Guatemala

Dizionario di Storia (2010)

Guatemala


Stato dell’America Centrale. Abitato soprattutto da popolazioni maya, il G. fu conquistato dagli spagnoli nel 1523-25. Nell’ambito del vicereame della Nuova Spagna (costituito nel 1535), l’Audiencia del G. esercitò la propria giurisdizione su tutta l’America Centrale. Dopo il fallito tentativo di unificazione con il Messico indipendente (1822) e la dissoluzione (1839) della Federazione indipendente delle province unite dell’America Centrale (con Honduras, Salvador, Nicaragua e Costa Rica), la vita del G. fu dominata per un quarto di secolo da R. Carrera (presidente a vita dal 1854), che impose un regime autoritario e clericale. Nel 1871 una rivoluzione portò al potere i liberali, che avviarono una modernizzazione del Paese. All’inizio del 20° sec. vennero favoriti gli investimenti stranieri e la United fruit company di Boston divenne proprietaria di grandi piantagioni. All’incremento produttivo si accompagnò quello della popolazione, più che raddoppiata fra la fine dell’Ottocento e il 1940, con un aumento del peso economico e demografico dell’elemento latino rispetto alla maggioranza india. La guerra vide il G., sotto il governo autoritario di J. Ubico, schierato con gli Alleati, ma nel 1944 ritornarono al potere le forze progressiste. Nel 1952 fu varata una riforma agraria che prevedeva la distribuzione ai contadini delle terre incolte appartenenti alle grandi proprietà, suscitando l’aspra opposizione della United fruit company e l’ostilità del governo statunitense. Nel 1954 forze irregolari provenienti dall’Honduras e appoggiate da Washington rovesciarono il governo e portarono al potere C. Castillo Armas, che restituì nel giro di pochi mesi le terre ai vecchi proprietari. Dopo il colpo di Stato di Castillo Armas il regime militare mantenne il controllo politico per oltre 30 anni, nel corso dei quali si sviluppò una guerriglia attiva soprattutto nelle regioni nordorientali e radicatasi poi negli anni Settanta fra gli indios degli altipiani occidentali (con un bilancio di un milione di profughi e di circa 100.000 morti). Dalla fine degli anni Settanta l’estensione della guerriglia, il peggioramento della situazione economica e le crescenti divisioni all’interno dell’oligarchia dominante delle forze armate provocarono una crisi del regime. Dopo il colpo di Stato (1982) del generale E. Ríos Montt, a sua volta deposto (1983) dal generale O.H. Mejía Victores, l’instaurazione di un regime militare fu seguita da una ristrutturazione del sistema politico, che portò all’ascesa di nuove formazioni ai danni della vecchia destra. Le elezioni generali del 1985 videro l’affermazione della Democracia cristiana guatemalteca, il cui leader M.V. Cerezo Arévalo fu eletto presidente della Repubblica, ma la campagna controinsurrezionale proseguì con violenza. Solo nel 1996, la nuova amministrazione di A.E. Arzú Irigoyen giunse, con la mediazione dell’ONU, alla firma di un accordo di pace con l’URNG (Unidad revolucionaria nacional guatemalteca). Nonostante il sostegno della comunità internazionale, la situazione rimase difficile. Solo nel 2000 A. Portillo, eletto presidente con il Frente republicano guatemalteco (FRG), ammise per la prima volta la responsabilità del governo nelle violenze commesse contro gli indios durante la guerra civile, già denunciate dal premio Nobel per la pace R. Menchú. Nel 2003 le elezioni presidenziali (le prime con un candidato indio tra i partecipanti) furono vinte dal conservatore O. Berger, a cui è succeduto nel 2007 il socialdemocratico Á. Colom, leader dell’Unidad nacional de la esperanza (UNE).

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