FORZE ARMATE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

FORZE ARMATE

Alberto Mondini
Nicola Pignato
Gino Galuppini
Stelio Nardini
Nicola Pignato

Il 2 settembre 1945, quando il generale Y. Umeza firmò sulla corazzata statunitense Missouri, davanti al generale D. MacArthur, la resa del Giappone, ponendo fine alla seconda guerra mondiale, molti pensarono che l'era degli eserciti e delle flotte fosse finita per sempre; quella guerra "ininterrotta ed asprissima", durata per oltre sei anni, era stata conclusa dallo scoppio di due bombe atomiche a Hiroshima e a Nagasaki il 2 e il 6 agosto. Il Giappone, che aveva ancora un considerevole potenziale bellico e sul cui suolo non era sbarcato un solo nemico, riconosceva l'impossibilità di continuare a combattere davanti alla nuova arma. La bomba atomica appariva come l'arma totale, contro cui non c'era difesa.

Nella breve euforia della pace ritrovata, scomparsi fascismo, nazismo e imperialismo giapponese, con cui, con la semplificazione tipica dei periodi bellici, si erano ritenuti eliminati tutti i più gravi pericoli per il mondo, sembrò che la guerra potesse essere relegata tra i fenomeni della storia passata. Presto però la rivalità fra Stati Uniti e Unione Sovietica, le due massime potenze mondiali, si acuì e l'esistenza nei loro arsenali di bombe nucleari e, successivamente, di bombe termonucleari, insieme a quella dei missili balistici intercontinentali, generò nei due blocchi un diffuso senso di paura, che divenne base e legittimazione di una nuova filosofia militare.

Una scuola di pensiero si pronunciò per la cosiddetta teoria della mutual assured destruction (acronimo MAD, che in inglese vale anche ''matto''), nel senso cioè che una risposta bellica massiccia, rendendo possibile una mutua distruzione, garantiva la pace sotto forma di un ''equilibrio del terrore''. Non ci volle molto a capire che si trattava di una teoria rischiosa e insostenibile, che venne perciò sostituita dalla cosiddetta ''risposta flessibile'', secondo la quale a ogni provocazione si doveva reagire con una risposta bellica proporzionata. Il primo esempio importante di applicazione di questa teoria fu, nel luglio 1948, il cosiddetto ''ponte aereo'' di Berlino, l'operazione cioè di rifornimento aereo del settore di Berlino occupato dagli Alleati, come risposta al blocco delle vie di comunicazione sia ferroviarie che stradali tra l'ex capitale tedesca e la Germania Occidentale, operato dalle autorità sovietiche.

La nuova situazione postbellica, con il clima di ''guerra fredda'' presto instauratosi, richiedeva agli USA e ai loro alleati, poi raggruppati dai trattati NATO e SEATO, una doppia capacità d'intervento, atomico e convenzionale, cioè un armamento completo nell'estesissima gamma che andava dal missile balistico intercontinentale al fucile del fante. Il 25 giugno 1950 l'invasione della Corea del Sud da parte dei Nordcoreani, con la violazione degli accordi che fissavano sul 38° parallelo non solo il confine fra le due metà dello stato preesistente, ma anche il limite fra le sfere d'influenza statunitense e sovietica, provocò un'ondata di panico negli USA (che intervennero in appoggio ai Sudcoreani il 30 giugno) che fu determinante per il successivo lancio di un programma di riarmo, proseguito negli anni Sessanta e Ottanta e giunto al suo acme sotto la presidenza di R. Reagan. Tale riarmo provocò altrettanto allarme in URSS, che reagì in modo perfettamente analogo, favorendo così la costituzione, nelle due rispettive aree d'influenza, di enormi arsenali di armi strategiche e tattiche.

Le due superpotenze si servirono del loro potenziale bellico anche per regolare vari problemi interni alle rispettive zone d'influenza, in conformità alla divisione del mondo decisa con gli accordi di Yalta; in particolare l'URSS con improvvise invasioni di carri armati mise termine a tentativi d'indipendenza in Ungheria, nel 1956, e in Cecoslovacchia, nel 1968, mentre gli Stati Uniti, oltre alla lunga guerra nel Vietnam (1964-75), operarono interventi nella loro diretta zona d'influenza in America Centrale.

Ma ''i due grandi'' iniziarono anche una gara in cui la ricerca scientifica ebbe una parte sempre maggiore e senza precedenti nella storia; nel corso dei decenni lo sforzo venne concentrato nel perfezionamento delle armi convenzionali: aeroplani, elicotteri, missili antiaerei, antinave, aria-terra guidati elettronicamente, con una precisione prima impensabile. Mentre il timore di reciproca distruzione faceva trovare intese quali il cosiddetto ''telefono rosso'', cioè una linea di collegamento diretto per evitare lo scoppio casuale e involontario di una guerra terribilmente distruttiva, la gara tecnologica continuava, richiedendo uno sforzo economico, che se negli Stati Uniti faceva salire il debito pubblico senza gravi conseguenze sull'economia interna, nell'Unione Sovietica era destinato a contribuire in modo decisivo al collasso politico-economico verificatosi negli anni Ottanta.

Il crollo economico-politico del sistema sovietico al chiudersi degli anni Ottanta ha posto fine alla cosiddetta ''guerra fredda'' e ha riaperto il problema di quale forma dare allo strumento difensivo. Negli Stati Uniti, nonostante i tagli di bilancio, l'armamento rimane imponente.

Studiato esclusivamente in funzione antisovietica, ha dimostrato di funzionare bene anche in un teatro di operazioni completamente diverso, come il deserto, dove si sono svolti i combattimenti della Guerra del Golfo (v. in questa Appendice). Le nuove esigenze richiedono maggiore ampiezza del ventaglio difensivo e minore concentrazione dello sforzo; la grande importanza data all'arma aerea è risultata giustificata nella guerra contro l'῾Irāq, ma tuttavia nell'ipotesi di un conflitto non si può pensare di poter contare su una rete di ottimi aeroporti (come quelli offerti dall'Arabia Saudita) né su mesi di preparazione sul posto. Occorre quindi porre l'accento sulla mobilità, e lo si sta già facendo, come dimostrano i primi voli del grande trasporto C-17, capace di atterrare su piste non preparate di 1000 m.

L'Europa, all'inizio degli anni Novanta, si trova in condizioni diverse dagli Stati Uniti e sta tentando di darsi uno strumento difensivo, indipendente dall'alleanza atlantica ma con essa integrato. I paesi dell'Est hanno come immediato obiettivo la riduzione delle spese militari quale indispensabile correttivo delle loro gravi condizioni economiche. Nello scacchiere orientale Israele rimane un caso isolato: accerchiato dagli stati arabi, con un solo alleato e lontano, gli USA, lo stato ebraico ha avuto bisogno finora di uno strumento di difesa efficiente e di pronto intervento.

Nel Terzo Mondo numerosi paesi si trovano in una posizione geografico-strategica assai debole, circondati di fatto da nemici o da amici poco affidabili, il che provoca ingenti investimenti nell'acquisto di armi. Le f.a. sono altresì strumento di potere sotto il controllo diretto di capi di Stato e potentati locali, spesso insidiati da odi tribali o da congiure di palazzo. In Sudamerica le f.a. esercitano un cospicuo potere politico, in modo diretto, attraverso giunte militari, o indiretto, attraverso un forte condizionamento sui governi, che spesso sfocia nel classico fenomeno del pronunciamiento.

In tutti i paesi a regime democratico gli stanziamenti di bilancio per le f.a. sono soggetti ad approvazione da parte dei Parlamenti; approvazione che è meno difficoltosa, ovviamente, quando l'opinione pubblica è sensibile all'esistenza di una minaccia esterna, come in Israele, e più contrastata in paesi che godono da lungo tempo di un periodo di pace. A bilancio approvato, ulteriori problemi possono provenire dalla ripartizione dei finanziamenti fra le varie armi. Il continuo progresso tecnico, inoltre, tende a rendere rapidamente obsoleti i sistemi d'arma, il cui continuo rinnovamento risulterebbe di costo insostenibile, ove non venisse finanziato dalle vendite di materiale obsolescente ad alleati meno ricchi. Di qui deriva il fenomeno dell'esportazione di materiale bellico.

Esercito. - Per le f. a. di terra, la tendenza principale di questi ultimi anni sembra in favore di una più accentuata trasformazione degli eserciti di massa in eserciti di qualità. Questo processo è in atto negli USA dove gli effettivi, valutati nel 1990 a circa 750.000, più 200.000 marines, stanno per subire drastiche riduzioni. Ciò pure in conseguenza degli accordi CSCE (Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) che hanno portato all'attuale distensione obbligando i due blocchi (compresi gli eserciti dell'ex Patto di Varsavia) a notevoli tagli nei materiali bellici e alla conseguente dismissione dei mezzi più antiquati e logori in favore di quelli più sofisticati, che richiedono una maggiore specializzazione degli addetti e, quindi, una maggiore presenza di personale a lunga ferma.

Di conseguenza, indipendentemente dalle scelte dei singoli paesi occidentali in fatto di politica militare, ci si è orientati verso un reclutamento su base volontaria o mista (professionisti e militari di leva). In entrambi i casi il sistema prevede il reclutamento di donne fra i professionisti. Stati Uniti e Regno Unito hanno abolito la coscrizione obbligatoria con risultati piuttosto soddisfacenti, mentre in Francia e Germania metà della forza è rappresentata da giovani di leva. Italia, Spagna e Turchia conservano invece una prevalenza di militari di leva. La Bundeswehr tedesca prevede che l'aliquota di professionisti potrà elevarsi con la contrazione di circa 1/3 degli effettivi a seguito della riunificazione e dell'attenuarsi della minaccia da Est. Non facilmente prevedibile quale sarà l'organizzazione militare delle varie repubbliche nate dal dissolvimento dell'ex URSS, il cui esercito aveva un 90% di personale di leva con ferma biennale e chiamata ogni 6 mesi, il che consentiva un buon addestramento.

Caratteristica comune ai maggiori eserciti NATO, primo fra tutti quello statunitense, è di comprendere forze d'intervento rapido, da impiegare con breve preavviso per operazioni fuori zona, e quindi costituite in buona parte da aviotruppe. Fa eccezione la Germania per motivi costituzionali.

Gli ordinamenti dei principali eserciti appaiono altrettanto notevolmente diversi in base sia alle esigenze politiche, sia alle disponibilità economiche dei vari paesi, anche se le grandi unità di base rientrano nell'ormai consolidata tipologia (divisioni e brigate motorizzate, meccanizzate, corazzate, da montagna e avioportate). Tranne che nell'esercito degli USA, che conta 6 armate, e di qualche altro paese (il Giappone ne ha 5), il livello più alto è quello del corpo d'armata (su 2 o più divisioni o brigate). Per ciò che attiene le formazioni principali, la proporzione, nell'esercito statunitense, è di 1:3 tra GG.UU. corazzate e meccanizzate (la stessa proporzione aveva l'esercito dell'ex URSS). Inferiore è la proporzione nell'esercito italiano (2 brigate corazzate contro 12 motomeccanizzate, 4 alpine e una di paracadutisti). In Francia il rapporto è di 1:2; in Spagna, di 1:3. Si distingue il Giappone con un rapporto di 1:13.

Per ciò che riguarda gli armamenti, la NATO ha già in linea carri armati e trasporti truppa fra i migliori; meno moderni e validi in Italia e Spagna, in cui l'ammodernamento è stato rallentato da difficoltà finanziarie. L'artiglieria si basa quasi esclusivamente su moderni pezzi da 155 lunghi, a TM e semoventi, e da 203 semoventi, cui si stanno aggiungendo i lanciarazzi multipli MLRS da 227. Per le armi portatili, ci si sta orientando sul calibro 5,56 per fucili e mitragliatrici leggere (anche se per quelle più pesanti restano il 7,62 NATO e il 12,7). I reparti speciali fanno anche uso di pistole mitragliatrici calibro 9 L. e di fucili di tipo e calibro fra i più svariati. I mortai di fanteria vanno dai 60 agli 81 ai 120 mm con una tendenza all'alleggerimento, mentre si vanno diffondendo i lanciagranate automatici. Buoni l'armamento di autodifesa controcarri e contraerei e i missili controcarro a lunga portata. Apparecchi di visione notturna, di collegamento e scoperta sono sempre più utilizzati, mentre maggiore importanza si attribuisce al combattimento d'arresto (mine, sistemi di posa e relative contromisure).

Quanto all'ex Unione Sovietica, il suo esercito aveva in dotazione ottimi carri, come il T-80 U, ma trasporti truppe di concezione meno recente; particolare cura era dedicata tanto all'artiglieria convenzionale quanto a quella ''reattiva'', ossia ai lanciarazzi multipli. In uso anche mortai di grosso calibro. In complesso curato l'armamento della fanteria, pur se inferiore per certi aspetti a quello occidentale. Arma individuale standard era l'AK 74, ultimo nato del Kalashnikov, anche in versione fucile mitragliatore RPK 74 e mitra AKR.

Una politica a parte è quella delle forze di autodifesa giapponesi, che sebbene restino nell'orbita occidentale, tendono a provvedersi di armamenti di produzione nazionale anche nei settori più impegnativi. Basti citare il carro armato Tipo 90 con cannone da 120, il modernissimo trasporto truppe Tipo 89, il semovente da 155 lungo Tipo75 e il semovente carro armato binato da 35 mm Tipo 87, oltre le autoblindo.

Fra le nazioni minori e i paesi in via di sviluppo si riscontrano, per fare qualche esempio, eserciti come quello del Ciad, che con effettivi inferiori a quelli di una sola divisione, inflisse a suo tempo − grazie all'addestramento francese − un duro colpo all'esercito libico, che sulla carta era tre volte più numeroso e con dotazioni di materiali moderni più che doppie rispetto agli organici resi noti. Isreale possiede (come il Canada, dove non esistono separazioni fra le tre armi) un complesso unificato forte di oltre 110.000 effettivi, bene armato e addestrato e appoggiato da un'industria bellica assai progredita. Nell'America del Sud esistono armate come quella argentina, brasiliana e cilena, che possono fare affidamento su un complesso militare industriale che le rende in parte autosufficienti; tuttavia, come la maggioranza dei paesi non allineati, la loro organizzazione appare spesso deficitaria oppure volta alla repressione del dissenso o della guerriglia.

In Europa esistono peraltro eserciti minori caratterizzati da un'elevata efficienza e con un'organizzazione particolare, come la Svizzera che può mobilitare in 48 ore 625.000 effettivi pur avendone solo 3400 di professione, e la Svezia che, pur avendo forze permanenti ridotte, richiama annualmente 86.000 riservisti per aggiornamento. Entrambi gli stati, poi, dispongono di un'industria bellica di fama mondiale, almeno in alcuni settori.

Più difficile è il discorso sulle forze terrestri cinesi. Si tratta di un complesso che in teoria dispone di 2.300.000 uomini, 10.000 carri, 5000 trasporti truppa e 16.000 tra cannoni e lanciarazzi, per lo più obsoleti. Si sta procedendo comunque a una modernizzazione cui sono pervenute solo 3 delle 35 armate, dato l'embargo occidentale che ha rallentato il rinnovamento della locale industria bellica. Ricordiamo, tuttavia, il successo di esportazione di materiale bellico dalla Cina ad alcuni paesi del Terzo Mondo.

Marina. - La marina militare è la f. a. istituita a difesa delle frontiere marittime della nazione. Uno dei corpi della marina militare, quello delle Capitanerie di porto, ha anche compiti di polizia marittima, e, per questi, dipende dal ministero della Marina mercantile.

Per l'espletamento dei compiti di difesa marittima, oltre ai classici mezzi propri delle marine militari, quali navi e sommergibili, la Marina si avvale anche di elicotteri basati su navi e di aerei ad ala fissa basati a terra e su navi. Le Capitanerie di porto si avvalgono di aerei ed elicotteri basati a terra.

Tutte le principali marine hanno una propria aviazione navale, ma quella italiana (e a suo tempo quella tedesca del Reich) non ha avuto un'aviazione navale fino a epoca recente. Questo perché il R.D. 28 marzo 1923 n. 645 concernente la "Costituzione della R. Aeronautica" non consentiva alla marina e all'esercito italiani di avere una propria aviazione. Conseguentemente l'aviazione di Marina, che aveva operato sia nella guerra di Libia sia nella prima guerra mondiale, fu disciolta, e uomini e mezzi passati a far parte della nuova arma aeronautica. Prima e durante la seconda guerra mondiale molte delle navi maggiori erano dotate di aerei da ricognizione catapultabili, ma non recuperabili in mare: tali aerei appartenevano all'aeronautica ed erano pilotati e accuditi da personale della R. Aeronautica appositamente imbarcato.

Per effetto di tale decreto non fu possibile dotare di aerei, nonostante fosse stata costruita con ponte di volo, la nave Garibaldi che dal 1985 al 1991 dovette operare con soli elicotteri. Con la l. 1° febbraio 1989 n. 36 "Utilizzo da parte della Marina militare di aerei imbarcati", è stato possibile dotare di aerei la Garibaldi. I primi due, di tipo TAV-8 B, sono stati consegnati alla nave il 23 agosto 1991 nella base della marina statunitense di Norfolk. Per quanto concerne i piloti, da oltre 30 anni, la marina inviava alcuni ufficiali a conseguire il brevetto sulle portaerei statunitensi.

La costituzione della flotta italiana attualmente è la seguente: 1 incrociatore portaerei Giuseppe Garibaldi (1985), armato con missili antinave e antiaerei e dotato di 16 aerei ed elicotteri; 1 incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto (1969), armato con missili antinave e antiaerei e dotato di ponte di volo e 6 elicotteri; 1 incrociatore portaelicotteri Andrea Doria (1964), armato con missili antiaerei e cannoni, con ponte di volo e 3 elicotteri; 2 caccia tipo Audace (1972-73), armati con missili antiaerei e antinave e dotati di 2 elicotteri; 1 caccia tipo Impavido (1963), armato con missili antiaerei e cannoni; 8 fregate tipo Maestrale (1982-85), armate con missili antiaerei e antinave e dotate di 2 elicotteri; 4 fregate tipo Lupo (1977-80), armate con missili antiaerei e antinave e dotate di 1 elicottero; 2 fregate tipo Alpino (1968), armate con cannoni e dotate di 1 elicottero; 8 corvette tipo Minerva (1987-91), armate con missili antinave e cannoni; 4 corvette tipo De Cristofaro (1965-66), armate con cannoni; 3 corvette tipo Alcione (1965), armate con cannoni; 4 sommergibili classe Sauro (1980-82), 2 sommergibili classe Pelosi (1988-89), 2 sommergibili classe Dandolo (1968-69); 12 unità contromisure mine; 2 unità per operazioni anfibie; 2 navi rifornitrici di squadra; 93 navi ausiliarie. Appartengono alla marina anche aerei tipo Harrier II AV-8B Plus, e Breguet 1150 Atlantic, oltre a elicotteri tipo EH 101, Agusta Bell AB 212, Sikorsky SH-3D.

Le Capitanerie di porto dispongono di 14 vedette soccorso d'altura, 35 vedette veloci, 92 vedette costiere, 33 vedette soccorso aereo, cui si aggiungono 16 elicotteri.

Alle su elencate unità si sono aggiunte recentemente le 4 fregate tipo Lupo, costruite nel 1982-85 per l'῾Irāq e mai consegnate per le vicende collegate con la Guerra del Golfo. Il finanziamento per l'acquisto di tali navi è stato approvato con il D.L. 31 gennaio 1992 n. 45.

L'organizzazione territoriale della marina è articolata in 4 Dipartimenti militari marittimi e 2 Comandi autonomi. I Comandi di Dipartimento hanno sede a La Spezia (Dip. Alto Tirreno), Napoli (Dip. Basso Tirreno), Taranto (Dip. dello Ionio) e Ancona (Dip. dell'Adriatico). Le sedi dei Comandi militari marittimi autonomi sono a La Maddalena (C.do autonomo della Sardegna) e a Messina (C.do autonomo della Sicilia): a La Spezia e a Taranto hanno sede i due Arsenali maggiori, altri stabilimenti di minore potenzialità si trovano a La Maddalena e a Messina.

Aeronautica. - L'aeronautica è una f.a. autonoma e indipendente, in tempo di pace preposta − con velivoli pilotati e non, elicotteri, missili e con sistemi spaziali ed elettronici − al controllo e alla sorveglianza militare dello spazio aereo di pertinenza; all'attuazione di funzioni internazionali dissuasive in appoggio alla politica del proprio governo; al compimento di missioni di volo per esigenze pubbliche; e inoltre alla preparazione per l'assolvimento dei compiti previsti: a) difesa dello spazio aereo di responsabilità, del territorio, dei mari nazionali e delle direttrici d'approvvigionamento energetico del paese; b) scoperta e rilevamento delle forze e degli intendimenti dell'avversario; c) operazioni d'interdizione per neutralizzare il potenziale militare avversario in genere e aeromissilistico in particolare; d) cooperazione con le forze di superficie (esercito e marina).

L'elemento peculiare che differenzia le aeronautiche militari dalle aviazioni che fanno parte integrante delle forze di superficie, è il fatto che le prime sono destinate a un impiego indipendente, non vincolato alle forze di superficie e al supporto ravvicinato a queste ultime. Autonomia e unicità di comando delle forze delle aeronautiche militari sono imposte dai tempi estremamente ristretti di reazione e d'intervento e dalla massima concentrazione delle risorse disponibili, condizioni queste indispensabili all'assolvimento dei compiti prioritari di difesa aerea e interdizione.

Alcune aeronautiche militari (la United States Air Force, USAF; la Voenno-Vozdushne Sili, VVS dell'ex Unione Sovietica; la britannica Royal Air Force, RAF; la francese Armée de l'Air, e l'israeliana Chel Ha'avir) sono anche definite strategiche per la loro elevata capacità d'intervento autonomo a grandissima distanza dalle proprie basi con potenziale distruttivo altamente dissuasivo e risolutivo. Nella nuova realtà internazionale conseguente la fine della contrapposizione statica fra NATO e Patto di Varsavia, la differenziazione fra aeronautiche, strategiche e non, è andata progressivamente attenuandosi: da una parte per la crescente tendenza a considerare poco realistico l'impiego dei sistemi nucleari, dall'altra per il progressivo incremento delle aree geografiche connesse con la strategia globale di molti paesi, tutte suscettibili d'immediata tutela da parte delle aeronautiche, anche per la capacità di dissuasione implicita nell'elevata mobilità delle forze aeree.

Il primo impiego bellico di mezzi aerei risale alla guerra italo-turca del 1911-12 nel corso della quale missioni da ricognizione e d'appoggio tattico furono compiute da velivoli del corpo aereo italiano. Quest'ultimo sarebbe divenuto il nucleo fondamentale della Regia Aeronautica, costituita con R.D. il 28 marzo 1923, seconda forza aerea autonoma in ordine di istituzione dopo la RAF (1918). Successivamente furono costituite in Svezia la Flygvapnet (1926), in Perù il Cuerpo de Aeronautica (1929), la Fuerza Aérea de Chile (1931), in Belgio l'Aéronautique Militaire (1931), l'Imperial Iranian Air Force (1932), in Francia l'Armée de l'Air (1934), in Germania la Luftwaffe (1934), in Spagna l'Ejército del Aire (1939), la Força Aérea Brasilera (1940), la Fuerza Aerea Argentina (1945), la U.S. Air Force (1947) e la Força Aérea Portuguesa (1952).

Le principali dottrine d'impiego delle aeronautiche militari sono incentrate rispettivamente: a) sulla supremazia assoluta del potere aereo (come teorizzato dall'italiano G. Douhet, dal britannico A. Harris e dallo statunitense A. P. De Seversky), indicato come elemento risolutivo dei conflitti; b) sul determinante contributo condizionante delle forze aeree (come sostenuto dall'italiano A. Mecozzi, dal francese C. Rougeron, dall'inglese T. Leith-Mallory e dallo statunitense Hap Arnold), in uno scenario di cooperazione con le forze di superficie. Il ruolo decisivo del potere aereo è emerso, in epoca recente, nella guerra per la liberazione del Kuwait (1991).

L'ordinamento dell'aeronautica militare italiana è, nelle sue linee fondamentali, quello previsto dalla l. 25 giugno 1937 n. 1501 e successive modifiche. Il territorio nazionale è ripartito in 3 Regioni aeree, con i relativi comandi a Milano, Roma e Bari, mentre l'organizzazione di selezione, la formazione e l'addestramento del personale (ufficiali, sottufficiali e avieri) fanno capo al comando generale delle Scuole con sede a Guidonia. Il territorio di ogni Regione aerea è suddiviso in circoscrizioni aeroportuali che corrispondono, di massima, al numero degli aeroporti armati.

Il capo di Stato maggiore esercita le sue funzioni avvalendosi dello Stato maggiore dell'aeronautica, dell'Ispettorato logistico e dell'Ispettorato telecomunicazioni e assistenza al volo, e ha alle sue dipendenze i comandanti delle Regioni aeree, il comandante generale delle Scuole, i capi dei Corpi tecnici. In relazione ai loro compiti, le forze aeree e missilistiche e il sistema di avvistamento radar sono strutturati in Brigate aeree, Stormi e Gruppi (di volo o intercettori teleguidati, radar).

L'aeronautica militare, che aveva iniziato la seconda guerra mondiale con circa 3300 velivoli, saliti a 10.000 durante il conflitto, disponeva nel 1945 di circa 500 macchine, ormai superate e in condizioni precarie. Attualmente è dotata di circa 900 aeromobili.

Le forze aeree nazionali sono divise in:

a) forze della difesa aerea, che in tempo di pace salvaguardano la sovranità dello spazio aereo nazionale, e in tempo di guerra e crisi assicurano la protezione della popolazione e del patrimonio industriale e militare dalla minaccia nemica; sono costituite da velivoli F104-S (che saranno sostituiti dagli EFA), missili superficie-aria NIKE, HERCULES e SPADA, da artiglierie contraeree leggere, da una rete di avvistamento radar e da un sistema di Comando, Controllo e Comunicazioni;

b) forze aerotattiche, che sono impiegate in compiti di dissuasione, contraviazione e, in concorso con le forze terrestri e aeronavali, di neutralizzazione delle forze nemiche; sono costituite da cacciabombardieri da interdizione lontana (Tornado), cacciabombardieri ognitempo e leggeri (AMX, G91y), e ricognitori (RF104-G e AMX);

c) forze di supporto operativo, costituite dalle componenti del trasporto aereo a medio e lungo raggio (C130, G222), rifornimento in volo (B707), trasporto passeggeri (Gulfstream III, DC9, F50, PD808), soccorso aereo (HH3F, AB212), radiomisure e guerra elettronica (PD808, G222);

d) forze addestrative, talune con compiti d'impiego bellico, costituite da velivoli SF260, MB326, MB339, ed elicotteri NH500 e AB47G2.

Il personale militare ammonta a 79.000 uomini suddivisi nel modo seguente: 8600 ufficiali, 40.000 sottufficiali, 25.000 avieri di leva, 4500 allievi delle scuole; il personale civile ammonta a circa 8000 unità.

La consistenza attuale di alcune tra le principali aeronautiche militari è la seguente:

U.S. Air Force (USA): 1000 missili strategici, 362 bombardieri a grande raggio, 700 aviocisterne, 22 velivoli per posto di comando, 240 velivoli di difesa aerea, 680 velivoli per missioni elettroniche, 3620 cacciabombardieri, 900 aerotrasporti e 200 elicotteri; personale: 571.000 unità (di cui 69.000 donne).

Voenno-Vozdushne Sili (ex URSS): 1398 missili strategici, 640 bombardieri a lungo e medio raggio, 70 aviocisterne, 2315 velivoli di difesa aerea, 110 velivoli per missioni elettroniche, 4335 cacciabombardieri, 700 aerotrasporti; personale: 420.000 unità.

RAF (Gran Bretagna): 234 velivoli d'attacco (Tornado), 37 aviocisterne, 150 velivoli di difesa aerea, 40 velivoli per missioni elettroniche, 500 cacciabombardieri, 80 aerotrasporti, 150 elicotteri; personale: 89.600 unità (di cui 6600 donne).

Chinese People'Air Force (Cina): 4000 velivoli di difesa aerea, 1260 cacciabombardieri, 600 aerotrasporti, 400 elicotteri; personale: 470.000 unità.

Armée de l'Air (Francia): 18 missili strategici, 20 bombardieri a medio raggio, 21 aviocisterne, 4 velivoli per posto di comando, 200 velivoli di difesa aerea, 350 cacciabombardieri, 80 velivoli per missioni elettroniche, 100 aerotrasporti, 120 elicotteri; personale: 93.100 unità (di cui 5600 donne).

Chel Ha'avir (Israele): 776 velivoli di difesa aerea e cacciabombardieri tattici, 7 aviocisterne, 27 velivoli per missioni elettroniche, 70 aerotrasporti, 120 elicotteri; personale: 28.000 unità.

Forze speciali. - All'interno delle f.a. dei maggiori paesi esistono unità operative destinate a intervenire con brevissimo preavviso sia in situazioni di guerre ''limitate'' (o a ''bassa intensità''), sia in occasioni di emergenza, risolvibili con azioni immediate di elementi altamente addestrati. Da tempo i maggiori eserciti del mondo dispongono di tali corpi, quasi sempre creati sulla scia di consolidate tradizioni, e i cui reparti prendono il nome generico di ''commando''.

Si tratta in genere di formazioni poco numerose: per es., tanto i SAS (Special Air Services) britannici quanto i COMSUBIN (subacquei e incursori) della marina militare italiana si basano su poche centinaia di uomini, in grado di agire, con gli equipaggiamenti e le armi più moderne, in terra, dal mare e dal cielo. Principi comuni dell'addestramento sono rappresentati da forma fisica, coraggio e razionalità. Analogamente, nelle forze speciali degli Stati Uniti troviamo i SEAL (Sea, Air and Land) e i Green Berets.

I SEAL sono particolarmente noti per aver fatto parte di un distaccamento della Delta Force impiegato nel 1985 per l'azione antiterrorismo a Sigonella (Catania), dopo il dirottamento della motonave Achille Lauro. Tali forze sono organizzate in 8 gruppi aviotrasportati, sempre di modeste dimensioni ma con elementi accuratamente selezionati. Tra le operazioni dei Green Berets va ricordata quella di una loro unità elementare (A-team) che si spinse fino a 150 km all'interno dell'῾Irāq (febbraio 1991) per spiare i movimenti delle forze irachene, mentre l'aviazione con bombardamenti aveva il compito di tenere lontano il nemico dalle loro postazioni.

Compiti eminentemente offensivi hanno − nell'esercito dell'ex Unione Sovietica − gli Spetnaz (abbreviazione per ''forze sovietiche per operazioni speciali''), destinati alla ricognizione nelle più disparate zone d'influenza e perfino all'interno delle singole Repubbliche, come pure ad azioni diversive o di sabotaggio.

L'unità elementare è il gruppo di 7 uomini (che sarebbe in grado di coprire, in azioni di ricognizione, ben 160 km2). I gruppi sono riuniti in compagnie e queste in battaglioni. Ogni brigata Spetnaz comprende 3 battaglioni operativi più uno addestrativo e di riserva, nonché una compagnia speciale mine, addestrata a posizionare ordigni nucleari. Si tratta di truppe elitrasportate e paracadutabili; il loro equipaggiamento comprende materiali di prim'ordine, tra i quali i più moderni e sofisticati sistemi di visione ognitempo e di comunicazione e un vasto armamento che va dai coltelli da lancio alle armi silenziate, ai missili controcarro Spigot.

Il ''Marine Corps'' degli Stati Uniti. − È la quarta, e senz'altro la più celebre, f.a. statunitense, impiegata anche con compiti di rappresentanza e di presidio delle sedi diplomatiche all'estero.

L'U.S. Marine Corps trae la sua lontana origine da un corpo di 200 marinai appositamente addestrati, che nel 1775 effettuarono con successo uno sbarco in un'isola delle Bahamas. Da allora, come ricordano le parole del loro inno (From the hills of Montezuma to the shores of Tripoli), hanno partecipato a tutte le guerre intraprese nelle diverse zone del mondo dagli Stati Uniti.

Innumerevoli furono le campagne (quasi sempre fortunate) in cui ebbero modo di distinguersi: la guerra ispano-americana, la rivolta dei Boxer in Cina, l'insurrezione delle Filippine, le spedizioni a Cuba, in Messico, in Nicaragua, a San Domingo, per finire − come fanteria scelta − nelle trincee della prima guerra mondiale. Da allora in poi il Corpo riprese le sue caratteristiche di forza anfibia. A esso si deve principalmente, dal 1942, la riconquista delle isole del Pacifico, attuata con mezzi di nuova concezione, come i battelli Higgins e i trattori anfibi. Il Corpo riprese le armi sotto l'egida dell'ONU in Corea e nella lunga e discussa campagna del Vietnam, dove però i Marines trovarono impiego come normale fanteria e di cui va ricordata la celebre difesa di Khe Sanh. Nel 1958 erano sbarcati per la prima volta in Libano, dove tornarono come forza di pace, in ambito multinazionale, nel 1982. L'impresa di Beirut non ebbe successo: la componente Marines si dovette reimbarcare, sotto la protezione della 6ª Flotta, dopo due anni di sterile impegno. Quasi contemporaneamente (1983) il Corpo intervenne a Granada per eliminare una base cubano-sovietica. Seguì (dicembre 1989) l'invasione di Panama, dove i Marines furono impegnati solo marginalmente e, nel 1991, la Guerra del Golfo. In quest'ultima operazione, dapprima le due divisioni da sbarco ebbero compiti essenzialmente dissuasivi, per impegnare sulla costa gli Iracheni che si attendevano attacchi dal mare. Poi, al momento dell'attacco terrestre, la 1ª e la 2ª divisione scattarono da terra, puntando su Kuwait City per la via più breve, conquistandone l'aeroporto in una battaglia di carri in cui i loro M60A1 misero fuori combattimento un centinaio di mezzi avversari. Dopo soli tre giorni, il 27 febbraio 1991 l'obiettivo era stato raggiunto.

Caratterizzati da un elevatissimo spirito di corpo e da un addestramento talmente duro e spersonalizzante da suscitare talvolta accese polemiche, i Marines si distinguono dai corpi di fanteria di marina delle altre nazioni (come la brigata britannica Royal Marines, i Commando Marine francesi e il nostro battaglione San Marco) per il fatto di essere una forza autonoma, a pari dignità con gli altri Services e, particolarmente, di possedere, dal 1920, una propria aviazione, mentre gli omologhi corpi europei dispongono, al massimo, di qualche reparto elicotteri.

Sebbene una legge del 1947 abbia fissato il massimo degli effettivi a 400.000, attualmente (1992) il Corpo ne conta circa 196.000, di cui 10.000 donne. Con essi sono state formate 4 divisioni (più una di riserva), ciascuna appoggiata da uno stormo aereo. Ogni battaglione comprende la compagnia comando, 3 compagnie fucilieri e una compagnia armi d'accompagnamento. Il battaglione carri − finora equipaggiato con gli M60A1 rimodernati − sta ricevendo gli M1A1 con cannone da 120 mm; il reggimento artiglieria è armato con materiali da 105 mm (in via di eliminazione) e da 155 a T.M., e con alcuni semoventi da 155 e 203 mm. Gli organici sono completati dal battaglione mezzi anfibi (LVTP7A1, oggi AAV7) e dall'ultimo nato, il battaglione leggero d'assalto con blindati 8 × 8 LAV-25.

Per le azioni di sbarco, i Marines vengono riuniti in unità anfibie di vario livello (MEU=Marine Expeditionary Unit), MEB (brigata rinforzata con 17 carri, 74 blindati, 33 pezzi d'artiglieria, 12 elicotteri d'attacco e 74 aerei d'attacco) e MEF (una o più divisioni).

Il concetto informatore, collaudato da decenni, è quello della fluidità, della semplicità e della massima potenza con il minimo di peso morto. Per il trasporto in mare il Corpo dispone di una flotta imponente: 43 navi d'assalto tra LHA, LPD ed LSD, 18 LST per lo sbarco dei carri, 384 mezzi da sbarco LCU e 54 HC (hovercraft=veicoli da sbarco a cuscino d'aria). Ogni divisione ha uno stormo con 3 gruppi caccia d'attacco, 1 elicotteri, 1 di appoggio e 1 squadriglia guerra elettronica, 1 ricognitori e 1 trasporto e rifornimento in volo. Complessivamente i 3 Wings comprendono circa 316 F/A-18, 11 Skyhawks, 140 Harriers, 54 Intruders, 18 Prowlers per guerra elettronica, 21 RF-4B da ricognizione, 36 trasporti C-130 e 6 aviocisterne. In più, 180 elicotteri da combattimento, 170 da trasporto e 80 leggeri, a parte decine di altri velivoli. Per le operazioni oltremare, ogni MEU su 18.000 uomini ha un'autonomia di 30 giorni, appoggio aereo compreso (alcune navi d'assalto sono portaelicotteri).

In epoca recente, anche l'esercito ha costituito, per operazioni fuori zona, 5 divisioni leggere, affiancandole alla 82ª e 101ª Airborne (aviotrasportate), per l'impiego in conflitti a bassa intensità. Sebbene più leggere delle divisioni da sbarco in quanto aviotruppe, la loro nascita aveva dato origine ad alcune proposte per la riduzione dell'U.S. Marine Corps o − addirittura − per l'inglobamento della stessa forza anfibia nell'esercito. Ma i valori della tradizione e la maggiore efficienza, insieme all'ottima prova fornita dalle divisioni dei Marines in Kuwait, durante la Guerra del Golfo, hanno per ora fatto accantonare ogni iniziativa al riguardo.

Il battaglione San Marco. - Anche la marina militare italiana dispone di un contingente anfibio: i fucilieri di marina del battaglione San Marco, risalenti all'omonimo battaglione entrato a far parte, nel 1919, della Regia Marina. Disciolto nel 1959 e ricostituito nel 1965, è oggi suddiviso in tre gruppi operativi (operativo, logistico e scuole) con una componente di combattimento formata in tempo di pace da 2 compagnie: una d'assalto e una armi.

Interamente motorizzate, dispongono di veicoli corazzati da combattimento VCC-1 e di trasporti anfibi LVTP-7. L'armamento, con qualche piccola differenza, è quello dei reparti di fanteria. Molto più moderna è la componente navale, basata su recenti costruzioni quali le due amphibious transport docks LPD classe ''S. Giorgio'' da 7700 t, 6 mototrasporti costieri da 500 t e motozattere da sbarco medie e piccole. Compiti del reparto sono in particolare: missioni di sbarco (e penetrazione) su un territorio occupato da forze nemiche; colpi di mano, azioni antiguerriglia e antiterrorismo, sicurezza delle installazioni, cooperazione in operazioni navali (come nel caso del Golfo Arabico, 1987-88 e 1990-91), interposizione per il mantenimento della pace (Libano, 1983-84), protezione civile, ed, eventualmente, ordine pubblico (come nel caso dell'intervento per l'arrivo in massa di Albanesi, Brindisi 1991). Il San Marco è inquadrato pertanto sia nella Forza di intervento rapido per operazioni fuori zona, sia nella Forza di pronto intervento per pubbliche calamità. Vedi tav. f.t.

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