Filippo II Re di Spagna

Dizionario di Storia (2010)

Filippo II Re di Spagna


Filippo II

Re di Spagna (Valladolid 1527-Escorial 1598). Figlio di Carlo V e di Elisabetta di Portogallo, crebbe in Spagna e fu il padre a riservarsi il compito di curare la sua educazione politica e diplomatica. Nel 1543 ebbe modo d’iniziare la sua esperienza politica perché Carlo V, avendo dovuto allontanarsi dalla Spagna, affidò a lui il governo dello Stato come reggente. Nel 1548, il padre lo volle presso di sé a Bruxelles, perché potesse acquistare esperienza visitando almeno alcuni di quelli che un giorno sarebbero stati i suoi domini e avere da parte delle Fiandre e dell’impero il suo riconoscimento come futuro sovrano e imperatore. Ma se a Carlo V riuscì di ottenergli il giuramento di fedeltà dagli Stati fiamminghi (1549), a Ratisbona nel 1550 invano tentò di farlo riconoscere come re dei romani dai principi tedeschi. Nel 1543 aveva sposato a Salamanca la cugina Maria Emanuela, figlia di Giovanni III di Portogallo e, come lui, nipote di Giovanna la Pazza, e ne era rimasto vedovo nel 1545; nel 1554 per volontà del padre, si recò in Inghilterra per sposare Maria la Cattolica, divenuta regina alla morte del fratello Edoardo VI, ma dall’unione non nacque alcun figlio che potesse impedire il passaggio del trono inglese nelle mani della protestante Elisabetta. F. non s’intromise nelle vicende interne del regno della moglie, pur approvando e sostenendo il suo operato che tendeva a rafforzare il cattolicesimo in Inghilterra. Il 10 settembre 1555 F. era di nuovo a Bruxelles. Fin dal 1546 era stato investito del ducato di Milano; nel 1554 gli era stato affidato il regno di Napoli; ora avveniva l’effettiva cessione del potere in suo favore da parte del padre. Il 25 ottobre Carlo V gli consegnava le Fiandre, il 16 gennaio dell’anno seguente gli assegnava ancora il governo della Castiglia, dell’Aragona, delle province dipendenti da questi regni. L’impero restava invece affidato al fratello di Carlo V, Ferdinando. La separazione delle due corone, l’imperiale dalla spagnola, facilitò nei primi anni di governo il compito politico di Filippo. Il nuovo re, desideroso di ritornare nel proprio Stato, da dove gli giungevano notizie allarmanti perché il Paese era stanco per le lunghe e dispendiose imprese militari e perché la Riforma stava per farvi proseliti, si preoccupò subito di chiudere il conflitto ancora aperto con Enrico II di Francia. Fortunate azioni militari spagnole, famosa fra tutte la battaglia di San Quintino (1557), persuasero la Francia a venire a un accordo, e la pace stipulata a Cateau-Cambrésis (1559), attraverso il possesso delle Fiandre e di buona parte dell’Italia (i regni di Sicilia, di Napoli, di Sardegna, il ducato di Milano, lo Stato dei Presidi), assicurò alla Spagna il predominio sull’Europa. In seguito F., non più trattenuto nelle Fiandre da affari politici, ed essendo rimasto ancora una volta vedovo (1559), si stabilì per sempre in Spagna, divenuta vero centro del nuovo grande Stato, dove instaurò il più rigido assolutismo. Sovrano inflessibilmente accentratore, F. impose che fossero regolati dalla sua volontà anche i minimi affari del suo regno e volle che la Spagna avesse una capitale unica e centrale, Madrid. Dominò con mano ferrea, frantumando le tradizionali libertà, specie dell’Aragona e delle Fiandre, e limitando la potenza del clero e della nobiltà. Accrebbe i poteri del tribunale dell’Inquisizione e distrusse ogni traccia di protestantesimo; inoltre tentò l’assorbimento nella popolazione spagnola dei moriscos del regno di Granata, cercando di farli convertire al cristianesimo, proibendo loro l’uso della lingua e dei vestiti nazionali e imponendo nuove abitudini e nuovi costumi; poiché essi si rivoltarono (1568), per domare l’insurrezione, la loro terra fu messa a ferro e a fuoco e tutti i moriscos dispersi nella Castiglia. Infine, ugualmente assoluto fu il governo imposto agli Stati italiani, specialmente a Napoli, dove già negli anni precedenti il marchese di Toledo aveva agito in questo senso, e dove furono mandati severi «visitatori generali» per compiere ispezioni in tutti gli uffici. Desideroso forse sinceramente di pace, aveva sposato in terze nozze Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II di Francia (1559); poi, per togliere forza all’alleanza franco-scozzese, cercò di tenere buoni rapporti con la regina Elisabetta d’Inghilterra, nonostante fosse protestante. Continuò invece implacabile la lotta contro i turchi, nella quale all’ardore religioso si univa il desiderio di liberare il Mediterraneo da pericolosi antagonisti. Fin dal 1560 infatti, le Cortes di Toledo avevano denunciato i gravissimi danni arrecati al commercio dai turchi che solcavano il Mediterraneo saccheggiando le coste spagnole e italiane; l’armata della Lega italo-spagnola, promossa da papa Pio V e da F. e sostenuta da Venezia, sotto il comando di D. Giovanni d’Austria inflisse a Lepanto una dura sconfitta alla potenza navale turca (7 ottobre 1571). Pur non mirando mai al titolo imperiale, F. mantenne la direzione della casa d’Asburgo, tentò di far salire la sua famiglia sul trono polacco e rafforzò i suoi vincoli di parentela con il ramo tedesco sposando, in quarte nozze, Anna d’Austria, figlia di Massimiliano II imperatore, dalla quale ebbe Filippo III, suo erede. Ma si sforzò soprattutto di dare piena unità politica alla Penisola Iberica, facendone uno Stato nazionale e occupando il Portogallo: alla morte di Sebastiano (1578) e di Enrico (1580), essendo rimasto il regno di Portogallo senza sovrano, F. fece valere i suoi diritti su quel trono come nipote, da parte di madre, di Emanuele il Fortunato e, dopo aver preparato il terreno, nel 1580 fece occupare il Paese dall’esercito, ottenendo l’anno seguente che gli si giurasse fedeltà come re. Sul piano religioso il suo impegno mantenne aspetti di ambiguità. Mentre provvedeva a far riunire di nuovo il concilio di Trento, teneva nei suoi Stati la Chiesa sotto controllo, e anzi il potere del monarca negli affari ecclesiastici si accrebbe; inoltre nel 1560, per impedire che nella Scozia, alleata della Francia, si consolidasse un qualsiasi dominio francese, F. in segreto aveva approvato che nel Paese si sostenessero i calvinisti ribelli agli Stuart contro i cattolici amici dei francesi. Poi, di fronte alla politica offensiva dell’Inghilterra, alla minaccia della guerra civile in Francia, alla rivolta delle Fiandre, il suo interesse politico venne a coincidere sempre più saldamente con la sua missione di campione del cattolicesimo, e l’assolutismo si sposò alla più fanatica intolleranza religiosa. La rivolta politico-religiosa delle Fiandre determinò la crisi della politica estera di F.: la Francia, che sperava di ottenerne il trono, si schierò contro la Spagna; Elisabetta d’Inghilterra, contro le pretese di F., si elevò a campione del protestantesimo, aiutò gli ugonotti, e si schierò dalla parte degli insorti delle Fiandre, seminando i mari di pirati, primo fra tutti F. Drake, per danneggiare sempre più il commercio spagnolo. Con la conversione al cattolicesimo di Enrico IV svanivano i suoi progetti d’influenza sulla Francia, e F. mosse inutilmente guerra al nuovo monarca, poiché nel Trattato di Vervins (1598) fu costretto a riconoscerlo come re e a confermare le conclusioni della Pace di Cateau-Cambrésis. La sua Invencible armada, inviata contro l’Inghilterra, fu distrutta dalla tempesta (1588) e crollò così la potenza marittima spagnola. La stessa Chiesa reagiva al tentativo compiuto da F. di farla suo strumento di politica. Così F., esaltato da alcuni per la sua dedizione alla causa del cattolicesimo e della Spagna, odiato da altri per il suo carattere chiuso, diffidente, crudele, fatto responsabile della tragedia che spinse alla ribellione il figlio Carlos e al tradimento il suo più intimo consigliere Antonio Pérez, fu il sovrano che concluse foscamente l’ultimo tentativo di egemonia spagnola.

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