MANFREDI, Gabriele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANFREDI, Gabriele

Luigi Pepe

Nacque a Bologna il 25 marzo 1681 da Alfonso e Anna Maria Fiorini.

Il padre, originario di Lugo, era un notaio provvisto di buona cultura e scelse per i figli i migliori precettori privati. Il primogenito Eustachio studiò diritto e successivamente materie scientifiche; i più giovani, fra cui il M. ed Eraclito, furono avviati alla medicina, mentre Emilio divenne gesuita e apprezzato predicatore. Le due figlie, Maddalena e Teresa, ebbero elevata cultura e collaborarono con i fratelli; Teresa scrisse anche versi in dialetto bolognese.

Il M. e il fratello Eustachio dimostrarono un ingegno precoce e una marcata predilezione per gli studi scientifici. Il M., tuttavia, abbandonati gli studi medici perché le lezioni di anatomia umana lo spaventavano, si rivolse alla storia, lingue, poesia e geografia, disciplina nella quale eccelleva, anche per una non comune memoria. I due fratelli ebbero la fortuna di incontrare, prima che nel 1699 lasciasse l'Università di Bologna per quella di Padova, D. Guglielmini, corrispondente di G.W. Leibniz, che indirizzò loro e Vittorio Francesco Stancari al calcolo differenziale. Essendosi però Eustachio volto soprattutto all'astronomia, il M. dovette presto procedere da solo. Lesse gli articoli di Leibniz e di Johann e Jacob Bernoulli negli Acta eruditorum, ma apprese il calcolo soprattutto dall'Analyse des infiniment petits (Parigi 1696) di G.-Fr.-A. de L'Hôpital, che metteva a frutto lezioni private ricevute da Jo. Bernoulli. Nel 1694 Eustachio aveva fondato a Bologna l'Accademia degli Inquieti, cui parteciparono anche il M., Stancari e G. Verzaglia, un giovane cesenate studente a Bologna. Essa divenne poi l'Accademia delle scienze dell'Istituto, trovando ospitalità nell'istituzione fondata da Luigi Ferdinando Marsili nel 1711.

Alla fine del 1702 il M. si recò a Roma alla ricerca d'un impiego, raccomandato dal fratello a Francesco Bianchini, bibliotecario del cardinale Pietro Ottoboni nonché storico, antiquario e astronomo, che stava allora costruendo una meridiana in S. Maria degli Angeli sul modello di quella creata da G.D. Cassini a Bologna in S. Petronio. All'impresa collaborò il M., che a Roma dal 1703 al 1706 frequentò studiosi di vaglia come il cardinale E. Noris, prefetto della Biblioteca Vaticana (morto nel 1704), il medico G. Baglivi, il gesuita A. Baldigiani e l'abate D. Quarteroni, professore di matematica alla Sapienza dal 1696 al 1734.

A Roma un'apposita congregazione, della quale era segretario Bianchini, studiava una riforma del calendario gregoriano. Durante i lavori il M. ebbe occasione di conoscere G.F. Maraldi, nipote di Cassini e suo collaboratore all'Observatoire di Parigi, che lo mise in contatto con P. Varignon, impegnato in Francia nello studio del calcolo differenziale e integrale. Dal 1701, inoltre, il M. aveva cominciato a corrispondere con il camaldolese G. Grandi, formatosi scientificamente a Firenze, dove aveva conosciuto V. Viviani e studiato le opere matematiche di J. Wallis, del quale aveva impiegato i metodi analitici nelle sue prime opere, relative alla "finestra del Viviani" e alla curva logaritmica. Grandi, trasferitosi a Pisa e già matematico famoso, desiderava sapere di più dei metodi del calcolo differenziale, già utilizzati con competenza dal Manfredi. Questo suo desiderio e quello del M. di avere un interlocutore autorevole, fuori dalla cerchia degli amici, alimentarono una corrispondenza scientifica che è il primo documento sulla diffusione del calcolo differenziale in Italia. Essa proseguì abbastanza fitta nel 1702 e nel 1703, quando comparve a Pisa la Quadratura circuli et hyperbolae di Grandi, prima opera a stampa di un italiano che facesse uso del calcolo differenziale. Nella primavera del 1706 il M. tornò a Bologna, dove attese alla pubblicazione della sua opera più celebre, De constructione aequationum differentialium primi gradus (Bologna 1707), prima monografia nel mondo dedicata allo studio delle equazioni differenziali.

L'opera, in sei sezioni, raccoglieva e presentava in modo ordinato i risultati relativi alle equazioni differenziali del primo ordine sparsi nella letteratura matematica, fungendo da seguito dell'Analyse dell'Hôpital. Studiava dapprima le equazioni con soluzioni algebriche, poi quelle che portano a curve trascendenti, passando quindi alle equazioni che si risolvono mediante sostituzioni di variabili. L'ultima sezione era una miscellanea di problemi, alcuni solo proposti, come l'integrazione di un'equazione omogenea. Il libro, scritto per concorrere a una cattedra universitaria a Bologna, data invece a Ercole Corazzi, fu inviato a Leibniz, che lo apprezzò, e fu recensito favorevolmente negli Acta eruditorum (1708) e nel Giornale de' letterati d'Italia (1710).

Nel 1708 il M. entrò come collaboratore nella Cancelleria del Senato bolognese, dove giunse al grado di primo cancelliere e rimase fino al pensionamento nel 1752. Dal 1720, inoltre, insegnò nello Studio bolognese e, dal 1742, fu anche soprintendente delle Acque in sostituzione di Eustachio. Pur allontanato dagli studi a causa delle cariche ricoperte, il M. diede ancora per alcuni anni risultati significativi nel campo delle equazioni differenziali e della teoria dell'integrazione.

Il metodo di integrazione delle equazioni differenziali omogenee legato al suo nome apparve nel Breve schediasma geometrico per la costruzione di una gran parte delle equazioni di primo grado, in Giornale de' letterati d'Italia, XVIII (1714), pp. 309-315. Un altro importante lavoro, sull'integrazione di una formula differenziale proposta da Brook Taylor ai matematici continentali, apparve in un Supplemento allo stesso Giornale (Soluzione di un problema appartenente al calcolo integrale, in Giornale de' letterati d'Italia, Supplemento II, 1722, pp. 241-269). L'attività del M. nell'analisi matematica proseguì con una quindicina di dissertazioni, soprattutto sull'integrazione delle equazioni differenziali ordinarie, lette all'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna dal 1727 fino al 20 giugno 1761, poco prima della morte, apparse in parte nei Commentarii dell'Accademia (De formulis quibusdam integrandis, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, 1731, vol. 1, pp. 573-588; De eliminandis ab aequatione arcubus circularibus, et alia, ibid., 1747, vol. 2, Pars tertia, pp. 520-551; De inveniendis datarum formularum irrationalium reciprocis, ibid., 1755, vol. 3, pp. 432-453).

Dopo il 1715, tuttavia, il M. fornì i contributi più importanti come docente e tecnico impegnato nello studio delle acque correnti, che in Italia aveva già avuto cultori illustri come B. Castelli, G.D. Cassini e Guglielmini.

Agli inizi del Seicento il Reno, che si riversava nel Po di Primaro nei pressi di Ferrara e che, con il trasporto di materiali nelle piene, stava impedendo la navigazione tra Ferrara e il mare, fu disalveato e diretto verso le terre basse e paludose di San Martino, tra Ferrara e Bologna, con l'idea che avrebbe colmato le valli e trovato una strada verso il mare. In realtà non trovava sbocco e nelle piene inondava i territori bolognesi, danneggiando proprietà di potenti famiglie come gli Aldrovandi e i Lambertini. Nel 1625, appoggiata da B. Castelli, Bologna aveva proposto di collegare con un canale il Reno al Po, mandando così le acque, che scolavano già con difficoltà nel grande fiume, in territorio ferrarese e venendo a minacciare i territori di Modena e Mantova. Ne nacque una disputa tra Bologna e altre città (in primo luogo Ferrara), alimentata anche da considerazioni teoriche sul moto delle acque.

I Bolognesi sostenevano che la velocità delle acque sarebbe aumentata notevolmente con l'altezza: prima linearmente (legge di Castelli), poi in ragione della radice quadrata dell'altezza (legge di Guglielmini). In tal modo non vi sarebbero stati pericoli in caso di piene del Po o del Reno. Tali leggi empiriche, rivelatesi poi false, poggiavano sul calcolo dell'efflusso dell'acqua da un foro in condizioni statiche (foronomia). Dal 1705 era soprintendente delle acque del Bolognese il fratello del M., Eustachio; nel 1716 per riesaminare la questione fu decisa un'ispezione guidata da mons. D. Riviera, cui parteciparono Grandi come matematico pontificio, C. Galiani, il M. (diventato segretario dell'Assunteria delle acque) e suo fratello Eustachio. Contro il progetto dei Bolognesi di immettere il Reno in Po nei pressi di Bondeno intervenne anche la Repubblica di Venezia, che temeva danni ai suoi territori e fece difendere i propri interessi da uno dei maggiori idraulici del Settecento, B. Zendrini. L'affare del Reno, divenuto così anche problema politico, impegnò le energie e le competenze del M. fino al termine dei suoi giorni. Di fronte alla forte opposizione all'immissione del Reno in Po egli provò a seguire un'altra strada, quella di un canale che dalle valli di San Martino lo facesse defluire verso il mare. Il canale, scavato nel 1742 durante il pontificato di Benedetto XIV, fu chiamato Cavo Benedettino. Il proposito, inizialmente nascosto, del M. e dei Bolognesi era quello di collegare poi il Benedettino al Reno a Sant'Agostino (Rotta Panfilia) con un altro canale, facendo quindi ritornare questo fiume nel Primaro, a Traghetto. Il progetto fu effettivamente realizzato nel 1773 sotto la guida di A. Lecchi, ma non risolse allora i problemi delle valli tra Argenta, Ferrara e Bologna. Il Reno occluse gradualmente il Po di Primaro, che fu privato di sbocchi, creando nuovi problemi anche ai fiumi appenninici (Sillaro, Savena, Santerno, Senio, Idice) che si immettevano nel Primaro. Tuttavia, con raddrizzamenti e con la costruzione di alti argini, botti, impianti di sollevamento, il corso del Reno è rimasto sostanzialmente quello disegnato dal M., che ottenne l'approvazione anche da P. Frisi. Sulla questione del Reno il M. pubblicò opuscoli polemici, in particolare contro il tecnico ferrarese R. Bertaglia, che si era presentato sotto il nome di Alberto Valdimagro (Alla sacra Congregazione delle acque per la città e per gl'interessi bolognesi contro la città di Ferrara. Considerazioni, Roma 1739; Voto sopra il parere de' due periti di Bologna e di Ravenna circa l'arginare il Po di Primaro, Bologna 1759; Risposta al compendio delle pretese ragioni de' Ferraresi, Roma 1760).

A fine Seicento la scuola galileiana era ancora ben impiantata nelle Università italiane. Stefano degli Angeli, allievo di B. Cavalieri, e Michelangelo Fardella, allievo di G.A. Borelli, insegnavano a Padova. Un altro allievo di Borelli, A. Marchetti, insegnava a Pisa, dove pure aveva studiato G. Ceva (con Donato Rossetti, anch'egli allievo di Borelli). La scuola, legata ai metodi della geometria greca, privilegiava l'interesse per le applicazioni della geometria alla meccanica, sebbene i nuovi metodi analitici, con l'affermazione del calcolo differenziale e della geometria cartesiana, sua premessa necessaria, richiedessero una revisione dei corsi di studi. Non senza difficoltà furono introdotti nell'Università di Bologna da Eustachio Manfredi e Stancari, a Pisa da Grandi e soprattutto a Padova, dove dal 1707 al 1713 insegnò matematica Jacob Hermann, allievo di Jacob Bernoulli, chiamato su interessamento diretto di Leibniz. Hermann ebbe allievi di eccezione, come G. Poleni, J. Riccati, B. Zendrini, A. Conti e A. Zeno.

A Bologna il M., nell'insegnamento universitario e in quelli tenuti presso l'Istituto delle scienze, fu per quasi mezzo secolo punto di riferimento per i cultori locali di matematica e per chi si recava a Bologna attratto dalla fama dell'antica Università e dell'Istituto o per formarsi in collegi della città, in primo luogo quello dei gesuiti, dove studiarono i figli di Jacopo Riccati: Vincenzo, Giordano e Francesco. Proprio in occasione dell'avvio agli studi di Vincenzo, nel 1717, Riccati incontrò a Bologna il M., iniziando con lui un'interessante corrispondenza scientifica nella quale per la prima volta la comunità matematica italiana, assimilati i metodi del calcolo differenziale, mostrò di saper tenere testa alle più vivaci comunità scientifiche europee. I più noti allievi bolognesi del M. furono F.M. Zanotti, S. Canterzani e A. Bonfioli Malvezzi, mentre tra gli esterni che fecero riferimento a lui ricordiamo V. Riccati, G.F. Malfatti, F. Algarotti.

Il M. morì a Bologna il 5 ott. 1761.

Fu sepolto nella chiesa di S. Maria Maddalena, oggi in via Zamboni, nella tomba di famiglia. Aveva sposato Teresa Del Sole, della famiglia del pittore Giovan Giuseppe, dalla quale ebbe tre figli.

Fonti e Bibl.: Una scatola del Fondo speciale Tognetti (non inventariato) in Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, raccoglie diversi autografi del M. (cfr. A. Nicolardi, Gli inediti di Gabriello M., in Notiziario dell'Associazione laureati della facoltà di ingegneria di Bologna, 1984, nn. 78-79, pp. 9-11). A. Lecchi, Memorie idrostatico-storiche delle operazioni eseguite nell'inalveazione del Reno di Bologna, I-II, Modena 1773; G. Manfredi - G. Grandi, Carteggio (1701-1732), a cura di S. Giuntini, in Boll. di storia delle scienze matematiche, XIII (1993), 1, pp. 3-144; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, V, Pisa 1779, pp. 209-225; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pp. 193-195; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, X, Venezia 1845, pp. 319-326; E. Bortolotti, L'opera geometrica di G. M., in Memorie della R. Acc. delle scienze dell'Istituto di Bologna, cl. di scienze fisiche, s. 8, 1932-33, vol. 10, pp. 103-114; U. Baldini, L'attività scientifica nel primo Settecento, in Storia d'Italia (Einaudi), Annali 3, Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi, a cura di G. Micheli, Torino 1980, pp. 465-529; A. Nicolardi, Gabriello M. e la cupola di S.

Pietro in Roma, in Notiziario dell'Associazione laureati della facoltà di ingegneria di Bologna, 1981, nn. 68-69, pp. 22-27; L. Pepe, Il calcolo infinitesimale in Italia agli inizi del secolo XVIII, in Boll. di storia delle scienze matematiche, I (1981), 2, pp. 43-101; A. Brigaglia - P. Nastasi, Un carteggio inedito tra il matematico palermitano Girolamo Settimo e Gabriello M., in Boll. di storia delle scienze matematiche, III (1983), 1, pp. 19-35; A. Giacomelli, Appunti per una rilettura storico-politica delle vicende idrauliche del Primaro e del Reno e delle bonifiche nell'età del governo pontificio, in La pianura e le acque tra Bologna e Ferrara: un problema secolare (catal.), Cento 1983, pp. 101-254; L. Pepe, La Nova methodus et G. M., in Akten des IV. Intern. Leibniz-Kongress, 1983, Hannover 1984, pp. 575-583; F. Palladino, Tre lettere inedite di G. M. a Celestino Galiani sul calcolo infinitesimale, in Boll. di storia delle scienze matematiche, IV (1984), 2, pp. 133-144; Id., G. M. et la diffusion du calcul différentiel en Italie, in Studia Leibnitiana, Supplementa, XXVI (1986), pp. 79-87; S. Giuntini, I rapporti tra G. M. e Jacopo Riccati, in Boll. di storia delle scienze matematiche, IX (1989), pp. 3-47; Id., Una corrispondenza tra G. M. e Giovanni Poleni, ibid., X (1990), 2, pp. 99-125; M. Cavazza, Settecento inquieto. Alle origini dell'Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1990, passim; M.T. Borgato, Mathematical research in Italian universities in the Modern Era, in Universities and science in the early Modern Period, a cura di M. Feingold - V. Navarro Brotons, Dordrecht 2006, pp. 127-139.

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