pittore domenicano Giovanni Siferwas (attivo intorno al 1400) non aveva nulla da invidiare ai pittori italiani del Gotico internazionale, tanto da far pensare a una conoscenza diretta delle loro opere. Un pittore di Colonia, Ermanno Scheere, è documentato in I. agli inizi del 15° secolo. È interessante notare che, sebbene il duca di Bedford facesse realizzare i suoi manoscritti a Parigi durante l'occupazione inglese del terzo e del quarto decennio del sec. 15°, i committenti inglesi non riconobbero il valore delle nuove scuole di pittura a carattere realistico che in quel periodo emergevano in Francia e nei Paesi Bassi.Completamente diverso è il caso dell'architettura, che divenne vigorosamente insulare, come se fosse allora generale l'opinione che nient'altro di valido si poteva apprendere dall'Europa. Dopo quella di York, le cattedrali di Canterbury e Winchester furono le uniche nelle quali vennero intraprese vaste campagne costruttive. A Canterbury nel 1390 ca. fu sostituita la navata del sec. 11° e a Winchester nel 1400 ca. l'alzato romanico ebbe, senza essere demolito, un rivestimento gotico. Sebbene brillanti, queste erano opere non innovative, una commistione di elementi di perpendicular e di decorated style, tratti da edifici precedenti. Nelle cattedrali, il Tardo Gotico poteva anche essere rappresentato dall'aggiunta di torri in perpendicular style che dovevano il loro effetto alle dimensioni piuttosto che alle grandi guglie come quelle degli inizi del sec. 14°, per es. a Salisbury.Le migliori realizzazioni architettoniche del periodo in ambito religioso si ebbero nelle chiese parrocchiali, i cui esempi più notevoli si trovano nei Cotswolds e nell'East Anglia. Qui, in assenza di complicazioni strutturali, fu possibile sfruttare appieno la semplicità e l'economia del perpendicular style. Le chiese parrocchiali realizzate in tale stile erano poco più che cornici per grandi finestre ornate da pannelli a traforo. Poche di queste chiese erano coperte a volta, dal momento che le travi del tetto facevano parte dell'effetto visivo. I secc. 14° e 15° furono la grande epoca della carpenteria inglese, che svolse molti dei compiti strutturali di norma assegnati sul continente all'arte muraria. Le volte di York e l'ottagono di Ely furono costruiti interamente in legno. Nel 1399 la Westminster Hall (larghezza m. 20 ca.) fu coperta da un'unica campata di legno basata sul principio della trave sporgente.Il perpendicular style sviluppò un tipo di copertura a volta, peculiarmente inglese, noto come fan-vault ('volta a ventaglio'): conchiglie di muratura unite da superfici a doppia curvatura rivestite da membrature con fitti motivi a traforo. Queste volte vennero utilizzate su piccola scala nei chiostri di Gloucester intorno al 1360; esse ben si prestavano alla copertura di cappelle, cantorie e navate laterali e si dovette attendere la fine del sec. 15° perché le volte a ventaglio venissero adottate per la copertura di grandi campate. Il loro rivestimento a traforo si avvicinò, nei limiti consentiti dalle superfici curve, agli schemi regolari dei pannelli delle pareti e delle finestre. Se il criterio di valutazione fosse l'omogeneità, si potrebbe sostenere che la King's College Chapel a Cambridge (1448-1515) sia l'unica costruzione in perpendicular style perfettamente coerente. Si tratta di una ripresa del coro di Gloucester, dove però le liernes sono sostituite da volte a ventaglio del sec. 16° e pertanto pareti, finestre e volte seguono tutte lo stesso modulo decorativo.Le opere in perpendicular style erano per la maggior parte di dimensioni limitate: cappelle di famiglia, navate laterali, cappelle votive, finestre o torri, aggiunte in modo incongruo alle chiese esistenti, con le quali hanno scarsa o nulla affinità stilistica. Queste aggiunte, solitamente donazioni di committenti laici, rientravano nell'immenso apparato delle offerte commemorative che costituirono la gran parte dell'arte tardogotica in Inghilterra. La molla di queste imprese fu la preoccupazione, in tutti i gradi della scala sociale, per la salvezza dell'anima. Coloro che ne avevano la possibilità elargivano donazioni al clero affinché si celebrassero messe per la propria anima su altari attigui ai loro monumenti funebri in cappelle votive appositamente costruite per questo o in cappelle riservate allo scopo. Nel 1546 furono abolite oltre duemila di tali cappelle votive. Un monumento funebre era normalmente incompleto senza un'effigie e le raffigurazioni di giacenti della piccola nobiltà locale si sarebbero accumulate nel corso delle generazioni successive nelle chiese annesse alle loro proprietà. Sotto il profilo della qualità, queste opere andavano dalla superba figura in bronzo dorato del Principe Nero della cattedrale di Canterbury (1376) agli onnipresenti stereotipi di cavalieri e dame destinati a un livello più basso della scala sociale. Ma in ogni caso pochi potevano essere definiti ritratti. A ogni livello la preoccupazione principale era quella di proclamare lo status sociale per mezzo di emblemi e stemmi nobiliari.La struttura della società era costruita attorno a una moltitudine di organizzazioni corporative. In cima alla gerarchia vi erano ordini esclusivi di cavalieri, dei quali il primo e più prestigioso fu quello della Giarrettiera, ispirato ai cavalieri della Tavola rotonda della leggenda di re Artù, istituito da Edoardo III dopo lo scoppio della guerra dei Cento anni. Ogni Capitolo di cattedrale era formato da un collegio di canonici. I collegi furono fondati per vari scopi, religiosi e non, e i più noti erano quelli riservati agli studiosi delle Università di Oxford e Cambridge, ma in molti casi si trattava di istituzioni caritative, come ospizi od ospedali. Ogni mestiere e professione era regolato dalla propria gilda. Quasi sempre la natura corporativa di queste istituzioni trovò espressione in un insieme di edifici, il cui nucleo era costituito da una sala e da una cappella che, per il fatto stesso di essere il fulcro del complesso, riceveva sempre un'attenzione maggiore per la decorazione. Al livello più alto della committenza tali cappelle costituivano gli edifici più grandiosi del tempo, come la St George's Chapel (1475) nel castello di Windsor (Berkshire), che aveva la funzione sia di mausoleo dinastico della casa di York sia di cappella collegiata per i Cavalieri dell'Ordine della Giarrettiera, e la King's College Chapel a Cambridge.Castelli, palazzi e grandi dimore avevano tutti cappelle per la devozione privata. Sotto il profilo architettonico raramente erano grandiose, sebbene per il loro abbellimento libri e pale d'altare dovettero essere praticamente prodotti in serie. Le cave d'alabastro del Nottinghamshire fornirono il materiale adeguato alla produzione rapida di piccole statue e rilievi. Sia per quanto riguarda il soggetto sia per ciò che concerne lo stile, le immagini erano ripetitive e la qualità artistica non elevata. Lo stesso può dirsi delle miniature dei libri d'ore, il cui possesso costituiva quasi un obbligo per ogni dama. La fornitura di libri di preghiere per i laici fu il sostegno delle attività di stampa di Caxton nel nono decennio del 15° secolo.Per le persone di condizioni elevate era di prammatica possedere o donare opere d'arte, specialmente di ambito religioso, e il carattere seriale che si insinuò in molti settori della produzione artistica tardogotica fu l'inevitabile conseguenza della pressione sul mercato esercitata da aspiranti alla 'piccola nobiltà', che crebbe stabilmente durante il 15° secolo. Ciò non fu modificato dalle guerre con la Francia o dal conflitto dinastico noto come la guerra delle Due rose (1460-1471). Forse la più chiara manifestazione di questa tendenza fu l'emergere di una tipologia del tutto nuova di architettura privata, per soddisfare lo stile di vita dei parvenus, uomini che chiaramente non erano più contadini e che avevano una posizione incerta sulla linea di confine verso la piccola nobiltà. Tali case, conservate maggiormente nelle campagne piuttosto che nelle città, erano monotonamente simili e per lo più munite di strutture in legno. La prevalenza in I. di alberi decidui, come la quercia, comportava che i grandi tronchi fossero spesso curvi, dando luogo a tecniche costruttive praticamente sconosciute al di fuori della regione. Di carattere tanto insulare quanto legato al perpendicular style, tali case costituiscono un'ulteriore riprova dell'enorme parte avuta dalle costruzioni in legno nell'architettura medievale inglese.È sullo sfondo di questa diffusione della committenza artistica tra strati meno elevati della scala sociale che si devono considerare gli sforzi della Corona per riprendere la leadership in campo artistico. Edoardo IV (1461-1483), Enrico VII (1485-1509) ed Enrico VIII (1509-1547) si identificarono ciascuno con un grande progetto costruttivo: il primo fece edificare la St George's Chapel a Windsor; il secondo la cappella (1499) di Westminster, che conteneva il suo monumento funebre; il terzo la King's College Chapel a Cambridge. Queste cappelle reali, integralmente inglesi nella funzione e nell'esecuzione, furono nondimeno concepite o completate nella piena consapevolezza di imprese analoghe realizzate negli altri paesi, e forse in competizione con esse. In accordo con una tradizione di vecchia data, l'italiano Pietro Torrigiani fu incaricato di realizzare le effigi per il monumento funebre di Enrico VII. Tuttavia in quel periodo la compresenza del carattere italiano per le raffigurazioni e di quello gotico inglese per la cappella non produsse alcun turbamento. Se si può affermare che vi fu qualcuno in I. che spargendo i semi del dubbio dissolse l'éthos da cui l'arte gotica traeva alimento, questi fu il teologo John Wyclif (m. nel 1384), le cui eresie, benché ufficialmente condannate e soffocate, si diffusero silenziosamente tra gli strati colti della società inglese per un secolo dopo la sua morte, minando lentamente convenzioni secolari sulla condotta della religione e preparando un clima di opinione simpatetico con le concezioni dei riformatori protestanti del 16° secolo. Questo segnò la fine dell'arte religiosa nella sua forma medievale.

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Monetazione

Rispetto al periodo anglosassone (v. Anglosassoni, Arte degli) e anglonormanno (v. Anglonormanna, Arte), l'emissione di monete in I. durante il Tardo Medioevo ebbe un repertorio figurativo molto limitato. Le ragioni che giustificano questa situazione sono diverse: da un lato il totale monopolio sulla monetazione da parte dei sovrani inglesi, con il conseguente ripetuto impiego di tipi consueti, dall'altro la tendenza fortemente conservatrice dell'I. in politica monetaria, volta al mantenimento della stabilità di peso e titolo dei coni e all'impiego di medesimi tipi con il fine di promuovere fiducia verso la valuta. Questa situazione è in contrasto, per es., con la politica seguita in Francia, dove le frequenti svalutazioni e l'occasionale rivalutazione venivano spesso rimarcate da un cambiamento nel tipo della moneta.Le monete in I. erano battute in argento e dal 1344 in oro, tranne un primo tentativo nel 1257, subito abbandonato. Nell'I. medievale non furono mai emesse monete in rame. Dalla metà del sec. 12° fino al tardo 15° le monete in argento ebbero essenzialmente gli stessi tipi: sul dritto il busto frontale del re con la corona sul capo e, solo occasionalmente, con lo scettro; sul rovescio il motivo della croce, secondo diverse varianti. Le importanti nuove emissioni avvenute negli anni 1158, 1180, 1249 e 1279 si caratterizzavano per una maggiore rifinitura dell'immagine del re e per cambiamenti nel disegno della croce. La maggiore raffinatezza dei disegni dipese largamente dagli sviluppi nella tecnica di produzione dei coni, specialmente attraverso l'uso di punzoni per dar forma a elementi del volto del sovrano, quali il viso e i capelli. Questa innovazione è particolarmente visibile nel recoinage di Edoardo I del 1279, messo a punto da tre maestri con esperienza maturata sul continente, Uberto Alione di Asti, Guglielmo e Pietro de Turnemire di Marsiglia. Il risultato fu un'immagine ben più realistica e coerente, che tuttavia non può essere intesa come ritratto del re; a ciò si giunse solo in epoca rinascimentale, all'inizio del sec. 16°, con i nuovi busti di profilo. La medesima raffigurazione frontale del re venne utilizzata sul mezzo penny e sul quarto di penny, battuti regolarmente a partire dal 1279, sul grosso, del valore di quattro pennies, e sul mezzo grosso, regolarmente coniati a partire dal 1351; un precedente tentativo di introdurre il grosso nel 1279 non aveva avuto successo.Si ebbero sviluppi anche nell'organizzazione della zecca. Durante il tardo sec. 12° e il 13° la produzione delle monete fu progressivamente centralizzata e la fase di realizzazione venne affidata a officine di grandi dimensioni e non più a singole piccole botteghe. Le zecche della Corona, quaranta nel sec. 12°, si ridussero a due (Londra, Canterbury) entro l'inizio del 14°, cui si aggiunse, sul finire dello stesso secolo e al principio del successivo, anche quella di Calais. Le zecche ecclesiastiche di Canterbury, Durham e York continuarono a coniare monete di tanto in tanto, esercitando i loro antichi diritti.Maggior varietà di scelta nel campo delle tipologie di illustrazioni è rilevabile nella monetazione in oro. Il penny d'oro di Enrico III del 1257 mostra il re in trono, così come è raffigurato anche sul suo sigillo. Nel 1344 vennero emessi tre valori: il leopard, il doppio leopard e il mezzo leopard; il maestro fiorentino Giorgio Chierichino fu incaricato di sovrintendere alla realizzazione delle nuove monete, il cui disegno testimonia un radicale cambiamento nei confronti delle tipologie utilizzate in precedenza nelle zecche inglesi. Esse presentano forti affinità con le monete flamboyantes di Filippo VI di Francia, sebbene l'araldica sia decisamente di stampo inglese. La denominazione più grande mostra il re in trono, entro un baldacchino gotico, affiancato da due leopardi; il motivo dell'animale viene ripetuto sulle due denominazioni minori. L'emissione di queste monete si mostrò immediatamente impraticabile e più tardi, nel 1344, sotto il controllo di un altro italiano, Percivalle di Lucca, il leopard fu sostituito da una nuova serie di valori che ebbe più successo, vale a dire il noble, la sua metà e il suo quarto. Il disegno dei due pezzi maggiori - il re con la spada e lo scudo eretto su di una nave da parata - rappresentò in qualche misura una novità, enfatizzando l'importanza della forza navale dell'I. nel proseguire la guerra contro la Francia. Questa monetazione, adottata in I. fino al sec. 17°, si affermò così tanto da essere imitata ampiamente anche sul continente.La monotona uniformità della monetazione inglese si interruppe nel 1465 con l'introduzione di una nuova tipologia di moneta aurea, l'angel. Il suo caratteristico disegno mostra l'arcangelo Michele che calpesta il drago del male e lo trafigge alla bocca con una lancia, forse allusione politica al rovesciamento della casa dei Lancaster da parte di quella degli York. Anche questo motivo sopravvisse fino al sec. 17°, indicando ancora una volta la natura durevole ma conservatrice della monetazione inglese.

Bibl.: G.C. Brooke, English Coins, London 1932 (19503); J.J. North, English Hammered Coinage, 2 voll., London 1960-1963 (1991-19943); P. Spufford, Money and its Use in Medieval Europe, Cambridge 1988; A New History of the Royal Mint, a cura di C.E. Challis, Cambridge 1992.M. Blackburn

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