BRAVI, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRAVI, Giuseppe

Giuseppe Monsagrati

Nato a Fontanella (Bergamo) in località Volpera il 29 nov. 1784, primogenito di Agostino e Caterina Bailo, fece i primi studi a Bergamo presso gli zii paterni Francesco e don Giuseppe; quindi fu iscritto alle scuole pubbliche del seminario ove, guidato ottimamente dall'abate Giuseppe Calvi, si segnalò per una buona predisposizione per le materie letterarie. Dopo una interruzione causata dalla campagna d'Italia del Bonaparte, il B. poté riprendere gli studi nel 1799 e iscriversi l'anno seguente al corso di filosofia che lo vide eccellere su tutti gli altri seminaristi.

Fu proprio la filosofia a destare in lui un forte interesse per le matematiche che si diede a studiare con ottimi risultati, avvertendo tra l'altro molto viva l'esigenza di non disgiungere l'apprendimento della geometria classica, quella greca, dalla consapevolezza dei grandi progressi fatti dalla disciplina nel secoli più recenti, soprattutto per merito dei Francesi e dei Tedeschi che avevano raccolto l'eredità di Galilei e Newton. A questo scopo studiò il francese da autodidatta e volle approfondire la conoscenza del pensiero italiano del Rinascimento, in cui vedeva l'origine di tutto il mondo moderno.

Nel 1806, quando già poteva essere considerato un esperto, gli fu affidato l'incarico di accertare la precisione della meridiana di Bergamo alta e nel 1807, ordinato sacerdote, fu chiamato ad insegnare le matematiche nel seminario di Bergamo, dove rimase fino al 1817, quando, ottenuta la parrocchia di Cologno al Serio, dovette lasciare l'insegnamento. A Cologno il B. non tardò a conquistarsi le simpatie degli abitanti, principalmente col mettere al servizio della popolazigne la sua esperienza in campo scientifico. Dotò, infatti, la chiesa e il campanile del parafulmine di recentissima invenzione, e inoltre compì ricerche di idraulica sulla corrosione provocata dalle acque fluviali e sulla distribuzione delle fonti di irrigazioni, contribuendo a risolvere pacificamente varie vertenze nate tra gli agricoltori della zona. Nel 1827 pubblicò a Bergamo la Teorica e pratica del probabile.

Prendendo le mosse dagli studi di Bernoulli, Condorcet, Laplace sul calcolo delle probabilità, il B. parte dal presupposto che solo i principî della ontologia e della matematica pura sono certi ed evidenti, mentre per le altre scienze si può parlare al massimo di somma probabilità. Perché quindi non servirsi del metodo del "probabile", del calcolo numerico cioè, come dello strumento più adatto a fissare il grado di probabilità delle verità fisiche e morali? Il tentativo, avverte il B., è già stato compiuto, ma con scarsa convinzione e ridotta capacità persuasiva, da Hume, Genovesi e Prevost: il suo sarà il primo studio divulgativo sullIargomento. La teorica del probabile chiarisce per quale motivo le scienze fisiche e quelle morali, non avendo una base di certezza assoluta, possano essere sottoposte al calcolo delle probabilità: tutte le azioni umane, anche le più libere, sono calcolabili, le verità morali, le azioni e affermazioni dell'uomo (o "pruove testimoniali") si approssimano alla certezza assoluta senza però mai toccarla; la pratica del probabile, illustrata nella seconda parte dello scritto, insegnando come si debba compiere una sorta di statistica delle affermazioni umane, fornisce il contributo più notevole al filosofo che voglia raggiungere la "somma probabilità fisica o morale".

Queste teorie furono subito confutate, come pericolosamente contrarie ai principi morali del cattolicesimo, da un articolo anonimo apparso nelle Memorie di religione,di morale e di letteratura, di Modena (n. 42, 1828). Il B. replicava l'anno seguente, pubblicando il Ragionamento critico sulla teorica del probabile (Milano 1829); metodicamente, con chiarezza, denotando una vis polemica tale da sfociare sovente nell'acrimonia, egli si difendeva dalle obiezioni del suo critico, che tra l'altro lo aveva accusato di relativismo, di materialismo e di insofferenza verso ogni forma di autorità. L'ultimo strascico della polemica contro il B. fu costituito dalla Lettera di don Pietro Cavedoni sacerdote modenese al professor Giuseppe Bianchi uno de' quaranta della Società Italiana delle Scienze sopra due libri di don G. B.,sacerdote bergamasco (Modena 1830).

Nonostante queste opposizioni, la Teorica fu accolta degnamente dal mondo scientifico e procurò al B., che, già nel 1817 era stato eletto socio dell'Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo, l'iscrizione ad alcune accademie. L'incontro con uomini di studio provenienti da ogni parte d'Italia indusse il B. a occuparsi anche dei problemi politici, specie dopoché al congresso degli scienziati di Napoli (1845) ebbe sentore di ciò che si stava preparando per l'Italia. Per di più non celò mai ai suoi parrocchiani di Cologno le sue idee antiaustriache: nel 1848 esortò il popolo alle armi e fu tra gli organizzatori della colonna Bonorandi che partì per portare aiuto agli insorti di Milano.

Passata la ventata rivoluzionaria il B. tornò ai suoi studi: un suo progetto di diga fu realizzato in Olanda, un altro progetto per il taglio dell'istmo di Suez fu segnalato al de Lesseps, che si recherà a Cologno a fargli visita. Nel 1854 aveva pubblicato a Milano la Filosofia delle matematiche, un trattato sul calcolo infinitisimale, summa di tutti i suoi studi in materia, che, sottoposto dopo la liberazione della Lombardia al giudizio dell'Accademia delle scienze di Torino su segnalazione del Mamiani, valse al B. il diploma e le insegne di cavaliere dell'Ordine mauriziano.

Il 24 nov. 1859, a causa di una grave malattia del fratello e della sua età avanzata, lasciò la parrocchia di Cologno per iniziare però il periodo più burrascoso della sua vita. Già consigliere comunale di Bergamo alle prime amministrative dopo l'annessione della Lombardia al Piemonte, il B., anche in considerazione del suo fervido patriottismo, fu eletto al parlamento subalpino per la VII legislatura nel collegio di Ponte San Pietro; il 31 maggio e il 1º giugno 1860 il senatore Roncalli denunciava il primo sopruso dell'autorità ecclesiastica ai suoi danni, poiché la Curia torinese gli aveva rifiutato il celebret. Rieletto nella VIII legislatura nel collegio di Caprino, dopo aver votato l'ordine del giorno Bon Compagni per la proclamazione di Roma capitale, il 6 genn. 1862 il B. fu sospeso a divinis dal vescovo di Bergamo, Pierluigi Speranza, che lo giudicò colpevole di far parte "di un parlamento ateo, scomunicato e scandaloso". Il B. diede subito le dimissioni, che furono però respinte all'unanimità dalla Camera. Ma ormai le precarie condizioni di salute gli impedirono di partecipare alle sedute parlamentari e, tormentato dalle ingiustizie sofferte negli ultimi anni, morì a Cologno il 30 dic. 1865.

Altre opere del B.: Osservazionelogico-matematiche (Bergamo 1830); Della cagione dei venti irregolari (ibid. 1831); Di una nuova maniera di ovviare alle corrosioni dei fiumi (ibid. 1835); Analisi delle opere dell'abate Antonio Tadini (ibid. 1838); Della memoranda inondazione di Pietroburgo (ibid. 1840: di questo lavoro, iniziato dal Tadini, il B. terminò il terzo capitolo e scrisse i capitoli 4 e 5).

Fonti e Bibl.: Sommari cenni biografici sul B. in T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 169; Dizionario del Risorgim. nazionale, II, p. 402. Notizie più ampie in F. Alborghetti, Della vita e degli scritti del cav. G. B., Bergamo 1866. Cfr. anche Intorno al cav. don G. B.,già proposto della chiesa di Cologno, in Notizie patrie, Bergamo 1867, pp. 33 ss.; G. Gervasoni, Figure di tempi lontani dalla Conciliazione: un prete patriota e deputato,l'abate G. B., in Rivista di Bergamo, X (1931), pp. 305-308; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Bergamo 1959, V, pp. 121, 400, 495, 524 s.; VI, pp. 180, 243 s., 291. Sulla sospensione a divinis vedi E. Arbib, Cinquant'anni di storia parlamentare del Regno d'Italia, II, Roma 1900, pp. 690 s., e A. M. Rinaldi, Ilvescovo mons. Luigi Speranza cent'anni fa, in Bergomum, XXXV (1961), p. 198. Sull'attività scientifica del B. vedi L. Volpi, Tre secoli di cultura bergamasca. Dalle Accademie degli Eccitati e degli Arvali all'Ateneo, Bergamo 1952, pp. 131, 152, 172, 177 s., 180, 199, 204.

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