FRANCESCO GIUSEPPE, Terra di

Enciclopedia Italiana (1932)

FRANCESCO GIUSEPPE, Terra di (in russo Zemlja Franza Iosifa; A. T., 103-104)

Giuseppe Caraci

Arcipelago artico a E. delle Svalbard (Spitzbergen), posto fra 79°45′ e 82°5′ N. e fra 42° e 55° E. Consta d'una sessantina di piccole isole, che coprono tutte insieme una superficie di circa 20 mila kmq. Fu politicamente aggregato fino dal 1914 alla Russia (Governo di Arcangelo), ma è affatto disabitato. L'Unione sovietica ha proposto di cambiarne il nome in quello di Fridtjof Nansen. Rappresenta il lembo insulare che nella calotta artica si spinge più a N., e anche per questo fu, dei territorî vicini, uno degli ultimi a essere scoperto.

Non è improbabile che già nel 1614 W. Baffin ne avesse veduto qualche tratto da O. durante la sua crociera alle Svalbard con il Fotherby, ma la prima sicura conoscenza risale a una sessantina di anni fa, quando la nave austro-ungarica Tegetthoff, che recava la spedizione diretta da Julius Payer e Carlo Weyprecht, vi fu spinta dalla deriva dei ghiacci in cui era rimasta prigioniera. Dall'agosto 1873, in cui venne avvistata terra, al maggio 1874, quando s'iniziò il fortunoso ritorno del Payer, l'arcipelago fu riconosciuto e studiato in più parti e fu toccata la latitudine estrema di 82°5′ (Capo Fligely), ma si resero necessarie ancora varie altre spedizioni (e specialmente De Bruyne, 1879, Leigh Smith, 1881-82, F. G. Jackson e A. Harmsworth, 1894-96, F. Nansen 1893-1896, W. Welmann, 1899, Duca degli Abruzzi, 1899-900, Ziegler, 1903-1905) prima che la Terra di Francesco Giuseppe potesse trovare sulle carte una rappresentazione sufficientemente precisa. L'idea che qui vi fosse una più o meno ampia massa continentale, idea cui è dovuto il nome stesso di terra imposto dagli scopritori, fu dimostrata erronea dopo che Nansen ebbe chiarito, con il geniale tentativo della Fram, che tra quella e il Polo si interponeva un vasto e profondo braccio di mare. Così la presunta terra si venne dissolvendo in un plesso insulare, ma la sua esplorazione se ne avvantaggiò, per essere d'allora in poi stata scelta spesso come base delle spedizioni dirette al Polo; oltre al vantaggio dell'alta latitudine, la Terra di Francesco Giuseppe ha quello di poter essere facilmente raggiunta dalle navi, toccata com'è dal ramo della Corrente del Golfo che si spinge nello Stretto di Barents.

L'arcipelago è diviso in tre parti dai due maggiori canali che lo attraversano, fra i quali è compresa la più gran parte delle isole. Di queste, tutte piuttosto piccole, le più estese rimangono a E. e a O. dei due canali; le massime, le Isole Alessandra e Principe Giorgio, sono anche le più occidentali e le uniche in cui si abbiano lembi un po' considerevoli di terreno libero. Nel resto la roccia affiora solo nei promontorî e negli aggetti che interrompono, lungo il perimetro costiero, la fronte - elevata dai 30 ai 60 m. - con cui i ghiacciai scendono al mare, ma raramente emerge in spuntoni e in groppe di sotto alla bianca, alta cappa ghiacciata che tutte ammanta, grandi e piccole, le isole dell'arcipelago. Le altezze si mantengono, al pari che nelle vicine Svalbard, molto modeste: in media sui 300 metri, e solo verso S. si toccano in qualche punto gli 800 m. Le isole rappresentano il risultato della frammentazione, operatasi in tempi geologici relativamente recenti, d'una zolla emersa già dal Giurassico e rivestita più tardi (Terziario) di una non molto potente copertura basaltica. Questa, che ricalca la morfologia più antica, vi è disposta a mo' di piattaforma, con deboli ondulazioni; lungo il contorno costiero, invece, il disegnarsi di più ordini di terrazze - da 30 a 120 m. - che continuano anche sotto il livello marino, documenta la lunga durata e forse la persistenza del processo di dissezione cui è dovuta la formazione dell'arcipelago. I rapporti con le Svalbard sono poi chiariti dall'esistenza d'un comune imbasamento; l'isobata di 200 m. circonda infatti i due gruppi, che anche geologicamente hanno caratteri molto simili. Il clima è tipicamente polare; i valori dedotti dalle varie osservazioni dànno −14°, 3 come media temperatura annua; −26°,8 e 1°,4 come media dei mesi estremi, il più freddo essendo il gennaio, il più caldo il luglio (giugno ha di regola da 0° a 2°). Ma i minimi assoluti scendono a −46°,2 e i massimi possono toccare fino i 12°. Dei venti prevalgono quelli di E. e di O.; quelli di S. mancano quasi assolutamente, e questo basta a mostrare come l'arcipelago costituisca una zona intermedia fra l'area atlantica a bassa pressione e quella ad alta pressione attorno al Polo. Le precipitazioni acquee sono relativamente scarse e distribuite nei varî mesi in modo abbastanza uniforme. La vita vegetale e animale è naturalmente assai ridotta (il limite delle nevi permanenti scende fra i 100 e i 300 m. e il sole scompare da metà ottobre a febbraio), ma non del tutto assente. L'Isola Alessandra presenta, nella sua parte SO., un lembo di circa un centinaio di km. di lunghezza e profondo in media una diecina, che rimane, sia pure per una piccola parte dell'anno, affatto sgombro di ghiaccio. Varie le specie dei muschi e dei licheni, due dozzine quelle delle fanerogame, fra cui alcune sassifraghe, Alopecurus alpinus, Pleuropogon Sabinii, Ranunculus nivalis, Papaver nudicaule, Draba alpina e Cerastium alpinum. La fauna registra, oltre all'orso e alla volpe polare, e varî animali marini, una ventina di specie di uccelli, e fra queste due specie artiche: Fulmarus glacialis e Pagophila eburnea. Vita vegetale e animale vanno poi decrescendo d'intensità man mano che si procede da O. verso E. Nessun tentativo è stato ancora diretto all'accertamento delle possibilità minerarie dell'arcipelago.

Bibl.: F. G. Jackson, A thousand days in the Arctic, New York e Londra 1899; Luigi Amedeo di Savoia duca degli Abruzzi, Osservazioni scient. eseguite durante la sped. polare 1899-1900, Milano 1903; A. Fiala, Fighting the polar ice, New York 1906; Ziegler Polar Expedition 1903-1905, Washington 1907; L. Breitfuss, Irrfahrten im Lande des weissen Todes, Lipsia 1925.

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