Martinson, Harry

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Scrittore svedese (Jämshög, Blekinge, 1904 - Stoccolma 1978), figura di primo piano nella "letteratura proletaria" degli anni Trenta. Di umili origini, s'imbarcò nel 1920. Tornato in patria dopo sette anni di navigazione, fu iniziato da A. Lundkvist alle avanguardie poetiche finno-svedesi e americane; nel 1929 collaborò all'antologia Fem unga ("Cinque giovani") e pubblicò la prima raccolta Spökskepp ("Vascello fantasma"). Nelle successive Nomad ("Nomade", 1931) e Natur ("Natura", 1934) sviluppò un'avvincente forma poetica ove il vitalismo iniziale si fonde col surrealismo e l'imagismo. Il mare e l'esaltazione della vita nomade ispirano anche i primi racconti di Resor utan mål ("Viaggi senza meta", 1932) e di Kap Farväl ("Capo del congedo", 1933); più amari i romanzi Nässlorna blomma ("Fioriscono le ortiche", 1935) e Vägen ut ("Via di fuga", 1936), che rievocano gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Volontario, a fianco della Finlandia, durante l'attacco sovietico del 1940, denunciò la brutalità della guerra nel saggio Verklighet till döds ("Realtà che uccide", 1940). In seguito, la sua difesa dei valori essenziali della vita si appoggiò a dottrine religiose orientali, come nella raccolta Passad ("Alisei", 1945) e nel romanzo Vägen till Klockrike ("La via per Klockrike", 1948). Il presentimento della fine dell'umanità, che si affaccia nelle liriche di Cikad ("Cicala", 1953), assume toni fantascientifici nel poema simbolico Aniara (1956), da cui E. Lindegren ha tratto il libretto per la fortunata opera omonima di K.-B. Blomdahl. Intatta, nelle liriche di Gräsen i Thule (1958; trad. it. Le erbe nella Thule, 1975) e di Tuvor ("Colline", 1973), la sua vibrante partecipazione alla vita della natura. Premio Nobel nel 1974, insieme a E. Johnson.

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