OCCAM, Guglielmo di

Enciclopedia Italiana (1935)

OCCAM (o Ockham), Guglielmo di

Guido Calogero

Pensatore inglese, massimo rappresentante della filosofia del sec. XIV e della crisi terminale a cui in quel periodo andò incontro il pensiero del Medioevo. Nato poco prima del 1300 a Occam (o Ockham, Ockam, Okam, Ocham, Occham), a sud di Londra, nella contea del Surrey, entrò nell'ordine francescano e studiò a Oxford, dove non pare sia stato scolaro (come la tradizione vorrebbe) di Giovanni Duns Scoto, per quanto questi abbia certo influito sulla sua formazione speculativa, specialmente nel senso del volontarismo. Già nel 1318 faceva lezione, a Oxford, sulle Sentenze di Pietro Lombardo, ma nel 1324, quando aveva raggiunto il grado di baccalaureus formatus, fu invitato a presentarsi alla curia papale, ad Avignone, per discolparsi dall'accusa di eresia. Trattenuto per quattro anni in Avignone, riuscì infine a fuggirne, e riparò, insieme con il confratello Bonagrazia da Bergamo e col generale dell'ordine Michele da Cesena, a Pisa, presso l'imperatore Ludovico il Bavaro, che aveva da poco assunto un atteggiamento di decisa opposizione al papa Giovanni XXII. Scomunicati prontamente, ma protetti dall'imperatore, i tre francescani lo seguirono a Monaco di Baviera, nel cui convento l'O. prese stanza, dando opera ai suoi trattati politici tutti orientati nel senso della polemica antiecclesiastica del Bavaro. Entrò così nella schiera dei pensatori politici dell'uscente Medioevo che, come Marsilio da Padova e Giovanni di Jandun, sostenendo la politica del loro imperiale protettore contro quella del papa e mirando quindi a liberare l'autorità dell'imperatore dall'esigenza del crisma ecclesiastico e ad assiderla sul consenso popolare, inauguravano la storia del pensiero politico moderno; e meritò che la tradizione gli attribuisse il motto, diretto a Ludovico, tu me defendas gladio, ego te defendam calamo. Morto il Bavaro, l'O. fece un tentativo di riconciliazione con la Chiesa, del quale però non è noto il risultato: e morì il 10 aprile del 1349 o 1350.

Le opere dell'O. si dividono in due gruppi, comprendenti quelle di carattere propriamente filosofico e quelle di natura politica, i quali nel complesso si susseguono anche dal punto di vista cronologico, rispondendo a due distinti periodi della sua attività scientifica, l'oxoniense e il monacense. Tra le prime, la più antica è l'ampio commentario al primo libro delle Sentenze del Lombardo, a cui segue il più compendioso commento agli altri tre libri (l'opera completa è stata per la prima volta stampata col titolo Super quatuor libros Sententiarum subtilissimae quaestiones earumdemque decisiones, Lione 1495). Altre opere dello stesso gruppo, riferentisi anch'esse a problemi più propriamente teologici, sono i Quodlibeta septem (Parigi 1487), il Centiloquium theologicum (in appendice alla cit. edizione del conmicnto alle Sentenze), il De sacramento altaris et de corpore Christi (Parigi [1490?]) e l'inedito De motu, loco, tempore, relatione, praedestinatione et praescientia Dci. Di argomento logico sono la Expositio aurea et admodum utilis super totam artem veterem (cioè un commento espositivo della logica classica, studiata nell'Isagoge di Porfirio e in parti dell'Organo aristotelico: prima stampa, Bologna 1496) e la Summa totius logicae ad Adamum (Parigi 1488): entrambi questi scritti sono peraltro, quanto alla forma esterna, non tanto opera dell'O. stesso quanto di suoi seguaci. A problemi di filosofia e scienza della natura sono dedicate le Quaestiones in octo libros Physicorum (Strasburgo 1491), le Summulae in libros Physicorum o Philosophia naturalis (Bologna 1494), e le inedite Quaestiones super physicam. Al secondo gruppo, degli scritti politici, appartengono, infine, l'Opus nonaginta dierum, il Tractatus de dogmatibus Johannis XXII papae, il Compendium errorum papae Johannis XXII, il Defensorium contra Johannem XXII, il Tractatus de potestate imperiali, le Octo quaestiones de potestate ac digmtate papali, e, documento massimo del pensiero politico dell'O., il Dialogus inter magistrum et discipulum de imperatorum et pontificum potestate. Tra questi, apparvero in antiche stampe solo il Defensorium (Venezia 1513) e il Dialogus (Lione 1495): per gli altri è da vedere la silloge di M. Goldast, Monarchia, II, Francoforte 1614, e R. Scholz, Unbekannte kirchenpolit. Streitschriften aus der Zeit Ludwig des Bayern, II, Roma 1914, pp. 392-480. (Per più minuta bibl. degli scritti dell'O. cfr. A. G. Little, The grey friars in Oxford, Oxford 1892, pp. 225-34 e le ulteriori indicazioni date in Ueberweg-Geyer, Grundr. d. Gesch. d. Philos., II, 11ª ed., Berlino 1928, p. 572).

Nel pensiero dell'O. convergono e trionfano tutti i principali motivi di crisi impliciti nella filosofia scolastica. Da un lato egli riprende vigorosamente la tradizione francescana e scotistica del volontarismo teologico, e afferma che il libero volere di Dio non è soggetto ad alcuna preordinata norma razionale, affrancandolo persino da quella obbedienza alle due prime leggi del decalogo, che sola gli aveva imposta il suo predecessore Duns Scoto. D'altro lato, egli porta alla più decisa conclusione la tendenza empiristico-scientifica venuta frattanto in onore all'università di Oxford, scorgendo certezza conoscitiva solo nella percezione sperimentale di quel che si presenta ai sensi. Ciò importa, naturalmente, una assoluta sopravalutazione della realtà individua rispetto a quella universale: e di fatto l'O. rinnova l'antico nominalismo, già fiorente nei secoli XI e XII e poi vinto dal realismo attenuato degli aristotelici del sec. XIII. Sostanzialmente sinonimo del nominalismo è infatti il "terminismo" occamistico, che riduce gli universali a semplici "termini" logico-verbali del giudizio e del sillogismo, intendendo nel suo significato puramente formale la corrispondente espressione ὅρος (terminus), già usata dalla logica aristotelica. Questi termini sono d'altronde conosciuti solo in quanto risultano, come già aveva insegnato il concettualismo, dall'attività astraente dell'intelletto, il loro essere riducendosi al loro essere pensati; e oggettivamente sussistono solo le realtà individuali, che, data la loro natura di principî primi, non hanno bisogno di derivare né dalla tomistica quidditas né dalla scotistica haecceitas. Così l'esigenza individualistica sconfigge pienamente l'universalismo tradizionale: ma con questo viene a cadere anche tutta quella scienza razionalistica delle realtà supreme, che su esso è direttamente fondata. L'O. nega, di conseguenza, carattere veramente probatorio a tutte le argomentazioni del razionalismo universalistico concernenti l'esistenza e natura di Dio e la sostanzialità e immortalità dell'anima, considerandole soltanto come opinioni più o meno probabili; e mentre sembra accrescere il valore della fede, in quanto scorge solo in essa il fondamento di tutte le più alte verità religiose, accentua in realtà sempre più quel suo distacco dalla ragione, che porterà a vedere nella teoria della duplice verità non più una dichiarazione d'inferiorità della filosofia rispetto alla teologia, ma una giustificazione dell'indipendenza della ragione dal dogma. Così, nel campo del pensiero politico, la critica dell'O. collabora alla dissoluzione del presupposto costitutivo dell'idea medievale dello stato, secondo la quale ogni potere discende dall'alto, come la superiore realtà dell'universale su quella inferiore dell'individuo. S'intende quindi come, per tutti questi aspetti, l'occamismo, che esercitò enorme influsso ed ebbe seguaci i quali, come Nicola di Autrecourt e Nicola di Oresme, anticiparono molte fra le più ardite vedute del moderno empirismo filosofico e scientifico, possa essere considerato come la sintesi e la conclusione critica di tutta la direzione nominalistica medievale.

Bibl.: Per la biografia dell'O. è fondamentale J. Hofer, Biographische Studien über W. v. O., in Archivum Franciscanum Historicum, VI (1913), pp. 209-33, 439-65, 654-69; cfr. inoltre F. Federhofer, Ein Beitrag zur Bibliographie und Biographie des W. v. O., in Philosoph. Jahrbuch, XXXVIII (1925), pp. 26-48. Per uno sguardo d'insieme v. F. Federhofer, Die Philosophie des W. v. O. im Rahmen seiner Zeit, in Franziskanische Studien, XII (1925), pp. 273-96; N. Abbagnano, G. di O., Lanciano 1931. In particolare sulla gnoseologia: H. Siebeck, O.s Erkenntnislehre in ihrer historischen Stellung, in Archiv f. Gesch. d. Philos., X (1897), pp. 317-39; L. Kugler, Der Begriff der Erkenntnis bei W. v. O., Breslavia 1913; F. Federhofer, Die Psychologie und die psychologischen Grundlagen der Erkenntnislehre des W. v. O., in Philosoph. Jahrbuch, XXXIX (1926), pagine 263-87. Sul volontarismo: H. Siebeck, Die Willenslehre bei Duns Scotus und seinen Nachfolgern, in Zeitschrift für Philosophie, CXXII (1898), pp. 195-99. Sulla concezione di Dio: Fr. Bruckmüller, Die Gotteslehre W.s v. O., Monaco 1911. Sulle dottrine politiche: R. Scholz, nell'edizione sopra citata, I, Roma 1911, pp. 141-189; W. Mulder, G. O. tractatus de imperatorum et pontificum potestate, in Arch. Franc. Histor., XVI (1923), pp. 469-92; XVII (1924) pp. 72-97. Ulteriore bibl. in Ueberweg-Geyer, l. c., pp. 781-82.