PETITI, Filiberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PETITI, Filiberto

Eugenia Querci

– Nacque a Torino, ultimo di dodici fratelli, il 14 novembre 1845 da Giuseppe, corriere di Gabinetto sotto Carlo Alberto, e Giuseppina Chiorando, sua seconda moglie. Con un destino comune a molti artisti dell’Ottocento, compiuti gli studi tecnici Petiti trovò lavoro come impiegato a Torino, dedicandosi alla pittura solo nei giorni festivi. Seguì i consigli di Felice Cerruti Beauduc, presso il quale era stato introdotto dal padrino, il conte Filiberto Avogadro di Collobiano, e dal quale apprese le prime nozioni di disegno e acquerello. Fu impiegato prima come scrivano al ministero della Guerra, poi presso gli uffici di segreteria della Cassa di risparmio di Torino, infine presso la Società anonima per la vendita dei beni demaniali, avvertendo con crescente disagio la frustrazione di non poter liberamente abbracciare la pratica pittorica. Lo studio del paesaggio, genere particolarmente apprezzato e coltivato tra gli artisti in Piemonte, lo aveva affascinato sin dalla prima giovinezza. A Torino non restò insensibile alla pittura di Angelo Beccaria e Carlo Piacenza, formatisi nell’alveo del calibrato lirismo paesaggistico, denso di suggestioni romantiche, dello svizzero Alexandre Calame.

Con il trasferimento della capitale a Firenze, nel 1867 Petiti, a causa del suo impiego, dovette abbandonare Torino per la città toscana. Qui conobbe Niccolò Barabino, Stefano Ussi, Telemaco Signorini ed entrò in contatto con il gruppo dei macchiaioli.

Tale contiguità può essere letta più nei termini di una sollecitazione creativa, orientata al contatto diretto con la natura, che in quelli di una derivazione stilistica. Va tuttavia notato che nel corso degli anni, da più parti (e in particolare, nel 1888, da Gabriele D’Annunzio, v. D’Annunzio, 1884-1893, 1993, pp. 462 s.) fu rimproverata a Petiti una insufficiente adesione ai dettami del vero, rimanendo in lui viva la tendenza al paesaggio composito di discendenza romantica.

Se nel 1865 Petiti aveva già iniziato a esporre alla Promotrice di Torino, cui rimase fedele negli anni, è proprio nel periodo fiorentino che, per sua stessa ammissione, iniziò a produrre con regolarità, nonostante dovesse circoscrivere la pratica pittorica ai giorni liberi dal lavoro. Il renaiuolo, esposto con Sorrisi d’Autunno e Rive di un torrente all’Esposizione fiorentina di belle arti del 1873 (e ripreso in Autunno, dipinto nel 1898), imposero per la prima volta l’artista all’attenzione del pubblico.

Annessa Roma al Regno d’Italia, Petiti, che nel frattempo aveva perso entrambi i genitori, dovette nuovamente spostarsi, raggiungendo nel 1874 la Capitale. Qui incontrò due artisti piemontesi, Vittorio Benisson e Carlo Pittara, quest’ultimo tra i protagonisti della così detta Scuola di Rivara, votata al superamento delle regole del bello accademico attraverso un verismo di soggetto rurale.

La pittura di Petiti, che sembra tenere conto almeno in parte di queste indicazioni, si aggiornò via via sull’esempio del paesaggismo romano, da quello d’effetto, denso di connotazioni atmosferiche di Achille Vertunni, al lirismo pacato e introspettivo della scuola di Nino Costa. L’artista predilesse le ampie distese di campagna, gli angoli solitari, i cieli percorsi da nubi, le paludi e i boschi autunnali, rivelando talvolta, nella loro interpretazione, retaggi francesi derivanti dalla sua formazione piemontese, talvolta con accenti barbizonnier, altre volte naturalisti.

Nel 1875 iniziò a esporre alla Società degli Amatori e cultori delle belle arti in Roma (il disegno Ritorno dalla pesca e l’olio Novembre nei dintorni di Firenze) e l’anno seguente sposò, a Roma, Teresa Antonicoli, da cui ebbe l’unico figlio Enrico. Questi, insieme alla moglie Clelia che sentì per Petiti un affetto filiale, si sarebbe più tardi adoperato per perpetrare il ricordo e la fama del padre scomparso.

A dimostrare il progressivo saldarsi del legame tra Petiti e l’ambiente artistico romano fu il suo ingresso, nel febbraio 1878, tra le fila dell’Associazione acquarellisti (il suo studio era in quel momento in piazza Esquilino 10), alle cui mostre avrebbe da allora in poi partecipato con regolarità, mettendo a punto uno stile capace di rendere le sfumature più delicate della natura, col tempo sempre più incline a una limpida luminosità. Fu inoltre presidente dell’Associazione acquarellisti nei trienni 1886-1888 e 1905-1907.

Fu nel 1881 che finalmente – a quanto pare sollecitato dalla morte dell’amico Benisson, che lo aveva sempre incoraggiato a dedicarsi unicamente all’arte – Petiti si risolse ad abbandonare il lavoro di impiegato per diventare pittore a tutti gli effetti. In questo stesso anno, in cui risulta avere lo studio in via delle Quattro Fontane 88,  partecipò all’Esposizione nazionale belle arti di Milano con Il barcaiolo, Giornata di vento, La quiete e Visita alla tenuta - campagna romana (1881), quest’ultimo apprezzato da Nino Costa (cit. in Trastulli, 2005, p. 417) e acquistato per la Galleria d’arte moderna di Milano. Contemporaneamente agli Acquarellisti di Roma presentò cinque opere La quiete, Una giornata di vento, Colle di San Giovanni-Piemonte, Il boscaiolo e Il sor Cionfo! (schizzo dal vero) mentre il dipinto Dopo la tempesta, esposto presso la galleria di Francesco d’Atri in via Condotti, fu subito venduto. In questi anni furono molte le partecipazioni espositive: nel 1882 fu presente alle mostre dell’Associazione artistica internazionale e degli Acquarellisti; nel 1883 espose, ancora una volta a Brera, Mattino presso Marino, assegnato al Comune di Milano dalla Società belle arti; all’Esposizione internazionale di Roma presentò, nello stesso anno, gli acquerelli Cavalli al beveraggio, Dopo il temporale e Sole d’inverno. Nello stesso periodo strinse amicizia con il pittore Cesare Tallone, savonese di nascita ma di origini piemontesi e anch’egli a Roma a partire circa dal 1880; Petiti fu testimone alle sue nozze e Tallone eseguì un ritratto di Petiti (coll. priv., ripr. in Trastulli, 2005, p. 415).

Lo stringersi del legame con Roma, l’amore sempre più profondo per la sua campagna e il paesaggio laziale non scalzarono tuttavia le radici torinesi: l’artista trascorreva infatti le vacanze estive in Piemonte, e spesso i titoli delle opere esposte rimandano ai paesaggi dell’amata terra natale o di altre località visitate. Agli Amatori e cultori del 1885, ad esempio, presentò Sulla riviera, I bagni pubblici a Levanto, Casolare presso Torino, A Piedicavallo in Val d’Andorno, Scogliera presso Levanto, Il Promontorio. Non mancò inoltre all’importante appuntamento dell’Esposizione nazionale artistica di Venezia del 1887, dove inviò All’aperto e Lavandaie. Il suo nome comparve anche, episodicamente, anche alle mostre romane di In Arte Libertas.

Negli anni Novanta le sue opere si fecero strada in Germania: nel 1891 la grande tela Le ultime foglie, dipinto dal vero nel bosco di Marino, sui Colli Albani, e già medaglia d’oro agli Amatori e cultori di Roma l’anno precedente, fu esposto a Berlino e acquistato dall’imperatore Guglielmo II per la Nationalgalerie, mentre nel 1892 presentò a Dresda Autunno. Ancora a Berlino inviò nel 1896 l’acquerello Acque stagnanti. Vincitore della medaglia d’oro alla Permanente di Milano del 1893, Petiti fu presente inoltre all’Esposizione di belle arti della Festa dell’arte e dei fiori di Firenze del 1896, mentre tra 1896 e il 1899, anno in cui espose per la prima volta alla Biennale veneziana, fu segretario dell’Associazione artistica internazionale di Roma.

In questi anni la regina Margherita di Savoia visitò almeno in tre occasioni (1894, 1899 e 1905) il suo studio, la cui sede cambiò nel tempo: nel 1891, ad esempio, risulta in via del Babuino 99, ma si registra anche in via Margutta 53B, quest’ultima lasciata per uno studio in via dei Villini fuori porta Pia, dove Petiti si era fatto costruire un villino per abitare e lavorare, poi venduto dopo la prima guerra mondiale; lo studio fu poi sistemato in Via S. Martino 9 (Trastulli, 2005, pp. 418, 428).

All’Esposizione universale di Parigi del 1900 espose il malinconico Maccarese, con cui ottenne la medaglia di bronzo, e nel 1902 fu selezionato per l’Esposizione italiana di San Pietroburgo senza sottostare all’obbligo di dover sottoporre le proprie opere. Nel 1901 era stato inoltre presente alla Biennale di Venezia, alla quale tornò a partecipare anche nel 1903. Ancora nel 1901 gli era stata dedicata una personale dagli Amatori e cultori in cui aveva esposto studi dal vero colti in diverse regioni italiane (Trastulli, 2001, p. 273); in questo periodo fu anche presente con assiduità alle mostre degli Acquarellisti. Nel 1904 ottenne con Notturno la medaglia d’argento all’Esposizione universale di Saint Louis (MO). A questo torno di anni è da ascriversi anche Mare in burrasca di proprietà della Fondazione Roma.

Petiti fu anche incisore e molti suoi disegni, due rami e alcune acqueforti si conservano nelle collezioni dell’Istituto centrale per la grafica di Roma (L’Archivio storico, 1994; Davoli, 2008).

Per un artista così innamorato dei paesaggi laziali, fu naturale l’ingresso – da collocarsi attorno al 1907–, nel gruppo dei XXV della Campagna romana (con il soprannome di ‘gatto soriano’).

Il contatto continuo e diretto con la natura, condizione essenziale per l’appartenenza al gruppo, non impedì a Petiti una sua rimeditazione in studio, imprimendo una venatura sentimentale e poetica alla prima impressione ricevuta dal vero. Come egli stesso affermava in un diario, «la pittura di paese, quando è vera, rappresenta lo stato d’animo dell’artista» (Trastulli, 2005, p. 425).

Pittore ormai affermato, continuò ad assicurare la propria presenza alle varie mostre della Capitale. Non mancò all’Esposizione internazionale di belle arti del 1911, in occasione del Cinquantenario dell’Unità, presentando Dal monte al piano, mentre nel 1912 espose agli Amatori e cultori le acqueforti Solitudine e Dopo la tempesta con il gruppo di incisori della Regia Calcografia nazionale.

Fu membro dell’Accademia di Brera e di quella di S. Luca, ove si conserva l’olio Nel bosco e l’Autoritratto del 1915. Ormai anziano, ma sempre al lavoro con fervore giovanile nonostante il drastico mutare dell’orizzonte artistico, Petiti espose alla prima e alla seconda Biennale romana (1921, 1923), oltreché nel 1922 alla collettiva organizzata dal gruppo dei XXV della Campagna romana nell’ambito della mostra degli Amatori e Cultori.

Sue opere sono conservate nelle principali collezioni nazionali: la Galleria arte moderna di Torino possiede Nella Maremma, Quiete e Quiete minacciata, quest’ultima tela presentata all’Esposizione generale italiana di Torino nel 1884. Nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, a Firenze, si trovano tre paesaggi provenienti dal dono Ambron. La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma conserva Campagna romana, in deposito presso il ministero della Pubblica Istruzione dal 1946, e Un torrente, soggetto piemontese del 1890, acquisito nel 1893. Presso la Galleria d’arte moderna di Roma Capitale si conservano Ore autunnali, acquistato nel 1916 alla Mostra degli Amatori e Cultori, Solitudine - Alla barriera Nomentana, acquistato nel 1922 sempre all’Esposizione romana, e un acquerello intitolato Paesaggio con rovine di un castello sul Soratte. Nelle collezioni della Presidenza della Repubblica, presso il palazzo del Quirinale, sono presenti: Sorrento, esposto alla Mostra degli Amatori e cultori di Roma del 1890, Mattino d’autunno, acquistato nel 1900 a Roma alle Esposizioni riunite della Società Amatori e cultori e dell’Associazione Acquarellisti, Ultimo raggio, acquistato nel 1926 dalla Casa reale alla famiglia dell’autore ed esposto agli Amatori e Cultori di Roma nel 1923, Paludi - Maccarese, inventariato nel 1933.

Morì a Roma il 26 luglio 1924.

Al funerale, che si tenne nella chiesa di S. Gioacchino ai Prati, intervennero per rendergli omaggio numerosi artisti, tra i quali Alessandro Battaglia, Vittorio Grassi, Rodolfo Villani, Carlo Montani, Pompeo Fabri, Archimede Tranzi, Pio Bottoni e Paolo Ferretti. Fu sepolto nel cimitero del Verano (I funerali del pittore P., 1924). Nel gennaio del 1938 si tenne a Roma una mostra-vendita di oltre 250 sue opere, tra oli, acquerelli, disegni e acqueforti.

Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Fondi storici, Fondo Ojetti (lettere di Clelia Petiti e Filiberto Petiti); Fondo Maraini (lettere di Clelia Petiti); Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio bioiconografico, s.v.; G. D’Annunzio, Le Cronache de “La Tribuna” (1884-1893), II, Bologna 1993, pp. 414, 462 s., 472 s.; F. Hermanin, Arte contemporanea. F. P., in L’Arte, III (1900), pp. 107-113; I funerali del pittore P., in Il Messaggero, 29 luglio 1924.

F. Hermanin, F. P. 1845-1924, Roma 1928; Mostra personale delle opere di pittura di F. P. pitture ad olio, acquarelli… vendita all’asta (catal., galleria L’Antonina SRL, Roma 1938; G. Martinelli Braglia, P., F., in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1991, p. 961; L’Archivio storico dell’Istituto nazionale per la Grafica- Calcografia (1826-1945): inventario, a cura di A.M. Sorge, Roma 1994, p. 73; Antonio Fontanesi e la pittura di paesaggio in Italia 1861-1880 (catal., Reggio Emilia) a cura di E. Farioli - C. Poppi, Milano 1999, pp. 186 s., 221; P. Dragone, Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1865-1895, Torino 2000, p. 354; P.E. Trastulli, in La Campagna romana da Hackert a Balla (catal.), a cura di P. A. De Rosa - P. E. Trastulli, Roma 2001, pp. 218, 220 (schede), 272 s. (biografia); N. Marchioni, F. P., in La Pittura di paesaggio in Italia. L’Ottocento, a cura di C. Sisi, Milano 2003, pp. 310 s.; B. Gasperini, in Roma. Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea. Catalogo generale delle collezioni. Autori dell’Ottocento, a cura di C. Virno - G. Bonasegale, II, Roma 2004, pp. 418-420 (schede), 580 (biografia); S. Panei in La campagna romana de “I XXV” (catal.), a cura di N. Cardano - A.M. Damigella, Roma 2005, pp. 73, 144; G. Tallone, Cesare Tallone, Milano 2005, p. 21; P.E. Trastulli, F. P. 1845-1924, in “I XXV” della Campagna romana 1904-2004, a cura di R. Mammucari, Marigliano 2005, pp. 415-428; Z. Davoli, La raccolta di stampe “Angelo Davoli”. Catalogo generale, vol. VII, Edizioni Diabasis, Reggio-Emilia 2008, p. 190; E. Querci, in La collezione d’arte della Fondazione Roma. Dipinti, disegni e grafica dal XV al XXI secolo, a cura di M.C. Cola - S. Colonna, in corso di pubblicazione.

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