COLONNA, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)

COLONNA, Filippo

Stefano Andretta

Nacque da Fabrizio, figlio di Marcantonio principe di Paliano e gran connestabile del Regno, e da Anna Borromeo nell'anno 1578, presumibilmente in Sicilia. Seguendo le orme paterne e soprattutto quelle del nonno Marcantonio, intraprese la carriera militare e partecipò ancora giovanetto ad operazioni belliche in Germania e nelle Fiandre sotto il comando di Alessandro Farnese e di Ambrogio Spinola. Al termine di questa esperienza, di cui non si hanno rilevanti notizie, si recò alla corte di Madrid, dove si trattenne sino al 1611, anno in cui chiese licenza a Filippo III di recarsi in Italia ad assumere il titolo di gran connestabile del Regno di Napoli che era rimasto vacante in seguito all'immatura morte del nipote Marcantonio (il "connestabilino").. Riconfermato dal re in questa dignità che lo rendeva signore d'importanti feudi nel Napoletano, il C. giunse a Roma dove trovò una situazione notevolmente compromessa dai debiti e dagli sprechi accumulati dai propri parenti.

Divenuto ormai il capo dei Colonna del ramo di Paliano, egli si dedicò principalmente alla ricostruzione ed al riassestamento della fortuna familiare. Ai feudi incamerati nell'Italia meridionale, ricevuti in dote dopo aver sposato nel 1597 Lucrezia Tomacelli, aggiunse quelli dei Colonna di Genazzano e acquistò nell'anno 1625 il castello di Patrica dai Santacroce.

Ben comprendendo che era tramontata l'epoca in cui era conveniente ingaggiare lotte cruente con le altre famiglie nobili e con l'autorità del papa, il C. preferì impegnarsi in una buona gestione del proprio patrimonio. In particolare, decise di riorganizzare amministrativamente i suoi possedimenti nello Stato pontificio dividendoli in due giurisdizioni separate: l'una, che comprendeva Marino, Rocca di Cave, Serrone, Cave, Trivigliano, Vico, Collepardo, Paliano, Piglio, Anticoli di Campagna, ebbe come capoluogo Genazzano; nell'altra, Pofi fu il centro principale a cui erano subordinati i feudi di Ceccano, Arnara, Supino, Sgurgola, Giuliano, Falvaterra, Morolo, Ripi, Castro dei Volsci, Valle Corsa, San Lorenzo, Santo Stefano e Sonnino. Inoltre, l'amrninistrazione dei beni venne notevolmente semplificata ed accentrata tramite l'abolizione dei "massari", i cui poteri furono trasferiti ad un sindaco coadiuvato da due ufficiali, la nomina dei quali era in sostanza vincolata al volere dei Colonna. Per sopperire alle frequenti carestie che travagliavano le popolazioni dei suoi territori, il C. favorì l'istituzione di magazzini di scorte e di forni capaci di garantire la sussistenza e i servizi annonari nei momenti difficili. Accanto a queste risoluzioni, egli dedicò un'attenta cura all'efficienza della propria milizia, tanto da divenire in breve uno dei nobili romani più temuti e rispettati.

Appoggiato economicamente dalla Spagna, il C. perseguì una politica di prestigio, primeggiando per fasto ed opulenza; sfruttando la reputazione acquisita, ricercò l'amicizia dei Barberini, e nel 1627 riuscì a far maritare la figlia Anna con Taddeo, nipote prediletto di Urbano VIII. Il pontefice, del resto, aveva sempre manifestato una chiara disponibilità nei confronti del C., favorendolo nelle puntigliose dispute che spesso insorgevano nel patriziato romano: sin dal momento della sua elezione, avvenuta nel 1623, Urbano VIII aveva dato soddisfazione al C. in una questione di precedenza con i Conservatori di Roma.

Il C., consolidato il suo potere economico e assicuratosi una certa stabilità finanziaria, si dedicò a lavori di restauro nel suo palazzo dei SS. Apostoli, ingentilendone l'aspetto esteriore; abbellì notevolmente i giardini dei Quirinale e utilizzò nel 1625, con l'assenso del papa, i resti di epoca imperiale del tempio del Sole per costruire la galleria Colonna; nella basilica di S. Giovanni in Laterano sovvenzionò l'edificazione di una splendida cappella da destinare ai canonici come coro d'inverno. A Paliano fece allestire nella chiesa di S. Andrea una cappella sepolcrale dove vennero raccolte le spoglie dei suoi antenati; a Genazzano intervenne per migliorare le strutture del castello feudale e a Marino fece costruire una residenza estiva nota come "villa delle sirene".

Pur non godendo delle simpatie del viceré di Napoli e di molti principi italiani, il C. ebbe dunque la capacità di risollevare le sorti del suo casato con piena soddisfazione delle sue aspirazioni patriarcali. Morì, non si sa dove, l'11 apr. 1639, non senza aver prima istituito nelle sue ultime volontà testamentarie una primogenitura sui beni per la discendenza maschile.

Dalla moglie Lucrezia ebbe undici figli: tra cui ilprimogenito Federico, Girolamo, cardinale, Carlo e Marcantonio che succedette nel titoio di connestabile e fu ambasciatore in Spagna.

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