CAVALLERI, Giovanni Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CAVALLERI, Giovanni Maria

Evandro Agazzi

Nato a San Michele dei Morti, presso Crema, l'11 nov. 1807 da Cristoforo e Lucia Sangiovanni, iniziò gli studi in un collegio privato di Milano e passò poi al seminario di Crema, dove seguì i corsi di filosofia e teologia; ma, prima ancora di essere ordinato sacerdote, tornava a Milano per entrare come novizio nell'Ordine dei barnabiti (1829). Pronunciati i voti solenni nel 1833,fu subito destinato all'insegnamento, dapprima a Lodi e, dopo il 1835,come professore, alternativamente, di umanità e di retorica nel ginnasioconvitto del collegio barnabita di Monza.

I suoi studi privati e, più ancora, il suo personale talento lo portavano tuttavia a prediligere le scienze naturali, ed è così che, a partire dal 1849, incominciò ad impartire, accanto all'insegnamento letterario, anche quello della fisica, campo nel quale si pose rapidamente in vista, sia sul piano scientifico sia su quello didattico. Per tale disciplina conseguì, infatti, anche l'abilitazione governativa nel 1851,ma già prima d'allora si era posto in luce per la costruzione di raffinati strumenti e apparecchi; un nuovo tipo di elettrometro a crocetta (che aveva una sensibilità doppia rispetto a quelli allora in uso, a pagliette auree); vari tipi di microscopi, cannocchiali e telescopi (fra questi ultimi merita menzione un grande rifrattore di 14 cm d'apertura e di m 2,40 di fuoco, che per l'epoca rappresentava una significativa conquista tecnica); un apparecchio in grado di riprodurre sia l'iride primaria, sia la secondaria e la soprannumeraria; un elioscopio che fu molto apprezzato e accuratamente descritto, fra l'altro, nella classica opera del p. Angelo Secchi sul Sole. Nel 1853 realizzò, poi, due nuove lampade elettriche a corrente continua, presentate a Brera e molto stimate dai tecnici del tempo.

Questa breve menzione dei più significativi strumenti da lui costruiti già indica come il C. fosse attivo nelle due branche della fisica che raccoglievano allora l'interesse dei maggiori scienziati europei: l'elettrologia e l'ottica. È questo il periodo in cui vengono effettuate quasi tutte le scoperte fondamentali dell'elettromagnetismo classico e in cui, dopo il definitivo affermarsi della teoria ondulatoria della luce, ci si avvia verso la scoperta della sua natura elettromagnetica, affermata per la prima volta nella memoria di J. C. Maxwell, On physical lines of force (1861-1862).

In particolare, fu l'ottica ad assorbire il maggiore impegno scientifico del C., specialmente dopo il 1854, quando egli lasciò l'insegnamento letterario per dedicarsi completamente alla fisica, e questo fatto ancora una volta riflette la situazione storica dell'epoca: infatti, la realizzazione degli obiettivi acromatici aveva reso possibile, a partire dagli inizi del secolo, la costruzione di efficaci telescopi a rifrazione, in alternativa a quelli a riflessione fino ad allora impiegati; si era così diffusa in tutta Europa una vera ondata di teorizzazioni e realizzazioni costruttive, che portarono rapidamente ad un notevole perfezionamento di entrambe queste classi di strumenti astronomici, oltre che di microscopi acromatici e, in generale, di molte apparecchiature ottiche.

Più che intelletto teorico, il C. fu un fine sperimentatore e, più ancora, un fisico tecnico. Di notevole importanza, per esempio, sono i suoi studi e i suoi strumenti di sismologia: in questo campo, fra l'altro, egli fu il primo ad intuire la fecondità del punto di vista che sfrutta l'inerzia delle masse pendolari, considerate immobili all'inizio di una scossa sismica, il che consente di considerare il terreno come ciò che si muove rapidamente al di sotto di esse per effetto della scossa. La reputazione che egli conseguì come sismologo è rispecchiata, per esempio, nelle frequenti menzioni di cui è fatto oggetto nell'opera di G. Agamennone: La registrazione dei terremoti (Roma 1906).

Parecchi studi e scritti del C. hanno per oggetto problemi di agronomia, in particolare quelli relativi alla bachicoltura la cui pratica, sviluppata ormai su scala industriale, interessava in modo specifico la Valle Padana dove il C. viveva, e mostrano come egli fosse particolarmente sensibile e inserito in quella linea di studi che tanta importanza ebbero nell'Italia risorgimentale, dal punto di vista economico, sociale e politico, oltre che tecnico.

È il caso poi di sottolineare la chiarezza e la pregevolezza stilistica delle sue pubblicazioni scientifiche, nelle quali si riflettono senza dubbio i frutti dell'educazione e della pratica umanistico-letteraria (soprattutto poetica) che costituirono, come si è detto, il momento iniziale della sua attività, senza per altro andare perdute completamente neppure in seguito, al punto da meritargli, per il valore di certe sue composizioni poetiche, una menzione laudativa da parte di G. Zanella nel volume IV (p. 146) della sua Storia della letteratura italiana (Milano 1880).

Il C., che fu membro di diverse accademie e istituzioni scientifiche, morì a Monza il 1º dic. 1874.

L'elenco delle sue pubblicazioni scientifiche abbraccia non meno di 60 titoli, trascurando i numerosi articoli su giornali, le pubblicazioni d'occasione, i componimenti poetici. Esse toccano, come già si è detto, vari argomenti di elettrologia, ottica, astronomia, sismologia, agraria.

Fonti e Bibl.: Necr. di F. Massara, in Bull. dell'agricolt., VIII(1874), pp. 445 s.,e di C. Belgioioso, in Rend. d. Ist. lomb. di scienze e lett., VII(1875), p. 815.Elenchi praticamente completi degli scritti si trovano nei due saggi biogr. fondamentali: A. Riboldi, Cenni biogr. del... G. M. C. barnabita...,in Scuola cattolica, III (1875), pp. 170-188, 237-266;G. Boffito, Scrittori barnabiti, Firenze 1933, 1, pp. 443-453.

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