Ghetto

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fig.

In origine, la zona di Venezia, poi appositamente chiusa, assegnata nel 1516 agli Ebrei quale loro residenza (così chiamata per la presenza di un ‘getto’, cioè una fonderia). Dal 16° sec., in tutta Europa, la parola divenne la denominazione del quartiere cittadino di dimora coattiva degli Ebrei. Quartieri ebraici chiusi (talvolta costituitisi a scopo difensivo per iniziativa degli stessi abitanti) si conoscono dal 13° sec. in Germania, Spagna, e Portogallo; si ebbero in Italia in tutte le città abitate da Ebrei all’infuori di Livorno, dove alla comunità ebraica erano riservate determinate strade. Imposti quasi dovunque durante la Controriforma, furono aboliti nel corso del 19° sec., ma ebbero nel 20° sec. una triste reviviscenza in alcuni Stati dell’Europa centrale e orientale durante le persecuzioni razziali (v. fig.). Inquisitori sopra il g. furono detti i componenti di una speciale commissione delegata dalla Repubblica Veneta per liquidare i debiti dell’università israelitica.

Per estensione, si dicono g. i quartieri in cui sono relegate minoranze etniche o sociali emarginate e ghettizzazione il processo attraverso cui un gruppo sociale dominante costringe in una condizione di isolamento fisico e simbolico, di emarginazione e di inferiorità sociale e culturale un gruppo riconosciuto come diverso da sé, in genere perché appartenente a una minoranza socialmente, etnicamente o razzialmente esclusa dalla comunità di riferimento più ampia.

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